Site icon Doppiaggi italioti

Doppiaggi perduti – Fritz il gatto (1971)

Locandina italiana di Fritz il gatto

Fritz il gatto, anche noto come Fritz il pornogatto, è per molti appassionati l’emblema dei danni che può fare un direttore di doppiaggio a cui viene lasciata massima libertà creativa di sconvolgere l’opera che dirige. So che qualcuno di voi sta già annuendo ed è inutile dirvi che tali stravolgimenti in realtà sarebbero spesso da imputare alla distribuzione italiana e non necessariamente a chi adatta e dirige il doppiaggio ma poco importa, il risultato finale è ciò che conta e Fritz il gatto è considerato, a ragione, uno dei peggiori adattamenti italiani mai realizzati, con un pesante uso di dialetti nostrani in sostituzione dello slang americano e battute alterate che stravolgono lo scopo stesso dell’opera, dal nominare Mike Bongiorno (già sentito in Flash Gordon) al lamentarsi dell’IVA.

Ma se vi dicessi che la “versione dialettale” tanto aborrita di cui tutti si lamentano non è altro che un ridoppiaggio?

Un ridoppiaggio “d’epoca”

Quello di Fritz il gatto sembrerebbe essere un caso più unico che raro nella storia del doppiaggio italiano. Chi lo vide alla sua uscita, nel 1972, testimonia un doppiaggio ben diverso, fedele alle intenzioni del regista Ralph Bakshi, senza dialetti e con il titolare protagonista doppiato da Giancarlo Giannini, come lo stesso Giannini confermò nel 2009 in un’intervista a La7 nel programma Niente di personale (al momento non più reperibile). Questo doppiaggio “normale” non fu mai più udito dal 1972.

Infatti, già nel 1973, quando la versione che definiremo “normale” ancora girava per le sale italiane, alla stampa arrivavano le prime segnalazioni di un nuovo doppiaggio demenziale che abbandonava la denuncia e qualsiasi parvenza di impegno sociale in cambio di un uso spropositato dei dialetti italiani e battute italiote mirate evidentemente ad un pubblico meno intellettuale.

Riporto qui un trafiletto de’ “L’Unità” del 1 febbraio 1973 dove il giornalista che si firma “g. f. p.” fa un preciso resoconto di ciò che stava accadendo alla distribuzione di Fritz il gatto sulla base di un’indagine del critico cinematografico Vittorio Albano de’ “L’Ora” di Palermo:

 

Per « Fritz il gatto » versione manipolata

Dalla nostra redazione
PALERMO, 31

Della edizione italiana di Fritz il gatto, il lungometraggio a disegni animati dello americano Ralph Bakshi, circolano sul mercato due diverse e praticamente opposte versioni: l’una (adoperata per le prime visioni) che ricalca correttamente la colonna sonora originale, rispettando l’ironia del velleitario inventore del cosiddetto « pornogatto »; e l’altra invece (rifilata al circuito secondario) che stravolge completamente il senso del film e appiattisce ogni cosa a livello dei peggiori sottoprodotti cinematografici, offendendo ogni criterio di buon gusto.

L’esistenza di due differenti doppiaggi – evidentemente realizzati dalla casa distributrice per giocare la carta « culturale » senza precludersi la possibilità più grossolana di imporre a settori di pubblico relegati in una sorta di lager del sottosviluppo mentale – è stata accertata dal critico cinematografico dell’Ora di Palermo, Vittorio Albano, sulla base della segnalazione di un lettore. Albano ha quindi effettuato un sommario raffronto tra le due colonne sonore, traendone una impressionante ed emblematica misura della opera di travisamento, di mistificazione e mercificazione clandestina del distributore su Fritz il gatto.

Nella edizione originale (e nel doppiaggio numero uno) il personaggio di Bakshi è una sorta di «contestatore » che nei bassifondi di New York viaggia attraverso droga e conflitti razziali, antisemitismo e violenza poliziesca, ipocrisie e mistificazioni in un universo assurdo e decadente che, secondo l’autore, costringe inevitabilmente alla evasione, all’erotismo appunto come fuga.

