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Gli Italiani lo fanno meglio… un documentario americano sul doppiaggio italiano!

Copertina del documentario 'it's better in Italian" di Jordan Ledy
Vi siete mai chiesti cosa ne pensano gli americani dei nostri doppiaggi? Quella che per noi è tradizione, e ultimamente bersaglio di critiche, sarà vista come stravaganza, ammirazione o magari non gliene importa niente? A rispondere al quesito ci ha pensato Jordan Ledy, giovane regista americano, il quale ha realizzato un documentario bellissimo sul nostro doppiaggio dal titolo It’s Better in Italian, che al momento sta facendo il giro dei festival americani.

Il regista, Jordan Ledy

Il regista, Jordan Ledy

Con il continuo accanimento di fazioni pro e contro, lo sguardo esterno e super partes di un americano è forse proprio quello che ci vuole. Ledy era studente della Columbia University quando si iscrisse ad un programma di studi all’estero e passò sette mesi in Italia, a Firenze, ospite di una famiglia italiana. Loro non sapevano l’inglese, lui solo qualcosa di italiano, ma trovarono modo di comunicare. Con l’aiuto di uno dei figli della famiglia ospitante, suo coetaneo, Jordan diventò presto pratico della lingua. Ogni sera a cena c’era la tv accesa, e quando apparve Hugh Laurie che parlava in italiano (e molto più velocemente di quanto Ledy potesse comprendere) fu un’illuminazione. Da buon americano aveva sempre dato per scontato che il resto del mondo vedesse i film in inglese con i sottotitoli. Qualche anno più tardi ebbe l’idea di esplorare il mondo dei doppiatori che tanto lo aveva colpito. Così telecamera in spalla e con una piccola troupe al seguito, volò alla volta di Roma per incontrare Roberto Pedicini, Sandro Acerbo, Chiara Colizzi e tutte le voci delle nostre star preferite.
“Un Americano che parla italiano? Vieni a casa mia, ti preparo un piatto di pasta” pare aver detto Pedicini a Ledy. Chi non ha potuto incontrare è stato Accolla “È un peccato perché è stato lui ad ispirarmi a girare il documentario. Accolla che faceva Eddie Murphy era il biglietto da visita del progetto. Sapevo quanto stesse male negli ultimi tempi. Ho parlato solo con il figlio brevemente, ma è stato poco dopo la sua dipartita” ha raccontato Ledy.

Il doppiatore Roberto Pedicini in sala di doppiaggio

Roberto Pedicini quando risponde al telefono agli americani e li invita a mangiare spaghetti a casa sua.

Il documentario It’s Better in Italian segue da vicino tre storie, quella di Pedicini, storico doppiatore, quella di Davide Perino, la nuova generazione, e quella di Ugo De Cesare, lo studente ai primi passi. Tocca da vicino anche tutti gli aspetti del doppiaggio a lungo sviscerati su questo blog: l’impoverimento della qualità, l’aspetto economico, il tempo a disposizione, l’intrusione dei grandi studios americani sul lavoro fatto in loco. È bello vederlo attraverso gli occhi di un Americano (stereotipi musicali compresi!). Lavorando come giornalista proprio a Los Angeles, dissi a Evit (grande apprezzatore del documentario in questione) che non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con Jordan Ledy e così, anche a nome di Evit, ho deciso di incontrarlo in un tipico cafè di Los Angeles per fargli qualche domanda.
Cosa ha scoperto Jordan sul doppiaggio italiano.
Davo per scontato che assumessero gente con un tono di voce simile alle voci americane, mi sono reso conto che non è così. La sinergia che si crea tra il doppiatore e il volto dell’attore è unica e propria dell’identità italiana. Un ottimo esempio sono Brad Pitt e Will Smith, entrambi doppiati da Acerbo, che ha una voce più soave di Brad o Will.

