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Robocop (1987) – Una recensione piena di parolacce


Inutile che cominci a parlarvi di RoboCop descrivendone l’impatto culturale, le sue metafore, le curiosità e tutto ciò che viene ormai snocciolato dal 1987 ad oggi da parte di critici cinematografici e appassionati vari. Vi dirò soltanto che è un vero film di culto degli anni ’80, ancora oggi largamente apprezzabile e per molti versi profetico.

Personalmente, non vedevo i film di RoboCop da quando ero moooolto più giovane e ricordavo di averli adorati all’epoca ma poi, dopo la metà degli anni ’90, non li ho più rivisti fino ad un mese fa. Contro ogni mia aspettativa li ho ritrovati migliori di quanto mi ricordassi e di quanto mi aspettassi.
Sono affezionato anche al secondo film, nonostante i suoi momenti cartoneschi (i fan della serie si dividono su questo film, chi lo ama e chi invece accetta solo il primo), ma non ho avuto il coraggio di rivedere il terzo film né la serie TV, quindi ignorerò questi ultimi per ora e vi parlerò dell’adattamento italiano del primo RoboCop.

L’uscita del recente rifacimento, infatti, mi ha stimolato a rivedere i primi due film per poi affrontare il nuovo a denti stretti (a denti stretti perché mi aspettavo un disastro). Già, perché dal 2014 hanno “resettato” la serie proponendo un “remake” del primo film! Com’è il nuovo RoboCop, vi starete chiedendo? Sorprendentemente ben fatto… nonostante vi abbia spinto a pensare l’opposto con la vignetta di apertura. Per alcune cose, piccole trovate, persino migliore dell’originale (pur piazzandosi tranquillamente tra “l’anonimato più totale” e il “per niente memorabile”)! Non avrei mai immaginato di potermi spingere a dire tanto. Non so come abbiano risposto pubblico e critica al remake ma so che per molti il mio complimento a “RoboCop 2014” sarà una bestemmia! Eh be’… ‘sti cazzi.


Ma parliamo di RoboCop del 1987 di Paul Verhoeven… partendo dal titolo.

 

Il falso titolo italiano: RoboCop – Il futuro della legge

Secondo i siti web IMDb e Wicchipidia (che sicuramente si rifà alle informazioni trovate su IMDb) il titolo italiano del primo RoboCop sarebbe ufficialmente: RoboCop – Il futuro della Legge.

*Pausa riflessione*

Voi negli anni ’90 lo avete mai sentito con questo “sottotitolo“? Nemmeno io. Difatti non è un sottotitolo, bensì un semplice slogan stampato sulla locandina del film e scambiato, a posteriori, come facente parte del titolo. L’errore, quasi sicuramente, origina dal fatto che lo slogan sia stato messo così vicino al titolo da sembrare, effettivamente, parte di esso ed è evidente che di errore si tratta quando andiamo a vedere l’identica locandina americana, il cui motto è appunto: “The future of Law Enforcement“.


Il motto in questione, tra l’altro, è una citazione dal film stesso, origina da una frase che nel doppiaggio italiano è stata tradotta come “il futuro dell’applicazione della legge“. A conferma di ciò che dico, cioè che il titolo italiano non ha mai incluso “il futuro della legge” c’è il sito ItaliaTaglia.it dove sono consultabili i visti censura di tutti i film arrivati al cinema, incluso il titolo ovviamente, lì potrete trovare conferma che il titolo italiano ufficiale è semplicemente “RoboCop”, senza futuri.
Cari disinformati di IMDb e cari pappagalli che scrivete su Wikipedia, già che ci siamo, perché non lo ri-titoliamo così…

RoboCop – Il Futuro della Legge… Parte uomo, parte macchina, tutto poliziotto

Sembra un titolo anni ’70 che potrebbe ricordare un po’ Cyborg anno 2087 metà uomo metà macchina… programmato per uccidere.

Adattatemi tutto, ma non il mio Breil

Nei primi minuti del film, la multinazionale O.C.P. ci viene presentata durante un telegiornale:

il sindacato di polizia accusa il “Prodotti dei Consumatori Omni“, l’OCP, l’azienda che recentemente…

la frase originale era…

Police union leaders blame “Omni Consumer Products“, OCP, the firm which recently…

Sebbene io apprezzi sempre gli sforzi di adattamento che venivano proposti fino agli anni ’90, trovo che tradurre “Omni Consumer Products”, ovvero il nome di un’immaginaria azienda multinazionale, sia non solo una scelta discutibile (dovremmo davvero credere che una mega corporazione americana abbia un nome in italiano? Sarebbe come tradurre “Burger King”) ma anche controproducente dato che, per capirla, potrebbe essere necessario un bel “rewind” (impossibile al cinema), tanto era veloce nell’enunciazione da parte del giornalista! La prima cosa che la mente dello spettatore capisce nel sentire quella frase è che “il sindacato di polizia accusa i prodotti dei consumatori (?)” e poi una lista di altre parole apparentemente slegate – omniocpl’azienda…!

