TETTE!
Ora che questa parola ce la siamo tolta di torno e ho la totale attenzione del pubblico maschile possiamo passare a parlare dell’adattamento italiano di Una strega chiamata Elvira (Elvira: Mistress of the Dark, 1988), il debutto cinematografico del personaggio di Elvira, presentatrice vamp di Movie Macabre (1981-1993), un contenitore televisivo americano forse paragonabile al nostro Notte horror di quelle uniche due estati ’89-’90 con lo Zio Tibia. Il film arriva in italia con un adattamento lesivo del personaggio e non c’è bisogno di essere bilingue né di averlo visto in lingua originale per rendersene conto, le battute alterate nel copione italiano sono ben più evidenti dei seni di Elvira di cui tutti parlano in qualsiasi recensione.
Le modifiche al copione che troviamo nel doppiaggio italiano non inficiano la comprensione del film, ma di sicuro alterano la percezione del personaggio di Elvira che ci viene praticamente spacciata come una ninfomane che fa battute sui “froci” quando è chiarissimo che Elvira non direbbe mai niente del genere!
L’attrice che la interpreta, Cassandra Peterson, ha dichiarato che la sicurezza di sé e il suo caratteristico atteggiamento vengono dall’essere stata allevata (professionalmente parlando) “da un branco di drag queen e omosessuali” quando da adolescente in Colorado lavorava come ballerina e cantante in un bar con spettacoli di drag queen, esperienza che l’ha poi portata successivamente a Las Vegas come showgirl, un decennio prima dell’arrivo in TV come presentatrice. Cassandra ha vissuto l’equivalente di 1000 vite diverse, avendo cantato con Elvis Presley, recitato in un film di Fellini, in un film di James Bond, cantato in una band italiana degli anni ’70, scambiato ricette di cucina con Vincent Price, perso la verginità in modo violento con Tom Jones (immaginavate che Tom Jones fosse un aggressivo donnaiolo? Neanche Cassandra) ed è la creatrice (ed oggi unica azionista) del marchio Elvira. E gran parte di queste cose le ha fatte prima dei 30 anni (sigh!).
Il fenomeno Elvira, sconosciuto in Italia
Su Wikipedia è riassunta alla perfezione come una presentatrice televisiva di una rubrica horror con un aspetto da vamp malvagia controbilanciato dalla personalità pimpante di una donna verace con la risposta sempre pronta. O almeno questo è un mio estrapolato dalla pagina di Wikipedia in inglese perché la versione italiana è troppo presa dal descrivere le sue curve: “La Peterson non ha mai avuto necessità di alcuna chirurgia plastica o di impianti per migliorare le sue naturali “curve” [senza fonti].
Per capire il fenomeno Elvira in America, immaginate se Zio Tibia di Notte horror fosse stato una donna vestita in modo provocante e con la battuta pronta. Avremmo ancora 40enni che ne parlano su Facebook nei gruppi “che ne sanno i giovani d’oggi…”. Invece in Italia è arrivato direttamente il suo primo film senza una precedente notorietà televisiva e quindi senza neanche sperare di poter lasciare un segno nella cultura popolare italiana.
Un po’ come successe per il personaggio televisivo Pee-wee Herman il cui primo film, popolarissimo in America, Pee-wee’s Big Adventure del 1985 (in cui compare anche Cassandra Peterson), fu doppiato (secondo il Genna) appena negli anni ’90 e arrivò in home video in Italia direttamente in DVD nel 2006 (secondo Wikipedia)… e solo perché il regista si chiama Tim Burton, sennò manco quello. Il suo sequel, Big Top Pee-wee – La mia vita picchiatella (1988), paradossalmente uscì molto prima in Italia, in VHS, alla fine degli anni ’80. In tal senso Elvira è stata molto più fortunata dal momento che entrambi i suoi film sono arrivati regolarmente nel nostro paese.
In molti potrebbero aver visto la sua versione a cartoni nei Simpson, “Booberella” (o “Popparella” in italiano), ancor prima di essere esposti al film o al personaggio, magari scambiandola per una versione sexy di Morticia Addams, a cui il personaggio di Cassandra Peterson comunque si ispira.
