Ecco i miei pro e contro del doppiaggio italiano dei Simpson in una rapida lista che prende in considerazione alcuni buoni esempi e alcune critiche alla nostra versione italiana. Per motivi diversi è una serie apprezzabile sia in inglese che in italiano. Se avete altri pro e contro scriveteli nei commenti, mi fa piacere conoscere i vostri.
I “pro” del doppiaggio italiano dei Simpson
La bravura dei doppiatori
I doppiatori sono indubbiamente bravissimi, Monica Ward e Tonino Accolla punte di diamante. Sandro Iovino che interpreta Mr. Burns è tuttavia il mio preferito e quando guardo episodi dei Simpson in inglese sento sempre la nostalgia della sua voce (assai più malvagia e spassosa dell’originale. In inglese ha più una voce da viscido che da perfido). La qualità delle voci è pari o talvolta superiore dunque non ci possiamo certo lamentare sotto questo punto di vista.
Non di rado poi alcune frasi vengono rese più divertenti e memorabili in italiano. Il mio primo esempio è quello della voce di Lenny che ripete nella testa di Homer “convenzione odontoiatrica“. Secondo esempio: la canzone “spider pork” del film dei Simpson fa ridere, la canzone originale “spider pig” semplicemente non fa ridere e me lo conferma anche la mia amata dolce metà (che, chi ha seguito il mio blog fin ora già lo sa, è una cittadina britannica, scozzese sarda scozzese per la precisione):
ORIGINALE: Spider-pig, Spider-pig. Does whatever Spider-pig does. Can he swing from a web? No, he can’t, he’s a pig. Look out, here’s a Spider-pig.
letteralmente traducibile come: “Spider-pig, spider-pig. Fa qualunque cosa Spider-pig faccia. Può dondolarsi dalla ragnatela? No, non può perché è un maiale. Stai attento, arriva Spider-pig”.
Dire piatta è dir poco.
ITALIANO: Spider-pork, spider-pork. Il soffitto tu mi sporc’. Tu mi balli sulla test’. E mi macchi tutto il rest’. Tu qua, ti amo Spider-pork.
Non è strano che in italiano sia poi diventato un tormentone. Tra le due versioni quella originale in inglese lascia indifferenti, quella italiana fa almeno sorridere, è in rima e fa anche riferimento alla scena in corso, ovvero al maiale che sta macchiando il soffitto [il film rimane tuttavia mediocre sia in inglese che in italiano].
Grattachecca e Fighetto sono un’altra memorabile alterazione che ha reso divertente il nome di Itchy & Scratchy (per un solo episodio tradotti più fedelmente come Grattino e Pruritino perché la coerenza nell’adattamento non è sempre stata una presenza costante nel doppiaggio di una serie così duratura come quella dei Simpson).
Uso dei dialetti nei Simpson
Generalmente l’uso dei dialetti nel doppiaggio italiano è una cosa che fa rabbrividire (vedi il doppiaggio di Monty Python), raramente trova ragione d’essere, ma posso comprenderne la necessità. Nei Simpson viene fatto largo uso di varie inflessioni dell’inglese ma, mentre esiste un corrispettivo in italiano dell’accento inglese, di quello indiano, e anche del modo di parlare dei bifolchi (“rednecks”), restano intraducibili gli accenti scozzesi e irlandesi per i quali non abbiamo corrispettivi nella nostra lingua. Il giardinere scozzese Willy (“Willie” in inglese) pertanto diventa sardo seppur i traduttori stessi rimarranno sempre in dubbio sulla sua origine, talvolta vien detto che si tratti di un immigrato scozzese, talvolta sardo, talvolta un sardo-scozzese (?). Che si decidano una buona volta!
La scelta del sardo non è del tutto ingiustificata. L’accento sardo è il più vicino per suono a quello scozzese e in Sardegna come in Scozia ampi territori sono dedicati alla pastorizia, inoltre l’eia è equiparable all’aye scozzese, entrambi significano “sì”, quindi un legame lo si può trovare e vi assicuro che non è campato in aria come sembra (ascoltate l’accento scozzese per rendervi conto, già gli inglesi non lo capiscono).
Gli irlandesi comparsi nella serie invece sono spesso tradotti con una parlata simil-abruzzese (folletto leprechaun compreso), qui la scelta sembra più casuale, come del resto sembra casuale anche quella del collega di Homer, Carl, che parla con accento veneto. Non ha certo molto senso ma insomma, si può sopportare essendo limitata a pochi personaggi. Nell’animazione doppiata in italiano, la presenza di dialetti usati a scopi comici risale almeno agli anni ’70 con casi più o meno sensati (es. Romeo negli Aristogatti) e casi più imbarazzanti come in Fritz il gatto.
Poca censura nella versione italiana dei Simpson
Se confrontato con “Family Guy” (in italiano “I Griffin”) possiamo considerarci molto fortunati nel poterci vedere i Simpson praticamente senza censura, cosa che invece accade in molti altri paesi. Anzi c’è da dire che nelle ultime stagioni sembra che abbiano permesso ai doppiatori di dirne di tutti i colori, ormai le parolacce non sono più un tabù (finalmente), ma anche le prime stagioni non scherzavano: tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 c’è stato un periodo dove far dire parolacce in prodotti per bambini “faceva ridere” ed era consentito (Mamma ho riperso l’aereo sia da esempio).
