Padre Vostro… Doppiaggio nostro!

Per parlare di questo recente film croato mi sono dovuto affidare a qualcuno che sapesse effettivamente il croato (oltre che l’italiano), quindi vi lascio con una recensione che Petar K. ha scritto gentilmente per me. Come diceva il Joker in Batman: “ragazzi, acculturiamoci un po’!”.

Vostro affezionatissimo,

Evit

Introduzione

Padre Vostro è uno di quei film che sicuramente i puristi della lingua originale apprezzerebbero in lingua originale, in modo da rafforzare le loro conoscenze di croato, oltre che apprezzarne tutte le sfumature (a titolo di curiosità è una lingua parlata da meno di 6 milioni di persone, quanto gli abitanti della Campania). E’ anche, a modo suo, la riprova di quanto siano ridicole, nei doppiaggi, le intromissioni dall’esterno che esigono che questo o quel termine siano lasciati in lingua originale: klape, partizanska borba, SDP, HDZ e Hrvatska, sarebbero potuti essere degli ottimi candidati ad essere lasciati tali e quali nel doppiaggio italiano, ad onore e rispetto dell’idea più generale che rappresentano e che si potrebbe voler sdoganare oltreconfine grazie a fantomatici “supervisor” croati, anzi grazie ai nadzornici. Un termine che tutti dovreste imparare.
Per chi non avesse inteso, stiamo facendo dell’ironia.
D’altro canto c’è anche da dire che spesso, al doppiaggio di questi film dell’est, viene dedicata poca cura, e non solo perché oggi le traduzioni vengono googlate, ma anche perché c’è bisogno di un vero e proprio adattamento (e quindi immagino tempo e costi) che di sovente risulta un po’ eccessivo per film che comunque restano di nicchia: così già in Papà… è in viaggio d’affari, film dell’85, si potevano sentire frasi come “testa di donna”, tradotte letteralmente dalla locuzione serbo-croata “ženska glavo”, che è un modo un po’ maschilista per apostrofare una donna “testa di coccio”.
Per fortuna questa volta non è stato così, e non abbiamo sentito nessuno essere chiamato “cavallo” o “scimmia” solo perché il traduttore non aveva voglia di trovare un’offesa alternativa per noi culturalmente comprensibile.
D’altro canto però, come per ogni traduzione che si rispetti, anche qui ci sono dei tradimenti.
L’adattamento è stato affidato allo STUDIO P.V. di Milano, che a quanto pare ha lavorato principalmente sul doppiaggio e post-produzione audio di cartoni animati, annoverando però tra i suoi lavori anche film quali E.T., Il colore viola e Rocky. Ma procediamo con ordine.
locandine

Il titolo

Cominciamo dal titolo che in originale sarebbe I figli del prete (Svećenikova djeca) e che l’Osservatorio sui Balcani, in un primo momento, aveva supposto sarebbe stato tradotto come Scherzi da prete (immagino che non si trattasse di una pura supposizione ma che invece qualcuno della distribuzione italiana glielo avesse spifferato), tale titolo però avrebbe avuto un omonimo nostrano del 1978 diretto da Pingitore. Quindi pare la scelta sia ricaduta su Padre Vostro, che personalmente trovo ancora più divertente del titolo originale. Sia perché fa eco al celeberrimo “Padre Nostro”, sia perché imposta i toni su un umorismo più sardonico che comico (un umorismo che difatti è tipico della cinematografia ex-jugoslava).
Lo stesso lo si potrebbe dire della locandina, che nella versione croata vede il prete protagonista in mezzo ad un’orda di neonati, mentre in quella italiana gli si vede reggere in mano un preservativo, alludendo così al fatto che non si tratterà semplicemente di una commedia latte-e-miele. Nello specifico in Italia è stata utilizzata la locandina croata che era servita da teaser per il film, non la versione “finale” con cui poi è uscito nelle sale cinematografiche in Croazia.
Inoltre, sempre a proposito del titolo, è anche curioso notare come il medesimo gioco di parole sarebbe stato impossibile in lingua originale a causa delle declinazioni, per cui “Oče naš” (Padre Nostro) sarebbe dovuto diventare “Otac vaš” (Padre Vostro), perdendo l’assonanza diretta.

