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La trilogia del dollaro di Sergio Leone? Meglio guardarsela in italiano

Christine (partner di Evit) proclama improvvisamente: “Evit, ci vediamo i western di Sergio Leone?“.
Evit si commuove. “Ma certo!” – e corre a mettere il primo film.
Christine dopo un po’: “ma non ce l’hai in inglese?
Evit:

Spesso sentiamo dire “i film, meglio in originale“, che “i sospiri degli attori americani sono mejo recitati dei sospiri doppiati” oppure cose tipo “vuoi mettere, sentire la veramente vera voce dell’attore americano?“, quando non si scade poi nei falsi miti che all’estero è tutto migliore (“in Italia siamo nel medioevo. Nel nord europa invece…“) e le solite cose già sentite milioni di volte…


…poi tiri fuori nel discorso la trilogia del dollaro di Sergio Leone e qualsiasi teoria su cui si basano i soliti generici pregiudizi immaturi contro il doppiaggio crolla dalle fondamenta e diventa indifendibile (rivelando spesso un infondato fondamentalismo dei sostenitori).
Infatti, nonostante gli attori principali di questi tre film siano americani, guardarsi la trilogia del dollaro di Sergio Leone in lingua inglese non ha alcun senso ed è anzi deleteria per lo spettatore, come vedremo a breve. Provo pietà e compassione per gli americani che non possono godersi questi film in italiano. Li amano tantissimo eppure, per una volta lasciatemelo dire, non possono goderseli appieno.

I film di Sergio Leone ci ricordano sempre che la magia del cinema si compie solamente a film ultimato e, per “ultimato”, intendo dire inclusivo di adattamento e doppiaggio. Poco importa quale lingua parlino gli attori sul set, bensì importa il risultato finale alle orecchie dello spettatore, le emozioni che ne derivano. Questo è un messaggio che può arrivare solo da registi veramente capaci come lo erano Leone e Kubrick, i quali davano eguale importanza alle versioni internazionali dei propri film già a partire dalla fase di pre-produzione e non soltanto come un ripensamento dell’ultimo momento o delegandoli senza importanza a chiunque si offra di produrne una versione estera con il maggior risparmio di denaro.


Ma, mentre Kubrick si avvaleva di De Leonardis/Maldesi per le sue versioni italiane, sfruttando la ben rodata macchina del doppiaggio italiano negli anni ’60, le versioni in inglese dei primi film di Leone, seppur ben adattate, si sono scontrate con tanti problemi come ad esempio l’incapacità degli americani di fare un buon lavoro di doppiaggio e tanti altri di cui parlerò.
Vediamo dunque i motivi per i quali guardarsi la trilogia del dollaro in inglese ha poco senso!


Attori che doppiano sé stessi

Come tutti i film italiani dell’epoca, anche questi erano girati senza suono, vuol dire che Eastwood and friends sono dovuti tornare in sala di registrazione a doppiare sé stessi. Doppiare, in generale, è una capacità in più che non tutti gli attori del cinema posseggono (le “guest star” italiane nella serie I Simpson dovrebbero darvene una vaga idea, voci totalmente su un altro piano rispetto a chi doppia di professione, oppure le fiction italiane a confronto con i film doppiati). Difatti per doppiare sé stessi bisogna saper ricreare l’emozione che da attori avevate espresso sul set… in questo caso però mentre si è davanti ad un leggio, al buio, concentrati ad azzeccare i tempi giusti e magari s’è pure scassato il condizionatore (situazioni vere da sala doppiaggio, non mi invento niente).
Non tutti lo sanno fare e spesso i risultati sono un po’ piatti. È il caso di Eastwood che, sebbene avesse già qualcosa sul curriculum, era alle prime armi come protagonista, e non aveva certo esperienza di doppiaggio. Per fortuna il suo personaggio era stato studiato ad hoc: parla poco e in maniera piatta. Così nessuno se n’è veramente mai accorto. Eli Wallach (il “brutto” del Buono, il brutto e il cattivo) si salva alla grande perché era un attore fenomenale, Lee Van Cleef rimane passabile, Gian Maria Volontè (in inglese) è di un’atrocità senza pari.


Quindi la recitazione degli attori americani in questi film di Leone, una recitazione che molti potrebbero definire “reale” o “vera”, non è altro che un prodotto registrato a posteriori in uno studio e non in presa diretta sul set. Per questo non ha senso parlare di “lingua originale” in un film di Leone, si parla invece di versione doppiata in italiano e versione doppiata in inglese… e se le mettiamo a confronto, quella doppiata in inglese ha moltissimi difetti.