Nel doppiaggio numero due tutto questo sparisce (quindi via, ad esempio, tutte le battute più pungenti di Nixon, sul problema negro, sulle altre scottanti realtà USA), tutto tranne il sesso naturalmente, che viene condito di qualunquismo, di razzismo, di incredibili volgarità « comiche ». Così, i membri del Black Power sono trasformati in immigrati meridionali che si lamentano per l’IVA («che non è la Zanicchi, come la Vanoni non è l’Ornella »!), i poliziotti parlano in siciliano o in napoletano, la gatta-ragazza di Fritz è una piemontese nostalgica di Torino, la prostituta negra parla in emiliano, una cavalla in calore parla come Sofia Loren stile « pizzaiola », (e quando lo amante la sevizia, lei sbotta in un: « Carletto, abbiamo rotto i… ponti »), eccetera.

Insomma, a prescindere dal valore dell’originario Fritz come di qualsiasi altro film, c’è proprio da chiedersi con Vittorio Albano « in che modo gli autori di cinema vengano tutelati in Italia, se un intellettuale qual è Ralph Bakshi, velleitario finché si vuole, ma con pieno diritto di esprimere le proprie opinioni, può passare tranquillamente per un autentico imbecille »

g. f. p.

Le ragioni (presunte) del doppiaggio dialettale

Quando negli uffici del distributore Medusa si sono trovati Fritz il gatto tra le mani qualcuno avrà sudato freddo; essere il primo cartone per adulti garantiva di non poter attingere al salvadanaio e alle paghette dei marmocchi, quindi a chi venderlo… e come? Gli spettatori italiani maggiorenni di quel periodo storico erano divisi in due gruppi agli antipodi: gli intellettualoidi e i gonzi. Il guaio è che generalmente un gruppo ignorava i film destinati all’altro e ciò voleva dire previsioni di guadagni ulteriormente dimezzati.

Chissà chi avrà avuto l’idea geniale (se spuntasse fuori il nome vorrei stringergli la mano) di creare da subito due versioni diverse per soddisfare il maggior numero di spettatori italiani; due doppiaggi, uno destinato agli intellettuali, l’altro per gonzi!

Un’idea diabolica e persino comprensibile per l’epoca, solo che a noi, ai posteri, è arrivata solo la versione per gonzi!

Cosa sappiamo sul primo doppiaggio di Fritz il gatto?

Della versione “normale”, destinata al pubblico intellettualoide degli anni ’70, si sa ben poco ma alcune cose possiamo supporle con cognizione di causa. Certa è la presenza di Giancarlo Giannini che all’epoca lavorava con la C.V.D., la stessa società di doppiaggio in cui lavoravano anche Mario Maldesi, Fede Arnaud e Oreste Lionello. Purtroppo oggi rimangono in vita pochissime persone che nel 1972-73 lavoravano per la CVD.

In un articolo intitolato La radicalizzazione di Fritz il gatto (The radicalization of Fritz The Cat, Den of the Geek, 2016) l’autore Tony Sokol scrive:

c’è un aspetto di Fritz che mi ricorda Mimì in Mimì metallurgico ferito nell’onore, uscito lo stesso anno, il 1972, e diretto da Lina Wertmüller dove Mimì, interpretato da Giancarlo Giannini, si imbatte nella rivolusione ma ne esce corrotto.

Che un personaggio doppiato da Giannini possa ricordare il personaggio interpretato in un altro film… quando si dice le coincidenze!

Riguardo all’adattamento, in base alle reazioni riportate anche dalla stampa possiamo dire con assoluta certezza che la prima versione non facesse uso di dialetti alla ricerca di effetto comico spicciolo e che fosse quindi più fedele alle intenzioni originali del regista.

Al momento non ci sono prove dell’esistenza di versioni home video con questo doppiaggio.

Dove si trova adesso il doppiaggio originale di Fritz il gatto?

