La maratona Star Wars come Lucas comanda, comprendente video con i nostri commenti al film e articoli sull’adattamento italiano della saga più famosa di Gesù, non può che cominciare con il primo episodio (non cronologicamente parlando), il film che dio Lucas, Grande Procrastinatore, scrisse poco prima della data fissata per l’inizio della produzione, in un frenetico fine settimana a base di caffeina che avrebbe fatto impallidire persino l’Evit del liceo con le sue versioni di latino e i suoi compiti di matematica svolti nei ventiquattro minuti che ci metteva l’autobus per arrivare a scuola. Come tutti i procrastinatori incalliti, anche Lucas, arrivata la domenica, raccontava al produttore Rick McCallum, suo padre putativo, di aver già finito i compiti per l’indomani così da potersi dedicare un po’ ai cazzi suoi. “Hai già finito la sceneggiatura per domani? La Fossati lunedì ti interroga”.
La media del 9 su cui campava di rendita da quasi 15 anni non poteva che infondere fiducia, ma se nel 1997 McCallum avesse avuto un figlio come me non si sarebbe fatto certo abbindolare dalla più ingenua e trasparente delle stronzate che Lucas gli propinava per tranquillizzarlo… ad un mese dall’inizio delle riprese: Non ti preoccupare papà, lo sto scrivendo dal 1994. È praticamente finito!
Il problema di Lucas è che dopo un ventennio di lodi si era davvero convinto di essere bravo in tutto e che il successo della saga fosse esclusivamente merito suo, dimenticando però che i precedenti film erano sempre stati un lavoro di gruppo in cui lui era riuscito a dirigere egregiamente (questo non glielo si può proprio negare) i tanti professionisti creativi (e non degli umili sottoposti) di cui si era circondato, molti dei quali lui non aveva neanche inserito nei titoli di coda. Solo dall’epoca di Internet questi nomi cominciarono ad apparire come “uncredited” su IMDb! Lucas il generoso.
Inoltre, fino a Il Ritorno dello Jedi gli era sempre stata accanto la moglie che lo faceva desistere dall’introdurre delle stronzate colossali (o dal tagliare momenti belli e memorabili) e gli montava i film in modo che anche il genere umano potesse apprezzarli. Non a caso ha vinto anche un Oscar per questo. Lei.
Quindi diciamo che il nostro Georgie boy in un bel periodo della sua vita si è trovato nelle condizioni ideali per creare la saga più celebre che potesse mai nascere dal vedersi negati i diritti di Flash Gordon.
In quel lontano 1997 (oh, vent’anni fa!) uno dei tanti professionisti che Lucas mai degnò di uno spazio nei titoli di coda, prima di uscire dall’ufficio del sommo sbattendo la porta, gli avrà urlato “ah, e così hai fatto tutto tu? Allora, Episodio 1, SCRIVITELO DA SOLO!“. SBAM!
E immagino che Lucas a quel punto avrà assunto un’espressione pressoché identica a quella di chi ricevette l’incarico di adattarli per il doppiaggio italiano.
Pressappoco questa:
Un adattamento che levati… cioè, levatemelo proprio davanti.
A prescindere da quale sia la vostra personalissima opinione su come dovrebbe essere adattato un film di Star Wars o, più latamente, su cosa dovrebbe essere il doppiaggio in generale, la versione italiana di questo film vi farà arrabbiare.
Il ritorno ai codici originali dei robot R2D2 e C3PO (fu-C1P8 e fu-D3BO) ormai non fa neanche testo, tanto lo sappiamo che la Lucasfilm nell’ultimo ventennio ha sempre premuto affinché fossero riportati alla loro forma originale… così da risparmiare sull’etichettatura dei giocattoli eh, mica per chissà quale decisione artistica.
No, niente di tutto ciò. Qui la questione da cui partire è molto, molto più semplice e cioè che l’inglese bisogna saperlo. Punto.
La “droide-armata” dei miei stivali
In lingua italiana, l’espressione “la droide armata” vi fa pensare ad un robot dall’aspetto femminile che imbraccia un’arma o, piuttosto, ad una traduzione un po’ troppo letterale di “the droid army”? Non vorrei essere in malafede, eh! Magari era un rispettoso omaggio alle mode linguistiche degli anni ’70, le stesse che ci portarono parole come “stella-pilota” (ci ritorneremo a tempo debito) ma anche “pornodivo”.