Alcune scene sono state doppiate in inglese solo dopo quarant’anni!

Nel caso de’ Il buono il brutto e il cattivo, gli americani hanno sempre visto una versione ridotta, in cui mancavano certe scene. Queste scene sono state reinserite solo per l’edizione DVD del 2004 (ora disponibili anche su Blu-Ray) e doppiate ex novo perché all’epoca non ebbero la lungimiranza di doppiare l’intera pellicola. Questo vuol dire che gli americani, attualmente, si “godono” una versione del film dove, nelle scene aggiunte, i personaggi hanno voci incredibilmente invecchiate (se gli attori erano ancora vivi per doppiare sé stessi), oppure completamente nuove nel caso dei personaggi doppiati da imitatori degli attori deceduti.
In questi casi le voci non solo soltanto nuove, sono palesemente nuove… sono tragicamente nuove!


Se sono doppiati a posteriori sia in inglese che in italiano, allora non è meglio scegliere il doppiaggio americano che include le “vere” voci degli attori? Cosa cambia?

Cambia il fatto che in America i doppiatori fanno generalmente schifo perché non c’è una grande esperienza/storia/scuola. Non è una questione di “il mio paese è meglio del tuo”, perché negli Stati Uniti fanno bene tante altre cose, ma il doppiaggio non è una di queste e sono loro i primi ad ammetterlo.

Nota: pensate ad esempio ai film di animazione americani che non hanno dei doppiatori”, bensì dei “voice actors“, ovvero interpreti vocali che recitano al microfono le loro battute e dalle quali poi i disegnatori sono in grado di far vivere i personaggi animati dotandoli di un accurato labiale e movimenti espressivi. Il lavoro di questi interpreti vocali è giustamente lodato, perché sanno creare delle performance a volte superiori (a livello recitativo ed espressivo) rispetto ai colleghi attori. Ma non sono doppiatori di post-produzione.
I pochi prodotti doppiati disponibili sul mercato statunitense (classicamente i cartoni giapponesi) sono snobbati dagli stessi americani che preferiscono a quel punto la versione sottotitolata piuttosto che sentirsi le voci del calibro di un dipendente delle ferrovie che vi prenota un posto in treno da dietro lo sportello della biglietteria. Esagero, ma non troppo.

Il risultato finale (nel doppiaggio americano) è un film con gli attori principali interpretati quasi decentemente (almeno quelli che hanno saputo ridoppiare sé stessi passabilmente) mentre tutti quelli di contorno sono dei cagnacci che in Italia potrebbero solo passare lo straccio per terra in sala di doppiaggio, oppure hanno modi di recitare piuttosto strani per gli stessi americani, con voci tipiche da trasmissioni radiofoniche o interpreti di audiolibri. Infatti molti vengono proprio dalla radio.
Per non parlare poi della quasi totale mancanza di sincronia labiale di molti personaggi, cosa che nella traccia americana assume connotati tragici, distraendo spesso lo spettatore, il quale penserà di aver acquistato una copia difettata del film.

20 anni di teatro dietro a quello scaracchio

Al contrario, nel nostro paese, il doppiaggio di questi film è stato fatto non solo con cura dei particolari, ma anche in un decennio dove il doppiaggio era ancora una vera e propria arte più che un mestiere. Quindi anche il rumore di uno scaracchio era certamente creato da qualche incredibile attore con anni di teatro alle spalle. Puah!

Non solo!

Come spesso accadeva all’epoca, in sala di doppiaggio in Italia si aggiungevano battute originariamente non in copione, al solo scopo di migliorare il prodotto finale, perché alla fine è solo il prodotto finale che conta quando si giudica un film, non le intenzioni. Prendiamo ad esempio questa battuta di Eastwood, la cui risposta del fuorilegge è assente nella versione americana:

Nella versione americana manca completamente la battuta “sceglie vivo, buffone“.