Tutte le riedizioni note di Fritz il gatto hanno il doppiaggio dialettale. Lo ritroviamo nella prima VHS Domovideo (databile marzo 1988), lo ritroviamo nella ristampa cinematografica del settembre 1994, quando tornò al cinema per il 25° anniversario con lo slogan “il ritorno del pornogatto” insieme ad un nuovo visto censura (non più VM18 ma abbassato a VM14), idem nella VHS datata dicembre 1995 della RCS che fa uso della locandina del 1994.

Del doppiaggio originale possiamo supporre che in qualche garage privato si stiano decomponendo le ultime rara copie in formato 35 mm di quelle prime visioni del 1972-1973 destinate ad un pubblico meno volgare. Non so se esistono riduzioni 16 mm e Super8 per questo film, se esistono può sempre darsi che siano state fatte a partire dalla seconda versione, quella dialettale.

Probabile situazione attuale dell’originale Fritz il gatto

È possibile che Medusa conservi un master della colonna sonora con doppiaggio originale nei propri archivi, ma più probabilmente è stato tutto gettato nel fuoco o è marcito. Mi dispiace concludere gli articoli con queste note di pessimismo ma le probabilità che esista ancora da qualche parte in buono stato di conservazione sono onestamente basse e non voglio darvi illusioni. Se volete assillare Medusa affinché le vada a cercare ditegli pure chi vi manda.

La versione per gonzi

Il doppiaggio dialettale di Fritz il gatto le spara grosse da subito quando, nel primo minuto di film, in cima ad un grattacielo di New York sentiamo questo scambio di battute tra un operaio barese ed uno toscano:


– Sai chi è arrivato dall’Europa? Ti ricordi Romeo, il gatto del Colosseo? Adesso si fa chiamare “il gatto Fritz”.
– Ma cosa tu mi racconti?

Invero, cosa mai ci stanno raccontando!? Vien da sé che Fritz parla in romano (con la voce di Oreste Lionello) e non so quanto seriamente fosse lanciato quel riferimento a Gli aristogatti – che potremmo quasi additare come istigatore di malsane trovate, avendo sdoganato l’idea che un gatto che parla romano possa far colpo sull’immaginario collettivo italiano (dell’uso dei dialetti ne’ Gli aristogatti ne abbiamo già parlato). Ogni altro personaggio newyorchese di Fritz il gatto è proposto in chiave italica, sfruttando tutti i dialetti esistenti con la scusa di aver spostato la trama a Little Italy e non più ad Harlem. Ma i dialetti non sono il vero problema.

 

Il problema è l’adattamento “comico” che punta a far ridere con quel genere di battute disarmanti da comici dilettanti. Perché, dopo tutto, il Fritz the cat originale di comicità non ne ha poi tanta, o per lo meno niente che vada oltre il farci sghignazzare in specifici momenti. Magari può far ridere (internamente) che i poliziotti siano letteralmente dei maiali, proprio negli anni in cui venivano chiamati “pigs” dai sessantottini americani, oppure possono far ridere delle singole battute, ma in generale i dialoghi di Fritz the cat non mirano mai a strappare alcuna facile risata. Di prettamente “comico” non ha nulla.

La versione per gonzi di Fritz il gatto invece decide di sfruttare le immagini che scorrono su schermo per creare un prodotto tutto ad uso e consumo del Bagaglino, così a tutti gli effetti diventa “il film animato del Bagaglino” perché l’adattamento sembra essere scritto dagli stessi autori di quel gruppo comico (presumibilmente Lionello stesso), un esperimento che poi verrà ripetuto pochi anni dopo per il film Monty Python e il Sacro Graal, già tristemente famoso proprio per il suo copione, adatto più alle routine “comiche” italiane di terz’ordine che ai rinomati comici inglesi.

il “facepalm” che ci accompagnerà per tutto il film

Se non vi foste ancora convinti che Fritz sia in realtà Romeo il gatto del Colosseo degli Aristogatti, il doppiaggio dialettale ce lo ribadisce una seconda volta quando Fritz, in un fuori campo, intona uno stornello

Lassateme passa’ / io so’ un Romeo / Sto qua perché me stava / pe crolla’ sopra er Colosseo

La vera trama (in breve)

Nella versione originale, Fritz è uno studente universitario in una New York della metà degli anni ’60 che, invece di studiare, preferisce spassarsela con droghe leggere e ragazze. Le sue peripezie da bianco privilegiato alla ricerca (mai molto sincera) di una qualsiasi causa sociale da combattere lo portano a indurre una rivolta ad Harlem e ad essere coinvolto in un’azione terroristica ad opera di sadici criminali neonazisti.

