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Da Fulci a Tornatore passando per “Er canotta”. Intervista a Cinzia Andrei, assistente al doppiaggio

Quella dei doppiaggi di film italiani è un’area della storia del doppiaggio che riceve poca attenzione nonostante ci abbiano sempre lavorato gli stessi doppiatori e le stesse società di doppiaggio impiegate per i prodotti americani, proprio per questo mi ha fatto molto piacere scoprire che tra le lettrici di questo blog abbiamo Cinzia Andrei, classe 1954, assistente di doppiaggio per i film di Lucio Fulci e Enzo G. Castellari negli anni ’80.

Tutto infatti è cominciato dal mio acquisto del Blu-Ray americano di Lo squartatore di New York di Fulci, una nuova edizione limitata rimasterizzata in 4k a partire dai negativi, che include la traccia audio italiana, una valanga di interviste esclusive e persino il CD della colonna sonora! Trattamento niente male per essere un film dove un killer squarta le sue vittime parlando con la voce di Paperino… o, per essere precisi, con “la voce di un paperino”, così da evitare ovvi problemi legali. (E la Disney… muta!)

Cinzia è stata assistente al doppiaggio in quel film e sulla pagina Facebook di Doppiaggi italioti ha commentato il mio acquisto ricordando una difficile scelta per la voce di Paperino e di un certo “er canotta” di cui parlava Fulci.

Un’intervista a questo punto era d’obbligo.

Cinzia Andrei

La figura dell’assistente al doppiaggio

Evit: L’assistente al doppiaggio è una figura professionale poco documentata e poco conosciuta. Ci parli un po’ di te, della tua carriera nel mondo del doppiaggio, e in cosa consiste il lavoro di assistente?

Cinzia: L’assistente è la figura che in fase preliminare prepara i piani di lavoro. O meglio, preparava! Perché: a) per risparmiare sui costi adesso se ne occupano gli impiegati; b) ormai si fanno le colonne separate, quindi non c’è più quel lavoro di incastro complicatissimo che aveva come obiettivo il pagare agli attori meno turni possibili, facendoli venire il meno possibile. In più le tecnologie sono cambiate, per cui, se negli anni ’80 fare una terza colonna aveva un costo x (quindi si preferiva far tornare l’attore a recitare coi due colleghi, a parità di spesa), ora questo è superato. Come è superata l’esigenza di far lavorare gli attori insieme per farli recitare meglio.

In sala l’assistente è la persona che guarda le labbra dell’attore sullo schermo — mentre il doppiatore recita — e controlla che il sinc sia accettabile, tenendo conto della possibilità in sede di sincronizzazione di ritardare il sonoro, di creare pause dove il doppiatore non le ha fatte eccetera. Dico “guarda le labbra”, ma anche le mani, il corpo, gli occhi. Che so, se l’attore fa un movimento di stizza, o a un certo punto della frase si accascia è il caso che anche nell’intonazione se ne tenga conto.

Detto fra noi, di sinc ne sanno talmente tutti (direttore e fonico) e gli ausili tecnici di correzione sono talmente tanti che il mio lavoro mi sembra sempre più inutile, tanto che spesso mi risultano sedere in sala, in questo ruolo, assistenti assolutamente improvvisate, messe là a parare eventuali proteste sindacali, ovviamente con compensi super ridotti. In più, via via, la generazione dei sincronizzatori su pellicola è stata sostituita da draghi del computer che però sul sinc sono molto meno esigenti, così come il pubblico, direi. Questo è stato il mio lavoro dal 1980 ad adesso. Ho fatto anche adattamenti ma mi sa che ero negata.

Evit: Perché lo pensi? Ricordi i titoli che hai adattato?

Cinzia: gli adattamenti erano dimenticabili, credimi. In compenso sono abbastanza sveglia in sala, per sostituire a volo brutti sinc. Mi consolo così.

Evit: come hai iniziato questo mestiere?

Cinzia: Negli anni ’80 c’era stato aumento del lavoro causa telenovelas, quindi chiamarono gente nuova.

Fulci e il mito di “Er canotta”

Evit: Su Lo squartatore di New York di Lucio Fulci, mi accennavi ai provini per la voce di Paperino, cosa ricordi della lavorazione di questo film e di Fulci stesso?