Aggiungiamoci poi il dramma di Gian Maria Volonté che non spiccicava una parola di inglese e si è doppiato per la traccia americana con l’ausilio di trascrizioni fonetiche (così almeno dice Wikipedia… una curiosità poi rivelatasi falsa, come spiegato a seguire), il risultato ahimè è piuttosto tragico nella maggior parte delle sue battute e se dovessi scegliere tra un teatrale Nando Gazzolo che doppia Volonté in italiano ed un quasi incomprensibile Gian Maria Volonté in inglese, indovinate chi preferirò?
Questo non toglie niente a Volonté come attore, rimane un fantastico attore italiano, ma in italiano. Anche il più grande attore avrà difficoltà a dimostrare le proprie capacità se costretto a recitare in una lingua a lui sconosciuta. Sempre che si tratti di Volonté! Qualcuno ha posto dubbi su chi doppi effettivamente Volonté e per ora ci dobbiamo accontentare soltanto di resoconti tramandati fino ad arrivare su Wikipedia e difficilmente verificabili oggi…

[AGGIORNAMENTO 7 marzo 2021] ma in soccorso storico arriva Daniele Manno, autore di una tesi universitaria intitolata «Ecco un nuovo attore». L’autonomia artistica di Gian Maria Volonté. Qui riporto alcune parti di un suo commento a questo articolo, parti che ci interessano particolarmente e che smontano (finalmente) alcune delle ipotesi che per anni hanno afflitto Wikipedia e tutt’ora continuano ad essere riportate ovunque.

Perché Gian Maria Volonté non si doppia da solo in italiano?

Come riportato da Mirko Capozzoli nella sua monografia sull’attore (uscita nel 2018 per Add Editore), durante il doppiaggio del film Volonté fu impegnato in una tournée teatrale e non poté quindi partecipare al doppiaggio; pertanto venne doppiato da Gazzolo. Il successo del film fu imprevedibile e inimmaginabile, per cui lo stesso Volonté inizialmente non lo ritenne per nulla importante (come del resto Mimmo Palmara, che aveva rifiutato il ruolo di Ramon a favore di quello nell’oggi assolutamente sconosciuto “Le pistole non discutono” di Mario Caiano).
Oltre allo scarso interesse che Volonté nutriva per l’opera, avrà influito il fatto che i turni per auto-doppiarsi sarebbero stati con ogni probabilità a titolo gratuito.

In un’intervista video del 2011, di Andrea Razza e Gerardo Di Cola (enciclopediadeldoppiaggio.it), Nando Gazzolo parla del suo incontro con Volonté, quando andò a trovarlo a teatro per scusarsi di averlo doppiato “No, no, Nando. Mi hai doppiato benissimo”. Volonté lo definì non ironicamente come “un doppiaggio bellissimo”, il contrario di ciò che si aspettava Nando Gazzolo. Nella stessa intervista Nando spiega che fu Sergio Leone stesso a volere che gli attori fossero tutti doppiati così da farli passare da attori americani agli occhi del pubblico italiano:

“Sergio Leone disse: “guarda, devo fare così perché devo far passare l’attore per un attore americano e siccome tu hai la voce classica di chi doppia molti attori americani, allora è bene che la doppi tu, perché [Gian Maria Volonté] deve passare per americano“. Infatti, all’inizio nel film non c’era il nome di Volonté. C’era il nome di un attore inventato. Poi dopo hanno capito che era un errore, che Volonté era Volonté e allora poi ha recuperato il nome. Però Volonté, che era un uomo simpaticissimo, una persona squisita mi disse no, no, Nando, guarda non mi sono offeso”.

Chi doppia Gian Maria Volonté in inglese?

Volonté sembrerebbe esser stato doppiato in inglese da Bernard Grant, il doppiatore americano di Marcello Mastroianni

Repubblica il 2 luglio 2004 scriveva: “E’ morto in un ospedale di Manhattan Bernard Grant, star delle soap e voce americana di Marcello Mastroianni. Aveva 83 anni e viveva a New York. […] Per gli americani fu anche la voce inglese che doppiò Marcello Mastroianni nell’epoca in cui i film europei arrivavano negli Usa doppiati. Oltre alla star di ‘La Dolce Vita’ e ‘Otto e Mezzo’, Grant doppiò Yves Montand e Jean Gabin e molti ‘spaghetti western’ di Sergio Leone.
Questo trafiletto è una traduzione di un articolo del New York Times dove dicevano “was the English-language heavy for all of Sergio Leone’s spaghetti westerns“, cioè era la voce da cattivo per tutti gli spaghetti-western di Leone doppiati in inglese.

Sul fatto che Bernard Grant doppiasse proprio Volonté non ci sono fonti certissime, tuttavia Daniele Manno aggiunge che la voce inglese sicuramente non è quella Volonté, come invece viene riportato ovunque. Il che porta al prossimo punto da chiarire…

È vero che Gian Maria Volonté si è doppiato in inglese aiutandosi con una trascrizione fonetica delle battute?