La trama gonza

Romeo, il gatto del Colosseo del film Gli Aristogatti, 50 anni dopo aver conosciuto la gatta Duchessa a Parigi, è sbarcato a New York dove si fa chiamare Fritz. È visibilmente invecchiato perché adesso il suo pelo si è ingrigito e non più arancione, ma riesce comunque a spacciarsi per uno studente universitario e fa strage di pollastrelle ingenue. Non sappiamo perché, ma negli oltre 50 anni che sono passati dagli eventi degli Aristogatti gli umani sono stati sostituiti dagli animali, che adesso lavorano in tutti gli strati della società – ma questi sono dettagli intuibili dalla battuta di apertura e mai esplorati veramente nel film.

Nelle sue avventure da studente svogliato, Fritz si rende conto di aver speso troppo per una prostituta e va ad incitare una sanguinosa rivolta per chiedere l’abbassamento dei prezzi delle prestazioni sessuali e la riapertura dei casini. Per scappare dagli sbirri che lo cercano, la fidanzata torinese gli propone di tornare in Italia (in automobile) promettendogli un posto alla FIAT ma Fritz fugge dalle sue responsabilità e, facendo l’autostop, finisce in una gang di motociclisti nazisti (ex-SS con tanto di accento teutonico che più ovvio non si può), questi useranno Fritz per un atto terroristico che consiste nel piazzare dei botti di capodanno in una centrale elettrica per farla saltare. Al risveglio in ospedale viene visitato da tutte le sue ex con le quali inizia un’orgia. Potremmo considerarla quasi una scena parallela al finale di Arancia Meccanica se Malcom McDowell cominciasse improvvisamente a strillare come Gene Wilder in Frankenstein Junior.

L’adattamento gonzo

Sentir parlare di “scioperi, scioperi, scioperi” nelle prime battute del film potrebbe dare l’illusione che con l’adattamento italiano di Fritz il gatto si vogliano contestualizzare i dialoghi alla situazione nostrana di inizi anni ‘70, il problema è che non basta dire “scioperi” per rendere i dialoghi intellettuali.

Il film, in lingua originale, apre in realtà con il monologo di un operaio (una registrazione “vera” catturata dalla strada dal mangianastri di Bakshi) che si lamenta di come sia inutile educare i propri figli alla vecchia maniera visto che alla fine la figlia ti si presenta comunque a casa con “un tizio”. Il pensiero semplice di un uomo qualunque che in italiano viene sostituito da un logorroico tentativo di ironizzare sul fatto che la notizia dei tanti scioperi è data da un programma che si chiama “Italia che lavora”. Cioè si va a cambiare le parole semplici dell’uomo comune, non sofisticato, in battute certamente artefatte ma più pedestri del discorso originale che quantomeno sembrava essere genuino. In altre parole la vera mediocrità dell’uomo della strada diventa l’accidentale mediocrità del comico “impegnato”.

Il target, dal film originale all’adattamento dialettale, è cambiato radicalmente, se il target è l’italiano medio che ride alle battute del Bagaglino.

“Secondo me i vaffa si sprecheranno”

La triste realtà è che i dialoghi italiani di Fritz il gatto fanno leva sulle peggiori banalità di cui il popolo disquisiva al bar dopo aver sentito di sfuggita il telegiornale. L’impegno politico in gran parte dei casi si limita a nominare più volte Settembre Nero, che in realtà serve da scusa solo per sottolineare la bruttezza di Golda Meir (per ben due volte) e far ridere il popolo dei baretti. Una donna brutta, ahah, che risate! Da qui a “culona inchiavabile” di berlusconiana memoria è proprio un attimo.

