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Indiana Jones e l’ultima crociata… questo doppiaggio dovrebbe stare in un museo!

Locandina italiana di Indiana Jones e l'ultima crociata

Per Indiana Jones quella del 1989 sarà stata anche l’ultima crociata, ma per me è stata la prima introduzione alla trilogia e il primo film posseduto in VHS (alla modica cifra di 49,900 lire dei primi anni ’90, facciamo come se fossero 50 euro oggi) ed è uno di quei film imparati ovviamente a memoria – battute, modo di recitare, voci, tutto! – così come successe pochi anni dopo con un altro film di Spielberg, Jurassic Park (di cui ho già parlato). L’adattamento e il doppiaggio di Indiana Jones e l’ultima crociata giocano nello stesso campionato di film come Jurassic Park e Batman (sempre del 1989), anche questo già approfondito da queste parti con grande apprezzamento degli addetti ai lavori. Riscoprire il terzo Indiana Jones oggi, dopo più di un decennio, ora che tra l’altro lavoro come dialoghista insieme ad alcuni dei protagonisti di questo stesso film (!), mi ha fatto riscoprire un doppiaggio che, senza esagerazioni, “dovrebbe stare in un museo“. E non lo dico per nostalgia, è un dato di fatto, doppiaggi così non si fanno più. Non perché oggi non ci siano doppiatori capaci, semplicemente non viene dato loro lo stesso tempo di lavorazione di 30 anni fa. Questa infatti è una delle rivendicazioni del recente sciopero dei doppiatori che dovrebbe interessare chiunque guardi film doppiati, soprattutto coloro che dicono “non ci sono più i doppiaggi di una volta”.

L’adattamento italiano di Indiana Jones e l’ultima crociata

Nel 1989 c’era ancora modo di lavorare come si deve e il terzo capitolo di Indiana Jones ne è l’ennesima riprova. Anche il suo adattamento è così ben fatto da rimanere invisibile ai più. Gli adattamenti buoni, come ho sempre detto su questo blog, restano invisibili. Sono l’ultima cosa che il pubblico nota e sono l’ultima cosa dovrebbe notare. Chi conosce questo film potrebbe non aver mai neanche pensato a Indiana Jones e l’ultima crociata come esempio di alcunché se non di un ottimo capitolo finale di un’amata trilogia scritto in modo brillante, tanto che per alcuni fan è diventato il capitolo preferito. Quanti terzi film di una trilogia possono dire lo stesso? Ebbene il copione italiano e la recitazione accompagnano alla perfezione la brillantezza del film.

Le battute memorabili si sprecano, ma qui approfondirò invece alcune delle curiosità sull’adattamento italiano che ho notato in questa recente rivisitazione. Tra queste, anche qualche svista ed errori che rimangono comunque marginali, perché quando abbiamo tra le mani la perfezione si può solo guardare al pelo nell’uovo. E in questo terzo Indiana Jones pure i peli sono buoni.

Il “mi arrangerò” di Indiana Jones (ricorrente solo in italiano)

L’intero prologo del film ruota intorno ad un Indiana Jones adolescente – interpretato dal compianto River Phoenix – che durante un’escursione con gli scout nel deserto dello Utah incappa in uno scavo illecito di un gruppo di tombaroli e tenta di impedire il furto di un prezioso artefatto, la croce di Coronado (inventata per il film). Gli sceneggiatori qui si divertono con la premessa di un giovane Indiana Jones, e fanno divertire anche i fan creando una serie di situazioni che spiegano come Indiana Jones sia diventato l’eroe che conosciamo dai precedenti due film: la caduta in un contenitore pieno di serpenti che dà origine alla sua ofidiofobia, il primo uso maldestro della frusta che porta alla ferita sul mento, l’abbigliamento di uno dei tombaroli (quello chiamato Garth o “Fedora”) che fa da prototipo per l’abbigliamento di Indiana Jones adulto, incluso il cappello di feltro che Indy riceve come premio di consolazione. Oggi questa cosa viene chiamata “origin story” ed è uno stratagemma narrativo abusatissimo di tanti “prequel” non richiesti, ma per l’epoca era ancora innovativo e con un precedente affine di pochi anni prima: il film Piramide di paura (Young Sherlock Holmes, 1985), che in maniera simile inventava un’apocrifa storia delle origini di Sherlock Holmes (autorizzata dai discendenti di Arthur Conan Doyle). Anche quel film è stato prodotto da Steven Spielberg e non credo che sia un caso.