Come distruggere un icona con battute sul (e del) cazzo
Il personaggio di Elvira è arrivato da noi oltremodo distorto a causa del suo adattamento che riflette quello che è ancora oggi un problema-Paese. C’è infatti una differenza che gli italiani del 1989 (e sono certo anche quelli del 2019) non hanno chiara: una donna può vestirsi in modo appariscente e avere anche atteggiamenti “sexy” e allo stesso tempo non essere di facili costumi. Questo concetto è chiarissimo sin dall’inizio del film, quando il produttore che allunga le mani finisce istantaneamente col culo per terra e piagnucola con il suo assistente “mi avevi detto che era ninfomane!” per poi licenziarla. Come dice la stessa attrice del suo personaggio: “Elvira è una donna sexy ma anche forte, che non si fa mettere i piedi in testa“, sa ciò che vuole e ci insegna subito (anche a suon di botte) a non giudicarla dall’aspetto esteriore. Tutti i viscidi cascamorti che incontriamo nel corso del film finiscono letteralmente a calci fuori dalla porta e il suo nemico naturale, ancor prima dello zio stregone assetato di poteri ultraterreni, sono i cittadini moralisti, ipocriti e bigotti della provincia americana dove Elvira finisce suo malgrado. E qui ci potremmo vedere del materiale per Tim Burton ma io ci vedo anche un po’ Footloose, con la gioventù di provincia soggiogata dai genitori puritani.
Chiaramente chi ha adattato i dialoghi italiani di questo film non ha capito il personaggio di Elvira altrimenti non le avrebbe fatto dire con disprezzo che al cane Algonquin hanno dato un nome da frocio, né le avrebbero fatto dire di essere una depravata puttana! Elvira potrà essere anche ammiccante e non far mistero del fatto che le piaccia il sesso (che schifo il sesso, vero?), potrà anche essere intraprendente con gli uomini che le piacciono, ma in lingua originale non è LETTERALMENTE UNA NINFOMANE (oggi comunque si dice “ipersessuale“), né tanto meno un’omofoba. Ma potremmo sospettare che il pregiudizio personale di qualcuno si sia infiltrato nell’adattamento italiano oppure che il copione sia stato alterato ad uso e consumo del maschio italico anni ’80, quella figura mitologica nota come “Er canotta“. Questo spettatore ideale è l’uomo che si sente a proprio agio soltanto quando vede riconfermati i suoi pregiudizi: se si veste da (quella che egli percepisce come) troia, è troia. Al massimo può essere una troia simpatica.
Tutte le battute che alterano il personaggio di Elvira nel doppiaggio italiano
Elvira non è omofoba
Il film inizia con le riprese di un episodio del suo show televisivo nel quale presenta horror d’annata prendendoli anche in giro e in chiusura augura a tutti la buona notte ricordando una massima da bar sport: “fatelo poco ma fatelo bene“, che culturalmente parlando è ad un passo di distanza da “mio nonno campò cent’anni perché si faceva i cazzi suoi”. La battuta sul farlo poco e farlo bene ovviamente non esiste in inglese, è un invenzione italica per trasformare da subito la nostra presentatrice fatalona in una ninfomane che parla solo di sesso. In inglese augurava semplicemente “unpleasant dreams“, letteralmente “sogni sgradevoli”, al posto di “sogni d’oro”, che poteva sicuramente essere resa in modo creativo senza subito ricorrere a battute da cinquantenni costantemente allupati.
In questo genere di battute, l’ironia del personaggio di Elvira è la medesima che caratterizza la famiglia Addams, dove i modi di dire normalmente “in positivo” o le abituali norme comportamentali vengono riproposte in un’inaspettata variante negativa da mondo alla rovescia (Morticia che invitava i figli a “giocare col cibo” o che tagliava i petali delle rose prima di metterle nel vaso). Innocuo umorismo senza pretese, dite? Certamente, gli Addams ci hanno campato per decenni ed è un topos tipico della commedia. Del resto è il tipo di umorismo usato anche dal nostro Zio Tibia. “Unpleasant dreams” ritornerà come battuta finale ma anche in quel caso tradotta in un’ottica diversa, ma ci ritorniamo tra poco.
Altro momento esemplare arriva dopo l’arresto di Elvira (per stregoneria) quando, in maniera offensiva, le viene negato il diritto a una telefonata, risponde quindi al poliziotto esordendo con un “senti, finocchio!“. Un’altra offesa gratuita che non verrebbe mai dal suo personaggio, non a caso in inglese dice “listen, paunchy!” (senti, panzone!). Ai pochi italiani che hanno visto il film sarà sfuggito il perché della reazione del poliziotto, che si guarda istintivamente la pancia. Magari pensavano si guardasse l’uccello per assicurarsi che fosse ancora lì. Ah, le grasse risate a spese degli omosessuali. Uah-uah-uah… lo ha chiamato finocchio, uah-uah-uah, da morì da i’ ridere proprio.