Declinationes damnates

Sempre le declinazioni sembra abbiano dato non pochi grattacapi agli adattatori, tanto che si ha l’impressione che gli sia arrivata una traduzione bell’e pronta e non siano stati seguiti da qualcuno che conoscesse realmente il croato, dovendo così cercare di indovinare come si potessero pronunciare le parole non tradotte e nello specifico i nomi (scriverne la pronuncia giammai!).

[nota di Evit: strano ma vero, in croato si declinano anche i nomi di persona]

A titolo di esempio il caso più eclatante e comico è quello del coprotagonista Petar, chiamato come si deve una sola volta in tutto il film! Il nome si dovrebbe leggere tale e quale come è scritto, mentre nella maggior parte dei casi lo si sente pronunciare come: Petr, Petre, Petra, Petir. Petru. Quasi tutte effettivamente declinazioni del medesimo nome. Adesso mi immagino i doppiatori in sala di regia che si scervellavano sulla pronuncia giusta e la andavano a pescare da momenti a caso nel film, dove effettivamente lo si poteva sentir chiamare “Petre”, declinato in vocativo.

[nota di Evit: Sarebbe bastata una sola consulenza per evitare simili errori, come vedete nel mondo del doppiaggio si fanno sempre due pesi e due misure: mentre i film croati non meritano neanche una singola consulenza linguistica, le sale doppiaggio di altri film come Captain America sono presidiate da stupidissimi supervisor amaragani]

Queste sono state le primissime idee che mi erano venute vedendo il film e dalle quali ero partito con Evit per la stesura di questo articolo. Ma c’erano anche altre cose che non mi tornavano, sia perché mi era difficile immaginare come potessero suonare effettivamente in originale, sia perché a volte sembravano quelle traduzioni raffazzonate da compito di latino, dove lo studente cerca di mettere insieme delle parole sperando che al professore vada bene (tipo la statua di Atena era circondata da statue e colonne – chissà com’era il testo originale?). A tale scopo però ho dovuto procurarmi una versione in croato, che per pura fortuna aveva perfino i sottotitoli in italiano e – sorpresa delle sorprese – erano tradotti meglio di quanto non avessero fatto gli adattatori per la versione cinematografica (ricordo che il film è uscito in Croazia il 3 di gennaio).

Anzitutto bando alla volgarità…

In generale difatti sono state ridotte alcune volgarità, tanto che nel momento in cui Petar spiega a don Fabijan l’uso dei diversi tipo di preservativo, non si capisce bene il perché dell’invito da parte del parroco ad un linguaggio più trattenuto. In italiano infatti parole come “cazzo” o “pompino” e battute come “fottere nel culo” (sto traducendo alla lettera), sono state sostituite da “pisello” o “prenderlo in bocca” e “sesso anale”, certamente inappropriate da menzionare di fronte ad un prete, ma non certo così oscene. Il risultato è che quando alla fine Petar decide di utilizzare la parola “pene” il sollievo da parte dell’ecclesiastico ne risulta un po’ indebolito.
Sempre nella medesima scena è curioso come i preservativi per “cazzi piccoli fino a 9 cm”, siano diventati preservativi per “quelli che ce l’hanno piccolo a partire da 9 cm”. A partire in che senso? Da 9 cm in giù o in sù? Mentre il preservativo righettato per il sesso anale, diventa semplicemente lubrificato (vade retro a qualunque perversione, anche quando si parla di perversioni).

Piccole sviste

Seguono una serie di sviste curiose, a mio avviso dettate dalla fretta, che hanno invece alterato leggermente il senso di alcune battute del film.

