Indiana Jones e l’ultima crociata… questo doppiaggio dovrebbe stare in un museo!

    Locandina italiana di Indiana Jones e l'ultima crociata

    Per Indiana Jones quella del 1989 sarà stata anche l’ultima crociata, ma per me è stata la prima introduzione alla trilogia e il primo film posseduto in VHS (alla modica cifra di 49,900 lire dei primi anni ’90, facciamo come se fossero 50 euro oggi) ed è uno di quei film imparati ovviamente a memoria – battute, modo di recitare, voci, tutto! – così come successe pochi anni dopo con un altro film di Spielberg, Jurassic Park (di cui ho già parlato). L’adattamento e il doppiaggio di Indiana Jones e l’ultima crociata giocano nello stesso campionato di film come Jurassic Park e Batman (sempre del 1989), anche questo già approfondito da queste parti con grande apprezzamento degli addetti ai lavori. Riscoprire il terzo Indiana Jones oggi, dopo più di un decennio, ora che tra l’altro lavoro come dialoghista insieme ad alcuni dei protagonisti di questo stesso film (!), mi ha fatto riscoprire un doppiaggio che, senza esagerazioni, “dovrebbe stare in un museo“. E non lo dico per nostalgia, è un dato di fatto, doppiaggi così non si fanno più. Non perché oggi non ci siano doppiatori capaci, semplicemente non viene dato loro lo stesso tempo di lavorazione di 30 anni fa. Questa infatti è una delle rivendicazioni del recente sciopero dei doppiatori che dovrebbe interessare chiunque guardi film doppiati, soprattutto coloro che dicono “non ci sono più i doppiaggi di una volta”.

    L’adattamento italiano di Indiana Jones e l’ultima crociata

    Nel 1989 c’era ancora modo di lavorare come si deve e il terzo capitolo di Indiana Jones ne è l’ennesima riprova. Anche il suo adattamento è così ben fatto da rimanere invisibile ai più. Gli adattamenti buoni, come ho sempre detto su questo blog, restano invisibili. Sono l’ultima cosa che il pubblico nota e sono l’ultima cosa dovrebbe notare. Chi conosce questo film potrebbe non aver mai neanche pensato a Indiana Jones e l’ultima crociata come esempio di alcunché se non di un ottimo capitolo finale di un’amata trilogia scritto in modo brillante, tanto che per alcuni fan è diventato il capitolo preferito. Quanti terzi film di una trilogia possono dire lo stesso? Ebbene il copione italiano e la recitazione accompagnano alla perfezione la brillantezza del film.

    Le battute memorabili si sprecano, ma qui approfondirò invece alcune delle curiosità sull’adattamento italiano che ho notato in questa recente rivisitazione. Tra queste, anche qualche svista ed errori che rimangono comunque marginali, perché quando abbiamo tra le mani la perfezione si può solo guardare al pelo nell’uovo. E in questo terzo Indiana Jones pure i peli sono buoni.

    Il “mi arrangerò” di Indiana Jones (ricorrente solo in italiano)

    L’intero prologo del film ruota intorno ad un Indiana Jones adolescente – interpretato dal compianto River Phoenix – che durante un’escursione con gli scout nel deserto dello Utah incappa in uno scavo illecito di un gruppo di tombaroli e tenta di impedire il furto di un prezioso artefatto, la croce di Coronado (inventata per il film). Gli sceneggiatori qui si divertono con la premessa di un giovane Indiana Jones, e fanno divertire anche i fan creando una serie di situazioni che spiegano come Indiana Jones sia diventato l’eroe che conosciamo dai precedenti due film: la caduta in un contenitore pieno di serpenti che dà origine alla sua ofidiofobia, il primo uso maldestro della frusta che porta alla ferita sul mento, l’abbigliamento di uno dei tombaroli (quello chiamato Garth o “Fedora”) che fa da prototipo per l’abbigliamento di Indiana Jones adulto, incluso il cappello di feltro che Indy riceve come premio di consolazione. Oggi questa cosa viene chiamata “origin story” ed è uno stratagemma narrativo abusatissimo di tanti “prequel” non richiesti, ma per l’epoca era ancora innovativo e con un precedente affine di pochi anni prima: il film Piramide di paura (Young Sherlock Holmes, 1985), che in maniera simile inventava un’apocrifa storia delle origini di Sherlock Holmes (autorizzata dai discendenti di Arthur Conan Doyle). Anche quel film è stato prodotto da Steven Spielberg e non credo che sia un caso.

    Nella mini-storia delle origini con cui apre Indiana Jones e l’ultima crociata abbiamo una battuta che è un rimando a I predatori dell’arca perduta, ma è un rimando solo nella versione italiana. Viene fuori quando il giovane Indy dà istruzioni al compagno scout, Herman, di tornare in città ad avvertire lo sceriffo:

    Herman: Tu cosa pensi di fare?
    Indy: Non lo so, ma mi arrangerò.

    Scena da Indiana Jones e l'ultima crociata, Indy dice: in qualche modo mi arrangerò

    Il rimando è al dialogo tra Sallah e Indy nei I predatori dell’arca perduta:

    Indy: Io inseguo quel camion.
    Sallah. Come?
    Indy: Non lo so, in qualche modo mi arrangerò.

    Ma come accennavo, è un rimando solo nel copione italiano, perché le due frasi in lingua originale sono diverse:

    Herman: What are you gonna do?
    Indy: I don’t know, I’ll think of something.
    (Indiana Jones e l’ultima crociata, 1989)

    Sallah: How?
    Indy: I don’t know, I’m making this up as I go.
    (I predatori dell’arca perduta, 1981)

    Scena da I predatori dell'arca perduta in cui Indiana Jones dice: mi arrangerò

    I predatori dell’arca perduta (1981)

    Non ci è dato sapere se la battuta nel terzo Indiana Jones sia un omaggio intenzionale al primo film oppure la semplice coincidenza di due frasi differenti che in fase di adattamento sono state tradotte con la stessa espressione italiana da dialoghisti diversi (Alberto Piferi nei Predatori, Roberto Rizzi nell’Ultima crociata). Ma certamente fa piacere constatare che in italiano questa battuta richiami il primo film più di quanto non faccia in lingua originale. Chi lo ha visto sempre in italiano potrebbe non aver mai notato che in origine non si trattava della stessa battuta, o magari questo rimando al primo film (voluto o no) è sfuggito completamente. Essere appassionato della trilogia di Indiana Jones in aggiunta all’essere esperto di adattamenti qui aiuta molto.

    Il “son of a…” rimasto in inglese

    Sembra che in italiano manchi una piccola battuta nel prologo del film e non se n’è mai accorto nessuno, bisogna avere l’orecchio per la lingua inglese per farci caso. La scena è quella del giovane Indiana Jones che, a bordo di un treno del circo, fugge dai tombaroli. Arrivato all’ultimo vagone, quello con l’insegna “Magic” (“Magico!”, cit.). Indy si nasconde nel baule da illusionista e quando il personaggio di Garth (doppiato da Marco Mete) si avvicina intimando a Indiana Jones di venir fuori, il baule si smonta rivelandosi vuoto. Indy in qualche modo è sfuggito. È qui che Garth esclama: “Son of a…!” (cioè “figlio di…!”). E questo “son of a…” lo sentiamo anche nella traccia italiana.

    Scena da Indiana Jones e l'ultima crociata. Garth doppiato da Marco Mete. Nel doppiaggio italiano rimane l'espressione inglese "son of a" non doppiata.

    “Son of a…!”

    Si tratta per caso dell’ennesimo caso di frammento audio perso in una riedizione moderna del film? Del resto, abbiamo già trovato casi simili in film altrettanto famosi come Batman, Dracula di Bram Stoker, Terminator…, tutti film che in DVD e Blu-Ray si perdono dei pezzi di audio del doppiaggio italiano, quindi non sarebbe una sorpresa. Avendo visto L’ultima crociata nella sua versione più recente, l’edizione 4k, sono andato a verificare la stessa scena sulla piattaforma di streaming Disney+ trovando anche lì lo stesso “son of a…” nella traccia italiana. Sono poi passato alla prima edizione DVD, e anche lì la battuta rimane in inglese. Per completezza ho tirato fuori la mia VHS da 49,900 lire – solitamente l’ultimo formato ad avere l’audio cinematografico inalterato – e anche in VHS ho sentito il “son of a…!”. Era mia ipotesi che la battuta fosse semplicemente sfuggita a chi ha trascritto i dialoghi in inglese e che di conseguenza fosse sfuggita anche al dialoghista, scambiata per una reazione di rabbia (per gli addetti ai lavori: un “verso”).

    Ma si tratta davvero di una battuta che non è mai stata doppiata? L’amico Andrea Ciaffaroni — che ha accesso ad una copia del copione italiano destinato ai doppiatori — conferma la presenza della battuta “Figlio di puttana!”. Quindi è molto probabile che sia stata doppiata e che al cinema questa battuta fosse presente. Non è chiaro perché sia andata perduta già ai tempi della prima VHS. Ad oggi non è presente in alcuna edizione home video e si tratta a tutti gli effetti di un pezzo di doppiaggio perduto per sempre che potrà essere ritrovato soltanto recuperando la pellicola 35mm.