Tanto per rimanere su discorsi ad alta levatura, Fritz non si fida della pillola anticoncezionale (“vedi a fidasse della pillola?”) e poi, attaccato al culo di una donna, canta…

“tuppe tuppe marescia’, arapite so’ n’amico”

Questo per farci capire la finezza dell’adattamento italiano che cerca (e sottolineo cerca!) di far ridere in ogni singola battuta, aggiungendone di inedite e fuori campo anche quando in originale non ci sono dialoghi.
Ebbene, se farci ridere è lo scopo dell’adattamento italiano, esploriamo tutte le battute di Fritz il gatto per verificare quanto sia efficiente nel farlo. Se non lo faccio io in questo blog, non lo farà mai nessun altro. E quindi…

La dubbia comicità del Bagaglino

Le battute (completamente inventate di sana pianta) del doppiaggio dialettale di Fritz il gatto si possono dividere in due grandi categorie: quelle del tipo “non state ridendo?” e quelle del tipo “ma perché!?” ed eccovi le migliori. (Vi ricordo che sono battute inventate di sana pianta.)

 

– Fai le scale!
– Do, re, mi, fa…
– E non fare lo spiritoso!

Non state ridendo?


Evviva l’hashish! Evviva la Shishilia! (con cadenza siciliana)

Non state ridendo?


Ho fatto centro! Ho fatto centro! Che sur-cesso!

Non state ridendo?


Vuoi vede’ che so’ carabinieri? Si travestono sempre!

Ma perché?


Scena dei poliziotti in una sinagoga

Trattali bene, questi sono clienti.

Ma perché?


– Oh, qua s’è incendiato tutto. Quanto me dispiace… che m’è annato a fuoco pure l’indirizzo della casa squillo. Mejo chiamare li pompieri. Pronto?
– Pronto! (sempre Lionello, con accento “napoletano”)
– 
Accorete prontamente.
– 
Adesso non abbiamo macchine.
– Allora mandate qualcuno che c’ha freddo.

Non state ridendo?

Io non posso mollare questa città… perché non riesco ad attraversare la strada.

Mi sa che abbiamo trovato l’autore delle battute del Cucciolone.

Soli come uno scaracchio su un tombino.

La famosa solitudine degli scaracchi sui tombini (?). Mah.


Vieni dalla tua Sofia […] Carletto, guarda che a questo punto abbiamo rotto… i ponti.

Il riferimento è a Carlo Ponti, produttore cinematografico sposato con Sofia Loren. Ma perché?

Quando me ne sono venuto via dall’Italia, la FIAT era in crisi. E sapete perché? Perché dalla catena di montaggio era uscita una macchina uguale alla precedente.

Arriva dopo un po’ ma comunque non fa ridere. Non state ridendo?

Tu lo sai perché mettono tanti semafori? Perché hanno capito che con i semafori è l’unico modo per aumentare il verde in città.

Questa non la accetterebbero neanche per il Cucciolone.

– Ma te, scusa, hai capito la faccenda dell’IVA?
– Che dici dell’IVA?
– In CU-alche maniera sarà la diminuzione
– In CU-alche maniera sarà l’INCU-l’aumento
– Ma ci sarà qualcuno che ha capito la faccenda dell’IVA?
– Un sistema facilissimo. Mi’ zio c’è morto.
– In fatto de tasse io ho capito solo che l’IVA non è la Zanicchi… e l’Ornella non è la Vanoni.
– 
Ma che vuol dire IVA?
– Secondo me iva…
– Imposta sul valore aggiunto.
– Secondo me iva…
– Imposta sul valore aggiunto?
– E ME FATE FINI’??? Secondo me… i vaffa se sprecheranno!

 

Se non l’avete ancora capito, nel 1972 l’IVA era l’argomento caldo del momento, preda di facili battute, perché era stata appena introdotta! L’Unione Europea l’aveva suggerita in sostituzione della precedente e più complessa IGE anche se l’IVA è stata percepita come più ingiusta dal popolino. E l’autore dell’adattamento di Fritz il gatto era così compiaciuto da queste battute da bar che neanche quattro anni dopo le ripropose anche nel copione di Monty Python e il Sacro Graal.