Lo stesso non si può dire di “la droide-armata” che, al contrario, risulta goffa e inusuale in un contesto che non necessita di alcuna inusualità. La “droide-armata” può ricordare piuttosto la parlata dei britanni in Asterix e la pozione magica (Astérix chez les Bretons, 1986) che nel doppiaggio italiano invertivano aggettivi e sostantivi ricalcando quindi la struttura grammaticale inglese. Solo che lì era una trovata sensata e persino comica nel contesto di quell’opera, in Star Wars Episodio 1 – La Minaccia Fantasma del 1999 invece suona forzata e innaturale, poco conta che sulla carta sia scritto con un trattino tra le due parole.
Per fortuna i battle droids non sono diventati battaglia-droidi, perché se volessimo seguire lo stesso ragionamento di “droide-armata” non si può arrivare altro che lì. Possiamo domandarci a questo punto perché l’armata dei gungan non si chiami “la gungan-armata”. Tecnicamente ineccepibile, c’è il trattino che la rende legale!
Non starò neanche a sottolineare come sarebbe più naturale tradurre “droid army” con “esercito droide” ma, sulla carta, tradurlo come armata, tecnicamente e nel contesto del film non è un errore, quindi sorvolerò.
Persino i fan più leccalucas del web non avrebbero il coraggio di tradurre droid army come “droide-armata”! Infatti, quando riempiono quelle paginate enciclopediche dedicate al mondo fittizio del loro universo fantasy preferito, la riportano sempre come “armata droide”, mai “droide-armata”.
Visto? Avete fatto vergognare persino quelli che credono che gli Star Destroyer debbano essere tradotti come distruttori di stelle.
Anche se da Wikipedia lo avete corretto dopo la pubblicazione del mio articolo, ce ne ricordiamo benissimo qui… su Rieducational Channel!
Brutti presentimenti
Che ci fosse poca familiarità con la saga da parte di chi ne ha curato l’adattamento potrebbe venire in mente quando scopriamo che battute celebri della trilogia originale sono state alterate significativamente fino a diventare irriconoscibili, come ad esempio “I have a bad feeling about this” che qui, in bocca al giovane Obi Wan, diventa “ho un presentimento negativo“, già di per sé un modo inusuale di esprimersi rispetto al più naturale “ho un brutto presentimento” ma soprattutto rispetto alle tante altre versioni sentite nei precedenti film.
Nella trilogia originale infatti non c’è mai stata una rigorosa continuità nell’adattamento di questa espressione che variava da “ho una strana sensazione, come un presentimento” di Luke quando si avvicinano per la prima volta alla Morte Nera, al “ho un gran brutto presentimento” di Jan Solo nello schiacciatore di rifiuti (e forse questa è in assoluto la più celebre e memorabile di tutte), al “c’è qualcosa che non mi piace” di Leila nell’interno dell’asteroide in L’Impero colpisce ancora, fino al “C1P8, ho un brutto presentimento, lo sai?” di D3BO nel Ritorno dello Jedi.
L’assenza di continuità con la traduzione di questa espressione che ritorna sempre nella trilogia originale è data dal fatto che l’adattamento veniva svolto come sembrava più opportuno nel contesto della scena, del resto si tratta di un’espressione un po’ più flessibile in inglese di quanto non lo sia in italiano. Possiamo incolpare Maldesi e De Leonardis di non averci reso partecipi di una battuta ricorrente nell’intera trilogia originale? Certamente. Perché allora, nel caso di Episodio 1, l’ennesima variante sulla traduzione dovrebbe essere additata come errore più grave degli altri?
È fisiologico che un film come Episodio 1, prodotto a 15 anni di distanza dall’ultimo film della saga più popolare del mondo, contenga omaggi voluti e strizzatine d’occhio ai tre film di culto che successivamente avrebbero anche portato alla proposta di creare una pseudo-religione. Quindi non sorprende che la prima frase del film pronunciata da un personaggio già noto della trilogia storica, Obi Wan, sia stata piazzata lì per far drizzare subito le orecchie a tutti i fan: I have a bad feeling about this.
In Italia questo però non accade perché, invece di ripescare una delle varianti già sentite nella vecchia trilogia, si è optato per traduzione completamente nuova e onestamente anche poco credibile nel parlato quotidiano, per altro molto lontana dall’informalità della frase in lingua inglese. Difatti Obi Wan non si esprimeva in modo per niente ricercato con quel suo “I have a bad feeling…”, anzi, niente di più colloquiale! Parlavamo di “intenzioni tradite”, ed eccole qui. Altro che Vader⇒Fener!