    Una mancanza che non ha portato alcun danno, visto che finora nessuno aveva mai notato questa battuta lasciata in inglese, scambiata probabilmente per verso di stizza dallo spettatore italiano. Ma adesso che sapete cosa sentire ce lo sentirete anche voi.

    “Allora, piccolo, esci dal baule, avanti! Son of a…”

    Dal labiale si può anche notare che sul set l’attore aveva esclamato “son of a bitch!” per intero. Ma in fase di missaggio audio hanno coperto con la musica quel “buona donna” finale. 😉
    Un grazie ad Andrea che nei commenti a questo articolo ha gettato un po’ di luce sui dietro le quinte e su questo buco audio.

    Doctor Jones diventa Professor Jones

    Si può notare in questo terzo capitolo una scelta deliberata del dialoghista di tradurre sempre “Doctor Jones” come “Professor Jones”, mentre in tutti i precedenti film era sempre stato “dottor Jones”. Per quanto accurato (di fatto Indiana Jones è un professore di archeologia), mi sfugge la logica di questa scelta. Ho pensato inizialmente che potesse essere dettata dell’esigenza di non rovinare la sorpresa del “professor Schneider” (“doctor Schneider” in inglese) che si rivela poi essere una donna, perché avrebbe dovuto chiamarsi “dottoressa” e non “dottore”, ma non potremmo dire lo stesso di “professor”? Questa non può essere la spiegazione. Dunque posso solo arrivare alla conclusione che la scelta di cambiare dottore con professore sia una preferenza personale del dialoghista.

    Questo cambio da “doctor” a “professore” però porta a far scomparire in italiano la piccolissima battuta che Donovan fa all’ufficiale delle S.S. in riferimento alla professoressa Schneider: “Always do what the doctor orders.“, che in inglese suona come un invito a seguire “gli ordini del dottore”, quindi come si dice per le indicazioni di un medico (es. nelle frasi tipiche come “non te l’ha mica ordinato il dottore…”). Nel doppiaggio italiano diventa “Faccia sempre quello che ordina il professore.“, quindi una traduzione che non tiene conto di questo doppio senso ironico, perché avendo sostituito tutti i “doctor” con “professore”, la battuta in questione non può funzionare allo stesso modo.

     

    “Sto sorvegliando il tavolo”, una svista nella traduzione

    Tutti gli scambi di battute tra Indiana Jones e il padre, Henry Jones (Sean Connery doppiato da Pino Locchi), sono spassosi in entrambe le lingue, con alcune frasi di Sean Connery recitate in modo più divertente in italiano ed altre che restano più divertenti in inglese, e per questo vi esorto almeno una volta a guardarlo anche in lingua originale. Tra le mie preferite c’è quel “Magnifico!” di Pino Locchi su Henry Jones quando Indy dice al padre di usare l’accendino per bruciare le corde con cui sono stati legati alla sedia nel castello di Brunwald.

    Sean Connery in Indiana Jones e l'ultima crociata che sorride e dice "magnifico".

    “Magnifico!”

    Questo è l’inizio di una delle sequenze più comiche del film, in cui la totale inadeguatezza del padre di Indy per qualsiasi impresa avventurosa porta alla caduta dell’accendino, all’incendio del tappeto e poi dell’intero salone. Quindi complicando ulteriormente situazioni già critiche.
    La scena è resa comica dalla reazione diametralmente opposta dei due personaggi: il padre che con estrema calma esclama: “Devo dirti una cosa. Il pavimento brucia. Vedi? E anche la sedia.” e la reazione di immediato panico di Indiana “Moviti! Muoviti! Forza!“.

    Indiana Jones e suo padre legati a una sedia mentre la sala del castello brucia intorno a loro.

    È qui che Henry Jones, guardando l’incendio che si propaga, aggiunge:

    Sto sorvegliando il tavolo.

    Frase che ho sempre trovato comica ma un po’ inspiegabile, o almeno, lo è stata fino all’uscita di Indiana Jones in DVD nel 2003, quando finalmente ebbi modo di vederlo in inglese per la prima volta. Nessuno ne ha mai parlato prima d’ora quindi lo faccio io. La frase originale è:

    It’s scorching the table.

    Letteralmente “(il fuoco) sta bruciando il tavolo”, ma nel contesto di questa scena potrebbe essere tradotto semplicemente come “sta arrivando al tavolo”. Allora perché è diventato “sto sorvegliando il tavolo”? È una modifica strana in un copione che per il resto viene adattato sempre alla perfezione. La mia spiegazione (inedita) è che sia dovuto ad un errore di trascrizione, a monte del processo di adattamento in italiano. Nella scena in lingua originale infatti, per via dei tanti rumori e della musica, potrebbe sembrare che Henry Jones dica effettivamente: I’m watching the table, che per l’appunto si traduce molto bene con “sto sorvegliando il tavolo”. Questa svista in fase di trascrizione dei dialoghi originali (di solito fatta da persone che hanno questo specifico incarico, e non dal dialoghista) ha plausibilmente portato a quel “sto sorvegliando il tavolo”.

    Un errore che però regala una battuta in più nel copione italiano. È una battuta comunque fedele al personaggio del padre impacciato che sentendosi impotente davanti all’incendio da lui stesso creato risponde all’esortazione a muoversi con un “sto sorvegliando il tavolo”, come a dire “anche io sto facendo qualcosa” e giustificare il perché non si muovesse celermente. Così almeno ho sempre interpretato questa battuta che rimane tra le mie preferite in italiano, anche se completamente inventata a derivante da un (umanissimo) errore di ascolto.

    Ancora una volta potreste chiedermi: ma ai dialoghisti non viene fornito il copione originale? Ce lo eravamo già chiesti per uno dei seguiti di Halloween dove il “festival di Samhain” diventava “la festa di Lussawan” e la risposta che vi posso dare è sempre la stessa: magari ci fornissero i copioni originali! Da dialoghista confermo che non è mai il caso. Non lo è adesso come non lo era nel 1989. Piuttosto ci sono delle figure “intermedie”, diciamo così, che trascrivono le battute sentite nel film e ricreano il copione in inglese che poi qualcun altro (il dialoghista) adatterà in italiano. Capite dunque che, per quanto sia raro che sviste simili arrivino fino all’adattamento, l’errore umano è sempre dietro l’angolo, soprattutto in scene molto rumorose. E può succedere che il dialoghista si fidi un po’ troppo dell’orecchio di chi ha trascritto i dialoghi originali. Ed è così che un fuoco che “sta arrivando al tavolo” diventa un “sto sorvegliando il tavolo”. Se non ve le racconto io queste cose…

    Sean Connery durante la scena dell'incendio in Indiana Jones e l'ultima crociata

    “Aaaand the chair!” (battuta da ascoltare in inglese)

    “Ehi, torna indietro!”

    Durante il prologo c’è una frase urlata a pieni polmoni da Vittorio Stagni, il doppiatore del giovane tombarolo chiamato Roscoe che grida: “Ehi, torna indietro!” (Hey, come back here!). In quel momento però né Roscoe né nessun altro dei tombaroli apre bocca.

    Tombaroli in Indiana Jones e l'ultima crociata

    I tombaroli chiamati: ‘Half Breed’, Garth alias ‘Fedora’ e Roscoe

    E questi sono problemi che emergono soltanto ad una visione in alta definizione UltraHD perché chi cavolo l’ha mai vista la bocca di personaggi ripresi così da lontano in VHS o in DVD?!? Ma neanche in sala nel 1989 godevano della definizione che oggi possiamo avere in tutta comodità nel nostro salotto di casa. Anche in inglese quella battuta è aggiunta fuori campo, ma non si nota perché casca proprio su un cambio di inquadratura. In italiano invece arriva molto prima, rendendo questa aggiunta posticcia ancora più palese, ma solo oggi, in 4k e più di 30 anni dopo!

    “Più vicini di così, si muore!”

    Scena da Indiana Jones e l'ultima crociata aeroplano nazista che spara all'auto con Indy e il padre

    Un altro di quei momenti che non possono non strappare una risata, soprattutto nella versione italiana, arriva durante la fuga dei due Jones, padre e figlio, a bordo di un’auto mentre due caccia della Luftwaffe cercano di sforacchiarli. Dopo lo scambio di battute “Tutto ciò è intollerabile!” / “E anche molto vicino!“, uno dei caccia all’inseguimento finisce per imboccare un tunnel insieme all’auto, diventando così un bolide in fiamme che sorpassa l’auto a pochi centimetri di distanza per poi esplodere poco dopo.

    Sequenza dell'aeroplano nella galleria in Indiana Jones e l'ultima crociata

    Scampato questo pericolo, Henry Jones ride dicendo “well, they don’t come any closer than that!” (essenzialmente un “più vicini di così è impossibile”), adattata alle perfezione con “più vicini di così, si muore!“. Quasi in risposta a questa battuta, l’altro caccia di cui ci eravamo temporaneamente dimenticati sgancia una bomba che emette il classico fischio da cartone animato ed esplode sulla strada davanti a loro, aprendo una voragine in cui si schianta l’auto dei due Jones.