It's better in Italian, documentary film by Jordan Ledy

Gli ostacoli nella realizzazione del documentario

Uno degli ostacoli è stato in occasione dell’incontro con Davide [Perino]. Dovevano doppiare Now you see me. Davide faceva Jesse Eisenberg e Roberto [Pedicini] faceva Woody Harrelson. Chiesi di poter filmare e tutti mi dissero ‘Sì, sì, vieni domani, porta tutta la troupe’. E sono sicuro che questo accada spesso in Italia, arrivo e c’è quell’unica persona che dice no, qua non si può filmare, nessuna eccezione. Erano ovviamente preoccupati per un’eventuale fuga di immagini. Il che fa ridere perché il film era già uscito da una settimana in America.
Sul montaggio frizzante e molto cinematografico.
Per questo documentario ho avuto un bravissimo montatore: Ben Stillerman. Ben viene dal Sud Africa e non parla una parola d’italiano. Quella è stata un’altra difficoltà, io ero l’unico che parlasse la lingua sia sul set che in sala di montaggio. Di tutto il materiale girato ogni giorno dovevo fare la traduzione simultanea!

La troupe di Jordan Ledy nei dietro le quinte del documentario It's better in Italian

La “crew” si chiede dove siano i mandolini.

Le musiche

Sono merito del compositore Chris Thomas. La mia unica indicazione è stata: voglio una colonna sonora come se Fellini avesse assunto un circo per girare l’Italia; voglio trombe e clarinetti. La musica italiana ha tanta passione dentro e guida lo spettatore a provare certe emozioni. In mente avevo le composizioni di Nino Rota. È vero, può sembrare cliché a tratti, ma sapevo di non voler usare la tarantella. Quella me la sono tenuta per i titoli di coda. [ride]

Il controllo da oltreoceano

Chiara Colizzi ha detto una cosa molto bella in merito ma che purtroppo non è entrata nel montaggio finale.
Mi disse: se vado al ristorante e ordino una zuppa e non mi piace il sapore, la posso mandare indietro. Ma non entro in cucina e inizio ad aggiungere spezie qua e là. È quello che i supervisori degli studios americani hanno però cominciato a fare. Capisco il loro punto di vista, si tratta di show business, la parola business non è lì per caso, ma sono d’accordo che sia un vero peccato che si mettano in mezzo ad un sistema che ha funzionato perfettamente per quasi un secolo.

Davide Perino

Davide “Frodo” Perino (voce di Elijah Wood)

Doppiaggio ? Doppiaggio No?

Le nuove generazioni sono più inclini ad imparare l’inglese e, da questo punto di vista, la tv satellitare e i DVD aiutano. È molto più facile oggi poter guardare un telefilm americano con i sottotitoli inglesi o con i sottotitoli italiani che sono una traduzione di quelli inglesi. Roberto e Davide mi dicevano della critica costante sul doppiaggio. E visto il calo qualitativo c’è più animosità nei loro riguardi, c’è persino chi vorrebbe eliminare il doppiaggio completamente. Io penso dipenda anche dal tipo di film, in un film d’azione non puoi fermarti a leggere i sottotitoli. Se guardi Avengers, che ha uno stacco ogni 4 fotogrammi, leggendo i sottotitoli c’è rischio di perdere informazioni importanti; stesso discorso per una commedia romantica, ti vuoi perdere nelle emozioni sul volto degli attori. Dipende anche da dove si vede al film. Al cinema sarei più portato a guardarlo con i sottotitoli, viceversa a casa, se è tardi e sono stanco e magari la tv è piccola voglio avere la possibilità di vederlo doppiato. Deve essere il pubblico a dettar legge in questi casi.

Nota di Evit: e per “pubblico” non si intendono solo le nicchie rappresentate dai gruppi su Facebook.