La scelta più logica nel contesto di questo film sarebbe stata quella di ripescare “ho un gran brutto presentimento” di Jan Solo in Guerre stellari (1977) dal momento che era l’unica traduzione veramente memorabile di tutte le nostre versioni preesistenti… che poi è esattamente ciò che è successo in Episodio II e in Episodio III dove la frase del 1977 ritorna come traduzione stabile di “I have a bad feeling about this”. Ma guarda un po’!
È chiaro che per fare le scelte giuste in fase di adattamento non basta avere solo uno splendido curriculum ma è necessario anche conoscere il materiale di partenza, oppure essere affiancati da un buon supervisore che lo conosca per voi e vi sappia guidare in un lavoro certamente delicato. Ma evidentemente i supervisori della Fox erano troppo impegnati ad imporre la riappropriazione dei nomi originali dei robot per preoccuparsi anche che battute riconoscibilissime dai fan fossero adeguatamente rappresentate nel nuovo film e che la pronuncia dei nomi fosse corretta. Palpatain vi dice niente?
Le cattive traduzioni si vedono dai titoli di inizio
Forse sono corso troppo avanti parlando della prima frase del film adattata male, in realtà abbiamo delle piccole perle già dai titoli di inizio al primo minuto, quando i Cavalieri Jedi invece di essere “guardiani della pace e della giustizia nella galassia” vengono “inviati segretamente nella Galassia“.
Testo originale | Testo tradotto | Come avrebbe dovuto essere |
The Supreme Chancellor has secretly dispatched two Jedi Knights, the guardians of peace and justice in the galaxy, to settle the conflict | Il Cancelliere Supremo ha inviato segretamente nella Galassia due Cavalieri Jedi, i guardiani della pace e della giustizia, per risolvere il conflitto. | Per risolvere il conflitto, il Cancelliere Supremo ha inviato in segreto due Cavalieri Jedi, guardiani della pace e della giustizia nella galassia |
I Cavalieri Jedi non erano stati mandati in nessuna galassia, bensì erano i guardiani di pace e giustizia nella galassia. E in più c’è da chiedersi, dove sono finiti i puntini di sospensione finale che caratterizzano tutti i film di Star Wars?
È vero che in inglese ce ne sono anche troppi (quattro puntini di sospensione invece dei tradizionali tre) ma ormai sono una caratteristica nota. Nota ai fan, nota alla Lucas Film, ma evidentemente non a chi ha lavorato ai testi adattati in italiano. Qui infatti è dove il controllo qualità dovrebbe farsi vivo e invece…! I supervisori della Fox o della Lucas Film dov’erano? È una domanda che ci chiederemo spesso.
Roba da poco? Che ne dite allora di AREAZIONE al posto di AERAZIONE?
Signore, sono saliti nel condotto di areazione.
Da sentire per credere. Questo doppiaggio sprizza ignoranza da tutti i pori. Ma l’importante è che i nomi dei droidi rimangano quelli all’inglese, continuiamo a ripetercelo.
Russi nello spazio e altre scemenze linguistiche
Il comico accento russo dei neimoidiani (quelle facce da pesce lesso della Federazione dei mercanti) è stato spesso soggetto di critiche tutte italiche dove si accusano i doppiatori nostrani per colpe che non gli competono (come vedete non sono di parte e quando c’è da difendere la categoria lo faccio).
È vero che in originale l’accento è palesemente “asiatico” (e per “asiatico” in inglese si intende del “sud-est asiatico”) e non russo, ma è comunque altrettanto stupido. Questo ci tengo a sottolinearlo, qualora pensaste che in lingua inglese qualsiasi stronzata abbia connotati da perfezione linguistica inarrivabile. Ebbene, non vi fate fare fessi! I neimoidiani in inglese parlano né più né meno che con un accento asiatico stereotipato, da immigrato cinese o, alla peggio, come quello di vietnamiti e coreani trapiantati in America, quindi tanto imbarazzante quanto la nostra versione “sovietica”! Anzi, direi che in lingua originale sia anche più vergognoso. Un accento russo in italiano risulta meno offensivo di un qualunque “liso flitto”, quindi dovremmo solo ringraziare chi ha optato per questa alterazione.
