Abortiamo o lo teniamo? L'adattamento italiano di "Sopravvissuto – The Martian"

sopravvissuto1
Rispondo subito alla domanda che vi gira per la testa, sì, il titolo Sopravvissuto non mi dispiace di per sé, ma ahimè questo non è il titolo del film, infatti dovrei dire che Sopravvissuto non mi dispiacerebbe se fosse il titolo del film, ma il titolo del film è Sopravvissuto – The Martian ed è sbagliato per molte ragioni.
Vogliamo partire dal fatto che mettere il titolo originale come sottotitolo sia una brutta abitudine in voga nell’ultimo decennio? Brutta abitudine semplicemente per via della nostra poca familiarità con questa forma di titolazione, s’intende. Certo non ci sono regole scritte su come titolare un film per la distribuzione italiana e, negli ultimi anni, abbiamo visto questi tentativi post-moderni di reinventare lo stile di titolazione, con un titolo italiano seguito da quello originale che viene però usato come sottotitolo… questo contro la consuetudine e, perché no, la logica, che vorrebbe un titolo solamente in italiano oppure, in alternativa, il titolo originale seguito da un esplicativo sottotitolo in italiano.
themartianVogliamo sottolineare come il titolo del romanzo pubblicato in Italia fosse L’Uomo di Marte? Non mi pare per niente un brutto titolo.
Vogliamo evidenziare come il tentativo di dare al film un titolo italiano (“Sopravvissuto”) venga totalmente vanificato dalla scelta di lasciare il titolo originale (“The Martian”) come sottotitolo? Vanificato perché tutti parleranno di questo film chiamandolo solamente “The Martian”, e quindi il “Sopravvissuto” a che serve se non a fare un autogol verso la coraggiosa scelta commerciale di dargli anche un titolo italiano? Coraggiosa per essere nel 2015, intendiamoci. Non avrebbe avuto più senso allora chiamarlo solo Sopravvissuto? Era l’occasione buona di rispolverare antiche tradizioni, ma si sa, ai tempi dell’internet sulla tazza del cesso poi si rischia di confondere i bambini di tutte le età che si solleverebbero al grido di “perché non chiamarlo semplicemente Il Marziano? Mapecché in Italia cambiano sempre i titoli? Pecchépecché??? Maledetti!”.
Insomma tutta questa smenata ve l’ho scritta per dire semplicemente che è inutile e controproducente proporre un titolo come Sopravvissuto – The Martian, dove un coraggioso titolo IN ITALIANO (ripeto, coraggioso per il 2015) viene vanificato dall’uso del titolo originale come sottotitolo. A questo punto o usate solo quello originale, “The Martian”, o solo quello italiano, “Sopravvissuto”, oppure la più familiare e logica forma moderna del titolo originale e sottotitolo italiano: The Martian – Sopravvissuto. L’inverso non serve assolutamente niente.

L’adattamento

Passiamo alle note dolenti, l’adattamento del film. Qui vado a memoria perché l’ho visto qualche giorno fa al cinema e non ho intenzione di rivederlo almeno per i prossimi due anni, non perché sia un film brutto ma semplicemente non è di quei film che esigono una seconda visione, quindi non sarà una recensione dettagliata sull’adattamento di Massimo Giuliani (che ritroviamo sia ai dialoghi che alla direzione del doppiaggio) ma solo una breve osservazione pesata.
Sorvolo rapidamente sul fatto che alcune delle voci scelte per il doppiaggio italiano siano state a mio parere scelte male o, probabilmente, solo “dirette” male (e si vocifera che sia Ridley Scott stesso ad avere l’ultima parola sulla scelta dei doppiatori). Sorvolo su questo argomento perché, e chi mi segue da molto tempo lo sa bene, tendo il più possibile ad evitare opinioni puramente estetiche e personali sul doppiaggio, limitandomi agli errori contenuti negli adattamenti (questi sì incontrovertibili). Quindi che Edoardo Purgatori faccia un pessimo accento teutonico sul suo personaggio tedesco è opinione puramente personale! Che la voce di Rossa Caputo sulla donna in sala controllo della NASA sia troppo adolescenziale, anche quello è puramente personale!
Avevo altre lamentele puramente personali ma adesso me le sono dimenticate. Meglio così.
Ciò che invece non ricade nell’opinione personale ma nella triste verità è l’uso, anzi, il NON uso dell’italiano. Perché quando nei primi minuti sento cose come…

A che livello si abortisce?
Abortiamo, è un ordine!

…beh, questo non è italiano.
Non è italiano neanche quando sentiamo:

Alle 7 Central Standard Time
Alle 7 Central Time.

Certo, quando si parla della NASA e volendo dare un realismo al film (come del resto accadeva anche in Apollo 13), è accettabile e normale che si sentano parole come Mission Control, ma l’ora nel fuso orario americano “CST” che senso ha? E, soprattutto, è davvero necessaria? Ancora peggio poi, l’uso di parole come “abortire” come traduzione di “abort” che, invece, esige di essere tradotto come “annullare” o “interrompere“! Cos’è, gli astronauti nel futuro prossimo parlano per senso figurato?
Se già l’adattamento di Interstellar di Marco Mete ci aveva abituati all’idea che, per ragioni più o meno giustificabili, persino i migliori, nel mezzo di doppiaggi altrimenti immacolati, possono finire per usare parole come airlock, Mad Max Fury Road di Valerio Piccolo ci aveva rimesso sulla retta via, ricordandoci la filosofia fondante di questo mio blog, ovvero che il buon doppiaggio italiano si… può… FA-RE! e dobbiamo esigerlo, sempre.
E anche se si trattasse di quel solo caso sopra menzionato, un buon doppiaggio non può avere ben due battute sull’abortire una missione. Non può.
abortiamo

Ex-docente, blogger bilingue con il pallino per l'analisi degli adattamenti italiani e per la preservazione storica di film. Ora dialoghista per studi di doppiaggio.

70 Commenti

  • Silvia

    6 Ottobre 2015 alle 10:55

    Non ho visto The Martian e non commento mai, mea culpa, ma seguo spesso i vostri video e il blog, e da adattatrice (moooolto in erba! XD) mi fa malissssssimo leggere o sentire questi errori da principianti e stupidi; stupidi perché basterebbe solo una revisione più accurata (oltre che una fase di traduzione più intensa) per evitare queste brutture, oltre a evitare di continuare a infangare una professione che, in casi sopracitati, è ancora viva e fatta bene.

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    • Evit

      6 Ottobre 2015 alle 11:08

      Ciao Silvia, grazie per il tuo intervento.
      Anche non avendo visto i film di cui parlo è possibile seguire gli articoli visto che porto sempre gli esempi di cui (s)parlo.