Doppiaggi di serie TV e doppiaggi cinematografici

È una questione di quantità. Un film costa milioni di dollari, vogliono che il doppiaggio sia fatto bene perché hanno interesse verso il mercato estero. Per un telefilm il guadagno avviene già sul territorio e sulle vendite, non c’è volontà di spendere soldi su qualcosa che costa decisamente di meno produrre. Un telefilm non costa come un film di due ore, è ovvio che spenderanno meno e c’è dodici volte più materiale. È una decisione puramente commerciale, che non tocca solo il doppiaggio. Per un episodio televisivo girano nove pagine al giorno, per un film una o due pagine. Capisco il rammarico, la TV oggi è al suo picco più alto, sarei davvero dispiaciuto se mi dicessero che Breaking Bad non è stato doppiato in modo adeguato.

Jordan Ledy che ritira i meritati premi

Jordan Ledy che ritira i meritati premi, gli manca solo il mandolino

Il doppiaggio dei trailer

Nel caso di Kick Ass, il direttore del doppiaggio del trailer del primo film era differente da quello del secondo. Nel primo caso, avendo visto il film, hanno trattato il trailer come se dovessero doppiare scena per scena. Il direttore del secondo, invece, ha trattato il trailer per quello che è, ovvero un mezzo per portare la gente al cinema. Quindi non si faceva problemi a cambiare una battuta o a leggerla diversamente pur di ottenere lo scopo. Ma credo che sia un po’ la politica dei trailer in generale, che spesso hanno anche scene che non fanno parte del montaggio finale. Mi ricordo quando uscì Twister , il trailer aveva la ruota del trattore che volava verso lo schermo e poi al cinema non c’era. Non che un trailer debba essere fuorviante, è frustante quando rivela troppo, però se gioca con le aspettative è giusto, lo scopo è quello di far spendere alla gente i dodici dollari per vedere il film.

L’introduzione al documentario da parte di Peter Weller

Con Peter Weller siamo amici. L’ho conosciuto a Venezia dieci anni fa, prima che sapessi parlare italiano, prima che mi buttassi nel cinema. Peter era lì con la fidanzata che sarebbe poi divenuta sua moglie, io ero in vacanza con i miei in Italia per la prima volta. Infatti l’hanno riconosciuto i miei genitori, al tempo io non avevo ancora visto Robocop. Ci siamo ritrovati nello stesso albergo a fare chiacchiere a colazione, tra l’altro lui è un esperto dell’Italia, ha ottenuto un Ph.D alla UCLA nella Storia dell’Arte del Rinascimento Italiano. Ed è anche appassionato di jazz come me. Siamo rimasti in contatto, ha invitato i miei al suo matrimonio. La voce fuori campo doveva avere autorevolezza. L’ho chiamato, è venuto, è stato dieci minuti, “ve lo leggo venti volte e ve lo montate come preferite”. Svelto e professionale. Non volevo però che la voce fuori campo fosse su tutto il film, ha senso quando fa le veci di un personaggio, come l’uso che ne fa Terrence Malick. Io avevo necessità di spiegare in breve il doppiaggio ad un pubblico che non ne sapesse niente e farlo attraverso le interviste avrebbe richiesto troppo tempo e sarebbe stato noioso. Quindi, in due parole i fatti: i film stranieri hanno i sottotitoli, ma in Italia tutto viene doppiato e i loro doppiatori sono ritenuti i migliori al mondo. Lo fanno da anni, ma sono ancora considerati ai margini dell’industria. Ora che sapete questo entriamo nella vita dei personaggi.

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Robocop risiede frequentemente a Firenze e, all’occasione, invita compatrioti che incontra in vacanza ai suoi matrimoni e poi recita nei loro documentari.

I problemi di oggi

L’aspetto “business”, la crisi economica… non c’era modo di mettere ogni singolo dettaglio nel film. Ma mi piace che ogni cosa sia quantomeno accennata. Mi piace l’idea che, dopo aver visto il film, uno sia portato ad informarsi, a passare sei ore su Wikipedia per saperne sempre più, se lo desidera.