Nella mini-storia delle origini con cui apre Indiana Jones e l’ultima crociata abbiamo una battuta che è un rimando a I predatori dell’arca perduta, ma è un rimando solo nella versione italiana. Viene fuori quando il giovane Indy dà istruzioni al compagno scout, Herman, di tornare in città ad avvertire lo sceriffo:

Herman: Tu cosa pensi di fare?
Indy: Non lo so, ma mi arrangerò.

Il rimando è al dialogo tra Sallah e Indy nei I predatori dell’arca perduta:

Indy: Io inseguo quel camion.
Sallah. Come?
Indy: Non lo so, in qualche modo mi arrangerò.

Ma come accennavo, è un rimando solo nel copione italiano, perché le due frasi in lingua originale sono diverse:

Herman: What are you gonna do?
Indy: I don’t know, I’ll think of something.
(Indiana Jones e l’ultima crociata, 1989)

Sallah: How?
Indy: I don’t know, I’m making this up as I go.
(I predatori dell’arca perduta, 1981)

I predatori dell’arca perduta (1981)

Non ci è dato sapere se la battuta nel terzo Indiana Jones sia un omaggio intenzionale al primo film oppure la semplice coincidenza di due frasi differenti che in fase di adattamento sono state tradotte con la stessa espressione italiana da dialoghisti diversi (Alberto Piferi nei Predatori, Roberto Rizzi nell’Ultima crociata). Ma certamente fa piacere constatare che in italiano questa battuta richiami il primo film più di quanto non faccia in lingua originale. Chi lo ha visto sempre in italiano potrebbe non aver mai notato che in origine non si trattava della stessa battuta, o magari questo rimando al primo film (voluto o no) è sfuggito completamente. Essere appassionato della trilogia di Indiana Jones in aggiunta all’essere esperto di adattamenti qui aiuta molto.

Il “son of a…” rimasto in inglese

Sembra che in italiano manchi una piccola battuta nel prologo del film e non se n’è mai accorto nessuno, bisogna avere l’orecchio per la lingua inglese per farci caso. La scena è quella del giovane Indiana Jones che, a bordo di un treno del circo, fugge dai tombaroli. Arrivato all’ultimo vagone, quello con l’insegna “Magic” (“Magico!”, cit.). Indy si nasconde nel baule da illusionista e quando il personaggio di Garth (doppiato da Marco Mete) si avvicina intimando a Indiana Jones di venir fuori, il baule si smonta rivelandosi vuoto. Indy in qualche modo è sfuggito. È qui che Garth esclama: “Son of a…!” (cioè “figlio di…!”). E questo “son of a…” lo sentiamo anche nella traccia italiana.

“Son of a…!”

Si tratta per caso dell’ennesimo caso di frammento audio perso in una riedizione moderna del film? Del resto, abbiamo già trovato casi simili in film altrettanto famosi come Batman, Dracula di Bram Stoker, Terminator…, tutti film che in DVD e Blu-Ray si perdono dei pezzi di audio del doppiaggio italiano, quindi non sarebbe una sorpresa. Avendo visto L’ultima crociata nella sua versione più recente, l’edizione 4k, sono andato a verificare la stessa scena sulla piattaforma di streaming Disney+ trovando anche lì lo stesso “son of a…” nella traccia italiana. Sono poi passato alla prima edizione DVD, e anche lì la battuta rimane in inglese. Per completezza ho tirato fuori la mia VHS da 49,900 lire – solitamente l’ultimo formato ad avere l’audio cinematografico inalterato – e anche in VHS ho sentito il “son of a…!”. Era mia ipotesi che la battuta fosse semplicemente sfuggita a chi ha trascritto i dialoghi in inglese e che di conseguenza fosse sfuggita anche al dialoghista, scambiata per una reazione di rabbia (per gli addetti ai lavori: un “verso”).