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  • andreasperelli2k

    6 Ottobre 2015 alle 11:16

    Il problema è che una volta che calchi dall’inglese come “abortire una missione” vengono usati nei film si diffondono nel parlato comune. Non mi sorprenderei se tra 10 anni una scuola italiana si sentiranno frasi come “ragazzi, oggi il compito di matematica è stato abortito!”.
    Simile è la situazione di “cancellare” al posto di “annullare” o “realizzare” al posto di “comprendere”.

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    • Silvia

      6 Ottobre 2015 alle 11:31

      Parliamo anche di “disturbante” per “disturbing” ,visto recentemente anche sul manifesto pubblicitario di Babadook (Stephen King lo dice “disturbing”, certo, ma non dice “disturbante” in italiano, per l’amor del cielo!) Il problema è che queste cose poi si diffondono anche nell’italiano parlato, come diceva giustamente Andrea. Sono oscene. Meno oscene, ma molto fastidiose, sono le inversioni tipicamente anglofone, come ad es. “è una felice giornata” o simili. Ho amici che non si rendono neanche conto di fare questo errore.
      “Realizzare” e “comprendere” o “performante” sono altrettanto brutti, ma io ho un’avversione davvero ferocissima (e vengo presa in giro per questo XD) per disturbante. 😀

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    • andreasperelli2k

      6 Ottobre 2015 alle 11:43

      Vorrei aggiungere che il problema di questi calchi non è solo “estetico” ma è pratico. Se io dico che ho “cancellato un progetto” significa che è annullato oppure che il file è scomparso dall’hard disk? Se ho “realizzato un progetto” significa che l’ho completato oppure che ho capito di che si tratta?
      Poi è chiaro che spesso si capisce il significato dal contesto, ma perché affidare al contesto quello che potrebbe essere espresso direttamente dalle parole? l’incomprensione a volte potrebbe portare gravi danni…. e non solo estetici!

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      • Evit

        6 Ottobre 2015 alle 11:45

        Quando parlavo di opinioni estetiche nell’articolo mi riferivo solamente a quei casi in cui dico cose del calibro di “non mi piace la voce di tizio”. Solo in quei casi.

    • andreasperelli2k

      6 Ottobre 2015 alle 11:47

      Evit, dicendo “estetico” non mi riferivo a quello che avevi scritto, mi riferivo al fatto che spesso queste nostre fissazioni sono considerate eccessive in quanto solo di innocua forma, quando invece c’è una pericolosa sostanza 😉

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      • Evit

        6 Ottobre 2015 alle 11:51

        È ovvio che non discutiamo sui massimi sistemi qui a Doppiaggi Italioti, ma del resto qualcuno queste problematiche se le dovrà pur porre, ahah!

    • Phantom Dusclops'92

      8 Ottobre 2015 alle 18:14

      Aspettate, ma… mi state dicendo che tradurre “disturbing” con “disturbante” è sbagliato? Che ho letteralmente passato 5 anni di liceo facendo un errore madornale e prendendo tutti 10 lo stesso? E come dovrei tradurlo allora? Nauseante? Terrificante? No, perché quelli hanno già i loro equivalenti (“Nauseating” e “Terrifiying”)… COSA?

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      • Evit

        8 Ottobre 2015 alle 18:24

        Infatti disturbing si traduce con “inquietante”. Come hai già notato tu stesso, i vari terrifying e nauseating hanno già un corrispettivo. Non che alcun film sia mai stato definito con “nauseante”, ma questo non c’entra.
        Disturbante in italiano vuol dire “che da noia” o “che da fastidio”, non proprio la stessa accezione di “disturbing” dall’inglese. Che esista “disturbante”, certo che esiste, è il participio presente di disturbare! Che però traduca correttamente “disturbing” (per descrivere un film horror) è un altro paio di maniche.
        Come sempre, bisogna vedere in quale contesto viene usata una determinata traduzione.
        Parlando di “italiano” poi, tu hai mai detto “uh, quel film horror era proprio disturbante!” o troveresti più naturale dire “inquietante”?

    • Phantom Dusclops'92

      8 Ottobre 2015 alle 22:21

      Io ho sempre inteso “disturbante” come “disturberà i miei sogni stanotte” e non ci ho mai dato peso.
      In generale, posso capire il lamentarsi per “abortire” e “performante”, ma tutti gli altri termini qua menzionati (“realizzare”, “disturbante” e “cancellare”) a me non hanno mai dato problemi. Sono strano, boh.

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  • Andrea87

    6 Ottobre 2015 alle 11:45

    ma poi “sopravvissuto” in sè non è leggerissimamente spoiler? non so, non ho visto il film, ma tutta l’emotività va scemando se so già che è “sopravvissuto”, no? 😛
    suggerimento per i titoli italioti (quando torna?) “abbandonato su di un insolito pianeta nel profondo dello spazio” (tagline “Yo, industrial bitch!”)… che ne pensi? xD

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  • AleRandy

    6 Ottobre 2015 alle 13:40

    Non capisco come mai dopo tutti questi anni non hanno ancora trovato una voce definitiva per Matt, come per DiCaprio e Brad Pitt. Prima Manfredi (che preferisco di gran lunga) poi Rossi.

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      • Evit

        6 Ottobre 2015 alle 23:43

        In ogni caso non ho problemi con le voci dei protagonisti principali. Solo alcune voci di quelli secondari (che sicuramente Scott non si sarà curato di scegliere personalmente).

      • Evit

        6 Ottobre 2015 alle 23:48

        Anche sulla ragazza al controllo missione che avrà sì e no 10 frasi? Permettimi di richiedere una fonte attendibile in merito prima di poterti credere sulla parola. Sceglie anche chi fa i “rumori”, non ho capito? Non ha niente di meglio da fare Ridley Scott con il suo tempo libero?

    • Luke

      6 Ottobre 2015 alle 23:57

      Anche lei. Ti posso citare una cosa successa per “Exodus”, dove per la sorella di Mosé, che ha si e no tre battute, hanno dovuto provinare non so quante doppiatrici. L’unica cosa che non sceglie sono, appunto, le persone per il brusio. Il resto è tutto scelto da lui. Non ho nessuna fonte come prova, hai solo la mia parola.

      Rispondi
      • Evit

        7 Ottobre 2015 alle 00:02

        La prenderò per buona, in nome della nostra lunga conoscenza virtuale! Non sapevo che Ridley Scott avesse tali manie di controllo, ma da quand’è che ha cominciato con questa abitudine? È cosa storica o sono fissazioni della vecchiaia?