In giro per i festival

La reazione al festival di Nashville è stata molto positiva. Molte risate in sala, la sai la vecchia battuta su qualsiasi cosa che sia ritenuto comico? La commedia senza le risate equivale ad una tragedia, fortunatamente non ho avuto nessuna proiezione tragica fino ad ora. Mi piacerebbe portarlo in Italia, infatti vorrei partecipare al Film festival di Milano, Torino, Roma. Magari portarlo in televisione in Italia!
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Conclusione di Evit

Che noia i ringraziamenti, ma quando sono dovuti sono dovuti! Ringrazio Michele Traversa per aver incontrato il regista al posto mio e soprattutto ringrazio enormemente Jordan Ledy non solo per avermi fatto vedere il suo splendido documentario in anteprima, ma soprattutto per averlo ideato e girato! Opere simili ce le potremmo aspettare da documentaristi italiani, e invece è un americano che viene a deliziarci con il suo occhio distaccato (dovremmo forse dire “orecchio”), non influenzato dalla nostalgia e dalle tradizioni locali (quindi anche meno soggetto a critiche nostrane), riuscendo a toccare tutti i punti salienti sulla situazione del doppiaggio in Italia e facendoci addirittura emozionare sul finale (non voglio rovinare la sorpresa a chi lo vedrà… chissà quando). È anche zeppo di interventi da parte di doppiatori italiani, con frasi, dette durante le interviste, che diventano immediatamente memorabili.

Ho ritenuto fosse importante parlarne sul mio blog in quanto tali opere raramente ricevono l’attenzione dovuta e spero che venga trasmesso, che sia a mezzo televisivo o web, perché merita veramente tanto ed è un’opera forse più significativa per noi che per il pubblico americano, che comunque ha apprezzato enormemente.
Concludo dicendo che quando vedo un prodotto (film o documentario che sia) e penso “questo lo avrei voluto fare io!”, è sempre un buon segno e mio massimo complimento verso l’autore.
Questo documentario di Jordan Ledy lo avrei voluto fare io!

Vi lascio con il sito web dedicato www.betterinitalian.com/ dove potrete vedere se non altro il trailer, in attesa che sbarchi anche da noi. [Aggiornamento 30/09/22: il sito non è più raggiungibile quindi carico qui il trailer]

Al momento sono in comunicazione con l’autore per vedere cosa si può fare per distribuirlo anche qui in Italia, ma in ogni caso dovrete aspettare che faccia tutto il giro dei festival prima, per farsi conoscere.
Michele Traversa mi ha chiesto di inserire una vignetta a tutti i costi, così ne rispolvero una un po’ vecchia. Così vecchia che ancora usavo gli apostrofi per fare le accentate maiuscole… eh, la svogliatezza!

Vignetta su Jack Nicholson doppiato da Giancarlo Giannini

Giornalista, corrispondente da Los Angeles per varie testate di cinema e di musica.

19 Commenti

  • Leo

    10 Luglio 2015 alle 12:25

    Mi unisco ai ringraziamenti! Grazie a Michael Traversa per l’esclusiva intervista, e un enorme grazie a Jordan Ledy per aver avuto non solo una splendida idea, ma soprattutto la voglia e la dedizione di affontare una sfida: produrre un documentario per un pubblico di lingua inglese su un argomento che per lo più gli anglofoni (che io sappia) snobbano, se non denigrano del tutto. Con l’augurio che questo film possa sfatare dei miti, chiarire incomprensioni, e “aprire menti” dall’una e dall’altra parte dell’oceano atlantico, thank you Jordan!

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  • Antonio L.

    10 Luglio 2015 alle 16:11

    Carissimi, questo articolo mi ha fatto emozionare davvero tanto, spero anch’io di poter vedere presto il film. Un prodotto del genere DEVE avere una distribuzione italiana, un documentario che io forse aspetto da tutta la mia vita di cinefilo appassionato di doppiaggio. Nella locandina ho immediatamente riconosciuto Pedicini e Perino e per un attimo mi sono domandato “non stai scherzando, vero, Evit? È tutto vero?” :D. Grazie di averne parlato.