    Più vicini di così si muore, una battuta dai dialoghi dell'adattamento italiano di Indiana Jones e l'ultima crociata

    Originale: Well, they don’t come any closer than that!
    Doppiaggio: Più vicini di così, si muore!

    Scena della bomba sganciata sull'automobile in Indiana Jones e l'ultima crociata

    E quanto è familiare in italiano questa espressione che, seguita dal comico sgancio della bomba, rende quel “si muore” (assente nell’espressione inglese) ancora più comico. Motivo per cui funziona molto meglio in italiano. È simpatica in inglese, divertente in italiano.

    E carro tanke! / Ah, bitte!” – Adattare anche l’impossibile… con stile

    Sultano di Hatay nel film Indiana Jones e l'ultima crociata

    Sultano: …desert vehicles and tanks!
    Donovan: You’re welcome.

    Sultano: …veicolo di deserto e carro tanke!
    Donovan: Ah, bitte!

    In cambio di un’automobile di lusso, il sultano della Repubblica di Hatay offre ai nazisti provviste, rifornimenti, auto e addirittura un carro armato. In inglese Donovan lo prende un po’ in giro con un “you’re welcome” (ovvero “prego” in inglese) in risposta a quel “tanks“, cioè carro armato detto con una esse di troppo di una pronuncia imperfetta che lo fa sembrare “thanks” (=grazie). È una risposta scema come tutte quelle di Donovan, ma fa capire il personaggio e in italiano è stata adattata, perché ovviamente non avrebbe avuto senso sentire “prego” in risposta a “carro armato”.

    Quindi hanno lasciato la parola “tank” con l’aggiunta di una “e” finale per renderlo simile al “danke” (grazie) tedesco – e hanno usato “bitte!” (prego) come risposta per far capire la battuta. Ci ricorda e sottolinea inconsciamente che l’americano Donovan è un collaborazionista dei nazisti. Alla fin fine, in entrambe le lingue risponde con un “prego” preservando la battuta. Per chi fa questo mestiere, queste gag basate sulla lingua sono delle trappole mortali e il dialoghista qui se l’è cavata nel migliore dei modi e con stile. La bravura dei dialoghisti sta anche nel farsi venire in mente questo genere di soluzioni.

    “Dovrebbe stare in un museo!”

    Quanti terzi film di una serie possono dire di aver generato frasi che rimarranno nella cultura popolare per sempre? Indy dice “dovrebbe stare in un museo” (it belongs in a museum) per la prima volta solo nell’Ultima crociata. Eppure è tra le frasi più memorabili quando si ripensa al personaggio. Chi conosce il film a memoria come me, sa anche la risposta che segue:

    il personaggio chiamato Panama, da Indiana Jones e l'ultima crociata

    E così lei!!!

    E così lei!” risponde l’odioso personaggio chiamato “Panama”, doppiato da un bellissimo Sandro Sardone. Pochi istanti dopo urlerà comicamente “uaargh!” quando viene menato da Indiana Jones [nota: l’urlo che sentiamo in italiano è quello dell’attore in lingua originale, ma la sua voce è identica a Sandro Sardone che infatti è perfetto su quel ruolo ]. Questo film regala gioie anche nelle piccole cose.

    Ma bando alle ciance, che di citazioni da questo film si potrebbe scrivere un intero articolo. Veniamo alla scheda di doppiaggio e concludiamo questa esplorazione nelle curiosità dell’adattamento italiano di Indiana Jones e l’ultima crociata.

    Scheda di doppiaggio di Indiana Jones e l’ultima crociata

    Direttore di doppiaggio: Manlio De Angelis

    Dialoghista: Roberto Rizzi

    Studio di doppiaggio: C.D.C.

    Supervisione all’edizione italiana: Claudia Gvirtzman Dichter

    Il cast di doppiatori

    Michele Gammino: Henry Jones Jr. alias Indiana Jones (Harrison Ford)
    Pino Locchi: Henry Jones (Sean Connery)
    Sergio Tedesco: Marcus Brody (Denholm Elliot)
    Fabio Boccanera: Indiana Jones da giovane (River Phoenix)
    Isabella Pasanisi: Elsa Schneider (Alison Doody)
    Renato Mori: Sallah (John Rhys-Davies)
    Cesare Barbetti: Walter Donovan (Julian Glover)
    Francesco Vairano: Colonnello Vogel (Michael Byrne)
    Nino Prester: Kazim (Kevork Malikyam)
    Giorgio Piazza: il cavaliere del Graal (Robert Eddison)
    Marco Mete: Garth alias ‘Fedora’ (Richard Young)
    Vittorio Stagni: Roscoe (Bradley Gregg)
    Franco Chillemi: Sultano di Hatay (Alexei Sayle)
    Max Turilli: Ufficiale delle SS (Luke Hanson)
    Sandro Sardone: “Panama” (Paul Maxwell / Tim Hiser)
    Cristina Boraschi: Irene (Julie Eccles)
    Lucio Saccone: Signor Havelock (Larry Sanders)
    Claudio Fattoretto: “Half-breed” (Jeff O’Haco)
    Vittorio De Angelis: agente tedesco a Iskenderun (Wayne Michaels)

    Titoli di coda di Indiana Jones e l'ultima crociata con la scheda di doppiaggio. Dialoghi di Roberto Rizzi, doppiaggio eseguito presso la International Recording, direttore del doppiaggio Manlio De Angelis e la lista dei doppiatori è identica a quella pubblicata sul sito antoniogenna.net

    La scheda di doppiaggio dei titoli di coda di Indiana Jones e l’ultima crociata. Dalla mia copia VHS.

    Alcune note sui doppiatori

    Rispetto ai predatori dell’arca perduta è da notare il cambio di “Sergio” su Marcus Brody, da Sergio Rossi che lo doppiava nei Predatori a Sergio Tedesco nell’Ultima crociata. Ritorna invece Renato Mori su Sallah, un abbinamento che rimarrà indiscusso anche decenni dopo, con il nano Gimli nel Signore degli Anelli e praticamente fino alla scomparsa di Mori. Ovviamente torna Michele Gammino su Harrison Ford, dopo quella parentesi di Indiana Jones e il tempio maledetto in cui era doppiato da Luigi La Monica e che dopo cinque capitoli possiamo dire essere stata l’anomalia della serie. Ma questo lo potevamo dire già al terzo capitolo. Il pubblico italiano associa Harrison Ford alla voce di Michele Gammino, difficile negarlo. Con tutto il rispetto per Luigi La Monica, che secondo me ha fatto comunque un ottimo lavoro sul Tempio maledetto, l’abbinamento Ford-Gammino è una di quelle combinazioni riuscitissime nel mondo del doppiaggio italiano che viene da domandarsi: perché pensare di cambiarlo?
    Ultima nota curiosa: Vittorio Stagni (voce di Lord Casco in Balle spaziali, Dennis Nedry in Jurassic Park, etc) all’età di 52 anni doppia il tombarolo adolescente Roscoe, interpretato da un attore 23enne. Quell’uomo poteva tutto.

    In conclusione

    I fan più arditi dei Predatori dell’arca perduta forse non hanno mai amato la svolta “comica” dei seguiti di Indiana Jones, in particolare di questo terzo capitolo che trasforma Marcus in un buffone che si perde nel suo stesso museo. È anche il capitolo che dà a Indy il nome di un cane, non dimentichiamolo. La locandina stessa avrà fatto storcere qualche naso all’epoca con quello slogan “questa volta si porta papà” [perfetta traduzione di This time, he’s bringing his Dad], ma non si può negare che questo film sia puro divertimento dall’inizio alla fine. Ed è divertimento voluto, a differenza delle cose imbarazzanti che sarebbero arrivate 20 anni dopo e che fanno ridere non intenzionalmente. Che sia del tutto intenzionale lo sa Spielberg, che mette in scena una perfetta “buddy comedy” con due personaggi agli antipodi come l’avventuriero Indy e il padre-topo di biblioteca, lo sa lo sceneggiatore che scrive loro le battute – una più memorabile dell’altra – e lo sa persino l’effettista dei suoni, che in questo film monta più volte effetti sonori presi dai cartoni animati (e forse non ci avevate neanche mai fatto caso).

    In questa armonia di intenzioni, che oggigiorno sembra essere diventata dannatamente impossibile da ottenere dai film di Hollywood, l’adattamento italiano lavora in concerto con gli autori e lo stesso fa anche il doppiaggio che – porcaccia la miseria – è perfetto in ogni battuta, intonazione, appoggio, accento… con i migliori doppiatori per quei personaggi; è un altro di quei doppiaggi che oggi sarebbero impossibili da replicare, per i motivi già detti all’inizio. Il miglior epilogo possibile della saga di Indiana Jones, adattato e doppiato al meglio delle possibilità, con piccole sviste perdonabili.

    Scena finale di Indiana Jones e l'ultima crociata, cavalcata verso il tramonto

    Non è bello quando le TRILOGIE… finiscono??