    • Luke

      7 Ottobre 2015 alle 00:07

      Sicuramente da “Le crociate” in poi, ma ho il sospetto che anche di “Black Hawk Down” (su questo devo indagare). Forse tutto è partito da “Il gladiatore”, ma questo non lo posso confermare.

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      • Evit

        7 Ottobre 2015 alle 00:12

        Chissà se ha avuto qualche brutta esperienza in passato che lo abbia convinto a supervisionare tutte le voci.
        Tra l’altro, ricordate quando su personaggi con accenti tedeschi assumevano veri tedeschi residenti in Italia e con capacità recitative per impartire un realismo altrimenti difficilmente raggiungibile? Dubito che Scott abbia orecchio per “udire” chi, di quelli che ascolta, sappia replicare un verosimile accento tedesco in lingua italiana.

    • Michael Traversa

      7 Ottobre 2015 alle 00:40

      Se fai riferimento a Mackenzie Davis sicuro l’ha scelta Ridley Scott, perche’, nonostante non abbia molte battute, fa parte dei ‘nomi principali’, visto che e’ una giovane sulla cresta dell’onda. Comunque questa cosa era anche nel doc It’s better in Italian, Pedicini si lamentava di essere stato messo alla porta da Ridley Scott per The Counselor. In linea di massima io non sono contrario alle ‘manie di controllo’ di Scott, il problema e’ che gli manca un po’ di buon senso e rispetto, se vuoi, alle tradizioni locali.

      Rispondi
      • Evit

        7 Ottobre 2015 alle 00:58

        Non so a chi si affidi Scott ma Kubrick nelle sue scelte sicuramente sapeva delegare al momento giusto e alle persone giuste. Non so se si possa dire lo stesso per Scott

    • Andrew S. Marini

      5 Novembre 2015 alle 01:14

      C’è una differenza, tuttavia, tra l’approccio di Kubrick e quello di Scott: il primo si mantenne in stretto contatto con Mario Maldesi, direttore col quale ebbe un legame artistico e professionale duraturo, e, stando alla letteratura ed alle testimonianze dirette, non ne condizionò le scelte, ma instaurò un rapporto basato sullo scambio di idee e di indicazioni. I doppiaggi di quei film sono il frutto di una evidente sinergia, tanto da annullare, in diversi casi, le distanze tra l’opera originale e l’alterazione del doppiaggio e tramutando il direttore quasi in un collaboratore del regista (così come, del resto, s’era già verificato con Fellini). Si potrebbe dire, sommariamente, che Maldesi applicò al doppiaggio le medesime categorie che contraddistinsero gli anni d’oro del cinema italiano.
      Scott non s’è affidato ad un direttore specifico, né s’è messo in cerca di un’affinità elettiva; s’è invece limitato ad indossare i panni del gran burattinaio della localizzazione, convinto che il successo di una distribuzione internazionale dipenda unicamente da quella che in campo musicale chiamerebbero “produzione”. Il criterio su cui si basano le sue scelte è quello di somiglianza timbrica, più che quello di aderenza all’attore (come se fosse sufficiente avere un buon amalgama sonoro per trasmettere la medesima intenzione dell’originale).
      Oggi, lo sappiamo, la distribuzione interviene sempre più nelle edizioni internazionali tramite le figure dei supervisori: si potrebbe aprire un dibattito infinito in merito al ruolo di costoro ed al rischio del loro sconfinamento in settori altrui, tuttavia parliamo di persone che lavorano a stretto contatto con gli addetti al doppiaggio e che hanno nozione delle figure professionali che si muovono in questo campo e del pubblico a cui si rivolgono.
      È vero anche che, con ricorrenza, sono proprio i distributori a prediligere una voce piuttosto che un’altra sui protagonisti di una pellicola, ma a partire da un campione di provinati selezionato dal direttore (che spesso correda le registrazioni con alcune proprie annotazioni e suggerimenti); com’è possibile, invece, giudicare da poche battute l’interpretazione di un attore straniero se non si ha la minima conoscenza della potenzialità e dei limiti delle sue caratteristiche vocali e recitative?
      Davvero spetta proprio a Scott il compito di stabilire che le tre voci principali che si sono alternate al doppiaggio di Damon vanno scartate? Davvero spetta a Scott il compito di dirci che ci sbagliavamo a ritenere perfetti Pannofino su Washington, Acerbo su Pitt o Pedicini su Bardem?
      Non ho ancora visto il film e non è mia intenzione giudicare la prova di D’Andrea (che sarà stato bravissimo, da professionista qual è), ma mi augurerei che la parola finale in merito ad una scelta simile potesse spettare alla sensibilità ed alla competenza di un direttore, anche nel caso in cui si dovesse verificare un abbinamento insolito, e MAI a quella di un regista e dei suoi collaboratori.

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      • Evit

        5 Novembre 2015 alle 16:38

        Non è chiaro se sia Scott in persona ad avere voce in capitolo, probabilmente avrà degli assistenti preposti a queste scelte e molto probabilmente sono individui bilingue incaricati dagli studios che producono e distribuiscono il film.
        Di certo si sa che Kubrick prendeva queste decisioni di proprio pugno e sono sicuro che ascoltasse ben più di una singola frase (immagini il traffico di nastri tra Italia e Inghilterra? E ti immagini se qualcuno di questi nastri sia sopravvissuto? Vivian, caccia i nastri).
        È probabile che per i provini ai doppiatori gli facciano registrare le battute più “cariche” e più emozionali per vedere fin dove un attore può “arrivare”, ma ovviamente queste sono speculazioni personali. Se mi capita chiederò a qualche doppiatore se effettivamente così avviene. In ogni caso quando leggo che Scott da l’OK ad un doppiatore lo interpreto così: degli assistenti di produzione bilingue passano al vaglio le registrazioni dei provinanti, decidono, vanno da Scott e dicono “noi pensavamo a questo tizio” e Scott risponde “okay”. Risultato: ai doppiatori italiani arriva notizia che Ridley Scott li ha sentiti di persona e abbia dato il suo OK (tecnicamente non starebbero mentendo a dire ciò ma l’effettivo coinvolgimento di Scott sarebbe molto minore).
        Quando invece leggo che Kubrick dava l’OK ai doppiatori nelle varie lingue, già so che l’unico coinvolgimento dei suoi assistenti (se c’erano) era quello di consegnare a Stanley i nastri come dei banali postini e niente di più.
        Quindi più che con Scott me la prenderei con i produttori per eventuali scelte abi-normi. Scott secondo me firma solo scelte altrui, non ce lo vedo così coinvolto nella localizzazione e distribuzione estera visto che a stento dirige i suoi stessi attori e si preoccupa più che altro del “look” del suo film.
        È chiaro comunque che i tempi sono cambiati. In generale non esiste più l’affidarsi a direttori di doppiaggio stranieri e, del resto, come possiamo non biasimarli oggi giorno dove io stesso potrei aprire uno studio di doppiaggio, proporre prezzi stracciati e ottenere commissioni da vari studios che vogliono andare a risparmio. Magari non è il caso di grandi compagnie come la Fox ma non mi sorprenderebbe!
        Insomma, nel mercato libero c’è poco da fidarsi.