Quella dei bottegai vietnamiti dello spazio non è stata l’unica scelta linguistica infelice di Lucas. Quando è andato a creare l’universalmente odiato Jar Jar Binks, il nostro Dio barbuto ha dichiarato di essersi ispirato al linguaggio ancora in formazione di suo figlio Jett che all’epoca aveva sei anni, come se la quota di infantilità nel film non fosse già stata raggiunta e superata. Questa almeno è la sua versione/scusa ufficiale tirata fuori dopo aver capito di aver fatto una gaffe imbarazzante, l’ennesima. Perché nella realtà dei fatti il risultato finale è che Jar Jar, in inglese, parla con un linguaggio cosiddetto “ebanese” (Ebonics), cioè un inglese parlato con accento da afroamericani, in particolare quelli di origine caraibica.
Pensare di dovermi occupare dell’adattamento italiano di un personaggio simile, lo ammetto, non mi farebbe dormire la notte!
Domanda: è peggio seguire la direzione del presunto “inglese infantile” basandosi sul modo di parlare dei bambini di lingua italiana oppure perseguire la strada dell’infelice “linguaggio da negro”?
Se ignoriamo frasi come “ora ci fanno bua” (realmente presenti nel film) in realtà nessuna delle due strade è stata intrapresa (per fortuna…?). Infatti, più che usare un linguaggio infantile, Jar Jar in italiano parla una sorta di esperanto, che concettualmente non ha alcun senso. Qualcuno lo identifica in realtà con l’europanto, ma sempre insensato è.
Il linguaggio tradotto di Jar Jar (e della sua specie in generale) infatti possiede sonorità prevalentemente ispaniche con alcuni elementi presi direttamente dal francese o dall’inglese e potremmo chiederci che cosa dovrebbero rappresentare in un contesto come quello di Guerre stellari? Certo, sempre meglio di un “bongo, bongo, bongo, Jar-Jar stare bene solo al Congo” ma, nella logica del doppiaggio, parole francesi, inglesi e spagnole che cosa dovrebbero rappresentare? È uno dei rari casi moderni dove probabilmente è stata calcata anche troppo la mano sull’inventiva, laddove un “italiano semplificato” unito alla voce scema sarebbe stato già più che sufficiente.
In nessuna era del doppiaggio sarebbe stato ben accetto che, in un opera del genere, frasi come “‘tis a hidden city” diventassero “è la city nascuesta”, così come “more, did you spake?” non è salutare che venga adattato come “altri, tu a parler?” o ancora che “dis way” diventi “da esta parte”.
Tu in big guaio esta volta, traduttore, in maxi-big guaio! Sono frasi del film, non me le sto inventando io.
Grazie a questa colorita scelta di adattamento, la scena dei jedi davanti al re dei gungan, più che appartenere a Guerre stellari, sembra piuttosto avvicinarsi a Ace Ventura – Missione Africa (e non sto neanche esagerando).
Entrare ancor più in dettaglio nel linguaggio di Jar Jar e dei gungan sarebbe poco salutare per me (e per voi), basti pensare che la 3^ pers. sing. dell’indicativo del verbo essere a volte è espressa con “è”, altre volte con “es”, quindi manca anche di coerenza interna oltre che di coerenza logica in generale e di comprensibilità. Infatti in italiano capisco un decimo delle scempiaggini che dice Jar Jar. Certe espressioni come ad esempio “male-dùcat!” (traduzione di “how wude!”, cioè la versione stupida di “how rude!”) le ho scoperte spulciando un trascritto dei dialoghi per me altrimenti inintelligibili.
Inoltre, a prescindere dai problemi della traduzione italiana, nella logica infantile del film, i gungan parlano in questo modo anche tra di loro, come se non avessero una lingua propria. Ma ha senso? Qualsiasi cosa che riguardi Jar Jar ha senso? Rispondo citandolo: a bien pensar, no!
Chi si lamenta dei dialetti italiani nei Simpson o di Fritz il pornogatto dovrebbe letteralmente armarsi di fronte alla lingua parlata da Jar Jar Binks. D’altro canto però non posso neanche consigliarvene una visione in inglese perché non saprei se sia più stupido sentire “ex-squeeze-me” al posto di “excuse me” oppure la sua pleonastica espressione di ribrezzo: “cacche puzza“. Sono dialoghi del film, non mi sto inventando niente.
Proseguiamo, okydey?