Ma si tratta davvero di una battuta che non è mai stata doppiata? L’amico Andrea Ciaffaroni — che ha accesso ad una copia del copione italiano destinato ai doppiatori — conferma la presenza della battuta “Figlio di puttana!”. Quindi è molto probabile che sia stata doppiata e che al cinema questa battuta fosse presente. Non è chiaro perché sia andata perduta già ai tempi della prima VHS. Ad oggi non è presente in alcuna edizione home video e si tratta a tutti gli effetti di un pezzo di doppiaggio perduto per sempre che potrà essere ritrovato soltanto recuperando la pellicola 35mm.

Una mancanza che non ha portato alcun danno, visto che finora nessuno aveva mai notato questa battuta lasciata in inglese, scambiata probabilmente per verso di stizza dallo spettatore italiano. Ma adesso che sapete cosa sentire ce lo sentirete anche voi.

“Allora, piccolo, esci dal baule, avanti! Son of a…”

Dal labiale si può anche notare che sul set l’attore aveva esclamato “son of a bitch!” per intero. Ma in fase di missaggio audio hanno coperto con la musica quel “buona donna” finale. 😉
Un grazie ad Andrea che nei commenti a questo articolo ha gettato un po’ di luce sui dietro le quinte e su questo buco audio.

Doctor Jones diventa Professor Jones

Si può notare in questo terzo capitolo una scelta deliberata del dialoghista di tradurre sempre “Doctor Jones” come “Professor Jones”, mentre in tutti i precedenti film era sempre stato “dottor Jones”. Per quanto accurato (di fatto Indiana Jones è un professore di archeologia), mi sfugge la logica di questa scelta. Ho pensato inizialmente che potesse essere dettata dell’esigenza di non rovinare la sorpresa del “professor Schneider” (“doctor Schneider” in inglese) che si rivela poi essere una donna, perché avrebbe dovuto chiamarsi “dottoressa” e non “dottore”, ma non potremmo dire lo stesso di “professor”? Questa non può essere la spiegazione. Dunque posso solo arrivare alla conclusione che la scelta di cambiare dottore con professore sia una preferenza personale del dialoghista.

Questo cambio da “doctor” a “professore” però porta a far scomparire in italiano la piccolissima battuta che Donovan fa all’ufficiale delle S.S. in riferimento alla professoressa Schneider: “Always do what the doctor orders.“, che in inglese suona come un invito a seguire “gli ordini del dottore”, quindi come si dice per le indicazioni di un medico (es. nelle frasi tipiche come “non te l’ha mica ordinato il dottore…”). Nel doppiaggio italiano diventa “Faccia sempre quello che ordina il professore.“, quindi una traduzione che non tiene conto di questo doppio senso ironico, perché avendo sostituito tutti i “doctor” con “professore”, la battuta in questione non può funzionare allo stesso modo.

 

“Sto sorvegliando il tavolo”, una svista nella traduzione

Tutti gli scambi di battute tra Indiana Jones e il padre, Henry Jones (Sean Connery doppiato da Pino Locchi), sono spassosi in entrambe le lingue, con alcune frasi di Sean Connery recitate in modo più divertente in italiano ed altre che restano più divertenti in inglese, e per questo vi esorto almeno una volta a guardarlo anche in lingua originale. Tra le mie preferite c’è quel “Magnifico!” di Pino Locchi su Henry Jones quando Indy dice al padre di usare l’accendino per bruciare le corde con cui sono stati legati alla sedia nel castello di Brunwald.

“Magnifico!”

Questo è l’inizio di una delle sequenze più comiche del film, in cui la totale inadeguatezza del padre di Indy per qualsiasi impresa avventurosa porta alla caduta dell’accendino, all’incendio del tappeto e poi dell’intero salone. Quindi complicando ulteriormente situazioni già critiche.
La scena è resa comica dalla reazione diametralmente opposta dei due personaggi: il padre che con estrema calma esclama: “Devo dirti una cosa. Il pavimento brucia. Vedi? E anche la sedia.” e la reazione di immediato panico di Indiana “Moviti! Muoviti! Forza!“.

È qui che Henry Jones, guardando l’incendio che si propaga, aggiunge:

Sto sorvegliando il tavolo.

Frase che ho sempre trovato comica ma un po’ inspiegabile, o almeno, lo è stata fino all’uscita di Indiana Jones in DVD nel 2003, quando finalmente ebbi modo di vederlo in inglese per la prima volta. Nessuno ne ha mai parlato prima d’ora quindi lo faccio io. La frase originale è:

It’s scorching the table.