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    • Evit

      10 Luglio 2015 alle 17:52

      Ciao Antonio, ahah pensavi che fosse una mia locandina fasulla, onestamente il dubbio sarebbe venuto persino a me.
      Il documentario dura 40 minuti ma vola via che sembrano 20! Mi auguro che Jordan trovi modo di distribuirlo al più presto (magari attraverso la distribuzione digitale) appena ha finito di presentarlo in giro per i festival. Una proiezione a qualche evento italiano secondo me ci starebbe benissimo, anche se ovviamente l’autore varrà essere presente.

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  • Antonio L.

    22 Febbraio 2019 alle 23:46

    Per chi fosse interessato il film è disponibile da un po’ su Amazon Prime Video, anche se non ho ben capito se sia necessario un abbonamento o se basti pagare il prezzo del singolo film. Preferirei una classica versione su supporto fisico, in effetti.

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  • Umberto

    23 Agosto 2020 alle 12:20

    Purtroppo non riesco a trovarlo. In Italia, nonostante siano passati 5 anni, sembra non essere disponibile. Forse non ha avuto il successo sperato. Infatti sui pochi siti in cui se ne parla e tra le poche persone che ne hanno parlato(neanche italiani tra l’altro) non ho visto pareri positivi, lamentando il fatto che in Italia si faccia uso di questo settore per guardare i film.Questo perchè agli altri paesi giustamente frega poco di come guardiamo i film. Tra l’altro in questi forum c’era pure qualche italiano “ribelle” che nel probabile tentativo di farsi vedere figo, dava corda a queste persone dicendo che odiano il doppiaggio( Io credo che il giorno in cui verremo attaccati e bombardati da un altro paese, noi italiani ci armeremo e ci uniremo ai nostri stessi nemici per aiutarli a distruggerci e distruggere la nostra penisola e isole comprese).

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    • Evit

      23 Agosto 2020 alle 13:33

      È un peccato che non abbia avuto una più vasta distribuzione, soprattutto in Italia. Del resto posso anche capire il disinteresse totale che potrebbe avere l’americano medio verso questo genere di documentario, non mi aspetto che capiscano l’importanza del doppiaggio in Europa. Eppure la storia in questo documentario è narrata molto bene, compaiono anche attori americani famosi, c’è un momento carramba che sorpresa… insomma è un bel documentario e spero che un giorno lo peschi qualche canale televisivo italiano per farlo vedere anche da noi, sono certo che agli appassionati delle “voci” farà molto piacere.
      Quelli che sulla carta odiano il doppiaggio nella sua totalità non mancano e sono sempre molto loquaci sul web, del resto fa molto intellettuale moderno disprezzare il doppiaggio per poi magari dipendere totalmente dai sottotitoli che di certo sono sempre adattati e tradotti peggio. Nei fatti poi sono una minoranza, dalle statistiche Netflix l’opzione audio scelta più frequentemente rimane quella doppiata.