E si suppone che l’autore sia proprio Oreste Lionello che in questi copioni riciclava il materiale dei suoi sketch comici del cabaret e ne era tanto affezionato che dal ‘72 ha continuato a riproporli per più di un decennio visto che nel 1983 al programma “Al Paradise” ancora ritornava la medesima battuta:

Più IVA. Che IVA? I va’ a morì ammazzati li devi mettere in conto

Quand’è che il troppo è troppo?

Ma torniamo al nostro adattamento per gonzi che inventa battute su battute mettendo completamente da parte il copione originale ed è così afflitto da horror vacui che, anche quando non ci sono dialoghi, la traccia italiana ne vomita in continuazione. Facessero mai ridere ne avremmo guadagnato qualcosa, ma è un copione pe’ fa’ ridere i gonzi e quindi giù di battute su donne brutte e froci. E come te sbagli?

‘Ndo stanno le femmine? Non è che poi arriva un frocio? Aò, mica voglio infrocia’ un frocio.

L’epifania rivoluzionaria post-canna che Fritz ha durante il rapporto sessuale con una prostituta di colore viene sostituita da Lionello con un…


Oh! Ora che me ricordo… a’mo pagato un sacco de sordi per ‘sta budellona.

Che classe quando la satira politica sui borghesi che si fanno prendere da smanie rivoluzionarie del momento cede il passo al denigrare le prostitute che si fanno pagare più di ciò che valgono! Ma ai gonzi fa ridere. E così invece di unirsi alla causa “nera” come nella trama originale, la rivolta del Fritz gonzo ruota intorno al prezzo delle prestazioni:


Rivolta! Rivolta! Popolo, basta con le battone da 120 a botta, e così che s’arza il costo de la vita. Qui come s’arza il pesce cresce la carne. Alla rivolta! Rivoluzione! Aprimo le case e chiudemo li marciapiedi. È ora de finlla di mantene’ i papponi. So’ loro che succhiano il sangue a ‘ste povere creature, alle mignotte. Essi sono mignatte, le mignatte delle mignotte!

Che sia un copione moderno e all’avanguardia ce lo ricorda anche la canzone del coro Cetra quando canta “tutte uguali queste donne, al momento di incastrarti sono sempre pronte a farti la promessa più solenne, ma poi quando hai detto sì, vedi che non è così. Tutte uguali queste donne, per avere da te tutto ti mentiscono di brutto, queste figlie di N.N., ma poi quando hai detto oui, cambian da così a così, ma poi quando hai detto ja hai finito di campa’, ma poi quando hai detto OK sono cavoletti tuoi”.

“U Maronna miiij!”

Quando la donna di un membro della gang di terroristi neo-nazisti viene pestata a sangue dal suo compagno e dagli altri membri della gang, la crudezza della scena (sangue a fiotti) viene smorzata dall’accento napoletano, e le offese originali rivolte alla gang sull’essere froci nazisti e omosessuali repressi (mentre loro la colpiscono a suon di catene di ferro) diventano “ricchione fallito”, “fetentone” e “voi non sapete come si tratta una donna”.
Questo non è adattamento, è istupidimento.

A questa scena segue Fritz/Lionello che canta (fuori campo) “fior di mimosa, si lui te mena nun fa’ a scontrosa. Tanto vedrai che prima o poi te sposa” per rincuorare la donna picchiata a sangue… e quando le mette una giacca sulle spalle per non farle prendere freddo non perde occasione (sempre e solo in italiano) per commentare sulla sua stazza: “mettiti ‘sta giacchetta. Ammazza che spalle! E quanto porta, 84?”. La cosa che rende gravi queste battute è che non hanno alcun corrispettivo in inglese, sono letteralmente aggiunte in momenti privi di dialoghi dell’originale. Dalle battute aggiunte è evidente la destinazione del prodotto, sono sicuro che molti gonzi hanno riso alla ridicolizzazione della donna corpulenta pestata a sangue. Porta la taglia 84 e il ragazzo l’ha menata…

Sul finale, quando Fritz è ricoverato all’ospedale (dopo che era stato sfruttato per piazzare un ordigno esplosivo ed era saltato in aria insieme alla bomba), lo va a trovare la napoletana di prima che gli parla dell’annosa questione dei “botti” a Napoli.

