…come nessuno disse mai nella saga di Alien.
Avrei voluto parlare di Interstellar dal primo giorno di proiezione nelle sale cinematografiche, quando cominciai ad abbozzare questo articolo, e se lo lasciavo un altro po’ a frollare nella sezione “incompiuti” avrebbe fatto in tempo ad uscire in Blu-Ray. Scusate per l’attesa.
Voglio perdere un po’ di tempo a sottolineare come finalmente Christopher Nolan abbia diretto un film che mi garba assai dopo quelle cagate fascistoidi di Batman che sembrano piacere a tutti tranne che a me, dopo The Prestige il quale si basava interamente sullo svelare i barbatrucchi di due illusionisti in competizione, salvo poi scoprire, sul finale, che la magia esiste per davvero, la magia della scienza…
Infine c’è Inception, carino ma alla stregua di un libro best-seller, di quelli che vengono spalmati su 4000 pagine per far sentire gli ignoranti di tutto il mondo molto intelligenti ad aver letto un libro così “grosso”. La gratificazione del qualunquista aiuta sempre le vendite. Lascia perdere che poi i caratteri di stampa usati hanno dimensioni da abbecedario.
Quest’anno invece arriva Interstellar che vado a vedere da appassionato di fantascienza che sono, nonostante le molte riserve visto il mio scarso amore per Nolan e, miracolo, non fa schifo! Anzi, finalmente un film di fantascienza che non prende gli spettatori per imbecilli come faceva Gravity (da subito “capolavoro amatissimo” dal popolo). Perché solitamente i film che si spacciano per fantascienza “realistica” come Gravity poi mi fanno esclamare…
Gli spettatori con un istruzione scientifica alle spalle non si sentono presi per il culo da Interstellar e, mentre guardo il film, già sospetto che in America possa essere un mezzo flop perché non ci sono robot che impazziscono e che mettono in pericolo i protagonisti, non ci sono rientri sulla navetta usando l’estintore (alla Gravity), né gente appesa ad un appiglio e che rischia di cadere nel “baratro” dello spazio così come in un burrone (sempre alla Gravity). In compenso, i dialoghi di Interstellar toccano tematiche le cui basi scientifiche sono completamente ignote allo spettatore medio americano, lo stesso spettatore medio che solitamente fa un tifo indiavolato da stadio quando va a vedere l’ultimo film della Marvel.
Quindi gli americani, riassumo per voi il responso del pubblico e della critica USA, hanno detto: bello a vedersi ma è pieno di buchi nella trama, dove i “buchi nella trama” sono in realtà soltanto gli elementi del film che non avevano capito perché a digiuno di qualsiasi nozione di fisica; gli appassionati di scienza (e fantascienza) a cui non è piaciuto il film invece si sono concentrati di più a lamentarsi della scarsità di trama e degli archi narrativi, il che ha più senso.
Apparentemente questo è un film soltanto per uno dei due tipi di nerd in esistenza…
Interstellar – un film destinato ad esser criticato
In Italia la gente è molto più particolare, con critici che scopiazzano il sentimento generale del pubblico americano e ripetono a pappagallo “bello a vedersi ma pieno di buchi nella trama” senza tuttavia elencarli mai perché non sanno neanche loro quali siano, ma hanno sentito dire che ce ne sono… da qualcuno… sull’internet. Nel blog i400calci non sono stati da meno questa volta, suggerendolo nel titolo ma delegando poi l’impresa di elencare questi eventuali “buchi” ad un link in lingua inglese dove infatti non viene elencato alcun buco della trama.
Insomma, coloro che elencano buchi della trama in realtà spesso li confondono con ciò che non hanno capito di fisica. I più vaneggiano di “supercazzole scientifiche” o “spiegoni” per via di un paio di dialoghi “realisticheggianti” tra astronauti, mentre erano rimasti pressoché muti davanti alle supercazzole che in italiano ci siamo sorbiti con Captain America 2 e Pacific Rim, due film di ben altro genere e spessore, mi rendo conto, ma con recensioni molto più positive di Interstellar nonostante i loro dialoghi italiani fossero a tratti incomprensibili. In Interstellar invece, i dialoghi con una dose di realismo tra astronauti professionisti sono percepiti come “supercazzole”, mentre i momenti resi comprensibili ai più (come l’omaggio a Event Horizon), in cui si cerca di far capire almeno le basi al pubblico più becero americano, allora lì gli italiani parlano di spiegazioni “facilone”… lamentandone l’estrema semplicità. Mah!