Letteralmente “(il fuoco) sta bruciando il tavolo”, ma nel contesto di questa scena potrebbe essere tradotto semplicemente come “sta arrivando al tavolo”. Allora perché è diventato “sto sorvegliando il tavolo”? È una modifica strana in un copione che per il resto viene adattato sempre alla perfezione. La mia spiegazione (inedita) è che sia dovuto ad un errore di trascrizione, a monte del processo di adattamento in italiano. Nella scena in lingua originale infatti, per via dei tanti rumori e della musica, potrebbe sembrare che Henry Jones dica effettivamente: I’m watching the table, che per l’appunto si traduce molto bene con “sto sorvegliando il tavolo”. Questa svista in fase di trascrizione dei dialoghi originali (di solito fatta da persone che hanno questo specifico incarico, e non dal dialoghista) ha plausibilmente portato a quel “sto sorvegliando il tavolo”.

Un errore che però regala una battuta in più nel copione italiano. È una battuta comunque fedele al personaggio del padre impacciato che sentendosi impotente davanti all’incendio da lui stesso creato risponde all’esortazione a muoversi con un “sto sorvegliando il tavolo”, come a dire “anche io sto facendo qualcosa” e giustificare il perché non si muovesse celermente. Così almeno ho sempre interpretato questa battuta che rimane tra le mie preferite in italiano, anche se completamente inventata a derivante da un (umanissimo) errore di ascolto.

Ancora una volta potreste chiedermi: ma ai dialoghisti non viene fornito il copione originale? Ce lo eravamo già chiesti per uno dei seguiti di Halloween dove il “festival di Samhain” diventava “la festa di Lussawan” e la risposta che vi posso dare è sempre la stessa: magari ci fornissero i copioni originali! Da dialoghista confermo che non è mai il caso. Non lo è adesso come non lo era nel 1989. Piuttosto ci sono delle figure “intermedie”, diciamo così, che trascrivono le battute sentite nel film e ricreano il copione in inglese che poi qualcun altro (il dialoghista) adatterà in italiano. Capite dunque che, per quanto sia raro che sviste simili arrivino fino all’adattamento, l’errore umano è sempre dietro l’angolo, soprattutto in scene molto rumorose. E può succedere che il dialoghista si fidi un po’ troppo dell’orecchio di chi ha trascritto i dialoghi originali. Ed è così che un fuoco che “sta arrivando al tavolo” diventa un “sto sorvegliando il tavolo”. Se non ve le racconto io queste cose…

“Aaaand the chair!” (battuta da ascoltare in inglese)

“Ehi, torna indietro!”

Durante il prologo c’è una frase urlata a pieni polmoni da Vittorio Stagni, il doppiatore del giovane tombarolo chiamato Roscoe che grida: “Ehi, torna indietro!” (Hey, come back here!). In quel momento però né Roscoe né nessun altro dei tombaroli apre bocca.

I tombaroli chiamati: ‘Half Breed’, Garth alias ‘Fedora’ e Roscoe

E questi sono problemi che emergono soltanto ad una visione in alta definizione UltraHD perché chi cavolo l’ha mai vista la bocca di personaggi ripresi così da lontano in VHS o in DVD?!? Ma neanche in sala nel 1989 godevano della definizione che oggi possiamo avere in tutta comodità nel nostro salotto di casa. Anche in inglese quella battuta è aggiunta fuori campo, ma non si nota perché casca proprio su un cambio di inquadratura. In italiano invece arriva molto prima, rendendo questa aggiunta posticcia ancora più palese, ma solo oggi, in 4k e più di 30 anni dopo!

“Più vicini di così, si muore!”

Un altro di quei momenti che non possono non strappare una risata, soprattutto nella versione italiana, arriva durante la fuga dei due Jones, padre e figlio, a bordo di un’auto mentre due caccia della Luftwaffe cercano di sforacchiarli. Dopo lo scambio di battute “Tutto ciò è intollerabile!” / “E anche molto vicino!“, uno dei caccia all’inseguimento finisce per imboccare un tunnel insieme all’auto, diventando così un bolide in fiamme che sorpassa l’auto a pochi centimetri di distanza per poi esplodere poco dopo.

