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L’eroe che ci meritiamo, ma non quello di cui abbiamo bisogno

Il testo che segue è la copia di un mio intervento/editoriale incluso nell’articolo Gualtiero Cannarsi, nel di lui caso – Reazioni pubblicato il 19 settembre 2019 sul sito Dimensione fumetto. In questo blog non ho mai parlato degli adattamenti italiani dei film di Miyazaki, questa è una riflessione sui fan delle opere di adattamento di Gualtiero Cannarsi, se vogliamo. Per l’analisi linguistica di alcuni casi-esempio da parte di qualcuno che il giapponese lo conosce, non posso che invitarvi invece a leggere tutti gli articoli della serie “nel di lui caso” di Mario Pasqualini.


Il primo ospite di questo rassegna di editoriali è Enrico Viticci, docente in scuole di formazione, traduttore bilingue e blogger appassionato di cinema e di adattamento linguistico. Il suo blog Doppiaggi italioti, aperto nel 2011, è il primo (e unico) blog italiano interamente dedicato all’adattamento, conosciuto e apprezzato da direttori di doppiaggio, dialoghisti, linguisti e doppiatori.


Il fenomeno Cannarsi è certamente singolare in Italia, forse al mondo. Ma questa volta c’è poco da vantarsene.

L’eroe che ci meritiamo, ma non quello di cui abbiamo bisogno

di Enrico Viticci

La rete ha dato voce proprio a tutti, incluso me che da oltre sette anni parlo di adattamento sul mio blog Doppiaggi italioti, con recensioni che cavalcano un sottile filo tra l’intrattenimento e l’informazione, e nelle quali elogio adattamenti meritevoli e castigo quelli errati, sempre argomentando le mie posizioni.

La rete ha dato spazio anche a quelli che dicono che La morte ti fa bella è un titolo “italiota”, perché secondo loro è una traduzione sbagliata di Death Becomes Her solo perché non conoscono questo modo di dire anglosassone, eppure si accaniscono su esempi simili con tanta sicurezza e altrettanti punti esclamativi; il mio pensiero va anche a quelli che, bontà loro, pensano che una nave “destroyer” si traduca come “distruttore” invece che “cacciatorpediniere”.

Del resto l’argomento doppiaggio è diventato sempre più popolare in Italia nell’era dei social media: in molti ne parlano ed è inevitabile che spuntino fuori anche discorsi simili. Così come quel vostro parente con la terza elementare sa cosa sia meglio per la sanità italiana (i vaccini sono velenosi e causano autismo, meglio i rimedi balzani suggeriti da un tizio su Facebook) e offende il virologo Burioni su Twitter accusandolo di scellerata disinformazione per conto dei poteri forti®, così altri sentono la stessa voglia di decretare cosa sia giusto e cosa sia sbagliato nel complesso mondo delle traduzioni e dell’adattamento. Il tutto sulla base di opinioni personali e una scarsa, ma spesso sovrastimata conoscenza della lingua estera. Solitamente meno ne sanno e più si fanno estreme le loro posizioni, e interagire con certi personaggi e certe cricche è esattamente come cercare di dialogare con i complottisti delle scie chimiche per il controllo mentale a opera di una élite ebraica o con gli antivaccinisti che temono una sterilizzazione globale per aprire la strada ai musulmani o ai gay (se non c’è dietro anche del razzismo o dell’omofobia godi solo a metà). Sono pochi, ma fanno sempre tanto chiasso e così danno l’impressione di essere in tanti o di rappresentare il sentire comune.

Una sovra-rappresentazione di minoranze chiassose finisce per influenzare, direttamente o indirettamente, anche la persona qualunque sui temi più disparati, incluso il doppiaggio (oggi anche lo zio con la terza elementare ha un’opinione in merito), argomento sul quale si diffondono luoghi comuni estremizzati che diventano parte della cultura popolare tanto quanto la sfiducia verso i vaccini, l’attrazione verso l’omeopatia o il dubbio su quelle scie nei cieli… che chissà che contengono, i poteri forti ci vogliono malati. Allo stesso modo, quante volte nel quotidiano abbiamo sentito posizioni estreme come “il doppiaggio italiano è il migliore del mondo” e la sua variante “era il migliore del mondo”, esempi eccessivamente positivi, oppure esempi eccessivamente negativi come “il doppiaggio è il male assoluto” o “una pratica barbara”, “da abolire senza se e senza ma”, “meglio i sottotitoli”… in italiano ovviamente.

Come per tutte le posizioni estremiste, è facile trovarci delle grosse falle logiche, ma imparare una lingua estera a livello madrelingua è impegnativo e richiede anni, sono necessari non solo passione e interesse personale, ma anche vero studio. Improvvisarsi è molto più facile, scrivere un commento su Facebook o sotto un articolo di un blog è un attimo.

In questo marasma non trovo strano venire a scoprire che Gualtiero Cannarsi sia stato scelto come responsabile dell’adattamento di film di animazione giapponese a partire da una petizione su un forum. Chi se ne stupisce non ha idea del potere che può avere un gruppo su Internet, a volte anche piccolo.