Scurrilità e diossidi
Considerazioni preliminari a parte (sì, quella che avete appena finito di leggere era solo l’introduzione!), andiamo a vedere i dialoghi che già dai primi minuti offrono fin troppi spunti di riflessione. Ci viene da pensare ad esempio che i jedi fossero dei volgarissimi bestemmiatori da competizione visto che Qui-Gon Gin (cit.) percepisce un grande timore da parte dei lombrichi sovietici neimoidiani nei confronti di una vertenza commerciale che lui definisce “triviale”:
“Sento che hanno una paura sproporzionata da(lla?) trivialità di questa vertenza commerciale.“
Il primo significato di “trivialità” è quello di “condizione e caratteristica di ciò che è o è considerato triviale, cioè volgare, grossolano, scurrile“. Quindi le vertenze commerciali di Lucas potrebbero ricordare un campionato di rutti alla fiera di Reggiolo più che una delicata contesa legale tra senato galattico e federazione dei mercanti.
Una cosa tipo così…
È chiaro che chi è andato a tradurre “trivial” dall’inglese si sia appoggiato al secondo significato italiano di triviale, quello inteso come sinonimo di “banale” (ed indicato nei dizionari come calco dall’inglese) ma che sarebbe bene usare solo in ambiti molto specifici e settoriali, come nella critica letteraria e in matematica. Non nelle dispute galattiche.
Un utile suggerimento che non troverete nei libri ma che i bravi insegnanti di inglese trasmettono ai propri studenti è che se il dizionario riporta due possibili traduzioni di una parola, il più delle volte la scelta più corretta ai fini di una traduzione è quella che ricorda meno la parola da tradurre (es. se cercate la traduzione di “porto” troverete sia “harbor” che “port”. Nella maggior parte dei casi la scelta adatta per la vostra traduzione non sarà mai “port”). Se siete neofiti della traduzione fate tesoro di questa semplice ma validissima indicazione e non prendete mai esempio da La minaccia fantasma. Mai.
Così come per triviale, e facendo brevemente un salto in avanti nel film, troviamo la frase “Our fate is in your hands” tradotto come “La nostra fede è nelle tue mani“. Incredibile che in un prodotto di tale entità si possano trovare errori simili. Da quand’è che fate (sorte, destino, fato) si traduce in… fede? È come tradurre cold con caldo perché ci si avvicina. Se non ci credete la trovate a 1 ora e 41 minuti circa, quando la regina Amidala supplica Boss Nass di aiutarli. E in quella scena la regina Amidala era molto lontana dalla cinepresa, la scusa del labiale non regge e non reggerebbe neanche su un primo piano.
Ma ritornando a “trivial” tradotto come “triviale” di inizio film, potremmo domandarci se anche “la franchigia”, citata in tre scene su quattro, non sia una traduzione un po’ troppo maccheronica di quel “trade franchise”. Ma voglio sorvolare perché siamo soltanto al 4° minuto di film e ne rimangono altri 136!
Visto che sembra piacciano molto i calchi dall’inglese, permettetemi di essere “anale” nell’affrontare la questione di una parola usata al 5° minuto per descrivere un fittizio gas mortale: il “diossido!“. Mi sono sempre chiesto: ma diossido di… cosa?
La parola “diossido” (o biossido) indica un composto chimico formato da un atomo (da specificare) legato a due atomi di ossigeno. Possiamo avere ad esempio un diossido di carbonio (nome comune: anidride carbonica) o anche di qualcos’altro, ma questo qualcos’altro va comunque sempre specificato. Ammesso e non concesso che Qui-Gon volesse tenersi generico sull’elemento che lega i due atomi di ossigeno — identificando così un diossido di qualcosa che non ha ritenuto importante specificare — dobbiamo comunque ammettere che questo cavaliere Jedi ha poteri assai particolari se è in grado di analizzare la struttura molecolare e dare la giusta nomenclatura IUPAC al primo gas che vede pompato nella stanza! Chiamava forse l’acqua “monossido di diidrogeno” per farsi bello davanti agli amici?
In inglese questo problema non esiste dato che il gas viene chiamato con il nome fittizio di “dioxis” che, sì, ricorda la parola “dioxide” (diossido) ma, forse, ancor più quella di “dioxin” (diossina). Nelle fasi di adattamento questo sarebbe stato il momento giusto per sfoderare un po’ di inventiva e non il libro di chimica.
(Il gas “dioxis” ha anche la sua pagina su Wookipedia, ovviamente.)
Poco dopo (al minuto 7) sentiremo parlare anche di quei fantomatici condotti di areazione, invece che di aerazione. Sono cose che si imparano molto presto alla scuola dell’obbligo ma, così come la trama del film, anche il suo doppiaggio non ottiene la licenza elementare.