Insomma, questo film doppiato l’ho passato a setaccio ma di comicità non ne ho trovata. Le battute che ho riportato qui non sono che la punta dell’iceberg perché i dialoghi italiani in realtà sparano una cazzata al minuto, l’ho cronometrato facendone poi la media su un campione di minuti, è un vero record!

Doppiatori italiani di Fritz il gatto

Il cast di doppiaggio della versione dialettale di Fritz il pornogatto è scarsamente documentato (neanche una scheda sui principali siti enciclopedici sul doppiaggio) quindi abbiamo approfittato dell’occasione per confermare quel poco che era già noto da Wikipedia (4 voci) e per espandere la lista degli interpreti. Questa finora è la scheda più completa mai realizzata sul doppiaggio di questo film. Non ringraziateci tutti insieme.

Oreste Lionello: Fritz il gatto

Solvejg D’Assunta: prostituta (Big Bertha)

Giampiero Albertini: Ambrogio (Duke)

Renato Turi: poliziotto #1

Vittorio Di Prima: agente Nicolino (Ralph)

Claudio Capone: pappone di Bertha (Sonny)

Isa Di Marzio: corva che parla dell’IVA

Renato Cortesi: rabbino orbo/ “mandrillo” (formichiere) / “Carletto” (Blu il coniglio)

Willy Moser: corvo magro nel bar

Se volete segnalarci altri interpreti saremo felici di verificarli per voi, se possibile. Intanto adesso potete correre ad aggiornare la scheda sul sito antoniogenna.net.

Conclusione

Che questo film animato sia stato usato come mezzo per riciclare battutine e battutacce destinate al cabaret del Bagaglino è cosa ben più grave della semplice scelta stilistica di adoperare i dialetti italiani. Fritz il gatto e Monty Python e il Sacro Graal sono una pietra tombale su Oreste Lionello come dialoghista e adattatore (sempre che si tratti effettivamente di lavori suoi) che certo non intacca la sua meritata fama di interprete (tanti sono stati gli elogi a Lionello come doppiatore su questo blog) ma spinge a domandarsi: quali altri danni non documentati avrà fatto? I primi sospetti erano già venuti dalle tante scelte bislacche nel copione italiano di Ghostbusters II e sono certo che abbia curato anche adattamenti “normali”, ma se ne stanno accumulando troppi di tragici a suo nome.

Curioso poi che lo stesso Oreste Lionello si sospetti possa essere stato il dialoghista per entrambe le versioni, quindi sia del doppiaggio dialettale sia di quello “ufficiale”, come sospettano alcuni doppiatori che ho contattato alla ricerca di maggiori informazioni su questo film. Questa rimane al momento una mera supposizione.

Non ci sono mezzi modi per dirlo, Fritz il gatto va visto esclusivamente in lingua originale, se proprio vi interessa (di per sé non è proprio un capolavoro) perché il suo secondo doppiaggio — l’unico arrivato fino a noi — ci porta un film completamente diverso che ha solo le immagini in comune con l’originale e che al massimo potrei consigliare come un film di incoraggiamento per comici in erba, così che anche i peggiori possano dire: perfino io posso fare meglio di Fritz il gatto!

 

Ringraziamenti

Per le ricerche voglio ringraziare Francesco Finarolli (cinefilo e studioso di cinema), Leo (collaboratore di questo blog), Anton Giulio Castagna (direttore di doppiaggio), Melina Martello (doppiatrice e direttrice di doppiaggio), Antonio Luca De Tomaso (collezionista), Mauro Ferrari (collezionista).

Exit mobile version