I “contro” del doppiaggio italiano dei Simpson
Le guest-star italiane
Uno scempio criticato anche su Facebook dal gruppo chiamato “Al rogo le “guest star” nel doppiaggio italiano dei Simpson!” dai quali gentilmente prendo con un copia e incolla la cosiddetta “black list” degli ospiti indesiderati:
VALERIA MARINI, GIANFRANCO D’ANGELO, SANDRA MONDAINI, GIORGIO GORI, PAOLO LIGUORI, PAOLO BONOLIS, VITTORIO SGARBI, VERONICA PIVETTI, PAOLA BARALE, LUCIANA LITTIZZETTO, SERENA DANDINI, IGNAZIO LA RUSSA, CORRADO GUZZANTI, MICHELE FORESTA, LEO GULLOTTA, GIORGIA, ALESSANDRA MUSSOLINI, MIKE BONGIORNO, GENNARO GATTUSO, FRANCESCO TOTTI, ILARY BLASI, MARIA GRAZIA CUCINOTTA, JOVANOTTI, LUCA LAURENTI, EMILIO FEDE, MARCO MATERAZZI, AMBRA ANGIOLINI.
Non tutti ma molti di questi hanno davvero rovinato interi episodi. E “chissene” se lo hanno fatto per beneficenza! Mi rovinate ab eternum interi episodi di una serie TV… per beneficenza?
Quelli che dopotutto se la sono cavata regalandoci buone interpretazioni sono attori che hanno già avuto esperienza di doppiaggio. Scommetto ad esempio che molti di voi non sapete che Leo Gullotta è un ottimo doppiatore cinematografico.
In America i Simpson hanno numerose guest star che prestano la loro voce. Se funziona da loro non significa che possa funzionare anche qui da noi. Non so se sia stata la Fox stessa a proporre l’idea di “guest star” italiane per replicare l’idea originale ma sentire Totti e la Blasi nei Simpson è una cosa atroce che ci auguriamo non capiti più nella storia dei cartoni animati e del doppiaggio in generale. A ciascuno il suo mestiere, grazie.
L’alterazione di alcuni nomi: Moe che diventa Boe
Casus belli: il nome di “Moe” che diventa “Boe” e costringe continuamente a “rititolare” l’insegna del suo bar. Moe non è un nome così difficile! Il mio collaboratore Leo suggeriva che forse è dovuto alla vicinanza con il “mo’ ” dialettale ma entrambi concordiamo sull’inutilità di tale cambiamento, anche perché la pronuncia della “o” sarebbe diversa nei due casi.
Una piccola curiosità: in un episodio Boe in italiano diceva di aver ereditato il suo bar da un certo Moe e di avergli lasciato il nome. Che ci sia stato dunque un tentativo di riparare al “danno” dovuto al cambio immotivato di nome? Anche se così fosse dovrebbero allora eliminare tutte le sovrapposizioni (per altro orrende) del nome del bar “Moe”. Più probabile che si tratti di una delle altre mille inconsistenze dell’adattamento italiano. In un doppiaggio passato di mano così tante volte e a così tante aziende diverse, è un miracolo che la famiglia stessa non abbia cambiato nomi tre o quattro volte.
Riferimenti mancati o alterati
Ahimè non di rado si perdono riferimenti culturali e di conseguenza alcune battute risultano incomprensibili. Purtroppo non c’è molto che si possa fare a riguardo, è la dura legge della traduzione e l’adattamento da altre lingue e altre culture. Altre volte battute tradotte correttamente non suonano affatto divertenti in italiano mentre lo sono in inglese. A questo si aggiunge il dramma degli “adattamenti culturali” in cui un riferimento, di solito di cultura popolare, viene cambiato da quello americano a quello italiano. Tanto per fare un esempio, in un episodio Bart criticava il festival di Sanremo (in italiano) mentre in inglese il riferimento era agli Emmy Awards (evidentemente non conosciuti in Italia all’epoca in cui fu tradotto l’episodio).
Un altro esempio: dubito che i più abbiano capito perché Homer nel film dei Simpson sbatteva tra una roccia e un edificio chiamato “A Hard Place”.
L’espressione “caught between a rock and a hard place” è l’equivalente italiano di “trovarsi tra incudine e martello”, in seguito Homer comincia a dondolare tra una “fork” (forchetta) e un “hard place”.
Anche conoscendo la frase originale, questa scena non era certo l’apice della comicità (anzi, l’intero film aveva pochi momenti veramente divertenti) e mi rimane incomprensibile perché il pubblico italiano in sala si sganasciasse dalle risate. Forse basta che Homer si faccia male per cominciare a reggersi la pancia? Le cose che suscitano ilarità tra gran parte del pubblico italiano sono sempre le più sciocche… la maggior parte degli spettatori non ride mai alle battute argute, né alle citazioni cinematografiche, ma solo a cose triviali come rutti e flatulenze e mi domando che cosa se li guardino a fare i Simpson… vabbè, sto divagando.
Cambio dei doppiatori
Alcuni personaggi secondari non hanno purtroppo doppiatori fissi ma anche personaggi più noti, nel corso degli anni hanno cambiato voce almeno un paio di volte (Moe, Barney, Flanders ed il direttore Skinner tra i primi che mi vengono in mente). Una cosa abbastanza fastidiosa specie quando la differenza appare veramente lampante, come nelle prime stagioni.
In conclusione…
Questi erano alcuni dei miei pro e contro. Al contrario dei Griffin che ritengo siano godibili soltanto in inglese, i Simpson rimangono divertenti sia in originale che doppiati, magari non sempre negli stessi momenti ma il doppiaggio italiano di questa serie ha molto da regalare allo spettatore. Vedendoli in lingua originale ad esempio mi manca sempre la voce di Mr. Burns ma almeno capisco tutte le battute e i riferimenti, quando li guardo doppiati spesso vorrei non dovermi sentire cose come i riferimenti a “Sanremo”. È un difficile equilibrio.