Roger-roger
“Roger, roger” è ciò che dicono i droidi della federazione dei mercanti in risposta a degli ordini e probabilmente è anche l’espressione più stupida mai partorita dalla mente di George Lucas in tutta la storia della saga, dopo ex-squeeze-me, s’intende. Ancora più sciocco però è che “roger, roger” non sia stato neanche adattato in italiano.
“Roger” è uno dei tanti elementi del gergo militare (ormai in disuso dal 1957 e sostituito con “Romeo”) usati nelle comunicazioni via radio, un’istruzione che in italiano ha un’equivalenza con “ricevuto” (tutt’ora in uso). Non mancano i casi nella storia del doppiaggio in cui “roger” è stato lasciato invariato con cognizione di causa, in Arma letale (1987) ad esempio, Riggs (Mel Gibson) diceva “roger, Roger!” per sfottere il collega di nome Roger (Danny Glover) ma, fateci caso, al momento della battuta è già chiaro a tutto il pubblico italiano che si tratta di un gergo da procedura radiotelefonica grazie ad una scena precedente in cui Riggs ne faceva uso in una conversazione via radio con la centrale. Una gag simile fu completamente alterata neanche sette anni prima, nel film L’aereo più pazzo del mondo (1980).
Ma vogliamo soprassedere dando “roger” per facente parte delle conoscenze dell’italiano medio? OK, facciamo finta che lo sia e passiamo a chiederci perché i droidi della federazione dicono sempre “roger” due volte? La doppia conferma aveva la sua importanza in un mondo analogico delle trasmissioni radio a lunga distanza, soggette a disturbi di tutti i tipi, in cui una singola parola ricevuta poteva risultare troncata o troppo distorta per esser compresa, così veniva ripetuta due volte per sicurezza: roger-roger.
Se già ci domandavamo perché dei robot trovino che interagire tra loro in maniera verbale, lenta e spezzettata sia più efficiente di una trasmissione digitale non sonora, dovremmo a maggior ragione domandarci perché debbano anche confermare due volte “roger” come se stessero comunicando da due navi disperse nel Pacifico quando invece si trovano a soli trenta centimetri di distanza l’uno dall’altro in un corridoio vuoto e silenzioso.
Era forse il caso di trasformarlo in un semplice (ma correttissimo) “ricevuto” regalandoci così un copione un po’ meno stupido, ma non abbiamo avuto questo privilegio. Con questo film siamo condannati in tutti i modi possibili.
E come pensate che sia stato adattato quel “roger” negli episodi II e III? Con “ricevuto”, ovviamente.
Manufatti e misfatti
Quando traduciamo un testo e ci ritroviamo davanti a parole apparentemente insensate c’è sempre da domandarsi: qual è il contesto? Qual è il senso di quella parola nel contesto?
È una semplice regolina ignorata nella scena della trasmissione olografica del senatore Palpatain Palpatine in cui il segnale viene disturbato secondo i dettami della scuola di Aldo, Giovanni e Giacomo. Chi ha prestato attenzione fino al nono minuto di film può facilmente intuire dalle parole spezzettate di Palpatine che nella scomparsa degli ambasciatori Jedi dev’esserci lo zampino della federazione dei mercanti. Questo almeno è ciò che si capisce in inglese. In italiano si aggiunge una stonatura di cui solo Google Translate del 2006 sarebbe fiero…
It must… handiwork… negotiate… ambassadors…
Dev’essere… manufatto… negoziare…. amba-tori…
Manufatto? Ma che c’entra?
In questo caso “ad opera di” sarebbe stata una scelta migliore, ma questo lo si può comprendere soltanto dal contesto. Non biasimo però chi, alla traduzione, possa essersi distratto già al 9° minuto di film a causa di un’eccessiva (quanto poco interessante) dialettica burocratica inutile. Eppure bastava chiedersi: che c’entra adesso un manufatto con la storia degli ambasciatori e dei negoziati? Che c’entra con tutto ciò che abbiamo visto fin’ora? La stessa parola “zampino” da me invocata prima sarebbe stata un’ottima alternativa.
Ho sentito qualcuno dire “controllo qualità”? Ma no, scherzate!? Assicuriamoci solo che C1P8 venga chiamato R2D2, questo è veramente importante!
Per fortuna ogni tanto il film ci regala ancora piccoli sussulti di dialoghi più ricercati:
Io ho fatto impaniare il Senato nelle procedure. Non avranno altra scelta che accettare che voi controlliate il sistema.