Durante il boom dei forum, circa 2004-2008, ho assistito più volte a produzioni hollywoodiane, e neanche sconosciute, parlo di Spielberg ad esempio, influenzate da certe opinioni che andavano di moda su forum tematici (nel caso di Spielberg si parla di oggetti di scena di un film, ma è uno di tanti casi), ambienti dove l’autorevolezza di alcuni utenti e delle loro opinioni influenzano il forum intero e anche gli esterni che dal forum traggono informazioni, seguendo dinamiche che in psicologia sono stranote da almeno 50 anni. Una di queste, ad esempio, è un bias cognitivo noto come effetto carrozzone (o effetto bandwagon): fa sì che certe opinioni ci appaiano più convincenti se le percepiamo essere condivise da una maggioranza di persone. In un ambiente come un forum su Internet è normale che una minoranza più attiva sia percepita come la maggioranza degli utenti.

Di conseguenza, basarsi su opinioni emerse dai forum è sempre molto rischioso. In un sistema simile è facile bypassare certe verifiche di competenza che in altre situazioni sarebbero state tappe obbligate, tanto più quando queste opinioni vengono personificate nelle figure dei guru, eletti o sedicenti che siano. Quello dei guru “dal basso” tra l’altro è un altro fenomeno tipico del complottismo in cui si fa il tifo per “uno di noi”, anti-sistema, che si infiltra nei palazzi del potere (in questo caso le sedi di doppiaggio di Roma viste come un’entità unica, elitaria e malefica) per fare chissà quale azione rivoluzionaria, come far dire a una giapponese che le cose «si sono inguaiate».

Se in questo meccanismo di falsata attribuzione di autorevolezza ci cascano gli assistenti di produzione del regista Steven Spielberg in una dinamica alla quale ho assistito personalmente, perché dovrei credere che la Lucky Red sia immune a certi bias cognitivi? La decisione di affidare lavori di adattamento (il ruolo più delicato nel mondo del doppiaggio) a una persona che alcuni chiassosi appassionati di animazione giapponese (e potenziali acquirenti), in un preciso momento nei primi anni 2000 hanno eletto a punto di riferimento non deve sorprendere affatto, né però devono sorprendere poi i risultati: derisi da migliaia di persone, difesi a spada tratta da pochi utenti con idee molto personali su ciò che dovrebbe essere addirittura l’intera filosofia della traduzione e dell’adattamento linguistico.

Se poi però si va a chiedere come dovrebbero essere svolte dunque queste traduzioni e questi adattamenti, ognuno di quei discepoli anti-sistema ha un’opinione tutta sua, formalmente rigorosa nella sua semplicità (il metodo del tabellone ad esempio, fesso chi non ci aveva pensato prima!), eppure – poi si scopre – strapiena di eccezioni alla regola che comunque, di base, resta sempre assurda se veramente applicata alla lettera come dicono di fare o di voler fare. Proprio come capita per le scie chimiche, sulle quali tutti i complottisti sono accomunati dalla convinzione che siano un fenomeno dannoso e non naturale (non vengono forse dette le stesse cose del doppiaggio “tradizionale”?), ma quando poi si cerca di entrare nel dettaglio di cosa dovrebbero essere esattamente allora ognuno tira fuori la sua idea pazzesca e in contrasto con tutte le altre: per qualcuno è certo che siano veleni per rovinare i raccolti, per un altro servono al controllo di eventi climatici (dalla nebbiolina al terremoto), ci fanno ammalare, sono responsabili della mia diarrea di ieri sera, oppure servono al controllo della mente per scopi finali ancora meno chiari… e c’è sempre quello che alla fine tira fuori gli alieni e i «microchippe sottochiappali» (cit.).

Gli esempi sui complottisti sono facilmente paragonabili alle idee espresse dagli appassionati e difensori del “metodo Cannarsi”, il livello intellettuale dei suoi paladini è proprio quello e medesimi sono gli atteggiamenti. Un’occhiata ai commenti ai precedenti articoli ne è l’immediata riprova, e sono certo che molti di quelli contenenti offese gratuite e personali sono stati già filtrati a priori dal proprietario del sito. In ogni caso ricordiamo sempre che, statisticamente, il 47% dei lettori non avrà compreso il contenuto degli articoli che sono corsi a commentare.