Interstellar, in breve, è uno di quei film di cui va di moda parlarne automaticamente male perché 1)non è Batman, quindi viene meno l’opinione del pubblico a cui piace vedere il fascinema, viene meno l’opinione del pubblico di 13enni e anche degli eterni 13enni; 2)non fa sentire intelligenti gli scemi così come faceva Inception, qui viene meno il pubblico degli spettatori più mediocri a cui piace credere di aver capito un film “difficilissimo”.
[Non sto offendendo in modo generico coloro a cui piace Inception ma solo quelli che lo reputano un filmone “difficilissimo” e si compiacciono di essere riusciti a seguirlo tutto. Anche a me è piaciuto Inception alla prima visione, non vuol dire che mi aspetto una medaglia per essere riuscito a seguirlo dal sogno più superficiale a quello più profondo. Leggo di certa gente invece che si sente intelligentissima perché “ha capito” Inception, pensando che altri possano non essere riusciti a seguirlo altrettanto argutamente… se non siete tra questi illusi, le mie parole non si riferiscono a voi.]
Nei primi 20 minuti di visione di Interstellar mando un messaggio scherzoso al mio amico Petar “sono al cinema, sto guardando Contact 2” [Contact è quel film che vorremmo amare ma è strapieno pieno di messaggi stupidi sulla fede ed ha una risoluzione insoddisfacente con connotati da zimbello galattico], ma in realtà è un mio scherzone da cinefilo perché so già che Petar apprezzerà tantissimo questo Interstellar, così come lo hanno apprezzato altri laureati in fisica come lui.
NOTA CURIOSA: Il cognome di Matthew McConaughey si legge “meccònahi”, adesso ne sapete di più di qualsiasi giornalista in TV e potete andare a fare gli sboroni con gli amici.
Il film attira subito la mia attenzione con un futuro dove nella scuola pubblica americana si insegnano teorie complottistiche degne di Alieni: nuove rivelazioni e dove ovunque nel mondo si respira un’aria pesante come quella di mille scorregge in un sacco a pelo (perché questo è ciò che accadrà realmente in un futuro abbastanza prossimo), immaginate di andare nel Parco Nazionale d’Abruzzo e respirare ovunque un’aria viziata tipo ufficio postale in inverno all’ultimo del mese… un incubo quasi peggiore dei complottisti che insegnano nelle scuole pubbliche.
Quasi.
Comunque non voglio raccontarvi niente della trama, dico solo che questo film (e non quella baracconata di Gravity) si sarebbe dovuto chiamare Gravity. Gravity invece dovrebbe chiamarsi “Momento Angolare – Una serie di inverosimili eventi” per rendere veramente giustizia alla pellicola.
L’adattamento italiano di Interstellar
Parliamo invece del doppiaggio (ma più in particolare dell’adattamento italiano) che è l’unico motivo che mi ha spinto a scrivere di Interstellar, del resto è di questo argomento che si parla qui a Doppiaggi Italioti.