  • Nella scena in cui don Fabijan e Marin vanno a salvare la trombettista sequestrata da Luka, Marin spiega che conosceva la soffitta di quest’ultimo perché ci veniva ad essiccare i prosciutti (tra l’altro un’attività piuttosto comune in Dalmazia), mentre nella traduzione dice semplicemente di esserci stato una volta – mancando così il fatto che Marin e Luka si conoscessero (per non dire che fossero amici).
  • Nella versione italiana il vescovo dice a don Fabijan che don Jakov andrà via a seguito di una promozione, omettendo il fatto che verrà trasferito al Kaptol –la sede della Chiesa Cattolica a Zagabria– elemento che poi si ricollega al finale (sarebbe anche bastato dire che andava nella capitale).
  • Quando Petar (o forse dovremmo dire Petr) va a comprare dei sonniferi da Marin (il farmacista) vi è un tripudio di “traduzioni creative”. Anzitutto però facciamo una premessa: a questo punto del film abbiamo visto il farmacista Marin propinare vitamine al posto degli anticoncezionali (oltre che bucare i preservativi), intanto Petar si è ritrovato in casa il bambino abbandonato da Ana “la pazza” e adesso vuole abbandonarlo a sua volta contro il volere della moglie, per evitare dunque l’intralcio della moglie Petar tenta di addormentarla con un sonnifero. Nella versione croata Petar entra in farmacia e chiede dei sonniferi, mentre Marin gli dice che non può darglieli senza una prescrizione medica, al che il primo ne deride l’eccesso di zelo, facendogli notare che fino ad un attimo prima somministrava senza troppi problemi vitamine al posto di anticoncezionali. I sonniferi però sono in pasticche, allora Petar domanda se non vi fossero anche in polvere e il farmacista ribatte che gli sarà sufficiente frantumarli, se proprio non riesce ad ingoiare le pillole.
    Nella versione italiana invece il dialogo si svolge in modo un po’ diverso: anzitutto al rifiuto da parte del farmacista, Petar, anziché alludere alla vicenda degli anticoncezionali, gli dice semplicemente che potrebbe vendergli i sonniferi facendo finta che fossero vitamine. La battuta lascia a dir poco perplessi, essendo anche abbastanza priva di senso, dal momento che il problema di Marin non era certo morale, ma probabilmente amministrativo (alla fine dava via un medicinale senza la dovuta prescrizione). Come se non bastasse, alla richiesta di un sonnifero in polvere il farmacista replica che potrà frantumarli con un martello (addirittura!).
    Altra confusione arriva a proposito del giuramento fatto dalla pazza Ana. Nella versione italiana infatti si capisce che lei avrebbe fatto voto di camminare in ginocchio per un anno se il figlio non si “fosse ammalato”, omettendo di aggiungere un “come lei”, che invece c’era nella versione originale, lasciando intendere che la madre pregava perché il figlio non diventasse pazzo come lo era diventata lei. In italiano sembra invece che si preoccupi semplicemente per la sua salute – può sembrare una piccolezza, ma personalmente trovo piuttosto ironico che una malata mentale riconosca la propria malattia.

Passate le traduzioni alla “pene di cane” arriviamo ad alcuni spezzoni che erano difficilmente adattabili perché troppo legati alla lingua e alla cultura croate, per cui non possiamo farne colpa ai nostri traduttori.

  • Sempre a proposito dei nomi ad un certo punto viene introdotto un tale Jose, che Marin, il farmacista, addita ad essere un nome serbo, mentre il prete protagonista suggerisce poter essere José, un nome spagnolo. Qui purtroppo c’era poco da fare e in italiano si perde l’ironia sul fatto che il nome Jose non esiste nemmeno in serbo, come andava supponendo il paranoico nazionalista Marin.
  • Nella parte dedicata all’invalido Mikula e alla sua ex-ragazza Verica c’è invece una piccola curiosità (qui il doppiaggio poteva veramente poco): in croato “essere fidanzati” viene detto come “camminare con qualcuno”, mentre quando si porta in giro una ragazza-trofeo allora la si “guida in giro”. Quindi Mikula, che era sulla sedia a rotelle, “guidava” Verica che lo aveva lasciato e non “camminavano” più insieme. Una battuta a dir poco contorta (il coito sulla carrozzina in corsa completava il tutto).
  • Stessa cosa la si può dire quando Petar investiga sull’insegnante Vinko che “va con gli animali”, laddove in croato c’era un gioco di parole sul verbo voljeti che significa sia amare che voler bene (nel senso che gli piacevano gli animali domestici).