    • Andrew S. Marini

      6 Novembre 2015 alle 17:04

      Sì, ma c’è qualcosa che non funziona nel meccanismo. Al di là del fatto che a scegliere sia direttamente Scott o siano assistenti bilingue, il regista in questo caso si assume la responsabilità delle scelte, rivendicandole. Altrimenti che senso avrebbe sottolineare che è lo stesso Scott ad ascoltare i nastri? Già lo sappiamo che i vali supervisori intervengono in fase di doppiaggio a nome della produzione e della distribuzione.
      Quando la casa produttrice richiede un secondo giro di provini, insoddisfatta dei risultati del primo, mette in discussione le competenze del direttore di doppiaggio. Non so se sia il caso di “The Martian”, ma stando a diversi racconti questo fenomeno (con Scott) si sarebbe già verificato in passato.
      In linea di massima ho trovato inopportune diverse delle scelte compiute dal team in questione, proprio perché del tutto avulse dalle orecchie del nostro pubblico.
      Si sono verificati casi TROPPO anomali per poterli imputarli a qualcuno pienamente consapevole di quanto fa.

      Rispondi
      • Evit

        6 Novembre 2015 alle 17:20

        Ovviamente chi ci mette la firma (Scott) si assume anche la responsabilità delle scelte dei suoi tecnici, quindi in ultima analisi va benissimo criticare comunque Ridley Scott in persona, ed chiaro che qualsiasi sia il meccanismo moderno che porta alla scelta degli interpreti (che sia Scott o assistenti di produzione), questo non si avvarrà di persone con competenze tali da poter dire “questa voce va bene, questa no”. Ahimè l’unica cosa che si può fare, almeno da parte mia, è di gettare nel ridicolo pubblicamente alcune di queste scelte (mi viene in mente Bombardieri su Schwarzenegger nei Mercenari, o come cavolo si chiama).
        Sulla questione degli adattamenti mi viene facile ridicolizzare le cavolate immonde perché a dire “questa frase non è italiano” ci vuole veramente poco e solitamente sono verità incontrovertibili (abort=aborto non è italiano), sulla scelta degli interpreti invece mi trovo più in difficoltà. Sono molto restio a dire pubblicamente “questa voce non c’entra un cazzo” perché comunque va a colpire una sensibilità che è molto personale e cambia da spettatore a spettatore. Altri possono vedere lo stesso film e non trovare niente di sbagliato in una determinata voce… invece su “abortire” basta che inviti la gente ad aprire il dizionario per avere un riscontro esente da gusti personali.
        Ci farò più caso a Scott d’ora in poi. È chiaro che, come spettatori italiani, stiamo diventando vittime della filosofia americana del doppiaggio fotocopia che non ha alcun senso ai fini della localizzazione.

    • Andrew S. Marini

      6 Novembre 2015 alle 18:41

      Sono pienamente d’accordo con te.
      Vorrei anche sgombrare il campo da un equivoco: non ho mai ritenuto che la continuità vocale su un qualsiasi attore sia garanzia di qualità, anzi, ho sempre apprezzato lo sforzo di Maldesi di cercare l’abbinamento più adatto al ruolo senza snaturare la prestazione dell’interprete originale.
      I connubi inscindibili possono esistere, ma sono frutto di straordinari casi di allineamenti planetari e spesso, prima di essere confermati, devono subire una serie di passaggi di palla. E non è nemmeno detto che un radicale cambio di rotta da parte dell’attore non possa comportare anche un cambio di rotta nel suo doppiaggio.
      Insomma, la casistica è smisurata ed in questo campo non mi piacciono le regole, ma persino un sordo potrebbe capire, ad esempio, che Adriano Giannini non ha né le corde, né la sensibilità adatta a doppiare Brad Pitt. Queste scelte compromettono la resa del personaggio e tutto il lavoro di caratterizzazione che vi ruota attorno.
      Poi è ovvio, quando uno è bravo riesce a non far notare lo scollamento sfruttando tutti i trucchi del mestiere.

      Rispondi
      • Evit

        6 Novembre 2015 alle 18:48

        Non l’ho mai detto chiaramente ma ne approfitto adesso: concordo in pieno sul fatto che la continuità vocale, chiamiamola così, attore-doppiatore non sia necessariamente garanzia di qualità. Gli stessi doppiatori a volte si stratificano su determinate recitazioni (forse per mancanza alle volte di una vera direzione da parte del direttore di doppiaggio). Penso a Sorrentino che, nonostante l’ottima voce, ormai ricorda solamente Mel Gibson (quando negli anni ’90 variava molto bene anche su altri attori), ma anche casi più storici: Oreste Rizzini che a fine anni ’80 ormai recitava solo con la sua voce da Michael Douglas, anche quando faceva Bill Murray in Ghostbusters II (sebbene nel primo film non ricordasse affatto il suo Douglas).

  • Antonio L.

    6 Ottobre 2015 alle 16:19

    “Performante” secondo me vince il premio di neologismo più brutto della lingua italiana. A “Disturbante” invece va il premio di termine più inappropriato di sempre in un adattamento. Faccio notare che entrambi i termini hanno degli illustri, antichi e validi sostituti: inquietante e prestante!
    Peggio di quando sento le persone dire “non sono del mood adatto!”, davvero disturbante direi 😉

    Rispondi
  • Michael Traversa

    6 Ottobre 2015 alle 21:41

    Mantenere il titolo del romanzo ‘L’uomo di Marte’ pareva brutto? La rititolazione secondo me e’ giustificata quando il titolo inglese ha un titolo diverso dal romanzo da cui e’ tratto, ma quando e’ identico andrebbe seguita la stessa logica.

    Rispondi
    • Evit

      6 Ottobre 2015 alle 21:47

      Verissimo, quando c’è già un romanzo precedentemente tradotto sarebbe buona norma (e consuetudine) lasciare il titolo con cui fu tradotto il romanzo.
      Effettivamente mi ero dimenticato di controllare il romanzo (pensa un po’ quanto mi abbia interessato il film!).