Cinzia: Fulci era buffissimo. Bruttarello, trascurato… al mio amico Elio Petri era molto simpatico, quindi mi divertiva questa distanza siderale fra i registi che consideravo o che frequentavo e lui. Fulci diceva che lavorava pe’ “er canotta”, diceva dei suoi film che dovevano piace’ ar canotta, che era il suo spettatore ideale, figura mitica di spettatore senza grilli per il capo. Quelli della produzione avevano un’aria casalinga a parer suo, ogni tanto uno si portava appresso la moglie, una massaia con l’aria preoccupata per i suoi soldi, mi sa… il direttore di doppiaggio, che mi era parente, Pino Colizzi era alla ricerca di un dispositivo che alterava la voce, per renderla “paperineggiante”, ma non uscì fuori. Mi ricordo solo un provino a Vittorio Stagni ma vedo che il personaggio (che era Andrea Occhipinti) alla fine fu doppiato da Chevalier.

Mi ricordo anche che si lavorava con copie così rovinate che in Manhattan Baby capii solo alla visione di controllo che l’attrice procace urlava perché la maledizione del faraone la stava tramutando in sabbia del deserto, e perché me lo spiegò il produttore, era tutto indistinguibile, grigio e grigio.

Evit: Hai nominato Pino Colizzi, in che rapporto di parentela sei con lui?

Cinzia: Colizzi è marito di mia sorella, ed era direttore di Fulci e Castellari. Società C.D.C.

Evit: Ricordi altro della lavorazione sui film di Fulci?

Cinzia: Tieni conto del mite rimbambimento dell’età per cui ricordo poco, ma se può interessare, per il doppiaggio dello Squartatore servirono 21 turni, per Manhattan Baby 22 e per I guerrieri del Bronx di Castellari 20. Castellari mi ricordo che era simpatico.

Evit: Pino Colizzi invece, come sta? Quando i doppiatori spariscono dalle scene mi preoccupo sempre un po’.

Cinzia: Pino sta bene, ha deciso di smettere di lavorare. Si occupa di traduzioni. Ha registrato una edizione dei sonetti di Shakespeare tradotti da lui, ora mi ha detto che è impegnato in John Donne.

Carlo Verdone in una sua inconsapevole interpretazione dello spettatore dei film di Fulci: “er canotta”.

Versioni diverse di Malèna di Tornatore (che non sapevamo esistessero)

Evit: A quali altri film ricordi di aver lavorato e con quali direttori di doppiaggio?

Cinzia: non ricordo niente di particolarmente memorabile nel resto degli anni. Una bellissima esperienza fu con Tornatore su Malèna, dove il brusio —attori di varie età e anche qualsiasi siciliano riuscissi ad acchiappare, anche un bancarellaro di piazza Vittorio— durò un’estate. So che ne hanno un un bel ricordo anche loro, fu un’esperienza strana, chiusi alla Recording mentre la città era in ferie. Lui era davvero molto sapiente e apprezzava la collaborazione di tutti; un gran lavoratore. Pensa che abbiamo fatto un turno di doppiaggio anche a dicembre, quando il film era già uscito, per cambiare una cosa che non lo convinceva.

Evit: Come è possibile cambiare un doppiaggio quando il film è già al cinema? Avrebbero rimandato il film in stampa e quindi sono esistite due versioni diverse del film in contemporanea, oppure il cambiamento nell’audio era destinato solo al successivo arrivo in home video? Ricordi cosa non convinceva Tornatore?

Cinzia: ti devo dire che non mi ricordo se la cosa era per l’edizione italiana o americana, poi il film non l’ho più rivisto ma trattavasi della scena finale, dove la voce del protagonista ormai vecchio tira le conclusioni. Era stata incisa la voce del bambino (l’adolescente che rievoca la storia), ma qualcuno aveva obiettato quindi era stata fatta con la voce di un uomo anziano (Sergio Fiorentini). Altre obiezioni. Poi con una voce giovane (Cordova). Altri dubbi. Poi -secondo la mia memoria a film già uscito- a dicembre è venuto Giannini, non così anziano e non più giovanotto. Mi è capitato di rivedere Malèna proprio di recente, ho resistito fino alla fine constatando che l’edizione TV ha la voce del ragazzino, nella scena finale. Chissà cosa ne è stato della versione Giannini che era bellissima, peraltro.

Evit: Questi sono dietro-le-quinte inauditi e purtroppo non mi sorprende più niente. Lo aggiungiamo ai doppiaggi di Giannini andati perduti, insieme a quello di Fritz il gatto del 1971.