  • Il finto PORKY’S 2 e i suoi due titoli… PARACULISSIMI!

    Locandina del film I paraculissimi - Porki's numero 2

    Siamo di nuovo ai sequel apocrifi, titoli inventati dai distributori italiani per ingannare lo spettatore. Nel 1982 è stato inventato in Italia un Porky’s 2 prima del vero Porky’s 2 (arrivato poi nel 1983). Sto parlando di King Frat di Ken Wiederhorn, commedia del 1979 che fa palesemente il verso ad Animal House (del 1978) e in Italia assume il titolo di I PARACULISSIMI – PORKI’S N2. con cui arriva anche in VHS successivamente. Notare il paraculissimo spelling di “Porky”, con la “i” al posto della ipsilon.

    Come sappiamo già da questa mia rubrica Titoli italioti, la distribuzione cinematografica negli anni ’80 e ’90 era un vero Far West, visto che potevano inventarsi anche Balle Spaziali 2 senza conseguenze legali, ma anche L’esorcista n2 apocrifo di cui ho parlato di recente (un altro con il “n2” nel titolo!). Chiare le intenzioni di associare questo King Frat ad un film più recente e di maggiore successo, cioè Porky’s. Tutto semplice, direte. La classica furbata all’italiana, no? C’è un solo problema. Le date non tornano. Il primo e più famoso Porky’s, quello dal titolo “Porky’s – Questi pazzi, pazzi porcelloni!“, ottiene il visto per la proiezione cinematografica in Italia il 17 giugno 1982. Ma il visto censura del finto Porky’s 2 è del 5 marzo 1982, di ben tre mesi prima. Come possono aver inventato “Porky’s 2” prima che arrivasse un Porky’s 1?

    Porki’s e i due titoli paraculissimi

    La spiegazione può essere soltanto una: hanno aggiunto “PORKI’S N2” solo successivamente, probabilmente durante l’estate dello stesso anno. Questo spiega l’esistenza di locandine molto più rare – sicuramente le prime stampate – in cui compare solo il titolo “I paraculissimi”, senza quel “Porki’s n2” scritto in basso a caratteri cubitali.

    Le prime due locandine del film I paraculissimi, che non riportano la scritta porki's numero 2

    Le prime due locandine

    Inoltre, al tavolo della censura italiana è arrivato con il semplice titolo I PARACULISSIMI (anche qui senza “Porki’s n2”), ed è difficile non pensare che l’ispirazione per questo titolo non sia venuta da I fichissimi (del 1981) con Abatantuono. Diciamo che gli anni di uscita sono tutti un po’ sospetti. Quindi rimettendo insieme i pezzi possiamo immaginare che nell’estate del 1982, alla “80 International Pictures” (distributore dei Paraculissimi) vedono che Porky’s incassa bene al botteghino italiano e pensano di approfittare di un film dello stesso genere che hanno già in distribuzione nelle sale. Cambiano al volo le locandine appiccicandoci sotto un bel PORKI’S N2 – con la i al posto della y così da non essere denunciati – et voilà, lo spettatore è presto gabbato.

    Del resto, all’epoca, tra prime visioni, seconde visioni, terze visioni e arene estive, un film finiva per essere proiettato almeno per un anno intero, quindi la truffa della locandine con il titolo modificato aveva il suo perché anche con tre mesi di ritardo. C’erano ancora tanti di spettatori da gabellare!

    Meme: io ho fatto questo, tu hai fatto questo? Io ho fatto questo. Sull'appropriazione dei contenuti trovati su internet, in questo caso sul titolo Porky's

    Meme sulla distribuzione italiana (e anche su chi attinge dalle mie ricerche senza dire grazie)

    Quindi al cinema nel 1982 avreste potuto vedere sia Porky’s sia Porky’s 2, solo che il 2 era falso. Chissà se si è mai avuto un momento – nel 1983 in Italia – in cui tutti e tre i film – Porky’s, Porki’s n2 e Porky’s II – sono stati in proiezione contemporaneamente?

    Una nota sul titolo originale, King Frat, è traducibile come “il re della confraternita”, come dicevamo l’ispirazione del film viene da Animal House con le sue confraternite studentesche. Il film all’estero ha avuto anche titoli alternativi come Campus King (il Re del campus) e Delta House. Il titolo King Frat potrebbe essere un gioco di parole su “King Rat” (film del 1965) o gli sto dando troppo credito?

    Rassegna stampa

    Non posso non riportare uno stralcio di quello che hanno detto all’epoca i giornalisti italiani su questo finto seguito di Porky’s.

    PORKY’SSIMI una farsa da penitenza

    PORKY’S N. 2 I paraculissimi di Ken Wiederworm con John Disanti, Dan Chandler, Mike Grabow, Charles Pitt. Farsa americana a colori (Cinema Arlecchino). Questo film dev’essere assegnato come penitenza a chi sostiene (e magari fino a ieri non aveva tutti i torti) che il cinema italiano dovrebbe imparare da quello americano a confezionare gradevoli prodotti d’intrattenimento.
    Trama — Una sorta di mascalzoni che si chiamano all’italiana i «Pi Kappa». detta legge in un college prendendo di mira un altro gruppo di secchioni pieni di borie. Come una volta si fece in Emilia con la famosa secchia rapita, ora si tratta di contendersi una statuetta dionisiaca in chiaro atteggiamento fallocratico. Basterà che il giudice della contea sia sorpreso vestito da prete in un bordello perché scatti un tacito ricatto che porterà i «Pi Kappa» non solo all’assoluzione ma alla laurea e alla cattedra. Così i loro figlioletti saranno nuovi repellenti modelli da imitare in una società basata sulla demenza pura.
    Giudizio — La maggior parte della colonna sonora è occupata da flatulenze oscene e da ributtanti sfoghi. Gli attori, che vorrebbero forse mettere in burla gli anni Cinquanta, parrebbero presi da un correzionale o strappati a una latrina. Invece, tra l’invelenita sorpresa di quanti hanno pagato per vedere un film che non è la continuazione dello sgargiante canadese Porky’s, essi varcano l’oceano per offrire il peggio di sé stessi in un’edizione che si direbbe tradotta nel pieno rispetto della volgarità originaria.

    La Stampa, 29 aprile 1983

    Venerdì 10 Agosto 1990 il film passa in TV sul canale QUARTARETE alle 21,30. Ma chi era furbo quella sera si sarà visto Il ritorno dei morti viventi su Italia1 piuttosto. A proposito, vi butto lì una curiosità: il regista di questo film dirigerà Il ritorno dei morti viventi 2. Altra curiosità, non so perché nella locandina italiana si menta persino sugli autori, dicendo a chiare lettere “un film di Tony D’Agostino”, che non è né il regista, né il produttore, né lo sceneggiatore, né comprare in altri ruoli di cast e troupe. È la persona che ha “importato” questo film in Italia? Chi è questo Tony D’Agostino? E in che modo il film gli apparterrebbe?

    Una risposta viene dai commenti a questo articolo, l’amico Andrea Ciaffaroni fa luce sul mistero di Tony D’Agostino grazie ad una recensione del Corriere della Sera:

    Secondo la recensione del Corriere della Sera, Tony D’Agostino fu autore dei dialoghi italiani. Incollo: “Il film risulta firmato, sui manifesti e nei titoli di testa italiani, da Tony D’Agostino, ma nei titoli di coda americani si legge il nome del vero regista, Ken Wlederhorn. Il distributore giustifica il fatto sostenendo che Tony D’Agostino ha scritto i dialoghi italiani. Sembra che l’autore di La cerimonia dei sensi abbia rivendicato anche la proprietà del soggetto originale, passato a un produttore americano e poi realizzato dall’ex montatore Ken Wlederhorn, noto in Italia per Gli occhi dello sconosciuto e in America per alcuni programmi documentaristici televisivi (Orvllle and Wlibur) e numerosi lavori teatrali”. (5.11.82).

    Il doppiaggio di I paraculissimi

    Nonostante non si trovino informazioni sul doppiaggio di questo film, né su chi lo abbia adattato, posso confermare che non si tratta di un doppiaggio “minore”, anzi! Nei primi anni ’80 anche i filmetti sconosciuti venivano “graziati” da doppiaggi di alto livello che godevano dell’esperienza di attori teatrali ed è sicuramente più di quanto si merita questa commedia scoreggiona. Quindi tocca a me fare qualche nome, ma siccome le mie orecchie non vanno oltre al preside doppiato da Michele Kalamera con la sua voce da Clint Eastwood, ho chiesto aiuto al mio esperto Francesco Finarolli per stilare questa lista (per quanto parziale) di doppiatori che compaiono nei Paraculissimi.