In questa Italia dove le proprie capacità linguistiche sono generalmente sovrastimate (effetto Dunning-Kruger) e dove sembra che “tutti”, a parole, detestino il doppiaggio italiano pur non avendo realisticamente le conoscenze per abbandonarlo (memorabile la fuga da The Hateful Eight proiettato in lingua originale, ma senza sottotitoli), direi che Cannarsi è l’eroe che molti si meritano. Dite che vi piacciono le traduzioni pedisseque? Ciucciatevi i sommi fratelli, l’acqua versata per benino, le pulzelle, gli «Ah, perdono» quando vi viene offerto qualcosa. Volete fedeltà assoluta ai dialoghi originali? Beccatevi «Ora come ora per quel che venisse mi batterei con questo» o «A dire che ti dispiace tanto se poi verrai spazzata via dalle bombe non vorrò saperne», oppure ancora «Ma anche io se potrò andare ancora non s’è deciso mica» (da fiorentino mi fa sorridere, ad altri non so poi quanto). Salvo poi scoprire che i dialoghi non sono neanche poi così fedeli, che le sue rielaborazioni personali (basate comunque su traduzioni d’altri) sono appunto personali, nonostante vengano spacciate come unica vera “via” di adattare e, da quanto abbiamo capito da questi articoli anche noi che il giapponese non lo conosciamo, sono anche piene di errori, dal banale al madornale in uno schema che non è occasionale, ma ricorrente, e di solito sono difesi con fierezza dall’autore stesso, dalla prima parola all’ultima senza spazio per alcun dubbio. Così si parla in giapponese… in italiano!

Nel mondo del doppiaggio non è comune, ma neanche difficilissimo trovare altri adattatori che, posti davanti a scelte molto discutibili quando non palesi errori di traduzione, le difendano caparbiamente oltre ogni ragionevole dubbio: anche gli adattatori del resto sono esseri umani, ma non serve conoscere il giapponese per capire che c’è qualcosa che non va con quelli che sono diventati a tutti gli effetti dei dialoghi-barzelletta dallo stile immediatamente riconoscibile – tranne per quello sparuto gruppo di persone che pensa, tra le tante assurdità, che una traduzione per essere vera debba essere quasi una traslitterazione parola per parola. Secondo questo inedito approccio alla traduzione e all’adattamento, una qualsiasi frase di un film di Miyazaki DEVE suonare strana alle nostre orecchie di spettatori italiani, i bambini che vediamo su schermo devono “parlare strano” perché non sono dialoghi che provengono da bambini italiani che parlano italiano, la struttura di una frase giapponese e anche i modi di dire sono diversi da quelli italiani e così deve apparire… Un concetto assurdo per chiunque, tranne che per i commentatori che troverete qui sotto, per i quali invece è una Verità per la quale vale la pena offendere personalmente voi e le vostre mamme.

È questa la vera differenza che rende Cannarsi una voce completamente fuori dal coro nel grande (e imperfetto quanto volete) mondo dell’adattamento: il mettere in discussione l’idea stessa del processo di traduzione da quando esiste la traduzione nella storia dell’umanità (prime prove datate circa 3200 a.C.); quasi un esperimento pionieristico personale a spese della Lucky Red, del suo pubblico e dell’accessibilità stessa al cinema d’animazione giapponese nel nostro paese. Mi domando con quali libri siano cresciuti i fan del “metodo” del buon Cannarsi, in quale italiano erano scritti quei testi, quali libri leggano oggi e se si infervorino allo stesso modo per come sono stati tradotti (se di libri ne leggono).

Di motivi per criticare il doppiaggio ce ne sono sempre stati, inutile dire che prima era meglio o peggio, ogni epoca del doppiaggio ha avuto i suoi pregi e i suoi discutibili difetti proprio perché rimane in tutte le sue fasi un’arte (dalla traduzione testuale alla recitazione al microfono) e possiamo essere in accordo o in disaccordo quanto vogliamo sulle scelte dei singoli adattatori nell’alterare un nome, un riferimento, una battuta, un modo di dire, nell’adottare (o nel non adottare) una determinata soluzione linguistica, ma nel “metodo Cannarsi” quello che i traduttori chiamerebbero “errore” fa semplicemente parte del metodo stesso e quindi non è un errore! Una logica di ferro per chi la propone e la applica, ma che alla fin fine lascia gli spettatori frasi del calibro di «Vi ho arrecato grande preoccupazione. Da oggi per intanto torno una studentessa esaminanda. Vi prego di rasserenarvi» oppure «Papà, che stanotte si va a prendere in prestito era promesso, eh?» di fronte alle quali non possiamo che esternare il sessantunesimo «dio bestia!».

Un tale “metodo” (più che metodo bisognerebbe parlare di “trattamento”) applicato a qualsiasi altro film importato in Italia avrebbe lo stesso gusto tragicomico di ritrovarsi i no-vax al Ministero della Salute. Speriamo dunque che non si espanda a nuovi orizzonti: il mondo del doppiaggio ha già tanti problemi per conto suo, di un “trattamento Cannarsi” esteso anche ad altre opere cinematografiche non ne abbiamo proprio bisogno. Rimaniamo l’unico paese dove lo slogan “nuova traduzione più fedele” non rassicura il consumatore, ma piuttosto desta preoccupazione, quasi un sospetto: ci avrà messo le mani Cannarsi? Che questa sia la prima domanda che si pone il consumatore italiano davanti a un qualsiasi prodotto di animazione giapponese non è un dato incoraggiante. Tutt’altro.

(inviato il 16 gennaio 2019, pubblicato su Dimensione fumetto il 19 settembre 2019)


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