Tessiamo qualche lode…

Altre parti, come da tradizione del doppiaggio italiano, sono state migliorate o semplicemente adeguate alla nostra cultura.
Così quando don Fabijan e Luka passano davanti alla casa di Petar, che giustifica il pianto del figlio-clandestino con dei gatti in calore, don Fabijan anziché dire che “non ha idea di cosa stia succedendo”, suggerisce di “affidarsi alla volontà del Signore”, mentre le sigle dei partiti SDP e HDZ, sono state sensatamente tradotte come “socialisti” e “cristian-democratici”, tanto per citare alcuni esempi.
E infine un’ultima curiosità sull’arrivo del presunto “politico o mafioso” (se non avete visto il film, vi lascio indovinare di chi potrebbe trattarsi): in croato al posto di “politico” c’era tajkun (letteralmente il tycoon), un tema molto caro nei Balcani dove la gente è ancora, in modo quasi comunista, ossessionata più dai ricchi che dai politici (come lo siamo da questa parte dell’Adriatico). Anche in questo caso buona trovata da parte degli adattatori.

Il verdetto di parte

Insomma, a leggere tutte queste critiche si potrebbe pensare che alla fine non sia rimasto molto soddisfatto da questo adattamento, ma per come poteva andare direi che sia andato bene. L’adattamento col labiale era ottimo e se consideriamo che film di medesima origine, doppiati venti o trenta anni fa, avevano “orrori” anche peggiori, credo che alla fine si possa dire che sia stato fatto un buon lavoro. Parola di croato!

Curiosità finali sul film

Concludo con alcune curiosità, che benché esulino dal doppiaggio, potrebbero risultare interessanti alla comprensione del film (o diciamo del suo adattamento):

  • Il tedesco che muore affogando nel mare a dicembre fa una duplice ironia sia sulle frotte di turisti tedeschi che ogni anno finiscono vittime di sconsiderati incidenti marittimi, sia sul rapporto tra Germania e Croazia: il tedesco infatti arriva nell’isola pensando di trovare un terreno fertile (metaforicamente per i suoi affari) e invece ci lascia le penne.
  • La pazza Ana per tre volte dice profeticamente il vero, tornando ad un tema caro a Brešan, dove i malati di mente sembrano gli unici a dire cose sensate, mentre gli altri non prestano loro alcuna attenzione: anzitutto avverte Petar che era lui ad essere sterile e non la moglie (alludendo al suo seme come acqua), poi avvisa don Fabijan che non dovrebbe sostituirsi a Dio (è Cristo che guarisce non tu!) e infine apostrofa il vescovo come “un nuovo Gesù”, visto che camminava sull’acqua, ma con l’aiuto di una barca.
  • Le scene finali sono girate a Zagabria e la chiesa in cui corre don Šimun è quella di San Marco, nell’omonima piazza.
  • Il regista fa un’apparizione nelle vesti del medico che visita la trombettista dopo l’incidente nella soffitta.
  • Le scene delle interviste televisive e del telegiornale sono state realizzate con i veri giornalisti e speaker della televisione pubblica HRT (benché questa non abbia contribuito alla realizzazione del film).
  • In Croazia durante i matrimoni, specialmente in Dalmazia, si vedono di sovente bandiere nazionali (avevo notato che al cinema in Italia questa cosa aveva suscitato ilarità – magari qualcuno pensava si trattasse di un’esagerazione del film).
  • Durante il funerale del figlio di Luka, ucciso da un orso, il sindaco del posto allude a come i croati non siano minacciati solamente dalle mine lasciate dai cetnici serbi, ma anche da orsi, lupi e cinghiali; qui Brešan fa riferimento ad una celeberrima poesia per ragazzi di Branko Ćopić, intitolata La casa del porcospino, dove appunto il lupo, l’orso ed il cinghiale non hanno una tana e se l’avessero la venderebbero per poco, finendo col fare un’orrenda fine; la metafora originale era chiaramente riferita a quelli, che nell’ambito del non-allineamento jugoslavo, avrebbero preferito vendersi all’Unione Sovietica o al capitalismo occidentale, per trarre dei benefici momentanei a dispetto della propria indipendenza.
  • La madre di Jure, l’anziana che minaccia di gettarsi in mare, rievoca il personaggio di Bepina (dell’autore Miljenko Smoje), molto popolare in Croazia, che minacciava di uccidersi in mare se il marito non l’avesse sposata
Nel frattempo in Croazia

Nel frattempo in Croazia

Ex-docente, blogger bilingue con il pallino per l'analisi degli adattamenti italiani e per la preservazione storica di film. Ora dialoghista per studi di doppiaggio.