    Scheda di doppiaggio di I paraculissimi / Porki’s n2

    Michele Kalamera: il preside Doyle (Dean Fitzgerald)
    Massimo Corizza: Genio (Robert Small)
    Mauro Gravina
    Sergio Di Stefano
    Franca Lumachi
    Daniela Nobili
    Gigi Reder: presentatore della gara di peti


    Direttore di doppiaggio
    : [sconosciuto]

    Dialoghista: [sconosciuto]

    Studio di doppiaggio: [sconosciuto]

    Un giorno forse completerò il riconoscimento dei personaggi, ma mi servirà un qualche tipo di presidio medico-chirurgico per poterlo riguardare. Intanto posso fare qualche supposizione sui dati mancanti: vista la presenza di Gigi Reder nel cast, presumo che ne sia stato anche il direttore di doppiaggio, all’epoca Reder dirigeva tanti doppiaggi e la sua presenza nella storia del doppiaggio italiano ad oggi rimane scarsamente documentata, ricordato solo per il ruolo del geometra Filini nei film di Fantozzi. Basandomi su una mia personalissima banca dati che raccoglie informazioni sugli studi di doppiaggio e sui loro interpreti, posso supporre che questo film sia stato doppiato dalla SAS – Società Attori Sincronizzati. Impossibile dire invece chi possa essersi occupato dell’adattamento italiano.

    L’adattamento italiano

    Il personaggio di Cicciobello nei Paraculissimi

    Nel film tutti gli studenti hanno un soprannome, nella versione italiana abbiamo l’immancabile “Cicciobello” (Gross-out), chiaramente ispirato al personaggio di Belushi in Animal House, “Schizzo” (Splash), il “Capo delle latrine” degli indiani Arapados (Chief Latrine del popolo Kissawong in inglese, letteralmente “va’ a baciare un cazzo”) che piuttosto dovrebbe chiamarsi “Capo Latrina”, poi ci sono “Roccia” (Jock) e “Genio”, che ha l’aspetto di Groucho Marx e in originale si chiama semplicemente Kevin, ma avevano tutti un soprannome, perché Kevin non dovrebbe averlo? Quindi si in italiano sono inventati “Genio”.

    L’adattamento italiano aggiunge turpiloquio per strappare una risata, un tentativo di migliorare dialoghi originali altrimenti molto piatti. Questo a volte funziona, altre volte meno. Alcune battute inventate in italiano risultano datate, come quelle sull’omosessualità (che in Italia quasi per legge non potevano mai mancare), ma cose come “frocio di marmo” (“stone faggot”) oppure “banda di culattoni!” (you chicken-shit faggots!) erano già nel copione originale, quindi niente che non fosse già nelle intenzioni degli autori. L’ho già detto che è un film terrificante?

    Come ha scritto un giornalista de’ La Stampa nel 1983: “varcano l’oceano per offrire il peggio di sé stessi in un’edizione che si direbbe tradotta nel pieno rispetto della volgarità originaria“. Quarant’anni dopo posso confermare con autorevolezza che è assolutamente vero.

    Le alterazioni nei dialoghi non sono neanche degne di nota, forse perché è il film a non essere degno di nota. Annoto qui giusto la solita “pepperoni pizza” che diventa pizza ai peperoni: “one pepperoni and peanut butter” ⇒ “una pizza con peperoni e marmellata“. Il burro d’arachidi diventato marmellata probabilmente per far capire chiaramente che si trattava di una pizza disgustosa, come l’intero film. Ho trovato comica una sola battuta “È stato espulso da alcune delle migliori scuole del paese” e il dare un accento napoletano al presentatore della gara di scoregge, forse perché mi ricorda il produttore di film pornografici del film I nuovi mostri, chi ha visto quel film capirà. In originale credo che il presentatore avesse un accento da ebreo americano.

    Cicciobello con la bambola gonfiabile in un bagno lurido. Una scena dal film I paraculissimi

    Animal House sul set di Trainspotting

    Il film più lurido mai visto

    Finché il link di YouTube dura, il film è visibile per intero qui. Ma non è una visione consigliata a meno che non facciate ricerca storica sui cloni di Animal House. Non ho mai visto un film più scoreggione e più lurido di questo. Se la casa della confraternita di Animal House era sporca e devastata in modo “cinematografico”, quella che vediamo in King Frat sembra fin troppo reale, come se avessero girato gli interni in una vera casa di eroinomani e ogni cosa che si vede nel film è lurida, serve un antibiotico per finire di vederlo tutto. È come un Animal House girato sul set di Trainspotting. Quasi se ne sente la puzza. Non pensavo di essere una persona impressionabile finché non ho visto I paraculissimi. Le porcate che faceva Belushi in Animal House tipo riempirsi la bocca di cibo per poi schiacciarsi le guance e sputarlo a getto sui malcapitati erano niente rispetto a “Cicciobello” che ingurgita merda e caca in continuazione nella “peggiore toilet della Scozia” (cit.). Non è un caso che per la copertina della VHS americana abbiano deciso di adottare lo stile visivo degli Sgorbions (scusate per i miei riferimenti da millennial).

    Copertina VHS americana dei Paraculissimi, titolo originale king frat. Lo stile dell'illustrazione è quello degli Sgorbions

    VHS americana in stile Sgorbions

    La cosa più allucinante è che dopo 70 minuti di flatulenze e deiezioni, il film faccia un fugace omaggio a Macbeth di Shakespeare con i nemici che avanzano camuffati da cespugli. Chapeau, ma con scoreggia. Mi stupisce anche che tra una flatulenza e l’altra gli sceneggiatori abbiano trovato il modo di infilarci anche delle piccole trame (oltre a quelle clonate da Animal House), ma non ci illudiamo, la commedia è puramente scatologica, inizia con culi appesi fuori dai finestrini di un carro funebre che scoreggiano su ignari passanti [NdA: i peti e i dialoghi in quella scena sono aggiunti nel doppiaggio italiano, mi fa notare il lettore Vasco Serafini in un commento su Facebook] e finisce con un bambino piazzato a caso davanti alla cinepresa che guarda il pubblico e con un rutto fa partire i titoli di coda.

    Un ringraziamento ad Andrea Lanza del blog MalastranaVHS che mi ha fatto scoprire questo titolo italiota con la sua recensione dei Paraculissimi. Uno pensa di averli sentiti tutti i titoli italioti e invece di paraculate ne sono state fatte tante all’epoca e se ne scoprono sempre di nuove!

    [rutto di chiusura]

  • TITOLI ITALIOTI: L’esorcista n.2… quello apocrifo!

    due locandine a confronto, Un urlo dalle tenebre e L'esorcista n.2 ...e il mio grido giunga a te (1975) sequel apocrifo dell'esorcista di friedkin

    Presentato al tavolo della censura nel giugno 1975 come “Un urlo dalle tenebre“, questo film arriva in sala anche con un secondo titolo: “L’esorcista n.2” e sottotitolo “…e il mio grido giunga a te…” (una frase del rituale che sentiamo nel film). Nella locandina intitolata “L’esorcista n.2” il nome del regista Angelo Pannacciò viene sostituito da uno pseudonimo: Franck C. Lucas (sì, Frank con una “c” di troppo) che si vocifera stia al posto di Franco Lo Cascio, il regista che avrebbe iniziato il film per poi abbandonarlo prima della fine della produzione, sostituito da Pannacciò. L’uso di uno pseudonimo fa pensare ad una truffa vera e propria, in cui forse si è tentato di far credere ad un legittimo seguito dell’Esorcista di William Friedkin e non a della banale “exploitation” italiana.

    Locandina di L'esorcista n.2 ...e il mio grido giunga a te con Richard Conte

    Richard Conte in “Ma che ci faccio in questo film?”

    L’esorcista n.2, il sequel apocrifo dalla distribuzione travagliata

    La trama ricalca ovviamente quella del più famoso Esorcista, quasi scena per scena. Il posseduto qui non è una bambina ma Piero, un ragazzo con la zazzera più incredibile mai vista. E chi si sacrifica alla fine non è un prete ma una suora, ma anche con questi cambiamenti, le scene che ricalcano L’esorcista di Friedkin si riconoscono ad occhi chiusi (il party interrotto dal posseduto, le scene oniriche, la visita medica, etc… troppe per menzionarle tutte). Se avesse avuto grande successo sicuramente sarebbero arrivati in tribunale per plagio, ma nell’Italia degli anni ’70 non solo la cosa passava inosservata, ma veniva addirittura sottolineata da un titolo truffaldino: L’ESORCISTA n.2! E Friedkin muuuuto!

    Non si capisce perché gli italiani prendano in giro gli “Star Wars turchi” quando in Italia facevamo esattamente le stesse cose.

    Fotobusta del film L'esorcista n.2 ...e il tuo grido giunga a me, anche noto come Un urlo dalle tenebre, del 1975

    Più che un indemoniato pare scemo

    La commissione di censura gli regala un bel divieto di visione per i minori degli anni 18 per “la tematica stessa del film” (lu Dimonio!) “nonché dalle numerose sequenze di rapporti sessuali descritti con eccessivo realismo, sì da far ritenere l’intero film controindicato per le esigenze di tutela dei predetti minori“. Non contenti di un VM18 al pari di un film pornografico, la commissione richiede (ed ottiene) anche i seguenti tagli:

    1) Scena dell’accostamento del calice con l’ostia ed il movimento sessuale della donna;
    2) Scena in cui la donna si scopre il pube nella camera del ragazzo;
    3) Alleggerimento del rapporto sessuale del ragazzo con la madre;
    4) Alleggerimento del rapporto sessuale del ragazzo con la sorella;
    5) Eliminare le scene che riguardano il ricordo del ragazzo con rappresentazioni di accoppiamenti di gruppo.