Un tantino ricercato per essere una traduzione di “bogged down” (arenare, impelagare, impantanare) ma lo sapete che ho un debole per un lessico meno banale, specialmente se in bocca ai personaggi giusti… ed un vecchio stregone malvagio che insidia la capitale della galassia in veste di senatore mi sembra proprio il personaggio giusto.
Peccato che neanche un minuto dopo il Q.I. del film torna sotto terra quando ci regala frasi del calibro di “ciao pischellos!” (hello, boyos!) ed il ritorno di maledùcat che toglie la voglia di vivere in qualunque lingua lo stiate guardando.
Prometto che da ora in poi non nominerò più frasi di Jar Jar, tanto il resto dei dialoghi si tagliano già le palle da soli. Ci sarebbe infatti da domandarsi perché una delle tecnologie più memorabili della saga, l’iperguida (hyperdrive), sia chiamata iperpropulsore per il resto del film.
Entrambe le traduzioni sono equivalenti, non si discute, ma ancora una volta si abbandona la familiarità di un lessico stranoto in favore di parole alternative che non fanno drizzare le orecchie al pubblico italiano come invece succede con i dialoghi originali. Eppure nelle stesse scene si parla anche di “tremito nella Forza”, quindi la scelta di tenere alcuni elementi storici e di ritradurne altri è deliberata. Evidentemente era giunta l’ora di cambiare iperguida in iperpropulsore e che i gran brutti presentimenti diventassero presentimenti negativi.
Ma bando alle ciance e veniamo agli sgusci. So che siete qui per questo.
Sgusci da corsa
20 anni fa mi chiesi: sgusci? Perché sgusci? Perché… sgusciano via?”. Seppur dubbia, in qualche modo questa traduzione è rimasta impressa. Podracing (in originale) non è altro che l’ennesima banale scusa di Lucas per propinarci ancora una volta una delle sue più grandi fissazioni… le gare automobilistiche!
Ogni singolo film di Lucas ha un qualche tipo di gara automobilistica ad alto rischio, da quelle in American Graffiti, che ricalcavano in maniera autobiografica il suo breve passato da adolescente borghese annoiato che gareggia con gli amici nelle strade di provincia (l’equivalente americano di quelli che in Italia impennavano col Piaggio Ciao praticamente), a L’uomo che fuggì dal futuro che, guarda caso, finisce con un inseguimento in auto da corsa (la Lola T70), mettiamoci anche la corsa d’attacco alla Morte Nera di Guerre stellari, l’inseguimento nella foresta sulle “speeder bike” del Ritorno dello Jedi, le gare di sgusci di Episodio I, l’inseguimento in volo su Coruscant in Episodio II, etc, etc… ne citerei molti altri ma la filmografia di Lucas si ferma praticamente qui.
Podraces sono letteralmente “gare di navicelle”, navicelle che i francesi ad esempio hanno chiamato module de course o proto-jet. Pod (capsula, navicella) vuol anche dire “baccello”, forse da lì l’idea di far riferimento ad un qualche tipo di guscio che… sguscia… via? Boh! Qualunque sia stato il processo mentale all’origine di questa scelta, che vi piaccia o meno, ammetterete che “sgusci da corsa” sono una soluzione che rimane impressa. Lascio ad altri il piacere di giudicarla in positivo o in negativo, ma in questi tempi di inglese eccessivo anche il solo aver provato ad adattarlo è degno di nota.
Proseguiamo, okey-dey?
Paninari galattici
Mi piacerebbe potervi dire che si tratta di dialoghi inventati da me per fare una battuta, invece sono veri dialoghi del film in italiano. Chi non ha mai visto il film (beate le vostre anime innocenti) si starà chiedendo perché lasciare “money” in inglese? Boh. Faceva ridere… suppongo(?).
Non state ridendo? Lo ha detto due volte.
A dare voce a quello stereotipo volante di Watto, avaro mercante e schiavista, c’è l’eccelso Angelo Maggi che forse ricorderete in altri ruoli come il commissario Winchester dei Simpson oppure come Tom Hanks dell’ultimo decennio. Maggi ci regala un’interpretazione di una comicità pari all’originale e che non necessiterebbe di alcun tipo di no money, no party per farci sorridere. Eppure qualcuno deve averla ritenuta una buona scelta, deve averci trovato una sua logica… una logica che a me sfugge. Mi sfugge il motivo sensato che giustificherebbe la trasformazione di una frase da un inglese standard (“money” parola comune) ad un italiano non standard (“money” come traduzione di “money”).