Per concludere sull’argomento omofobia inesistente in originale, quando Elvira tosa il cane Algonquin (il barboncino ereditato dalla prozia) e lo addobba da cane punk con tanto di borchie e cresta colorata, decide di cambiargli anche il nome abbreviandolo in “Gonk” perché Algonquin lo riteneva un “sissy name“, cioè un nome da femminuccia, inadatto evidentemente al nuovo look. Ma un conto è dire “un nome da femminuccia“, un conto è dire “un nome da frocio“. Le parole hanno un peso ben preciso. Esigenze di labiale, dite? Forse, ma a questo punto il labiale diventa il problema minore.
Perché Elvira è omofoba nel copione italiano?
Una supposizione. Il suo avercela con i “froci” rientra perfettamente nella mentalità maschilista di chi ha adattato il copione con questo personaggio inventato della ninfomane impetuosa: siccome ella vorrebbe farsi qualunque uomo le capiti a tiro, taccia di “finocchi” coloro che le si mettono contro, perché comunque non le sarà possibile accoppiarsi con loro. Se negli anni ’80 questo genere di commedia era ovunque in Italia, oggi sa di marciume (anche se la mentalità rimane comunque latente per un gran numero di italiani).
Da quando esiste la commedia è esistita la commedia con personaggi omosessuali, Mel Brooks ad esempio ne ha sempre inserito qualcuno, spesso personificato nello stereotipo della “checca isterica”, ma senza tuttavia implicare che fossero dei mostri da disprezzare o detestare in quanto omosessuali. In Italia la commedia in cui si accenna all’omosessualità si è quasi sempre limitata al puntare il dito contro qualcuno per dirgli con spregio “finocchio!” oppure all’idea del “fa ridere perché lo ha chiamato finocchio e lui non lo è“, dando per scontato che nessuno degli spettatori vorrebbe mai esserlo. Er canotta di certo non vorrebbe esserlo. In pratica la commedia italiana non ha mai superato la quinta elementare. Qualcuno, Pozzetto ad esempio, si salva ma sono veramente pochi. Peccato però che questo tipo umorismo sia andato a contaminare anche altri prodotti esteri al loro arrivo in Italia (ricordate il lavoro del Bagaglino su Fritz il gatto? Da galera), inclusa Elvira che con questa mentalità non ha proprio niente a che vedere.
Se Elvira è dichiaratamente mascolina, questa sua componente da “maschiaccio” è stata traslata nel nostro paese in “maschiaccio italico”, er canotta, e invece di giocare sul contrasto, il personaggio di Elvira e il film stesso finiscono per essere una sorta di riconferma di tutti i pregiudizi maschilisti, dall’omofobia al giudicare una donna dal modo in cui si veste. Se un doppiaggio potesse mai rappresentare il pensiero “se lo merita perché si veste così”, quello sarebbe proprio il doppiaggio di Una strega chiamata Elvira. Si può anche giocare sull’essere sexy senza essere necessariamente maniaci sessuali. Ah, questo ci porta al prossimo punto.
Elvira non è una maniaca sessuale
Durante la prima notte nella casa ereditata dalla prozia, Elvira si siede allo specchio della toletta e imita la Regina Cattiva di Biancaneve:
Mirror, mirror on the wall, who’s the most drop-dead gorgeous of them all?
“Drop-dead gorgeous” vuol dire bella da morire, da togliere il fiato, uno schianto, etc… insomma avete capito. Non certo una “depravata puttana” come dice nel doppiaggio italiano. Oh, sì che lo dice:
Specchio delle mie brame, chi è la più sensazionale e depravata puttana del reame?
E la successiva battuta invece di essere “lo dici tanto per dire” (oh, you’re just saying it!) è adattata in accordo con quanto appena detto: “sfacciato!“. Elvira in italiano si vede come una puttana depravata e questo è ribadito in modi diversi e più volte nel doppiaggio mentre in inglese ha semplicemente un’alta stima di sé. Se non è cambiare il personaggio questo, non so proprio cosa lo sia. L’unico momento in cui appare sfacciata è quando trova un uomo che le piace (uno in tutto il film, il timido Bob) e si approccia a lui come Elvira potrebbe fare.