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      • Umberto

        23 Agosto 2020 alle 14:42

        È veramente un peccato, ma come hai detto tu, il doppiaggio è una cosa più per noi europei ( europei perché vorrei sottolineare che l’Italia è solo uno dei paesi un cui esiste il doppiaggio, non so se nel documentario la cosa è accennata) gli americani giustamente non possono capire, anche perché quando sono loro a doppiare ( ad esempio una serie animata giapponese) fanno davvero pena. Comunque non ho mai capito perché la gente elogi così tanto i sottotitoli, ho visto qualche serie o film con I sottotitoli su netflix, sui DVD, ecc. ma la maggior parte delle volte, mi sono ritrovato costretto a rimettere il doppiaggio perché i sottotitoli sono veramente fatti male:
        Sempre fuori tempo con le battute e riassumono sempre in due parole un discorso intero, e alla fine del film, mi rendo conto di non aver capito nulla della trama, anche a furia di stare attento sia alle immagini che alle scritte. Magari negli altri paesi la cura verso i sottotitoli è maggiore rispetto che da noi.
        Comunque a me vien da ridere quando qualcuno dice: “me lo sono guardato in originale con i SOTTOTITOLI” per me guardare un film in originale significa guardarlo con l’audio degli attori veri e senza nessuna scritta in mezzo alle immagini. Se ci sono quest’ultime, allora non è originale ma sottotitolato, come è doppiato se le voci coprono quelle originali , allora da ora in poi posso dire che i film me li guardo in originale doppiato perché seppur le voci non sono quelle degli attori veri, almeno le immagini sono pulite e riesco notare ogni singolo dettaglio visivo senza distrazioni o scritte in mezzo ai testimoni. In parole povere, le immagini del film sono ORIGINALI. Ma questa è una mia considerazione personale, non so voi come la pensate.

      • Evit

        23 Agosto 2020 alle 15:12

        Per quanto ci si possa fare l’abitudine alla lettura dei sottotitoli è delirante dire che sia un modo di vedere i film “più fedele all’originale” soprattutto se stiamo parlando di sottotitoli in italiano, e di solito è questo il caso. Come hai sottolineato anche tu, quelli che troviamo su Netflix ma anche in DVD e Blu-Ray sono spesso ridicoli, altro che gli errorini che segnalo qui e là nel mio blog. Nel panorama dei “fansub” (i sottotitoli fatti per passione da non-professionisti) poi la qualità varia enormemente dal sufficiente all’indecente.

        Per me i sottotitoli sono stati parte integrante dell’apprendimento dell’inglese, quindi quando ho visto film sottotitolati li ho sempre visti in lingua inglese + sottotitoli in inglese, e in questa formula li straconsiglio a chiunque usi la visione di film e serie TV come ausilio all’apprendimento della lingua (sottolineo ausilio perché da soli non insegnano niente).

        Qualcuno usa audio originale + sottotitoli in italiano perché non sa la lingua ma vuole “sentire le voci originali”. Personalmente non capisco questa cosa, cioè o lo fai perché sei innamorato di Brad Pitt e pendi dalle sue labbra ad ogni sospro che fa o non ha senso. Come esperienza cinematografica, se non conosci la lingua e quindi anche cosa vogliano dire certe inflessioni e modi di comunicare, che certo non sono compatibili con le nostre, che cacchio ti arriva del film? L’espressività della lingua inglese del resto non è al 100% compatibile con quella italiana. Figuriamoci poi quella delle lingue asiatiche. Vorrei proprio sapere chi, non conoscendo quelle lingue, mi saprebbe dire se l’intonazione di un personaggio è ironica ad esempio? O sospettosa? Spesso si capisce dal contesto ma non sempre, e i sottotitoli per fartelo capire devono modificare la frase per renderne chiare le intenzioni, questa nella migliore delle ipotesi. Nel peggiore dei casi invece tutto questo sfugge completamente… eppure hai ascoltato la veramente vera voce dell’attore! Sai che guadagno.

        Io sono per il vivi e lascia vivere, alla fin fine uno può vedersi i film come vuole, oggi la scelta di come vederseli non manca per niente (persino in TV c’è la doppia lingua a portata di telecomando), basta che non mi vengano a dire che un modo è superiore ad un altro e quindi vada imposto a tutti gli altri come unica via.

  • Umberto

    23 Agosto 2020 alle 16:32

    Premessa: Era qui che volevo scrivere il commento che ti ho scritto per sbaglio sull’articolo di batman.
    Vorrei citare Pasolini, che specifichiamo, a lui non piaceva nè il doppiaggio nè il sottotitolo ritenendoli entrambi due cose che storpiano il film, ognuno a modo loro, ma lui comunque spezzò una lancia a favore del doppiaggio dicendo che perlomeno un doppiaggio può essere fatto bene, mentre il sottotitolo mai.

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