    La storia della sua censura e della distribuzione mondiale di questo film è certamente più interessante del film stesso, ad oggi non è ancora mai emersa versione completa non censurata, e paesi diversi sembrano censurare il film in modo diverso, reintegrando alcune scene tagliate per la distribuzione italiana, e omettendone altre. Un passaggio televisivo italiano in tempi più recenti ha addirittura riportato alla luce qualche scena che si riteneva perduta per sempre, in merito a questa curiosa scoperta Nocturno.it ha pubblicato un resoconto completo che consiglio ai più curiosi di leggere. Il passaggio televisivo su Cielo nel 2020 è stato nominato anche in un approfondimento dedicato alla travagliata storia di questo film su Malevolentdark.com (in inglese), che mi ha fatto scoprire che al mondo esistono addirittura persone appassionate a questo film. Wow. Non ho parole.

    L’esorcista n.2 in alcuni paesi è anche L’esorcista III

    VHS inglese con titolo The Exorcist III

    Quando L’esorcista 2 è già uscito, ci si inventa il 3.

    All’estero L’esorcista n.2 è arrivato con titoli altrettanto truffaldini come The Return of the Exorcist (Stati Uniti), The Posessor (Stati Uniti) con frase slogan “the final challange of the Exorcist” (la sfida finale dell’esorcista) e addirittura Exorcist III: Cries and Shadows (Regno Unito), sicuramente perché nel frattempo era già uscito il vero Esorcista 2. È la semplice regola algebrica dei titoli dei sequel apocrifi: x+1. Che tocca fare alla distribuzione per portare a casa la pagnotta.

    Purtroppo l’adattamento italiano non ha niente di curioso da dirci, è un film che non offre altro che il suo titolo, il titolo di un seguito… falso come Giuda.

    Dove vedere L’esorcista n.2 (se proprio ci tenete)

    Anche se ne sconsiglio la visione, finché dura il link potete vedere il film per intero qui. Ma vi consiglio L’esorciccio piuttosto.

  • Quando John Wayne doppiava i porno… L’ultima conversazione con Carlo Marini

     

    Sylvester Stallone in Italian Stallion doppiato da Carlo Marini, intervista per Doppiaggi italioti

    Te ne racconto un’altra, hai presente Tina Lattanzi? Dovevamo fare oversound e c’era pure la Lattanzi. Lei sente me e fa [Marini imita la Lattanzi] “ma Marini, che bella voce che ha…”.

    Ho il presentimento che l’aneddoto stia per sfociare nello sconcio e Carlo infatti interrompe la storia:

    Eh, vabbè, non posso raccontarla questa. [Carlo esita, ci ripensa un altro po’] No, non la posso racconta’, che te devo di’.

    Carlo Marini, protagonista largamente dimenticato del doppiaggio degli anni ’70-’80, oltre a una serie di nemici, aveva una valanga di aneddoti e di storie che nessuno si è mai preoccupato di farsi raccontare fin quando, per la prima volta, nell’ormai lontano 2014, non lo contattai io per una semplice domanda su Mad Max che ha poi portato a una serie di scambi tra e-mail, telefonate e messaggi via Facebook, protrattasi fino alla sua scomparsa all’inizio del 2019, a 68 anni. Siamo dunque giunti alla terza ma anche ultima parte di questa mia intervista esclusiva con Carlo, che si condisce di amarezza visto che si tratta dell’ultima intervista all’artista che per primo doppiò Mel Gibson e persino Sylvester Stallone. Ho cercato di tenerla più “veritiera” possibile, anche con le sue divagazioni e i momenti che potrebbero urtare la sensibilità dei lettori (siete avvertiti!), per dare un’idea completa di com’era conversare con Carlo. Una personalità che in modo o in un altro rimaneva certamente impressa.

    Nel caso vi siate persi i precedenti appuntamenti e vogliate recuperare:

     

    Carlo Marini ricorda il suo ruolo in W la foca

    Eli Roth elogia Viva la foca di Nando Cicero

    “Viva la foca di Nando Cicero è il capolavoro ultimo del cinema italiano”. Se lo dici tu, Eli… se lo dici tu.

    Evit: Hai qualche memoria del tuo ruolo in “W la foca” di Nando Cicero? Io non l’ho mai visto, però…

    Carlo: Però, dici, per prenderte un po’ per culo… Allora, W la Foca nasce con Galliano Juso quando io ero alla Fono Roma, lui mi fa “senti Marì, me serve la tua macchina”, all’epoca c’avevo una Mercedes vecchio tipo, stupenda, verde, bellissima, e facevo ancora l’attore, non avevo ancora una società di doppiaggio. Galliano mi dice “me serve la machina tua” – “eh già, io la macchina mia, quella, non la do proprio a nessuno”, mi fa “allora perché scusa non fai tu il fidanzato di Lory Del Santo?” – “ma che è, quella che ha preso 200 mijoni dall’arabo per una notte?”.

    Marini era poco convinto dell’ingaggio per via del titolo del film.

    Carlo: dico “ma sai, un film dal titolo W la foca, che Dio la benedoca… insomma. Vabbè, se la guido io, va bene”. Infatti c’è una scena d’inizio quando lei deve partire per Roma e il fidanzato la porta alla stazione… Mah, insomma, oscena proprio: [Marini ricorda il dialogo del film] “no, con due dita no perché fischia” metto la mano tra le cosce e FUUU se sente fischiare il treno, capito? Da vergognarsi, di W la Foca c’è da vergognarsi e basta.

    Carlo: Eppure, come si chiama quel regista famoso… ha detto che è un cult movie. Tarantino?

    Evit: Era Eli Roth, “figlio d’arte” di Tarantino.

    Carlo: Esatto!

    Evit: Ha detto che è il suo film preferito, e in Italia penso che sia, per i giovani almeno, abbastanza sconosciuto.

    Carlo mi racconta altri aneddoti privati che riguardano una festa altolocata alla quale accompagnò la Lory Del Santo, ma non credo che io sia autorizzato a pubblicarle, checché ne dicesse Carlo con i suoi “ma sì, ma che me frega”. Ma di evitare una denuncia a me frega moltissimo. Diciamo che so più di quanto dovrei. Purtroppo le memorie di Carlo sono piene zeppe di cose che non posso raccontare.

    Il doppiaggio della serie Le spie con Bill Cosby

    Robert Culp e Bill Cosby nella serie “Le spie” (I spy)

    Evit: Ricordi di aver doppiato Bill Cosby?

    Carlo: Ahhh sì, quello, hai voglia, come no… 50 puntate! È stata una bella esperienza, con Elio Zamuto che faceva l’altro protagonista e interpretava anche il direttore. Penso di essere stato la scelta giusta su Bill Cosby perché, insomma… tutti attori fantastici [NdA: Bill Cosby vinse tre Emmy per quel ruolo]. Cosby finiva per rubare la scena al co-protagonista: quando quello [Robert Culp] voleva l’attenzione e si sentiva importante perché bianco, l’altro (Bill Cosby) si girava e non se lo cagava per niente. C’erano scene di questo tipo, molto divertente. Ricordo che si sentì male Elio in piena estate, lo accompagnai all’ospedale, si sentiva col cuore che non andava e, niente, poi non c’aveva niente… e ancora però lui se lo ricorda, perché s’è un po’ cacato sotto. 50 puntate molto strette.

    Evit: Ricordi altri interpreti di quella serie, tra quelli che doppiavano insieme a voi?

    Carlo: Nooo, assolutamente, ma erano sempre quelli, su dai: Romano Malaspina, Massimo Rossi, Mirella Pace, insomma erano sempre i soliti.

    In un episodio campione trovato su YouTube, il sedicesimo della prima stagione, il nostro collaboratore Leo ha identificato anche Sandro Pellegrini e Mario Milita. Insomma, davvero i soliti di quel bel periodo del doppiaggio.

    Carlo Marini su Al Pacino

    Al Pacino in Angels in America, angeli in america, doppiato da Carlo Marini

    Carlo: Angeli in America con Al Pacino ed Emma Thompson l’hai visto? Io lì doppio Al Pacino.

    Evit: È quello sul tema dell’AIDS?

    Carlo: Esatto, una miniserie televisiva del 2003. [Carlo entra subito nel personaggio e rifà la stessa interpretazione] lui dice “io sono un avvocato, ricco, famoso,  sentiamo alla Casa Bianca, sai chi gli risponde?” e l’amico suo “beh, il Presidente”, “no, di più! La moglie!”. Dice “quindi sono ricco, famoso, e gli piace incularsi i ragazzini!”. [Carlo esce di nuovo dal personaggio] È di una bravura unica, guarda. Sono stato molto criticato per questo ruolo. Dice “hai sfonnaaaato Mari’, hai sfonnato! La voce è troppo profonda!”.

    Evit: chi è che lo diceva?