Questa informazione, anche se riportata ovunque, sembrerebbe essere falsa, originata dal libro di Christopher Frayling intitolato “Sergio Leone – Danzando con la morte” (Sergio Leone: Something To Do With Death, 2000) dove l’autore sostiene che fosse previsto da contratto che Gian Maria Volonté si doppiasse da solo in lingua inglese (“contractually obligated to dub his own dialogue into English” come riportato da TVtropes), e per farlo, Frayling sostiene che Volonté abbia usato un copione con trascrizioni fonetiche delle battute che doveva dire in inglese.

È sempre il sito TV Tropes nella sezione “common knowledge” che invece nomina Bernard Grant come doppiatore di Volonté per entrambi i film di Leone, aggiungendo che “Volonté non conosceva molto bene l’inglese ed è improbabile che si sarebbe potuto doppiare da solo, contratto o non contratto” (Volonte spoke very little English and likely couldn’t have done so himself, “contractual obligation” or not).

La curiosità emersa dal libro di Frayling per vent’anni è stata copiata e incollata ovunque, fino ad arrivare su Wikipedia (dove l’avevo letta io). Tra l’altro, un utente italiano ha scritto di quel libro: “Frayling è molto minuzioso ma dà troppo rilievo al pettegolezzo”.

Daniele sostiene che dietro il non volersi doppiare in inglese ci potessero essere anche motivazioni politiche

Mi è parso di capire infatti che, per sua scelta, non abbia mai recitato una sola battuta in inglese in vita sua – se si esclude una scena volutamente tragicomica ne “La classe operaia va in paradiso” – mentre ha invece recitato in spagnolo in presa diretta in “Funes”, dichiarando anche di essersi doppiato in “Tirano Banderas”, film in cui aveva recitato in italiano in presa diretta, anche se per vari motivi non è chiaro se la sua prestazione in spagnolo sia stata poi pubblicata, ma non mi dilungo o non finisco più. Su questa storia dell’inglese ebbe perfino una discussione con il suo agente. TVTropes riporta eufemisticamente che Volonté “spoke very little English” e, stando alle cronache, rifiutò sempre di impararlo, addirittura adducendo motivazioni politiche

Chiunque sia a doppiare Volonté in inglese (Grant o altri), la recitazione rimane pessima e il pesante accento non è giustificabile con la sola origine ispanica del personaggio, perché siamo anni luce da come si doppiava Eli Wallach nel Buono, il brutto e il cattivo, che pure era un personaggio messicano.

Anche Joseph Egger (il “Piripero” del primo film, il “Profeta” nel secondo), in italiano è assolutamente eccezionale, divertente al solo sentirlo parlare. Chi lo ha doppiato in inglese, invece, credo non abbia mai sentito parlare di sincronia labiale, il suo doppiatore non riusciva ad indovinare un tempo giusto manco a sparargli. Nella scena dei “dannati treni” non sembra neanche che le parole escano dalla sua bocca.
La sua voce italiana è data dal padre del sopracitato Nando Gazzolo, tale Lauro Gazzolo, anche lui tra i membri della CDC, che all’epoca era il punto di riferimento del doppiaggio italiano. Nessun personaggio, insomma, è stato trascurato in fase di doppiaggio italiano e se pensate che mettere padre e figlio nel doppiaggio dello stesso film sia un’operazione tipicamente italiana dovreste ricredervi, sono entrambi così azzeccati nei loro ruoli che l’accusa di raccomandazione familiare è semplicemente impensabile.


Quindi per via di doppiatori americani diversamente competenti, la traccia in inglese di tutti e tre i film ha molte meno frasi memorabili. Gli americani infatti citano spesso il terzo film, Il buono il brutto e il cattivo, e qualche battuta dal primo mentre, in italiano, le frasi che rimangono impresse sono molte, molte di più! E da qualsiasi film della trilogia. Questo è il vantaggio apportato da un buon doppiaggio.

Mi sarebbe piaciuto caricare sul mio canale alcune clip ma non vorrei seccature con YouTube. Basta che vi cercate qualsiasi scena con Gian Maria Volontè doppiato da Nando Gazzolo per avere un’idea. Specialmente quella della parabola in “Per qualche dollaro in più”. Poi andatevi a cercare le stesse scene in lingua inglese e venitemelo a raccontare.
Qui trovate la scena della parabola in inglese e in italiano (attenzione, i link potrebbero non durare in eterno).


Un copione nato in italiano

I copioni di questi film erano sempre scritti in italiano (da Sergio Donati, anche se mai accreditato) e adattati in inglese e ci tengo a precisare che sono stati adattati in inglese benissimo perché molte battute funzionano ugualmente in entrambe le lingue… pur sempre con tutti i limiti del caso. Vediamo dunque il limite del caso, passando direttamente alla scena ESEMPLARE!

Gli americani non sanno che l’ultima battuta in Il buono, il brutto e il cattivo combacia perfettamente con la colonna sonora di Ennio Morricone, un trucchetto che rende ancora più divertente la scena finale del film ma che ha meno senso in inglese.
Mi riferisco a quando Tuco, sul finale, esclama:

Scena in italiano (fate click per vederla)

Ehi Biondo, lo sai di chi sei figlio tu??? Sei figlio di una grandissima PUTTA-****

Da qui il pezzo di Ennio Morricone si lega alla “A” della parolaccia interrotta, proseguendola comicamente.
Che questa scena fosse già stata ideata in questo modo, a priori, da Leone o che sia stata creata in post-produzione poco importa. Ciò che importa ai fini di questo articolo è che in inglese la battuta non si lega altrettanto bene alla colonna sonora e viene meno l’effetto comico. Il pezzo musicale suona piuttosto come un banale bip di censura, orchestrato.

Scena in inglese (fate click per vederla)

Hey Blondie! You know what you are? Just a dirty son of a…***

Per aggiungere ingiuria al popolo anglofono, il labiale di quella scena, così in primo piano, funziona molto meglio (perfettamente direi) nella traccia italiana che in quella americana perché quel “hijo de puta” pronunciato da Eli Wallach mal si adatta alla battuta in inglese. Ma forse dipende dal master usato, mi risulta infatti che la stessa scena sia stata girata per ciascuna lingua doppiata, pensando proprio al doppiaggio che avrebbero dovuto fare per una scena così ravvicinata.

Sulla carta posso capire come volessero unire l’urlo tarzaniano, con cui inizia il pezzo di Morricone, alla “a” di “son-of-a“, ma questo sembra aver funzionato soltanto sulla carta. Nessun madrelingua inglese ha mai percepito che il pezzo di Morricone “proseguisse”, o in qualche modo si “legasse”, alla battuta “son-of-a…“; la scena in inglese risulta moderatamente divertente solo dal contesto, così come potrebbe risultare divertente una qualsiasi brusca interruzione o un bip di censura su una nota parolaccia.


CONCLUSIONE

Non pensavate che ci sarei arrivato, eh? Dunque cosa rende questi film degni di essere visti in inglese esattamente? L’interpretazione non in presa diretta dei protagonisti e le scadenti voci dei personaggi di contorno? Le battute adattate dal copione italiano e che, in un caso specifico, “sciupano” un finale perfetto oppure che risultano sottotono? Le scene restaurate con voci in inglese palesemente diverse da quelle nel resto della pellicola? Una sincronia labiale in alcuni casi così sconnessa da distrarre lo spettatore? Attori radiofonici americani che doppiano in inglese incomprensibile?
Purtroppo non riesco a trovare una buona ragione per consigliarvene la visione in inglese, semplicemente non ne trarreste alcun beneficio. Per questi principali motivi, secondo me, la visione in lingua inglese di questi tre film non ha alcun senso! Del resto queste opere di Leone non hanno una “lingua originale” in quanto nascono essenzialmente muti, e gli americani non sono in grado di fare un doppiaggio qualitativamente all’altezza del film.
Se non concordate, attaccatevi!


Nota a piè di pagina: i nomi “americanati”

Una cosa che fa infuriare dai forum americani (e che poi capita di ritrovare nelle pagine enciclopediche tradotte dall’inglese all’italiano) è la questione del nome del protagonista. Il protagonista non ha un nome e solo perché il vecchietto nel primo film lo chiama “Joe” (nome generico che si da agli americani, come “the average Joe“, ovvero “l’uomo qualunque”) non vuol dire che quello sia il suo “vero” nome. Né tanto meno lo è “manco“, vocabolo spagnolo equivalente al nostro “monco“, il nomignolo che aveva il personaggio di Eastwood quando faceva finta di essere storpio per avere un vantaggio sui nemici. È soltanto un soprannome, non il suo vero nome. Burini americani!
Sono gli stessi che chiamano Leone: liòn, lione o lioni. Se sentite qualche un “esperto” di cinema storpiare il nome di Leone, fategli un favore e correggetelo.

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