      Rispondi
  • Gabriele Bianchetti

    7 Ottobre 2015 alle 07:36

    L’idea che mi dà ‘Sopravvissuto – the martian’ è tipo: non preoccupatevi, c’è anche il titolo in inglese, non solo in quella lingua rozza e antiquata che è l’italiano!
    In ogni caso, per lo stesso motivo (più o meno), ho sempre odiato anche il titolo originale seguito dal sottotitolo.
    Concordo con l’ipotesi che verrà chiamato da tutti ‘The martian’.

    Rispondi
  • Gabriele Bianchetti

    7 Ottobre 2015 alle 07:40

    Ah, a proposito di abort: avevo visto una traduzione (non ricordo dove, non ricordo di cosa) in cui il sostantivo ‘abort’ (inteso come interruzione di un’operazione) era stato reso con aborto.
    Che lo so, è la stessa cosa che in questo film, però con il sostantivo è quasi peggio.

    Rispondi
  • Panza

    7 Ottobre 2015 alle 16:14

    L’accento teutonico ha steso anche me in sala nonostante il film mi sia piaciuto tanto. Riguardo la questione dei SUN cioè i giorni che passa Damon su Marte e che passano in sovraimpressione cosa ne pensi?

    Rispondi
  • Antonio L.

    8 Ottobre 2015 alle 22:26

    Visto oggi. Devo dire che quel “abortire” nelle varie coniugazioni mi ha veramente stranito e pur sapendo già che c’era non sono riuscito a non distrarmi. Imperdonabile. Un’altra parola che mi ha dato fastidio è il “go” ripetuto più volte durante le frenetiche operazioni spaziali. Possibile che non esista un modo per tradurlo?!

    Rispondi
    • Evit

      8 Ottobre 2015 alle 23:09

      il “go” l’ho sentito anche in Apollo 13, non mi disturba perché ha anche una valenza storica in quanto durante la (disastrosa) diretta italiana sull’allunaggio del 1969 (trovi un mio vecchio articolo in merito), si diceva proprio così, cose tipo “dal controllo missione hanno dato il go“. È così entrato nel linguaggio specifico delle missioni spaziali, anche in lingua italiana.

      Rispondi
  • Daniele F

    12 Ottobre 2015 alle 16:50

    Condivido al 100% la tua osservazione sul titolo. A dimostrazione che quella scelta sia perdente è il fatto che le persone con cui ho parlato del film non sanno mai se riferirsi ad esso come “the martian” o “sopravvissuto”. Anch’io saltello in continuazione fra un titolo e l’altro.
    Riguardo i termini “abort” e “airlock”…. sono un tantino combattuto. E’ vero che esistono ottimi equivalenti italiani (interrompere e camera d’equilibrio), del resto però fra coloro che seguono le avventure dell’esplorazione spaziale è molto comune utilizzare i termini tecnici anglofoni. E poi, potrei sbagliarmi, ma credo di aver sentito la parola airlock più d’una volta in bocca alla Cristoforetti e a Parmitano… o almeno ad uno dei due (più probabile Parmitano, che ha svolto ben due EVA).
    Tutto questo per dire che forse questi termini stanno in qualche modo entrando a far parte della lingua italiana e non sono del tutto fuori luogo in questo specifico adattamento.

    Rispondi
    • Evit

      12 Ottobre 2015 alle 17:10

      Ciao Daniele.
      Che “airlock” lo dicano gli astronauti italiani non ci sono dubbi, ci mancherebbe! Anche perché come accade sempre in settori dominati dagli Stati Uniti, spesso i libri di testo su cui si studia non sono neanche tradotti. Non è normale però che facciano intrusione nell’italiano del doppiaggio cinematografico (“airlock” non era presente in questo film ma lo abbiamo sentito in Interstellar mentre nessuno si è lamentato della sua assenza in qualsiasi film americano doppiato dagli anni ’60 fino al secondo decennio degli anni 2000). Anche in medicina e biologia usiamo spesso termini anglosassoni per gli stessi motivi ma se andassi a tradurre un libro di medicina americano in italiano, come traduttore, non lascerei mai in inglese termini che hanno già dei corrispettivi italiani noti. Lo stesso principio deve essere applicato ancora più rigorosamente al doppiaggio che alla fin fine è un’illusione di cui devi convincere gli spettatori italiani.
      Insomma, gli astronauti sul lavoro parlano inglese tutto il giorno, quando vengono a spiegare alla TV italiana cosa fanno è lecito che lascino molti termini chiave in inglese. Non vuol dire però che stiano entrando nel parlato comune, tutt’altro. Li abbiamo sentiti in TV? Forse. Ma li usa qualcun altro oltre agli ingegneri in ambito universitario e i nostri astronauti? Not really.
      “Abort” lo puoi vedere scritto sugli schermi in inglese, ma non si può sentire tradotto in “abortire”. Non esiste proprio da nessuna parte, è semplicemente un “false friend” inaccettabile, una vergogna. Come se qualcuno mi traducesse luxury in lussuria. Da bacchettata sulle mani.
      Riguardo al titolo italiano, per fare il cretino, quando mi sono presentato alla biglietteria, ho chiesto due biglietti per IL MARZIANO. Mi sono rifiutato di dire sia Sopravvissuto che The Martian.
      Su Jeff Daniels ora non ricordo ma, come accennavo nell’articolo, ci sono state più voci poco convincenti durante il corso del film. Mi sono concentrato solo su quelle per me più lampanti per non allontanarmi troppo dalla filosofia del blog di giudicare solo le scelte linguistiche dell’adattamento, più che quelle interpretative. Non è sempre facile trattenersi!

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  • Antonio L.

    13 Ottobre 2015 alle 14:01

    Secondo me uno dei casi più insensati di titolo italiano è stato “The Sixth Sense – Il sesto senso”. La traduzione era perfetta, fedele, il senso (appunto) è lo stesso, anche le parole sono simili, perché?!?!

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  • Emanuele676

    10 Novembre 2015 alle 15:48

    Realizzare, abortire e cancellare sono ormai parte della lingua italiana, quindi sì, ha senso che degli astronauti li usino. O dite che anche la Treccani si fa fregare dai false friends?
    Sono astronauti che masticano inglese, non accademici puristi della lingua italiana.

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    • Evit

      10 Novembre 2015 alle 15:54

      Non sono astronauti che “masticano l’inglese”, sono astronauti americani che parlano americano e il doppiaggio deve mantenere questa illusione senza ricordarci che gli attori in realtà stanno parlando un’altra lingua.
      “Abortire” come lo intendi tu è usato solo senso figurato e gli astronauti non parlavano in senso figurato quindi se la battuta originale non era in senso figurato in inglese, non deve esserlo neanche in italiano.