Scampato questo pericolo, Henry Jones ride dicendo “well, they don’t come any closer than that!” (essenzialmente un “più vicini di così è impossibile”), adattata alle perfezione con “più vicini di così, si muore!“. Quasi in risposta a questa battuta, l’altro caccia di cui ci eravamo temporaneamente dimenticati sgancia una bomba che emette il classico fischio da cartone animato ed esplode sulla strada davanti a loro, aprendo una voragine in cui si schianta l’auto dei due Jones.

Originale: Well, they don’t come any closer than that!
Doppiaggio: Più vicini di così, si muore!

E quanto è familiare in italiano questa espressione che, seguita dal comico sgancio della bomba, rende quel “si muore” (assente nell’espressione inglese) ancora più comico. Motivo per cui funziona molto meglio in italiano. È simpatica in inglese, divertente in italiano.

E carro tanke! / Ah, bitte!” – Adattare anche l’impossibile… con stile

Sultano: …desert vehicles and tanks!
Donovan: You’re welcome.

Sultano: …veicolo di deserto e carro tanke!
Donovan: Ah, bitte!

In cambio di un’automobile di lusso, il sultano della Repubblica di Hatay offre ai nazisti provviste, rifornimenti, auto e addirittura un carro armato. In inglese Donovan lo prende un po’ in giro con un “you’re welcome” (ovvero “prego” in inglese) in risposta a quel “tanks“, cioè carro armato detto con una esse di troppo di una pronuncia imperfetta che lo fa sembrare “thanks” (=grazie). È una risposta scema come tutte quelle di Donovan, ma fa capire il personaggio e in italiano è stata adattata, perché ovviamente non avrebbe avuto senso sentire “prego” in risposta a “carro armato”.

Quindi hanno lasciato la parola “tank” con l’aggiunta di una “e” finale per renderlo simile al “danke” (grazie) tedesco – e hanno usato “bitte!” (prego) come risposta per far capire la battuta. Ci ricorda e sottolinea inconsciamente che l’americano Donovan è un collaborazionista dei nazisti. Alla fin fine, in entrambe le lingue risponde con un “prego” preservando la battuta. Per chi fa questo mestiere, queste gag basate sulla lingua sono delle trappole mortali e il dialoghista qui se l’è cavata nel migliore dei modi e con stile. La bravura dei dialoghisti sta anche nel farsi venire in mente questo genere di soluzioni.

“Dovrebbe stare in un museo!”

Quanti terzi film di una serie possono dire di aver generato frasi che rimarranno nella cultura popolare per sempre? Indy dice “dovrebbe stare in un museo” (it belongs in a museum) per la prima volta solo nell’Ultima crociata. Eppure è tra le frasi più memorabili quando si ripensa al personaggio. Chi conosce il film a memoria come me, sa anche la risposta che segue:

E così lei!!!

E così lei!” risponde l’odioso personaggio chiamato “Panama”, doppiato da un bellissimo Sandro Sardone. Pochi istanti dopo urlerà comicamente “uaargh!” quando viene menato da Indiana Jones [nota: l’urlo che sentiamo in italiano è quello dell’attore in lingua originale, ma la sua voce è identica a Sandro Sardone che infatti è perfetto su quel ruolo ]. Questo film regala gioie anche nelle piccole cose.

Ma bando alle ciance, ché di citazioni da questo film si potrebbe scrivere un intero articolo. Veniamo alla scheda di doppiaggio e concludiamo questa esplorazione nelle curiosità dell’adattamento italiano di Indiana Jones e l’ultima crociata.

Scheda di doppiaggio di Indiana Jones e l’ultima crociata

Direttore di doppiaggio: Manlio De Angelis

Dialoghista: Roberto Rizzi

Studio di doppiaggio: C.D.C.