    Carlo: Tutti, me l’hanno detto… i colleghi. Intanto, sul Venerdì di Repubblica Enrico Deaglio ha confermato la profondità della voce originale di Al Pacino di quella cui ci hanno abituato per tanti anni.

    La voce di Al Pacino è più fonda, ma anche più larga, di quella che sentiamo al cinema doppiata.

    da Essere Al Pacino: incontro con l’ultimo divo
    15 gennaio 2016

     

    Carlo: …e quindi pijatevela in d’er sacco! ‘Sti stronzi, capito? Dice che ho “sfonnaaato”. Era soltanto perché ero ritornato a doppiare. Io nemmeno volevo andare a farlo il provino perché dico “’ndo vado a fa’ il provino per Al Pacino, ma chi!”, non me lo sentivo. La mia assistente mi ha convinto, ha detto “Carlo, gliel’ho detto io ad Andrea, perché non di voce, di altro, questo è tutto di stomaco… e tu ce l’hai lo stomaco”, capito? E insomma, con difficoltà enorme, perché… lui (Pacino) con gli occhi dice una cosa, con la bocca ne dice un’altra. Sai, io sono sempre abituato, io e pochi altri come Manfredi, siamo abituati a questo genere di attori e non puoi guardare la bocca per andare in sync. Se ci entri dentro (al personaggio), non c’è problema ad andare in sync con la bocca, capito? Se lo guardi fisso negli occhi, tu sai già da prima come la dice, perché la dice e con che intensità, capito? Lui alla fine muore, parla con un nero, dice [Carlo ritorna nel personaggio] “tu mi devi fare causa perché io ti ho trattato male perché sei negro, sporco e lercio… se mi fai causa sai quanti soldi puoi prendere?” e si sente TUUUUUU, il monitor che dice che è morto, e lui come sente sto TUU fa “UN MOMENTO!!!”, cioè come a dire “sto finendo di parlare”. È stupenda.

     

    Quando Emilio Cigoli doppiava i porno

    Evit: Senti, di tutto questo di cui abbiamo parlato c’è qualcosa che vuoi che non trascriva?

    Carlo: Non mi interessa, cioè, che t’ho detto? Tipo la storia della festa con i politici [aneddoto omesso. NdA]… Ah be’ te ne racconto un’altra. Con Emilio Cigoli all’epoca si doppiavano anche film porno. E anche Cigoli [famoso per aver doppiato John Wayne, NdA] che era un maestro doppiava; chiamava me, Massimo Dapporto, Massimo Lopez, la Marchesini, insomma c’eravamo tutti. In una di queste occasioni ho doppiato Sylvester Stallone in un film, pensa, un film porno! E c’era una ragazza che stava lì ad assistere, certa Daniela Caroli. Lui da dietro il vetro fa “mmmh, no!”. Naira (?), la sua donna che faceva da assistente, allora da dietro il vetro fa “no, vorrei anche una presenza femminile in questo anello perché…” e aggiunge “io non lo faccio, eh!”. Cigoli allora dice: “quella ragazza che sta lì”. E questa ragazza “sì, sì, io, io, sì, sì” tutta contenta. Ti puoi immaginare, IL direttore Cigoli che invita a partecipare a un doppiaggio insieme a Carlo Marini, che all’epoca ero un padreterno, e Cigoli era Dio sceso in terra a miracol mostrare, capirai… lei si mette al microfono, parte l’anello, la tizia nel film stava a fa’ una pompa e questa qua comincia a fare [urlando] AHHHH-AHHhhhh-AHHHHH. Cigoli interrompe l’anello e da dietro il vetro, con voce da John Wayne, fa: “signorina, lei forse non lo sa… ma in questi casi si respira col naso. Facciamone un’altra”.

    Vignetta meme con John Wayne che dice Signorina, lei forse non lo sa ma in questi casi si respira col naso.

    Sempre nella stessa sala entra Massimo Dapporto con 10 minuti di ritardo e si sente sempre John Wayne che da dietro al vetro fa “Dapporto, lei è in ritardo!” e Massimo: “Signor Cigoli… [con voce disperata] non sono armato!”, sembrava Mezzogiorno di fuoco.
    Un altro invece era Guardabassi — ecco! Guardabassi era nel cast di Interceptor, non mi ricordo chi doppiasse ma c’era, Manlio Guardabassi, credo che non sia più tra noi — Guardabassi faceva sempre tardi! E una volta “mi s’è rotta ‘a machina”, e una volta gli stava male il cane… un giorno [Carlo imita alla perfezione Cigoli]: “Guardabassi, ma non è possibile che lei sia sempre in ritardo!” e Guardabassi: “Eh, signor Cigoli… mi si è rotto il cane!”, non sapeva più che dire.

    Carlo Marini imitatore

    Per me che scrivo questo articolo è difficile da rendere per iscritto, ma per dovizia di particolari devo precisare che nelle nostre conversazioni telefoniche (fonte principale di questa intervista) tutte le citazioni riportate da Carlo erano sempre “recitate”. Tutte. Per ciascun aneddoto infatti Carlo non si limitava semplicemente a riferire le parole dette da questa o da quella persona (per come le ricorda lui almeno), ma ne faceva anche l’imitazione. Non posso dirvi quanto fedele fosse ciascuna di queste imitazioni, ma quella del suo maestro Cigoli era perfetta e sulle capacità imitatorie di Marini ho trovato anche delle conferme sulla rete.

    L’utente “Leprotto Bisestile” su Forum Doppiagio Italiano nel 2014 scriveva del film Spartacus (1960) di Kubrick:

    […]la scena in cui Crasso/Laurence Olivier dichiara la propria bisessualità con la famosa metafora del “mi piacciono sia le ostriche che le lumache”,[…] oggi si ritrova con un doppiaggio moderno dove Cigoli viene sostituito da Carlo Marini che assomiglia pazzescamente a Rinaldi il quale nel resto del film doppia già John Gavin…

    Il riferimento è a una sequenza di Spartacus reinserita nel film in occasione del restauro del 1991 che ripristina non solo scene di combattimenti considerate troppo violente ma anche questa battuta sulle preferenze sessuali di Crasso che scandalizzò la National Legion of Decency. Le registrazioni audio in lingua inglese di questa sequenza sono andate perdute e fu Anthony Hopkins nel 1991 ad imitare Laurence Olivier per la parte di Crasso. Una situazione parallela a quella italiana dove Cigoli (doppiatore di Olivier) era già morto e Carlo Marini venne chiamato ad imitarlo (sebbene Leprotto Bisestile affermi sembrare più simile a Rinaldi che in quel film è su un altro personaggio, Caio Giulio Cesare. Ma del resto, si sa,  tutti i discepoli di Cigoli parlavano come Cigoli).

    E quale parallelo migliore visto che di Hopkins era un protégé  di Olivier quando quest’ultimo era direttore artistico al National Theater (da Wikipedia: “A talented mimic, Hopkins had been a protégé of Olivier during Olivier’s days as the National Theatre‘s artistic director”). Un legame che ricorda molto quello tra Cigoli e il suo pupillo Marini.

    Notizia simile qui per la serie L’ora di Hitchcock dove è sempre Leprotto bisestile (una vera e propria autorità) a nominare Marini come probabile imitatore, nell’episodio Annabel (id., 1.7)

    La puntata è intrigante, sul genere di Psyco, ma il doppiaggio moderno è disgustosto su vari fronti e salvato unicamente dal solito bravissimo “imitatore” di Rinaldi che penso sia Carlo Marini su Dean Stockwell.

    Carlo Marini produttore, il breve incontro con Woody Allen

    Tornando alle mie conversazioni con Marini, sapevo sempre dove partivano ma non dove sarebbero arrivate, e visto che per una ventina d’anni nessuno gli ha mai chiesto niente, il ricordare una cosa ne portava alla mente un’altra dozzina…

    Carlo: Tu pensa che il film che ho prodotto io, come Carlo Marini FCM, [Le mosche in testa, 1991, diretto da Maria Daria Menozzi e Gabriella Morandi] non l’ho doppiato. Non l’ho fatto doppiare. Ci ho speso di più e queste due registe hanno detto “ma come?”, “eh, no, no, questo film in bianco e nero va fatto in presa diretta, costerà di più ma non me ne frega niente. L’ho fatto in presa diretta con un bravo fonico perché… non se po’. Questo film, doppiato, diventerebbe Hellzapoppin’. Ci sono alcuni film che non si possono, non si potevano doppiare secondo me. Quasi tutti dovevano esser doppiati, ma alcuni no.
    Adesso non si può doppiare, a parte se c’è qualche insertino… io sono stato in America, c’hanno dei TIR per l’audio, due TIR lunghi da qui a Porta Pia, con non so quanti tecnici dentro: “passa l’aeroplano, levalo!”, ciup! e via l’aeroplano, cioè, non puoi capi’. Hanno i microfoni puntati dappertutto…

    E: Hai mai incontrato gli attori da te doppiati?