In una scena successiva Elvira cerca di convincere i ragazzi ad andare a vedere “uno dei peggiori film mai fatti” ma a questi è stato proibito di frequentarla, pena l’espulsione dalla scuola, quindi restano impassibili alle sue descrizioni sulla bruttezza del film, e lei rincara la dose:
Insomma parla di certi… movimenti. Spiega cosa si può fare in barca per esempio.
Il “cosa si può fare in barca” è detto mentre mima il gesto di remare. Sembra che voglia convincere i ragazzi promettendo un film pieno di sesso. In realtà sta mimando la gestualità di Michael Jackson che canta “Bad”:
It is bad! You know, like “bad” as in… bad, like, “I’m bad, shamone, you know it!”.
Non che si potesse rendere la stessa battuta anche nella nostra lingua ma, ovviamente, dove va a parare l’alternativa italiana? Sempre lì…
Per ribellarsi ai genitori bigotti, la descrizione di un film brutto non è sufficiente e così Elvira si gioca la carta della pietà facendo finta di avere tendenze suicide: preannuncia che avrebbe messo la testa nel forno e conclude dicendo:
Se qualcuno vi chiederà di me, ditegli che avevo un gran bel paio di gambe… e anche un gran bel paio di tette.
Se vi sfugge la battuta è perché non è stata tradotta. In inglese recitava questo:
Se qualcuno vi chiederà di me, ditegli che ero più di un gran paio di tette… ero anche un incredibile paio di gambe.
Come con tutte le battutine di Elvira, non è la battuta in sé a far ridere, è il modo in cui viene detta. E se in inglese gioca sul “sono più di quello che vedete” (sovvertendo due volte le aspettative), in italiano dichiara semplicemente di essere un paio di tette e un paio di gambe, senza dubbio alcuno… e penso che chi ha adattato questo film in italiano non se lo sia posto proprio, il dubbio.
Arriviamo così alla proiezione del filmaccio di mezzanotte, Elvira commenta in diretta Pomodori assassini (Attack of the Killer Tomatoes!, 1978) e a fine serata richiama l’attenzione dei ragazzi con un “ladies and dobermans” che in italiano diventa “patatine e piselloni“. Anche qui Elvira passa per assetata di sesso, quando la battuta era facilmente traducibile come “ragazze e bestioni”, ben diversa anche come intenzioni. “Doberman” non ha altri significati noti nella lingua inglese oltre la razza di cani, a meno che gli sceneggiatori non ne forzino uno loro, come sottolineato in questa risposta su Quora.
Invece di chiamare gli uomini delle bestie, che ricade perfettamente nel suo personaggio, in italiano ne apprezza gli enormi peni. L’esatto opposto.
Continuando sullo stesso tema, la frase “la vendetta è meglio dell’orgasmo” è la reinterpretazione italo-sessuomane di “revenge is better than Christmas” (la vendetta è meglio del Natale”). Peccato, ci siamo persi un gadget a tema natalizio molto simpatico.
Anche l’ultimissima frase del film, quando per la seconda volta Elvira augura a tutti la buona notte con il suo tradizionale “unpleasant dreams” seguito da un occhiolino ammiccante (la battuta di chiusura dello suo show televisivo), in italiano deve dire qualcosa di zozzo: “non fate sogni bagnati“.
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È il classico caso dove potremmo usare una volgare espressione popolare con riferimento alla persona che ha adattato il copione del film. Posso dirlo? Lo dico. Se invece di adattare questo film si faceva una sega era meglio.
In questa continua ricerca della battuta a sfondo sessuale, è curioso che gliene sia sfuggita una presente invece nel film in lingua originale! Questa arriva durante il restauro della vecchia casa quando Elvira, approfittandosi della smania di guardarla che hanno degli adolescenti della piccola cittadina, li mette tutti a lavorare “aggratis” per rimettere a posto la casa della prozia così da venderla e scappare al più presto a Las Vegas. Le basta sfoderare quelle pose sexy che usa nel suo programma televisivo che i ragazzi accorrono letteralmente a frotte per poi ritrovarsi a scartavetrare, martellare e dipingere la vecchia casa. Quando Elvira viene avvertita dell’arrivo di nuove leve, si trova in ginocchio che sculetta a passo di Shout!, si gira verso di loro e dice “fantastico! Allora fate qualcosa anche voi.”. Questa frase in originale era “Great! Just grab a tool and start banging“, ovvero “fantastico! Allora prendete un attrezzo e dateci dentro”. Come hanno fatto a perdersi un’altra occasione per darle della puttana?