Mind tricks don’t work on me. Only money.
Trucchi di mente non attacca con me, solo money.No money, no parts, no deal.
No money, no ricambi, no niente.
Se questo modo di esprimersi può andar bene per un tormentone pubblicitario (o tra pretenziosi colleghi d’ufficio del nord Italia) non è certamente un modo di tradurre che può andare bene in un film di questo genere. Per sfizio ho proposto questi dialoghi e la loro traduzione alla linguista Licia Corbolante di Terminologia etc. senza dirle però da dove venissero. È stata molto significativa la sua risposta:
Non ha minimamente senso, ma che film è? Traduzione in crowdsourcing?
Licia Corbolante
Non credo che la battuta successiva potrà farle cambiare idea, quando Watto propone di dividere la vincita… “fifty-fifty”.
Forse però sto sbagliando tutto e sto giudicando questo adattamento in un’ottica completamente errata. Sto considerando La minaccia fantasma come un qualsiasi film del 1999. Il suo è sì un adattamento pieno di insensatezze e stupidaggini ma forse è proprio l’adattamento che si merita, il più adeguato a ciò che vediamo scorrere davanti ai nostri occhi!
Perché quando Jar Jar Binks si piega in avanti verso il culo del diplodoco e quest’ultimo gli scoreggia in faccia, perché mai dovremmo dire che è il doppiaggio a sbagliare nell’aggiungere la battuta “cacche puzza” (assente invece in inglese)? Simili licenze artistiche sono forse da considerare errore o sono perfettamente in linea con ciò che passa sullo schermo?
A questo punto ho cambiato idea. Mi scuso per averne analizzato l’adattamento come se fosse l’adattamento di un film normale, per un attimo mi ero dimenticato che stiamo parlando di un film scritto nel fine settimana che include un personaggio chiave per la storia… no, ma che dico, UN INTERO POPOLO DI GUERRIERI (!) che parlano come bambini di 6 anni! Vi rendete conto dunque che l’adattamento italiano di questo film, così com’è, errori, scemenze e tutto, è l’unico adattamento possibile.
Vi starete chiedendo… e allora quelle battute non in linea con i precedenti doppiaggi?
Sicuramente un tocco di genio! Così non rischiamo di confonderci le idee e riusciamo da subito a separare anche a prima vista i film belli da quelli scemi (suggerimento per riconoscerli subito: quelli scemi sono nati con titolo in inglese: Star Wars).
E allora mi direte: e quel Palpatine pronunciato Palpatain invece che Palpatin?
Filologicamente accurato! Secondo quanto si dice, Lucas avrebbe ammesso che l’ispirazione per quel nome venne dal film Taxi Driver del suo “amico” Martin Scorsese (con Marcia Lucas al montaggio) dove il personaggio del candidato alla presidenza si chiama Charles Palantine (pronunciato “pàlantain”). Il nome del senatore Palpatine della saga di Guerre stellari spuntò fuori per la prima volta lo stesso anno di Taxi Driver, nella novelization di Guerre stellari scritta da Alan Dean Foster nel 1976, basata sugli appunti che gli passava Lucas.
E allora quelle parole in inglese infilate quasi a caso nell’adattamento italiano?
Non usate a caso, bensì con cognizione di causa! Sono un omaggio ai doppiaggi dei film di Mel Brooks. Ricordate il “of course? Di corsa!” da La pazza storia del mondo? Stessa cosa. L’unica differenza tra i due registi è che Brooks non aveva mai messo tante battute sulla cacca e sulle scoregge in un solo film…
…ma soprattutto Brooks non avrebbe mai immaginato che Lucas stesso potesse batterlo in demenzialità. A Brooks rimane solo la consolazione di aver ridicolizzato la saga con più largo anticipo.
Quindi a ben pensare è il miglior adattamento di tutta la trilogia prequel. Un adattamento pieno di scemenze per un film pieno di scemenze. Ciucciatevelo così com’è.
Concludo con la mia nuova citazione preferita riguardo a La minaccia fantasma.
Link attinenti
- La recensione di Cassidy sul blog La Bara Volante.
- Articolo sulla traduzione del romanzo di Guerre stellari.
- L’adattamento di “Star Wars – Il Risveglio della Forza” è goffo e erratico come un blaster! (17 dicembre 2015)
- “Nome in codice? Rogue Uno” – L’adattamento italiano di Rogue One (31 dicembre 2016)
- L’episodio della nostra serie “i videocommentatori”, dedicato a La minaccia fantasma: