Il secondo Mad Max si rivela un seguito essenzialmente diverso e forse migliore. È l’equivalente post-apocalittico de’ La casa 2, ovvero contiene tutto ciò che il regista avrebbe voluto mettere nel primo film, ma finalmente con i soldi per poterlo fare!
Al regista George Miller diedero il budget più alto mai speso in Australia fino ad allora per un film. L’Australia non è Hollywood, quindi un budget simile rimane comunque nel limite del “aggiungiamo uno zero al costo del tuo primo film… e ci stiamo dissanguando”. Il primo Mad Max, ricordiamo, era stato finanziato praticamente da Miller stesso attraverso turni extra di guardia medica (a quei tempi Miller era appena laureato in medicina). Ciononostante, anche quel solo zero in più sull’assegno permise a George Miller di fare tutto ciò che aveva in mente di fare.
Basta(!) quindi con la retribuzione degli stuntmen non professionisti a suon di casse di Peroni gelate e mai più sarebbe ricorso al furto con destrezza di cartelli (e oggettistica varia) presi “in prestito” dai portici dei negozi dell’Outback australiano prima dell’orario di apertura. Adesso Miller poteva permettersi un vero e proprio set futuristico costruito nel bel mezzo del deserto australiano (e di farlo poi saltare in aria alla fine del film), poteva permettersi anche dei veri costumi, un numero maggiore di veicoli da sfasciare, dei veri stuntmen… e con gli spiccioli avanzati, qualche scatolone su cui farli cascare.
Le ossa rotte in questo film non sono mancate, ma sullo schermo si ripagano da sole! A certi voli che si vedono su schermo c’è da prendere il cellulare al volo e controllare Wikipedia solo per assicurarsi che non sia morto nessuno durante le riprese del film. Colonna sonora e fotografia di questo film sono a livelli inaspettati di spettacolarità. Non è un caso che il secondo capitolo di Mad Max sia il più amato dei tre a livello mondiale.
Quello che nel 2015, agli occhi dei più giovani, potrebbe sembrare un film da poco, in realtà supera in azione (e in tensione) la maggior parte dei polpettoni “action” che sfornano oggi come il pane toscano: insipido e spesso già stantio.
Addio lettori toscani, è stato bello avervi conosciuti.
Un doppiaggio d’altri tempi per un film d’altri tempi
In un precedente articolo avevamo visto come il primo film di Mad Max, da noi intitolato Interceptor dal nome dell’auto “supercarburata” che guida il protagonista, contenesse alcune strambe scelte di adattamento, un paio di errori di traduzione (errare humanum est), alcuni nomi alterati accanto ad altri mantenuti in inglese – ma pronunciati in maniera curiosa. Tutto sommato però si trattava di un lavoro eccellente, recitato alla vecchia maniera (forse anche troppo alla vecchia maniera, secondo l’opinione di Carlo Marini che doppiava Mel), con frasi mai e poi mai tradotte pedissequamente… insomma un vero e proprio doppiaggio vecchio stile. Difatti nonostante le pecche ne consigliavo una visione esclusivamente in lingua italiana!
Dopo aver conversato con Carlo Marini, sono venuti alla luce dettagli fino a ora non noti riguardo l’adattamento dei primi due film della serie (aspettate però che io pubblichi l’intervista completa con Carlo Marini prima di precipitarvi ad aggiornare Wikiedia e Antonio Genna come dei forsennati. Aggiunta: ecco qui l’intervista):
in primis che la direzione del doppiaggio del primo film era in mano a Emilio Cigoli, classe 1909, noto come voce italiana di John Wayne e di molti altri eroi americani degli anni ’50-’60. Insomma, uno che non si sarebbe mai sognato di lasciare un vocabolo inglese ignoto in un film doppiato, ma che allo stesso tempo impediva a Marini di esprimersi liberamente nell’interpretazione di Mel Gibson, specialmente nelle scene del primo film in cui lo vediamo affaticato/disperato e ciononostante con una voce inflessibile, dato che, secondo Cigoli, “un eroe non si affatica mai!”
Quindi anche se Mad Max dovesse correre la distanza da Maratona ad Atene sotto il peso di un’armatura, nella colonna sonora italiana lo sentireste pronunciare “abbiamo vinto” in un bellissimo italiano, calmo e impostato. Inutile fu lo sforzo di Marini nel far notare al direttore, Cigoli, che Max non è esattamente il prototipo di eroe senza macchia, in stile vecchia Hollywood. È un uomo accecato dalla vendetta nel primo film e indifferente alle sofferenze umane nel secondo, nel quale aiuta i “buoni” solo per suo tornaconto personale.
Il ritorno, anche nel secondo film, di Carlo Marini su Mel Gibson consente alla serie di proseguire la strada e di far tesoro dell’eredità di Cigoli (deceduto nel 1980, prima dell’arrivo di questo film), con adattamento e recitazioni ancora in stile anni ’50-’60 (con tutti i pregi e i difetti che ne seguono) ma, se nel primo film questo tipo di adattamento altro non è che una piacevole aggiunta, è nel secondo che il doppiaggio in stile “vecchio western hollywoodiano” trova tutta la sua ragione d’essere!
Difatti, mentre il primo “Mad Max” può ricordare più un road movie indipendente degli anni ’70, con il secondo capitolo vediamo una trama classicheggiante ripresa dall’Iliade e una caratterizzazione dei personaggi che sembrano invece presi direttamente dai western di Sergio Leone (il protagonista taciturno e solitario) e da quelli di John Ford (i barbari motorizzati come indiani pellirossa), quale miglior connubio potevamo desiderare tra un film che richiama fortemente ad uno stile “classico” ed un doppiaggio italiano tipico proprio di quei generi che Mad Max ripresenta in chiave post-apocalittica?
Il solo prologo di questo secondo film rasenta la poesia se confrontato con il testo originale, vi cito solo un piccolo frammento invitandovi a cercarvelo per intero su YouTube (il dialoghista è lo stesso del primo film: Mario Russo):
Ordinary men were battered and smashed.
I deboli scomparivano senza lasciare neanche il segno di una croce… su delle misere pietre.
Questa sola frase ci ricorda come dovrebbe essere l’adattamento dei dialoghi di un film e di come invece non è più. Frasi che sembrano nate in lingua italiana e non la traslitterazione parola per parola, con costrutti anglosassoni, come ahimè accade sempre più spesso nei film doppiati di oggi! Questa è la chiave di un buon adattamento… e non il far dire a Captain America che c’è bisogno di un pararescue (a cui piace l’Ultimate Fighting) per bypassare il blade server di targeting e per fare il back-up dell’hard drive degli helicarrier Insight, grazie ad un software tracer.
Ah, se solo questi fossero dialoghi di mia immaginazione e non la cruda realtà dell’adattamento moderno.
Torniamo a noi.
Il prologo appena citato, che apre il film Interceptor – Il guerriero della strada, è narrato da Mario Milita il quale, un decennio più tardi, sarebbe divenuto molto celebre come voce di nonno Simpson nell’omonima serie. Difatti, riguardando oggi quella scena di apertura di Mad Max 2, per quanto poetica, viene un po’ da ridere ripensando al personaggio di nonno Simpson che parla a vanvera.
Proprio per questo vi ho preparato una chicca narrata dal nostro Leo e scritta da me:
Nonno Simpson narra l’introduzione di Interceptor – Il Guerriero della strada
Un’altra voce nota che compare all’inizio del film è quella di Massimo Dapporto (che io avevo erroneamente identificato come Claudio Sorrentino. Un grazie all’utente Raoul nei commenti) sul personaggio del pilota.
Lo stesso personaggio del pilota ritorna nel terzo film di Mad Max con la voce, forse anche più adeguata, di Mino Caprio (oggi noto come voce del personaggio animato Peter Griffin).
Parliamo della versione italiana… ci sono errori degni di nota?
In realtà… no! Una cosa che forse non è ben chiara in italiano, così come lo è in inglese, è l’omosessualità di molti dei barbari, pressoché impercettibile nella nostra versione.
Difatti, mentre in italiano la voce del cattivo “Humungus” declama a ripetizione “io sono il grande Humungus. Per la gloria del grande Humungus, datemi la benzina“, nella traccia audio inglese sentiamo anche altro, ad esempio:
Smegma crazies to the left!
Gayboy berserkers to the gate!
Una cosa che potrebbe tradursi molto liberamente con qualcosa come “ragazzi smegma, attaccate da sinistra! Checche isteriche ai cancelli!“.
In realtà un qualche riferimento a quelle battute si trova anche nei dialoghi italiani ma le parole sono indistinguibili perché coperte dagli effetti sonori di quella scena. Quindi qualcosa c’è, ma non perviene.
Le eventuali differenze nella versione italiana non sono da imputare a errori, bensì a scelte di adattamento:
Nothing can escape! The Humungus rules the Wasteland!
A noi non sfugge nessuno! I padroni delle terre perdute sono gli Humungus.
There has been too much violence, too much pain.
La vita degli Humungus è troppo preziosa.
l’ll talk to this Humungus!
Vado io a parlare con quel capo Humungus!
Dai dialoghi italiani capiamo che la banda di barbari motorizzati si chiama “Humungus” e il tizio con la maschera da hockey è il loro Signore, Lord Humungus. In realtà tali barbari non hanno un nome in inglese, è solo il loro capo che si chiama Humungus (in inglese la parola “humungous” è un superlativo alla maniera fantozziana, che suona come “mostruosamente enorme”), un nome usato a mo’ di un titolo regale o militare (tipo Shogun o Cesare), quindi la traduzione corretta di quella prima frase sarebbe dovuta essere “Lord Humungus è il padrone delle terre perdute“, e non “i padroni delle terre perdute sono gli Humungus“.
Nel resto del film sentiamo parlare degli “Humungus” con riferimento a questo gruppo di vandali del dopobomba. Vista la coerenza con cui viene usata questa parola durante tutto il film doppiato, non lo considero un vero e proprio errore, quanto piuttosto una scelta di adattamento che conferisce un nome alla banda nemica (altrimenti senza nome).
Altre alterazioni che non sono errori…
Non menzionato in italiano (e a buon ragione), il capitano Valiant, leader del villaggio, che si chiama “Pappagallo”. Quindi se leggete una recensione del film dove si parla di un tale “Pappagallo” vuol dire che l’hanno copiata da una recensione scritta in inglese; il bambino selvaggio (“feral kid” nei titoli di coda) viene semplicemente chiamato “kid” nel doppiaggio italiano (“boy” in originale), ma considerando che Superman degli anni ’50-’60 in Italia si chiamava Nembo Kid, la cosa non sorprende. È uno di quei vocaboli inglesi adottati nella lingua italiana dei giovani del boom economico e poi caduti praticamente in disuso. Un po’ come “bounty killer” in Guerre stellari. Anche in questo, l’adattamento italiano si rifà al western.
Una scena accorciata malamente
Ci sarebbe da notare che nella scena del discorso di “Pappagallo”, una delle battute sembra essere tagliata e poi l’intera traccia audio va fuori sincrono in modo strano e assai poco professionale. Difficile credere che avessero mandato una cosa simile al cinema. E infatti è un lavoro postumo. Al cinema in Italia il discorso del capo villaggio Pappagallo era molto più lungo. Arrivato in home video però, il film è stato tagliuzzato (ne esistono almeno tre versioni diverse) e sia in DVD che in Blu-Ray, il discorso di Pappagallo ne risulta notevolmente accorciato. Il sito tedesco movie-censorship.com dichiara che una versione “originale” con il discorso per esteso esiste nella VHS tedesca, quindi presumibilmente potrebbe trovarsi anche nella VHS italiana (chi ce l’ha, controlli per favore). Le versioni DVD e Blu-Ray di tutto il mondo, per quanto non censurate nella violenza, continuano a tenere una versione abbreviata del discorso di Pappagallo, il che ha portato Warner a dover fare un brutale taglia e cuci della traccia audio per il nostro paese.
Così ci siamo ritrovati una versione DVD in cui sentiamo:
– Ma ricordatevi, ricordatevi che per noi è molto più importante non perdere l’unico mezzo che ci permetterà di raggiungere il mare, lontano da quei maledetti selvaggi e ricominciare una nuova vita.
– Il mare è lontano 2000 miglia! Ma la benzina ci serve per salvarci la pelle.
– Ma dandola a loro non salveremo niente. E noi perderemo.
– Illuso. E tu moriresti per difendere che cosa?
E una più recente versione, andata in TV su Iris nel 2021 [questo è un aggiornamento dell’articolo] in cui sentiamo altri pezzi dello stesso discorso
– Ma ricordatevi, ricordatevi che per noi è molto più importante non perdere l’unico mezzo che ci permetterà di raggiungere il mare, lontano da quei maledetti selvaggi.
– Il mare è lontano 2000 miglia! Ma la benzina ci serve per salvarci la pelle.
– Ma dandola a loro non salveremo niente. E noi perderemo ogni speranza.