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  • skaiwoka

    27 Novembre 2015 alle 01:10

    Ho scoperto questo blog qualche mese fa cercando informazioni sui pessimi (si, pessimi) doppiaggi italiani che sono costretto a sopportare al cinema per vedere un film nei giorni di uscita, per non dover aspettare settimane l’edizione originale proiettata solo un giorno a settimana, un solo spettacolo, in un solo cinema della mia città.
    Ho intuito che cataloghi le persone in due gruppi: chi apprezza il doppiaggio italiano (compresi gli strafalcioni che ti piace riconoscere ma su cui sorvoli con bonaria superiorità) e chi spediresti dritto dritto in un girone dantesco perché troppo capra per capire gli sforzi di doppiaggio.
    “Non apprezzi il doppiaggio italiano? Capra! Capra Capra!”
    Hai una sorta di nostalgia verso i doppiaggi anni 80, in cui *tutti* i termini venivano adattati in lingua italiana. Ho apprezzato la tua teoria secondo la quale l’adattamento deve essere trasparente: lo spettatore non deve capire che gli attori stiano parlando una lingua diversa dall’italiano.
    Hai ragione. Vero lo dico. Hai ragione.
    Ma hai ragione finché rimaniamo negli anni ‘80, sia film che spettatore.
    Ho una notizia per te: il mondo è cambiato e il tempo è passato.
    Negli anni ‘80 l’unico inglese che si conosceva era quello acquisito in 18 anni di scuola dell’obbligo: the pen is on the table.
    Oggi, grazie a Internet, telefonia, tablet, cellulari… grazie alla tecnologia è sempre più facile avere occasioni in cui leggere e scrivere in inglese.
    Ho davvero riso tanto leggendo la tua analisi del doppiaggio di Captain America – The Winter Soldier. E’ vero, molti termini sono rimasti in inglese e non adattati in italiano. Ma al cinema non me ne sono accorto perché, per i miei studi, devo leggere e scrivere in inglese e i termini inglesi usati in un contesto italiano mi sono trasparenti.
    E scommetto anche che i ‘bimbiminkia’ che citi li avranno capiti 🙂
    Ma veniamo a The Martian.
    Non condivido il tuo odio verso il termine “abortire la missione”.
    Samantha Cristoforetti, astronauta italiana https://it.wikipedia.org/wiki/Samantha_Cristoforetti , ha usato la frase “è possibile abortire la missione” durante la sua ultima intervista http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-9e7cd6f2-ccfc-4dea-9fdb-890939165c39.html (minuto 00:17:35)
    La lingua italiana non è qualcosa di astratto e immobile, impresso con il sangue sui dizionari. La lingua si evolve: alcuni termini perdono accezioni, altri ne assumono di nuove o modificate.
    Ti consiglio di farti un giretto sul sito dell’Accademia della Crusca: hanno una sezione apposita molto simpatica in cui rispondo ai quesiti sull’uso della lingua http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte
    Troverai che, nonostante le regole, alla fine è sempre l’uso comune che vince.
    Per esempio: sono così vecchio da ricordare i primi scanner per PC. “Scannerizzare” era un abominio linguistico, ho sempre utilizzato il termine: “Scansionare” o “Digitalizzare”.
    Ora, dopo 20 anni, ho dovuto accettare l’evidenza: http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/cosa-si-fa-oggi-scanner
    Quindi alla fine: si, si dice “abortire la missione”. Gli astronauti lo dicono. Samantha Cristororetti lo dice.
    Tu sei un astronauta? O hai esperienza quantomeno di missioni spaziali?
    Accettalo, e passa al lato oscuro!
    Con simpatia 🙂

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    • Evit

      27 Novembre 2015 alle 07:39

      Ti rispondo al volo perché sto andando a fare un corso di mille mila ore ma ti dico che secondo me quel “abortire” è proprio colpa della Cristoforetti perché prima nessuno si sognava di dirlo e, siccome lei parla in inglese con i colleghi, ha fatto il tipico errore di quello che parla spesso inglese e quando va parlare italiano, per brevità e scorrevolezza del discorso, inventa cose che non stanno né in cielo né in terra (cosa che nel privato faccio anche io che parlo inglese per il 70% della mia giornata ma non mi sognerei mai di fare gli stessi errori traducendo un prodotto per un pubblico italiano).
      I giornalisti (principali “offenders”) prendono queste cavolate e le elevano a neologismi che cominciano ad usare giornalmente (se vai a cercare indietro trovi anche una nota sui “festini selvaggi”) di Berlusconi, per aver un idea) e così una parola idiota diventa spesso una triste normalità e riceve, come è giusto che sia, una voce sulla Treccani (anche se correttamente segnalata come “inglesismo”, termine che dovrebbe subito far drizzare le orecchie e far desistere il traduttore alla ricerca di termini con cui tradurre in italiano).
      Ancora più in breve: se l’astronauta americano non usa un neologismo nella sua lingua allora non dovrebbe usare un neologismo neanche nel doppiaggio italiano. Perché quello che suggerisci tu è un doppiaggio che si allontana dalla natura stessa dell’idea di doppiaggio e se dobbiamo sentirci roba come l’adattamento di Captain America perché a te una traduzione simile sembra normale allora basta cambiare lingua sul DVD e sentirselo in originale. Ha più senso fare così.
      Vorrei ricordarti anche che più volte mi è stato confermato da quelli che hanno lavorato a film da me lamentati (come Pacific Rim ad esempio) che sono i supervisor americani presenti in sala di doppiaggio che insistono sull’uso di questi termini, quindi il discorso “eh la lingua cambia” mi rimbalza proprio, come dicono in alcune regioni, difatti la maggior parte di questi termini sono imposti agli italiani da gentaglia che viene dagli Stati Uniti e spesso parla un italiano stentato, ma impone certe scelte per una questione di marketing o per semplice ignoranza

      Rispondi
    • Fibrottolo

      27 Novembre 2015 alle 08:51

      Prendendo spunto da alcune delle tue riflessioni:
      – dubito proprio che oggi ci sia questa migliorata conoscenza dell’inglese, che anzi è forse anche più approssimativa; conoscere una lingua per riuscire a non perdersi per strada o capire a grandi linee di cosa si parla è ben diverso dal comprendere il senso profondo di quello che si sta sentendo
      – a riprova di questo fatto sono proprio le Cristoforetti della situazione che associano un termine in una lingua, senza capirne il significato nella propria perché quella parola rappresenta “quella cosa” e non un concetto più vasto
      – il fatto che una cosa si dica per errore e che la dicano in molti non significa certo che la si debba accettare, per quanto un linguista, come quelli della Crusca, possa riconoscerla come “entrata nell’uso comune”
      – by the way, se sei contento così no problem, l’inglese è cool e possiamo abortire qui questo argomento prima di sembrare addizionati al corretto uso dell’italiano

      Rispondi
  • skaiwoka

    28 Novembre 2015 alle 01:09

    Grazie per la risposta ed il tempo dedicatomi.
    Che in sala di doppiaggi ormai ci siano dei supervisori americani che controllino e boccino alcune idee sotto LSD di adattamento italiani l’avevo immaginato e oserei dire ben venga!!!!
    Così evitiamo fesserie come le guerre dei quoti.
    I film sono forme d’arte. Arte che deve generare soldi. Quindi dopo un film c’è magari un seguito. C’è un videogioco. Magari un libro. La serie tv che segue il film. E così via.
    Serve una coerenza nei termini usati. Altrimenti accade che Obi Wan abbia combattuto nella guerra dei quoti nel ’77 e nella guerra dei cloni del 2005.
    O che nella propria videoteca faccia bella presenza la trilogia di Batman di Nolan: Batman Begins (inglese), Il cavaliere oscuro (italiano), Il cavaliere oscuro – il ritorno (cosa????).
    La risposta che basta cambiare lingua nel dvd è puerile. Quando esce un film non posso aspettare 5 mesi per vederlo in dvd, ormai internet è invasa di spoiler in ogni dove già il giorno dopo l’uscita contemporanea mondiale. Dovrei vivere in una ampolla di vetro. Non posso vederlo in originale al cinema perché nella mia città una sola sala proietta in lingua originale diversi giorni dopo l’uscita, nella sala più piccola del multisala.
    Le “Cristoforetti della situazione” (cit.) forse sono le uniche che hanno titolo per usare il termine oggetto della mia discussione, perché lo usano nel contesto adatto, avendo la formazione (tecnica) adatta.
    Dici bene: se l’originale inglese non usa un neologismo, non lo deve usare il doppiaggio italiano.
    Storicamente i missili li hanno inventati i tedeschi (Von Braun) poi li hanno sviluppat gli americani ed i russi. Mentre gli americani sparavano razzi nello spazio noi in italia eravamo ancora con arco e frecce. E’ ovvio che “abort the mission” o “abort the launch” sia entrato nel lessico comune inglese grazie ai giornali e tv (dell’epoca) prima che un corrispettivo corretto (secondo voi) si sia fatto strada in italiano.
    C’è quindi discrepanza tra inglese e italiano: in inglese è parlato comune.
    Infatti, il dizionario oxford me lo da benissimo:
    http://www.oxforddictionaries.com/it/definizione/inglese_americano/abort
    informal or , technical
    An act of aborting a flight, space mission, or other enterprise:
    there was an abort because of bad weather
    ULLALA’ cosa ho trovato 😀 Dizionario Oxford, mica pizza e fichi!
    Mi dice addirittura che è inglese tecnico 🙂
    Tradotto: in ambiente tecnico specializzato si usa ed è codificato nella lingua inglese.
    Perbacco!
    E se in italiano già si usasse in ambiente tecnico specialistico il verbo abortire anche in senso figurato di interrompere?
    Da qualche parte ho un dizionario di ingegneria HOEPLI del 1997 su CD, e cerco ‘abortire’.
    Secondo le vostre bislacche teorie sull’impossibilità della lingua di evolversi o di non usare neologismi in ambiti tecnici italiani non dovrei trovare niente, eppure… eppure… già nel 1997… eppure…
    http://i68.tinypic.com/27yprut.jpg
    Ma tu guarda un po’!!!
    Già nel 1997 si poteva usare abortire, in linguaggio tecnico, per ‘interrompere’ l’esecuzione di un programma. Tra un programma e una missione, il concetto è lo stesso.
    E non lo dicevo io, non lo diceva un giornalaio, non lo diceva un astronauta anglo-italiano, lo diceva HOEPLI, editore di manuali tecnici.
    Non propongo di creare parole che non esistono, quanto usare parole e termini che già esistono in ambiente tecnico.
    O oltre che membri della Crusca siete anche scrittori di manuali tecnici in italiano? 😉
    – E pur si muove!

    Rispondi
    • Evit

      28 Novembre 2015 alle 09:36

      Premetto che è inutile che tu faccia la sceneggiata del finto educato, perché ti riesce male e poi, anche se non ci conosciamo di persona, non è che dobbiamo formalizzarci su queste cose: se vuoi offendermi puoi scrivere tranquillamente quello che desideri in maniera anche più diretta, stai tranquillo che non ti censuro.
      Chiaramente abbiamo visioni diverse su cosa debba essere il doppiaggio italiano quindi non capisco neanche quale sarebbe lo scopo dei tuoi messaggi. Sei deluso perché non hai trovato l’accanimento che desideravi verso i “vecchi” doppiaggi? Mi dispiace per la tua delusione.
      Inutile dire che nella tua analisi delle opinioni che esprimo sul mio blog non hai incluso le tante su film del passato da me aspramente criticati, forse perché non rientrano nel tuo schemino o forse perché non le hai lette. Poco importa.
      Vorrà dire che troverai altri luoghi dove altre persone esprimono altre opinioni sull’adattamento italiano che siano in linea con la tua visione, così potrai arricchirti di tanti nuovi punti di vista tutti identici ai tuoi. Nessuno ti obbliga a seguire questo mio blog e se cerchi di far cambiare idea ad uno che ha superato i 30 anni ti chiedo una cosa, ti è mai riuscito?
      Vorresti che scriva ciò che tu vuoi leggere? Hai proprio sbagliato porta, ragazzo.
      Attendo con ansia un tuo blog dove, con bonaria superiorità, sorvolerai sui problemi dei nuovi doppiaggi e ti accanirai, si spera con spassosa ironia, sui vecchi imperdonabili doppiaggi. Quella Guerra dei Quoti richiederà certamente un pamphlet (http://www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=pamphlet) di argomentazioni per dichiararla finalmente errore imperdonabile della storia del doppiaggio, perché il minuscolo articolo con cui ho aperto il mio blog oltre quatto anni fa non fa giustizia allo storico scempio di cui si macchiarono irreparabilmente Maldesi e De Leonardis, indegni menzogneri.
      Si spera anzi che simili e inconfutabili argomentazioni (avallate da link a più non posso) portino in ultimo ad un nuovissimo doppiaggio della vecchia saga, che ci aspettiamo contenga una lingua italiana più in linea col parlato comune attuale (di tecnici e giornalisti), condita quindi con una pioggia di parole di origine inglese (nonostante esistano già degli equivalenti italiani) perché, si sa, niente fa più “favola ambientata nello spazio” di una moltitudine di begli anglicismi. Del resto quei credits Han Solo li voleva in cash! E se gli italiani parlano così è bene che li abbia in cash. Niente di sbagliato in tutto ciò.
      La differenza è che anche se seguissi tale blog non perderei mai tempo a cercare di convincerti che ciò che dici, per me, è sbagliato. Semplicemente prenderei nota mentale che tu non la pensi come me e proseguirei felicemente con la mia vita, perseguendo i miei interessi.
      Vuoi che ti risponda sul tuo ultimo intervento riguardo abort? E io ti rispondo. Dovessi dirmi che svicolo… La definizione del 97 esisteva per spiegare agli italiani il significato di quelle traduzioni mal fatte dall’inglese dell’informatica dove non solo abort era tradotto male con abortire, ma c’era anche direttorio come directory e altre belle fetenzie. Il salto logico che “se vale per un programma vale anche per le missioni spaziali” sei tu che lo fai, senza basi per farlo.
      Sostieni o suggerisci inoltre che abortire per abort fosse stato introdotto nell’italiano comune già dai primi lanci degli americani, e alleghi un link al dizionario oxford sul web per confermare la tua tesi… e il nesso sarebbe?
      Tra le mie passioni c’è anche la storia della corsa allo spazio, tra le tante, e, non sarò un astronauta (e neanche tu), ma se io andassi a tradurre un libro su quel tema rivolto al grande pubblico non tradurrei abort con “abortire” perché esistono già termini adeguati ed equivalenti, che sono familiari agli italiani come “abort” lo è agli anglosassoni, e che sono già in uso da PRIMA di quando “noi”, come dici tu con una dialettica da italianetto piccolo piccolo, avevamo ancora “arco e frecce” (riferendoti poi ad anni in cui Olivetti mangiava allo stesso tavolo di enormi marchi americani come General Electric). Non è che in inglese “abort”, con accezione di “annullare/interrompere”, sia stato inventato con l’era spaziale, quindi non c’è mai stata la necessità di importarlo come neologismo come tu immagini che sia successo: abortire come anglicismo è nato invece in tempi più recenti con le prime traduzioni dei software, come ti spiegavo prima per i motivi che ti spiegavo prima (chissà se poi serve a qualcosa spiegarti queste cose, va be’ altri potranno trovarle utili o interessanti).
      Oltre ad essere bilingue posso dirti di far parte del settore biomedico dove, ti assicuro, non siamo nuovi ad usare termini direttamente dall’inglese, perché quella americana è la letteratura di base, e se il medico in tv parla della menopausa e dice “hot flashes” (o flushes) invece di “vampate” mi smuove poco come poco mi smuove la Cristoforetti che, in diretta dallo spazio, usa il termine “abortire”. Nessuno si sorprende che un “tecnico” non sia anche un provetto linguista capace di adattare al volo e in tempo reale tutte le parole di un lessico che lui/lei conosce ed usa prevalentemente e quotidianamente in lingua inglese. Eppure se sentissi hot flashes in un doppiaggio avrei da ridire, perché so che si tratta di un termine troppo tecnico per essere compreso da tutti. Devo essere un primario d’ospedale secondo te per avere “l’autorità” di lamentarmi di ciò sul mio blog? Perché il discorso che fai è esattamente questo ed è ridicolo.
      Portiamolo all’estremo… Facciamo che un punto chiave della trama di un film si basi su sigle inglesi di ambito medico: sigle note per gran parte degli americani vengono pronunciate dagli attori; in italiano si decide di mantenerle identiche nonostante quasi nessuno in Italia le abbia mai sentite (ed nonostante esistano, da 50 anni ormai, dei loro corrispettivi ben noti in italiano)… secondo il tuo ragionamento sarebbe giusto lasciarle in inglese perché anche i medici in Italia le usano quotidianamente ed un famoso primario le ha persino pronunciate una volta in tv; ad avvalorare tutto ciò, se le cerchi su wikipiedia puoi trovare tali definizioni (nonostante siano indicate come “versione inglese di questa o quella cosa stranota in italiano”).
      Qual è allora il limite per te?
      Direi che tanto vale che aspetti due-tre giorni in più e ti vai a vedere i film in lingua originale nella sala un po’ meno grande. Ce la farai ad evitare di leggere “spoiler” per 2 singoli giorni o no? E sei fortunato che almeno da te li proiettano anche in inglese, sono pochi gli italiani a poter dire di avere le stesse possibilità.

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  • andreasperelli2k

    28 Novembre 2015 alle 17:23

    Qui non c’è bisogno di dizionario o di lunghe discussioni, nessun italiano usa il verbo abortire in quel senso, per il 99% degli italiani abortire significa interrompere una gravidanza… Tra l’altro nella citazione del film non c’è neanche il complemento oggetto per chiarire meglio la frase. Dite a vostra madre che la vostra ragazza ha abortito e vedrete cosa capisce 🙂
    Si tratta di calchi dall’inglese brutti e inutili, il fatto che lo usi la Cristoforetti significa solo che la brava Samantha sbaglia a parlare, uno sbaglio più che giustificato ma pur sempre uno sbaglio, del resto è un’astronauta non un’accademica della crusca.
    Chi traduce un film ha delle responsabilità linguistiche maggiori della Cristororetti, al pari di un giornalista o di uno scrittore. Se usa “abortire” in un doppiaggio contribuendo così a diffonderlo non sta facendo bene il suo lavoro.

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  • Antonio L.

    28 Novembre 2015 alle 20:02

    Per me andrebbe anche bene se in un film l’atronauta italiano (o comunque non americano) dicesse abortire mentre parla in italiano, magari traducendo rapidamente nella propria testa il termine inglese, come a volte facevo io da ragazzino quando chiudevo un videogioco sul pc, che dicevo “quitta” 😀 Nel film Matt Damon è un astronauta americano e parla italiano nel doppiaggio ma in realtà non parla come parlerebbe un italiano, quindi quando dice “abortire” sembra un deficiente. Chi ascolta rimane sorpreso, pensa “ma è italiano questo e traduce alla meglio un termine inglese? No, è americano” Il doppiaggio si svela e fine dell’illusione e la sospensione dell’incredulità va a farsi benedire. Se fosse stato un astronauta italiano intento a parlare in italiano lo avrei anche accettato, ma in un doppiaggio no. Non so se mi sono spiegato! 🙂

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