Titoli di coda di Malèna (2000) di Giuseppe Tornatore

Attori italiani contro il doppiaggio e il mito dell’audio in presa diretta degli americani

Cinzia: Considera che su Malèna ero arrivata in un secondo tempo, non ero a mio agio e avevo una specie di rifiuto psicologico per cui Tornatore non lo riconoscevo MAI! Cioè, finiva il turno, salutavo gli attori e rimanevo due minuti a mettere in ordine i copioni; Tornatore si affacciava dicendo “ciao, a domani” e io pensavo “maquestochiè?”.
Poi ho lavorato molto da sola, con le produzioni di fiction italiane dalle quali sono uscita con la convinzione che molti registi sono rape e chi ci va di mezzo sono gli attori, ai quali però ben gli sta, perché arrivano in sala alle integrazioni dicendo “odio il doppiaggio”. Che è un discorso ultralegittimo, però se non imparano a doppiarsi, quando lavorano nelle co-produzioni ti metti le mani sulle orecchie appena aprono bocca!

Evit: forse non sanno che in America, dove in teoria non sanno cos’è il doppiaggio, loro doppiano tantissimo. Lo chiamano ADR (additional dialogue replacement), quando gli attori vengono richiamati in studio per ri-registrare le proprie battute. Suppongo sia quello che tu chiami “integrazioni”. Nelle grosse produzioni Hollywoodiane l’ADR può arrivare a coprire anche gran parte dei dialoghi del film e se può consolare gli attori italiani, anche gli attori americani detestano dover tornare in sala e re-inscenare le emozioni del set (e non tutti ci riescono sempre bene).

Cinzia: sì, so anche in america integrano parecchio. Mi ricordo lo sentii dire mille anni fa da Barbareschi, che quello della presa diretta dei film USA era un mito. Ma in quelle capoccette non entra.

Evit: una curiosità che ho da sempre: nei film italiani, quanto dei dialoghi nasceva in sala doppiaggio e quanto ci si atteneva al copione? Spesso capita di notare (soprattutto nelle commedie anni ’70-’80) che sono state cambiate delle battute, in fase di doppiaggio evidentemente avranno notato che altre frasi funzionano meglio. Era più un’abitudine o era più eccezione alla regola quella di cambiare i dialoghi? Ed era decisione del direttore di doppiaggio o del regista? Quanto i registi italiani erano coinvolti nella fase di doppiaggio?

Cinzia: di quel pochissimo che ho fatto mi pare di ricordare una certa obbedienza al copione. Tornatore per i brusii ha dato via libera alla creatività dei partecipanti, con molta grazia. In quell’occasione non erano tutti attori; per l’occasione avevo rimorchiato anche un anziano pescivendolo, che ha detto le stesse battute che usava al suo banco in strada. Poi avevo fatto venire la signora che lavorava ad ore da una mia amica e che aveva molto fresco in testa il linguaggio vero dei paesi, dei mercati. Per le fiction dipende, ci sono registi che non si occupano del doppiaggio, vuoi perché sono legati e imbavagliati in moviola al montaggio dell’ottantesima puntata, vuoi perché a loro il doppiaggio non piace, QUINDI lasciano la loro creatura in mano all’assistente, gli stolti. Altri non si spostano di un millimetro dalla sala, per fortuna.

Fotogrammi dal film “Tutto a posto e niente in ordine”, 1974, della Wertmuller, in cui Cinzia Andrei è una comparsa.

Ultimi aneddoti

Evit: Mi accennavi ad uno sgomento per dei film giapponesi, quali film?

Cinzia: Allora, molti anni fa ho fatto qualcosa come tre turni con Cannarsi.

Evit: Ahia!

Cinzia: Ti eviterò opinioni personali ma di tutte le incatturabili perle che diceva purtroppo ne ricordo solo una: nel film la bambina protagonista deve dire una cosa importantissima ad una compagna, quindi le piomba a casa all’ora di cena e ovviamente si scusa coi genitori dell’amica. Cannarsi si è sentito in dovere di spiegarci la scena, che ai nostri occhi occidentali poteva sembrare incomprensibile: “quando in Giappone qualcuno capita a quell’ora, disturbando una famiglia che è a tavola, si sente in dovere di scusarsi. È proprio una loro tradizione”. Il sottinteso era: meno male che ce sto io, profondo conoscitore, a spiegarvi le cose a voi ‘gnoranti.

Una giovane Cinzia Andrei con Al Cliver alla Galleria Iolas-Galatea, circa ’68-’70. Foto di Alfio Di Bella

Evit: Noto con piacere che segui la pagina Facebook del mio blog, come lo hai scoperto? Hai letto qualche articolo del blog o precedenti interviste?

Cinzia: Non mi ricordo come ti ho trovato, mi hai fatto molto ridere e mi ha colpito la tua preparazione, quindi mo’ siamo amici.

Evit: Benvenuta tra gli amici del blog Doppiaggi italioti e ti ringrazio per il tempo e la disponibilità che mi hai dedicato, hai tirato fuori aneddoti non noti neanche agli appassionati. Grazie.

Vi lascio con il primo omicidio dello squartatore di New York. Quack, quack!

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