– Illuso. E tu moriresti per difendere che cosa?
In neretto ho inserito le parti che differiscono tra l’una e l’altra versione, entrambe purtroppo sono frammenti di un discorso più lungo. Questo è il risultato di edizioni Warner dove la parte video deriva da un’unica versione americana tagliuzzata (non cinematografica), del resto la Warner ha sempre e solo “appiccicato” la traccia italiana sul video americano che avevano a disposizione e questo ogni tanto ha portato a strani tagli laddove magari la versione americana differiva nel montaggio. Trovandosi per le mani dunque una versione americana più breve dell’audio cinematografico italiano, avranno dovuto tagliare e appiccicare in malo modo frasi non nate per essere tagliuzzate, introducendo anche un fuori sincrono fastidioso che ancora oggi persiste nelle versioni DVD e Blu-Ray.
Qui le versioni DVD e televisiva
E i tanti nomi storpiati del primo film dove sono finiti? Scomparsi nelle terre perdute.
Mentre il primo film era pieno di piccoli errori abbastanza curiosi, questo secondo capitolo è qualitativamente migliore dal punto di vista dell’adattamento. Difatti, data l’ambientazione post-apocalittica dove la vita non è data per scontata e i nomi importano poco (il cane di Mel in inglese era chiamato semplicemente “dog”, così come il bambino era chiamato “boy”), il film Mad Max 2 presenta pochi nomi stranieri e in generale pochi dialoghi (Mel Gibson apre bocca appena 16 volte), quindi anche meno occasioni di errori.
Voglio fare una piccola parentesi storica sull’adattamento e che deriva dalla mia conversazione con Carlo Marini:
È imperativo sottolineare che, come mi raccontava Marini, ai tempi di Mad Max, il ruolo del direttore del doppiaggio era quello di ricordare a memoria le intonazioni e le intenzioni delle battute originali, in modo da dirigere al meglio la recitazione dei doppiatori, i quali leggevano le loro battute italiane su un copione tradotto ma non avevano alcun ausilio audio.
Piccole variazioni sui concetti, sulla pronuncia dei nomi, etc… sono quindi da imputare, nel caso di film di quel periodo, non solo ad umani errori di chi traduce il copione originale, ma anche al fatto che non era disponibile l’audio originale da riascoltare prima di registrare la propria battuta. Gli anelli su cui registrare le battute doppiate difatti erano muti, stava al direttore “dirigere” gli attori su quella che si potrebbe definire una “tela bianca”, il tutto basato sulla memoria di ciò che era stato visto dal direttore in fase preliminare.
Ovviamente rimando all’intervista con Carlo Marini di prossima pubblicazione. Abbiate pazienza, a Doppiaggi Italioti abbiamo la mente più veloce delle mani. [aggiornamento: l’intervista è disponibile qui]
Molto comici però rimangono due piccoli momenti segnalati da un mio lettore: 1) la voce del ragazzo che nella notte dei preparativi per la partenza risponde “Bene, non ti preoccupare”, non può essere un vero attore! A detta di chi me l’ha segnalata “pare un commercialista genovese”; 2) l’assistente di Pappagallo che scivola clamorosamente sul romanesco dicendo “abbiamo perso altri otto uomini STAMMATINA”.
Conclusione
Per concludere, Mad Max 2 è un altro film adattato bene, pieno di voci dal familiare allo stranoto anche su ruoli minori, praticamente senza errori di traduzione (qualsiasi incongruenza è attribuibile a scelte di adattamento) e in questo caso ne consiglio la visione in entrambe le lingue perché, al contrario del primo film, i dialoghi qui sono comprensibili anche in inglese. Tuttavia, quando lo vedrete in italiano, fatelo come se steste guardando un vecchio western hollywoodiano doppiato in italiano, il film ne guadagna.
TITOLO ITALIOTA BONUS
Parlando di sequel apocrifi, nel 1983 qualche “indipendente regionale” ebbe la faccia tosta di prendere un film del 1977 chiamato “Speed Trap” e distribuirlo in Italia come SPEED INTERCEPTOR III (o “Speed Interceptor III°), cercando dunque di spacciarlo come il terzo capitolo della serie.
Confrontatelo con la locandina originale…
Fate un po’ voi.
Il vero terzo capitolo della serie con Mel Gibson sarebbe arrivato soltanto nel 1985 con il titolo di Mad Max – Oltre la sfera del tuono. Ma questa è un’altra storia.