    Foto dall'apertura del negozio Fiorucci a Los Angeles nel 1978

    Apertura del negozio Fiorucci a Los Angeles, 1978, dal blog di Alison Martino

    C: Ehhh… no. In realtà alcuni li avevo incontrati in precedenza, quando sono stato ad una cena offerta per me, in mio onore, da gli sceneggiatori di Funny Girl, che avevo conosciuto qua a Roma alla Taverna Flavia. Ricchissimi, m’hanno dato una Rolls bianca appena che sono arrivato a Los Angeles, questo la prima volta che sono andato in un viaggio con Fiorucci che apriva un negozio a Los Angeles (NdA: nel 1978)… e sono andato a questa cena dove doveva venire, pensa, pure Frank Sinatra. Lì c’erano tutti attori che io ancora non conoscevo e che poi ho visto in queste serie che doppiavo. L’unico che conoscevo era Peter Falk, Colombo… e c’è una storia su di lui ma anche questa non la posso racconta’, aò! [Mannaggia ai pescetti! NdA]

    Ci sono stato due o tre mesi in America e ho anche incontrato Woody Allen per mezz’ora in un ristorante a New York sulla quinta strada. C’era questa Elaines, un troione… non un troione, insomma, una signora tutta truccata, che mi disse “guardi, non glielo posso presentare perché non ha ordinato il vino”, perché quando lui non ordina il vino vuol dire che sta prendendo appunti e non vuole essere disturbato. Sono andato a quel ristorante due o tre volte, alla terza Allen ordina finalmente il vino, allora lei mi chiama e fa “vengavengavenga”. Gli dovevo chiedere se potevo fare una ripresa, figurati, per Domenica In… ero andato a questa cosa con Fiorucci, con Nicoletta [cognome incomprensibile] e con quella presentatrice bionda ormai morta, mamma mia che testa, non mi ricordo il nome.
    Sono rimasto un po’ lì a parlare con lui, a cercare di parlare con lui con il mio inglese… e gli sono stato pure simpatico. Si vedeva che Allen ha un cervello a quattro ruote motrici, forse è per quello che mi ha apprezzato, insomma ha capito che io apprezzavo le quattro ruote motrici. Appena sono arrivate loro, in adorazione, che lo guardavano come un mostro sacro, tre parole e ci ha mandati tutti via. Io questi attori non li ho mai guardati come mostri sacri, infatti c’ho avuto Giuliano Gemma, amico mio, tutti hanno dei buoni ricordi di me, specialmente i più famosi… Massimo Dapporto mi ha chiamato l’altro giorno, cioè l’ho chiamato io e lui m’ha richiamato e ci siamo ricordati di una serie che facevamo insieme, eravamo io, la Marchesini, lui e poi non mi ricordo chi altro… vabbè, ho avuto parecchie cose da raccontarti. Alla prossima puntata ti racconto invece come m’hanno seccato tutto quanto, la discesa… poi sai, la gente quando vede uno potente per terra, il gusto di camminarci sopra non glielo leva nessuno.

    Oltre all’ambiente competitivo, mi sono pure sposato con una ragazza molto ricca dalla quale mi sono separato quando le cose non andavano più bene. Quando mi sono separato potevo fare il principe ereditario.

    Ah bè, ti posso dire quest’ultima… c’avevo una barca di 15 metri, due motori da 360 cavalli, volevo andare a Roma, dove c’è il Tiber, con la barca, quindi ho risalito il Tevere… non sono andato contro lo scoglio? Non era uno scoglio, era un sasso antico… un affare romano… e la barca s’è mezza affonnata e s’è poi appoggiata… e c’era coso, quell’attore di Milano bravissimo che ha fatto Ambrosoli [Fabrizio Bentivoglio?], c’era lui e altre persone e una ragazza che il marito non lo sapeva… e siamo finiti su tutti i giornali. Volevamo fare come quelli di Fitzcarraldo, che risalivano il fiume… e ‘na barca di 15 metri è bella grossa, eh… a Ponte Marconi so’ affondato, quindi proprio a Roma… e poi tutti quanti a dire: servono 30 milioni per tirarla su, quell’altro sparava 50 milioni… e il Faina [???] invece dice “non gli da’ retta, gliela porto io, a casa gliela porto se vuole, me da 3 milioni gliela porto a casa”. S’è buttato nel Tevere questo, un uomo di 55 anni eh, un ometto, s’è buttato sotto, ha detto “ma quale sub, ma quale coso, gl’o prendo co’ a chiatta mia”, lui aveva una chiatta che risale il Tevere anche dove ci sono i sassi. Aggancia da una parte, aggancia dall’altra, se tira su, e me l’ha presa e me l’ha portata in un posto, me l’ha riaccomodata e poi l’ho venduta, però ecco… so affondato a Ponte Marconi con la barca di 15 metri. Con una fotografia poi che è uscita sul giornale con un gommone dei vigili del fuoco dove c’è l’ombra del gommone sui miei piedi che sembra che c’ho i calzettoni e il costume, che sembra che sto in mutande perché era rosa… una fotografia impietosa, impietosa. Sul messaggero, la stampa, insomma foto su tutti. Sono venuti elicotteri, ambulanze, carabinieri, vigili del fuoco, polizia, vigili urbani, non poi capì, era pieno.


    Per quanto mi sarebbe piaciuto trovare questa foto, non è facile navigare tra gli archivi dei giornali di date così incerte.

    Locandina italiana di Porno proibito con Sylvester Stallone come Italian Stallion. Doppiato da Carlo Marini

    Ad ogni modo, così terminava la terza parte dell’intervista con Carlo, di ben 6 anni fa. A lungo mi avete chiesto “e la terza parte?”. Ovviamente il progetto era di pubblicare tutto in tempi brevi, ma faccio sempre rileggere le mie interviste ai diretti interessati prima di pubblicarle, nel caso ci fossero ripensamenti o correzioni da fare. E a Carlo più che li rileggeva e più che gli tornavano in mente dettagli aggiuntivi e nuove storie, mi telefonava, me ne raccontava altre, che poi andavo ad aggiungere o correggere nell’articolo, che andava nuovamente approvato, che riportava nuove memorie, che portava a nuove conversazioni… e poi “me fai parlà romano, è volgare, io mica parlo così?”. Intanto anche io sono stato occupato con la mia vita lavorativa e spesso mi ripetevo “appena riesco, vado a risistemare quel pezzo”, rimandando perché sapevo che avrebbe richiesto altre correzioni e ritocchi. Così potete capire perché siamo arrivati a una terza parte pubblicata a così tanti anni di distanza.

    Nel frattempo con Carlo ci siamo anche incontrati, nel novembre 2017, approfittando di una mia breve permanenza a Roma, sono stato suo ospite per una giornata durante la quale abbiamo anche riguardato insieme Terminator (di cui diresse il doppiaggio) registrandone un parziale commento audio, ma questa storia è per un’altra volta o forse rimarrà come ricordo personale privato insieme a tanti altri aneddoti omessi in questo articolo, vuoi per la delicatezza degli argomenti (o indelicatezza, a seconda dei punti di vista), vuoi per l’impossibilità di verificare alcuni resoconti.

    Curiosità varie

    Schermata della scheda di Carlo Marini dal sito di Antonio Genna Antoniogenna.net

    Tra i film di cui Marini ha diretto il doppiaggio e che sono elencati nella scheda su Antoniogenna.net compare un curioso “Buttertruck”, insospettito dal titolo gli chiesi se quel “camion del burro” non fosse invece Battletruck del 1982 (arrivato in Italia come Destructors al cinema, e poi di nuovo come Battletruck in VHS, uno dei tanti post-apocalittici ispirati a Mad Max). Mostrandogli la VHS mi disse “È proprio quello, ma come hai fatto, sei un mago!”. Modestamente in quanto a collezionare film brutti in VHS non mi batte nessuno.
    Non lo avrei neanche nominato se non fosse per questa curiosa osservazione: Marini non solo è stato la voce di Mad Max ma anche di un suo clone!

    Dalla rete ho recuperato altri stralci di partecipazioni. Per anni Carlo Marini è stato il narratore dei documentari del programma La macchina del tempo di Rete 4, ha doppiato anche Dan Aykroyd nel 2000 in Stardom, ha avuto una parte nella serie TV canadese di fine anni ’90 Dead Man’s Gun, tracce di Marini e di Cigoli sono presenti anche nella serie TV Le memorie di Sherlock Holmes con Jeremy Brett (per me la serie migliore sul personaggio!). Ma l’intera carriera di Carlo Marini è lontana dall’essere ricostruita appieno, non aiutava che Carlo stesso ne ricordasse solo una piccola frazione e pure quella a suon di “come se chiama quello? Quello che ha fatto… non mi viene il titolo.”, quindi le informazioni riportate in queste tre interviste hanno richiesto anche molta ricerca per dare un nome ad attori, titoli, doppiatori e fatti menzionati; Non so perché Carlo si fosse affezionato tanto a me, viste le nostre personalità agli antipodi, ma ricorderò sempre con affetto la nostra mezza giornata passata insieme (che avremmo dovuto replicare ma poi non c’è stato modo) e tanti aneddoti privati che, come diceva Carlo, non ve posso racconta’, che ve devo di’.

    Ciao Carlo.