Supervisione all’edizione italiana: Claudia Gvirtzman Dichter

Il cast di doppiatori

Michele Gammino: Henry Jones Jr. alias Indiana Jones (Harrison Ford)
Pino Locchi: Henry Jones (Sean Connery)
Sergio Tedesco: Marcus Brody (Denholm Elliot)
Fabio Boccanera: Indiana Jones da giovane (River Phoenix)
Isabella Pasanisi: Elsa Schneider (Alison Doody)
Renato Mori: Sallah (John Rhys-Davies)
Cesare Barbetti: Walter Donovan (Julian Glover)
Francesco Vairano: Colonnello Vogel (Michael Byrne)
Nino Prester: Kazim (Kevork Malikyam)
Giorgio Piazza: il cavaliere del Graal (Robert Eddison)
Marco Mete: Garth alias ‘Fedora’ (Richard Young)
Vittorio Stagni: Roscoe (Bradley Gregg)
Franco Chillemi: Sultano di Hatay (Alexei Sayle)
Max Turilli: Ufficiale delle SS (Luke Hanson)
Sandro Sardone: “Panama” (Paul Maxwell / Tim Hiser)
Cristina Boraschi: Irene (Julie Eccles)
Lucio Saccone: Signor Havelock (Larry Sanders)
Claudio Fattoretto: “Half-breed” (Jeff O’Haco)
Vittorio De Angelis: agente tedesco a Iskenderun (Wayne Michaels)

La scheda di doppiaggio dei titoli di coda di Indiana Jones e l’ultima crociata. Dalla mia copia VHS.

Alcune note sui doppiatori

Rispetto ai predatori dell’arca perduta è da notare il cambio di “Sergio” su Marcus Brody, da Sergio Rossi che lo doppiava nei Predatori a Sergio Tedesco nell’Ultima crociata. Ritorna invece Renato Mori su Sallah, un abbinamento che rimarrà indiscusso anche decenni dopo, con il nano Gimli nel Signore degli Anelli e praticamente fino alla scomparsa di Mori. Ovviamente torna Michele Gammino su Harrison Ford, dopo quella parentesi di Indiana Jones e il tempio maledetto in cui era doppiato da Luigi La Monica e che dopo cinque capitoli possiamo dire essere stata l’anomalia della serie. Ma questo lo potevamo dire già al terzo capitolo. Il pubblico italiano associa Harrison Ford alla voce di Michele Gammino, difficile negarlo. Con tutto il rispetto per Luigi La Monica, che secondo me ha fatto comunque un ottimo lavoro sul Tempio maledetto, l’abbinamento Ford-Gammino è una di quelle combinazioni riuscitissime nel mondo del doppiaggio italiano che viene da domandarsi: perché pensare di cambiarlo?
Ultima nota curiosa: Vittorio Stagni (voce di Lord Casco in Balle spaziali, Dennis Nedry in Jurassic Park, etc) all’età di 52 anni doppia il tombarolo adolescente Roscoe, interpretato da un attore 23enne. Quell’uomo poteva tutto.

In conclusione

I fan più arditi dei Predatori dell’arca perduta forse non hanno mai amato la svolta “comica” dei seguiti di Indiana Jones, in particolare di questo terzo capitolo che trasforma Marcus in un buffone che si perde nel suo stesso museo. È anche il capitolo che dà a Indy il nome di un cane, non dimentichiamolo. La locandina stessa avrà fatto storcere qualche naso all’epoca con quello slogan “questa volta si porta papà” [perfetta traduzione di This time, he’s bringing his Dad], ma non si può negare che questo film sia puro divertimento dall’inizio alla fine. Ed è divertimento voluto, a differenza delle cose imbarazzanti che sarebbero arrivate 20 anni dopo e che fanno ridere non intenzionalmente. Che sia del tutto intenzionale lo sa Spielberg, che mette in scena una perfetta “buddy comedy” con due personaggi agli antipodi come l’avventuriero Indy e il padre-topo di biblioteca, lo sa lo sceneggiatore che scrive loro le battute – una più memorabile dell’altra – e lo sa persino l’effettista dei suoni, che in questo film monta più volte effetti sonori presi dai cartoni animati (e forse non ci avevate neanche mai fatto caso).

In questa armonia di intenzioni, che oggigiorno sembra essere diventata dannatamente impossibile da ottenere dai film di Hollywood, l’adattamento italiano lavora in concerto con gli autori e lo stesso fa anche il doppiaggio che – porcaccia la miseria – è perfetto in ogni battuta, intonazione, appoggio, accento… con i migliori doppiatori per quei personaggi; è un altro di quei doppiaggi che oggi sarebbero impossibili da replicare, per i motivi già detti all’inizio. Il miglior epilogo possibile della saga di Indiana Jones, adattato e doppiato al meglio delle possibilità, con piccole sviste perdonabili.

Non è bello quando le TRILOGIE… finiscono??

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