8 Commenti

  • Rado il Figo

    21 Maggio 2014 alle 19:10

    Ma sul serio uno studio di doppiaggio ignora che in serbo-croato vi sono le declinazioni?!
    Non ero poi al corrente che in Italia non si cogliessero gli epiteti “scimmia” e “cavallo” o il riferirsi
    alle donne in senso spregiativo…
    Jose-José: non è che niente niente il nome era “Joze”?
    In Croazia durante i matrimoni, specialmente in Dalmazia, si vedono di sovente bandiere nazionali (avevo notato che al cinema in Italia questa cosa aveva suscitato ilarità – magari qualcuno pensava si trattasse di un’esagerazione del film).
    Premetto che non c’entra un tubo, ma l’annotazione mi ha fatto venire in mento il primo film italiano (da me visto) in cui si vede una bandiera croata fare bella mostra di sé: “Il sommergibile più pazzo del mondo”. Niente niente qualche spettatore in sala avesse in mente quel riferimento 🙂
    p.s., per chi non l’avesse intuito, “tata slovensko”. 🙂

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    • Petar

      22 Maggio 2014 alle 01:37

      Approfitto del tuo commento per aggiungere una cosa che non ho scritto prima: Jose effettivamente suona come Jozo o Jože (che nello specifico è un nome sloveno), ma Fabijan e Marin lo trovano scritto su un golfino, che aveva lavorato a maglia Ana “la pazza”, a sua volta appassionata di José Carreras come si vedrà in seguito nel film (si vede che il regista voleva fugare proprio ogni dubbio). Il fatto che Marin sospetti subito che si tratti di un nome serbo (e serbo non poteva essere) ricalca invece quel malcostume subentrato in Croazia (e non solo, ma di quella parliamo ora) per cui addirittura persone adulte hanno finito per storpiare i propri nomi, per non essere additati come nati o di parenti serbi, dal momento che non di rado si sente dire “ah quello è un nome serbo”, o peggio ancora si tenta di giustificarlo tipo “ah, ma c’è anche un santo che si chiama così!”.
      Quella cosa della bandiera mi ha lasciato invece tanto incuriosito quanto perplesso, se si considera che si tratta di un film dell’82.

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    • Evit

      22 Maggio 2014 alle 14:17

      “Una bella havalla” come dice quello scemo di Ruffini.
      Petar potrà magari confermare un equivalente italiano dello “scimmia!” in croato perché sono sicuro non venga usato nello stesso modo. In italiano poi non è affatto un epiteto comune.

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    • Petar

      22 Maggio 2014 alle 16:02

      A tale proposito si potrebbe scrivere un articolo a parte, come credo valga per tutte le lingue quando si tratta di tradurre le offese (o i modi di dire).
      Nello specifico sarebbe da dire che “scimmia” e “cavallo” sono usati principalmente nei confronti dei maschi, per la serie “pravi si majmun” (“sei una vera scimmia”, dove “majmun” è maschile) oppure “konju jedan” (che potremmo tradurre tipo “cavallo che non sei altro”, e che in questo spezzone viene usato per apostrofare un elefante che si sta mangiando delle scarpe http://youtu.be/nDIq5_0KaAo?t=11s). Entrambi sono intesi in senso dispregiativo (laddove “sei un cavallo/a” ha un accezione positiva in italiano) e vengono usati esclusivamente al maschile.
      Di contro “ženska glavo” (letteralmente “testa di donna”) viene usato solo per le donne, per la serie “šta ti je ženska glavo?!” (che ti prende, testa di donna?!) che tradotto tale e quale in italiano sa semplicemente di traduzione sbagliata – chi mai lo userebbe come intercalare, anche con un’amica (che come tutte le offese è un modo di dire che può essere usato anche in maniera scherzosa, come dire in italiano “cazzone!”).
      Di contro sarebbe come se, appunto, “cazzone” venisse tradotto alla lettera come “kurčino”, una parola che in croato avrebbe tutt’altro significato.

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