Tutto procedeva bene (splendida la scelta dei doppiatori, specialmente sui robot) finché non sono spuntati alcuni termini anglosassoni (in realtà soltanto due). Me li segno lì per lì e attendo i titoli di coda per scoprire Marco Mete ai dialoghi e alla direzione del doppiaggio. Decido quindi di interrogare direttamente il signor Mete (perché quando posso, lo sapete, vado sempre alla fonte) e attraverso minacce, estorsioni e raccomandazioni riesco a farmi dare la sua e-mail, il suo numero di telefono, indirizzo della casa al mare, codice fiscale, il 730…
Questo è un estratto dal nostro scambio di e-mail:
Evit: Nel film ho sentito parole anglosassoni in tre o quattro momenti del film e volevo chiederle se queste sono state imposte dal committente americano, suggerite dagli esperti che lei ha consultato per l’adattamento del film oppure se sono state scelte personali dovute ad esigenze di labiale/tempi. Le frasi “incriminate” sono:
“…quando ti espello dall’airlock”
“se apre il portello, l’airlock si depressurizza”
e
“Override!“
La risposta di Marco Mete
Mete: Per quanto riguarda Interstellar e le parole in inglese, le confesso che neanch’io, in genere, sono un estimatore della moda di recepire tali termini nella nostra lingua senza cercare un termine italiano equivalente. In questo caso specifico ho ritenuto, con il conforto degli esperti e della distribuzione, di lasciare “airlock” in originale perché la traduzione è molto più lunga e macchinosa e anche perché si legge sul computer del Dottor Mann quando tenta di sbloccare il portello. Per quanto riguarda “override”, come vedrà nella pagina allegata, non sono stato l’unico ad avere avuto il problema di trovare un termine sintetico. Dal momento che viene ripetuto più volte in un momento di grande concitazione, ho ritenuto più semplice lasciarlo in originale. Le confesso che comunque la traduzione e l’adattamento (e anche la direzione del doppiaggio) di Interstellar, hanno obbligato me e i gentilissimi consulenti, a una grandissima attenzione per poter riprodurre fedelmente, nei tempi del labiale, un linguaggio estremamente tecnico e dai significati complessi.
Spero di aver soddisfatto la sua curiosità. La ringrazio comunque per il suo interesse e per l’attenzione e lo stimolo che il suo blog offre al mondo del doppiaggio. E non esiti a contattarmi se dovesse avere altri quesiti.
Fa piacere confermare Mete un estimatore della lingua italiana ma non avevo dubbi che lo fosse perché, se ci pensate, DUE vocaboli anglosassoni in un film doppiato della durata di tre ore, oggi, nel 2014, è quasi da medaglia al valore.
Mentre sull’ordine “override!” in realtà non ho avuto molti problemi (del resto era detto una sola volta, urlato velocemente al computer, ed è effettivamente un termine tecnico informatico adottato dalla lingua italiana) non sono altrettanto contento di “airlock“.
La (non-)traduzione di “airlock”
Mi rendo conto che gli equivalenti italiani di “airlock” sono più lunghi (“camera d’equilibrio”, “camera stagna” o, come tradusse Maldesi in Alien, il meno adeguato “serbatoio d’aria”) ma avrei preferito che l’equivalente italiano fosse stato possibile integrarlo nella frase, magari alterando la lunghezza di altre parole nella stessa per farcelo entrare, così come accadeva negli anni ’70 e ’80 nei vari Alien, Aliens, eccetera.
Comprendo anche le motivazioni degli interpellati sulla scelta di lasciare la parola “airlock” in inglese: i docenti universitari di ingegneria sicuramente utilizzano termini anglosassoni che trovano nei libri di testo americani (in ambito scientifico universitario funziona così) ed il committente, difronte alla scelta “lascio in inglese o traduco?”, sceglierà sempre “lascia in inglese”. Rimane soltanto la fetta di pubblico italiano che non mastica l’inglese o che non conosce la parola “airlock” e non vedo come possa comprendere tale vocabolo che non è spiegato all’interno film né risulta di facile comprensione dal contesto concitato delle scene in cui emerge.
Un adattamento e un doppiaggio d’altri tempi
A parte questo “airlock”, ripetuto solo due volte, voglio sottolineare come sia forse l’unica occasione nel 2014 in cui io sia riuscito a vedere un film senza storcere il naso durante i dialoghi doppiati. La scelta delle voci era adeguata, i dialoghi adattati non distraevano ricordandoci di stare guardando un film nato originariamente in un’altra lingua… potremmo dire di trovarci davanti ad un adattamento e doppiaggio vecchio stile, con rarissimi (uno o due) momenti controversi. Insomma, un prodotto ottimo.
Conclusa questa mia personale considerazione, ringrazio infinitamente Mete per la sua disponibilità e gentilezza, si sentiva che ci teneva particolarmente a rispondere a questa domanda e spero di risentirlo presto in merito a tanti altri capolavori di doppiaggio da lui diretti e/o doppiati.