Altre piccole traduzioni errate
Elvira invita Bob a mangiare a casa sua ma non sa cucinare, così prende il libro di ricette della prozia (che si rivelerà essere un libro di incantesimi) e getta le peggio schifezze nella pentola sperando che ne venga fuori qualcosa di commestibile, per questo quando esce dalla cucina con l’intruglio appena preparato esclama “it’s soup!” (letteralmente “è minestra!” o, a giudicare dall’aspetto finale, forse è più un “minestrone”).
In italiano Elvira esclama “il pranzo è servito!” e non so se volesse essere un riferimento al popolare quiz televisivo italiano di quel periodo Il pranzo è servito (1982-1993) e di per sé non è un’alterazione sbagliata se non fosse che la scena si svolge palesemente di notte, chi pranza di notte? Difatti, letteralmente due battute dopo, Elvira dice “spero che tu abbia fame perché ecco qui la cena“.
Aggiungo qui una piccola nota che potrebbe sfuggire anche guardando il film in inglese sottotitolato. Quando Elvira nomina alcuni film “I married Satan” e il suo seguito “I married Satan 2” (entrambi inventati) ci perdiamo un gioco di parole che vuole che il numero “2” in inglese si legga esattamente come “too” che in quella frase vuol dire “anche io”. Quindi il seguito suona anche come “Anch’io ho sposato Satana!”. Ovvio che certe cose non sono riproducibili nella traduzione e non gliene facciamo una colpa.
Vederlo in italiano o in inglese?
Mi dispiace per i vari amici blogger (ne hanno parlato sia La bara volante sia La cupa voliera del Conte Gracula riassumendo il film molto meglio di me) che lo hanno recensito probabilmente senza sospettare che l’umorismo di Elvira in lingua originale fosse in alcuni punti radicalmente diverso da quello che è arrivato a noi. In italiano Una strega chiamata Elvira sembra essere stato adattato dagli antagonisti del film stesso, i “benpensanti”, i moralisti di provincia che giudicano Elvira per il suo aspetto e la chiamano apertamente puttana, a volte troia. Il film è stato adattato da loro, dai puritani, e mentre in inglese Elvira è ancora un personaggio al passo con i tempi, non lo si può certamente dire della sua versione italiana.
È come se facessero bestemmiare Pee-Wee Herman. Lo capite anche senza vedere la versione originale che c’è qualcosa che non quadra. Oppure Dodò dell’Albero azzurro. L’affronto più grave è che le voci della CVD sono fantastiche, in particolar modo quella della doppiatrice Mavi Felli che è un vero fenomeno sul personaggio di Elvira! Uno spreco enorme.
A prescindere dalle alterazioni sul suo personaggio, consiglio caldamente di scoprire (o di riscoprire) questo film in italiano non solo agli appassionati del doppiaggio anni ’80 ma anche a tutti gli apprezzatori di commedie in cui un’inusuale protagonista sconvolge lo status quo di una provincia americana bigotta e retrograda, aiutando i cittadini a diventare persone migliori. Il film esiste in DVD e vi basterà ignorare i vari “frocio!” per scoprire una commedia comunque gradevole e divertente, anche grazie alla recitazione dei doppiatori coinvolti. Nel 2001 ne è stato realizzato anche un sequel, La casa stregata di Elvira (di cui sconsiglio la visione in qualsiasi lingua), anche di questo esiste il DVD italiano ma il cast di doppiaggio non è il medesimo.
È solo grazie al DVD che finalmente ho potuto esplorare “Elvàira” (così si pronuncia in inglese) anche in lingua originale, scoprendo quanto risulti ancora moderna la nostra “padrona delle tenebre”.
Infatti, se all’estero questo film è già stato identificato come un film profondamente femminista [vedi gli articoli Why Elvira: Mistress of the Dark is a feminist masterpiece di “NYCEA” aprile 2014 e Cult icon Elvira is the 1980s feminist hero we need right now di Lisa Beebe, ottobre 2018. E sono solo due dei tanti!], in Italia, con quel doppiaggio e senza essere avvertiti in anticipo, sarà difficile che qualcuno riesca a guardare oltre ai seni per arrivare alla stessa conclusione. Al massimo arrivano anche alle gambe [ba-dum, tsss!].
E anche questa recensione è conclusa…