Nel secondo film, al telegiornale dicono “Vogliono forzare la mano alla “Omni Consumer Products”, la OCP“. Questa è una traduzione non solo corretta ma anche più comprensibile.

Una scelta di adattamento che invece apprezzo e che non vedrete mai più (perché adesso va di moda il “tutto-in-inglese! Tutto-in-inglese!“) è il nome del robot ED-209 che, in inglese, viene presentato come “Enforcement Droid series 2-0-9“, mentre in italiano è stato adattato in “Elemento Droide serie 2-0-9“. In tempi come i nostri, dove persino Capitàn America viene chiamato CAPTEIN AMERICA per rispettare il nome originale, questi piccoli dettagli da adattamento anni ’80 fanno quasi commuovere.

“NUCLEARIZZALI!”… Un gioco per famiglie! (non è una citazione dal film)

Cose che in italiano non capirete

Sebbene in molti non siano destinati a capire l’ironia di certe pubblicità che compaiono in RoboCop, come ad esempio la reclame dell’automobile SUX 6000 che vanta consumi da 3,5 km per litro e che in inglese si legge “sucks” (ovvero “fa schifo“), c’è ancora tanto da apprezzare nel doppiaggio italiano dei primi due film della serie. Questi, infatti, sono così pieni zeppi di satira e ironia che, anche perdendosi alcuni riferimenti e battute, se ne può ancora apprezzare tranquillamente il resto senza che l’impatto culturale del film nel suo complesso ne venga edulcorato.

Ma, invece di elencare quel che c’è di buono nella versione doppiata di RoboCop (e ce n’è tanto), mi imbarcherò in una piccola lista di cose che probabilmente non avete capito in italiano e, posso preannunciarvi già da adesso, finirò l’articolo con un solo, unico, lampante, incontrovertibile e inoppugnabile motivo per il quale, nonostante piccoli difetti, questo film (in italiano) è superiore alla versione in lingua originale… ebbene sì! Tutto ciò esclusivamente per una scena sola. Ma non andate a sciuparvi il finale come avete fatto con l’ultimo libro di Harry Potter. arrivateci per gradi.

Questa è una lista di piccole cose che potrebbero esservi sfuggite:

1) Stronzo, di nome e di fatto
Uno dei “cattivi” del primo RoboCop è Richard Jones, il vice-presidente della OCP, che tutti chiamano con il suo abbreviativo, “Dick” Jones (in inglese Richard diventa Dick, così come a Napoli il nome Raffaele viene abbreviato in “Lello”). Questo abbreviativo è sempre stato fonte di ironia per gli americani in quanto “dick” vuol dire anche “cazzo”, come nell’offesa “testa di cazzo” (dick-head).

Basti pensare ad una battuta abbastanza memorabile nei dialoghi originali di “Die Hard 2” dove la moglie del protagonista si rivolge con ironia all’arrogante giornalista “Dick” Thornburg dicendogli: “Listen, Dick. That is your name? …Dick.“, che in inglese sa tanto di offesa e strappa una risata, diventando anche una degna citazione ed un momento molto atteso dagli americani che si riguardano il film. Il nostro “Senta Dick. È così che si chiama… Dick?” purtroppo manca di quel doppio senso che equipara l’abbreviativo di un nome ad un’offesa in stile “cazzone!”.

Una battuta identica c’è anche in RoboCop, quando il giovane dirigente Bob Morton si confronta con Dick Jones e gli dice “il vecchio credeva che fosse abbastanza importante… Dick!
Detto poi con questa faccia da schiaffi:

Bob Morton che da del “cazzone” al signor “DICK” Jones

Dick Jones (la cui foto è a seguire) è memorabile proprio per questo suo nome. Nessuno ricorda il vero nome dell’attore! Dal 1987 lui è conosciuto come “Dick Jones”, lo stronzone Jones, e ritornerà pochi anni più tardi in un altro film di Paul Verhoeven, Atto di forza, in un ruolo quasi identico, quello dello stronzone.

2) Se il caldo non vi piace…
Sempre Dick Jones compare in un’intervista televisiva dove risponde alle accuse rivolte all’OCP da parte del sindacato di polizia dopo la morte di alcuni agenti:

“Stronzone” Jones

Chi si arruola è consapevole che vi sono alcuni rischi inerenti al lavoro svolto sul territorio. Qualsiasi poliziotto ve lo dirà… e se il caldo non vi piace non state in cucina.

Quest’ultima battuta è risultata a me chiara solamente dopo aver ascoltato il dialogo originale: “If you can’t take the heat, stay out of the kitchen“. Si tratta di una vecchia frase idiomatica statunitense (attribuita al Presidente degli Stati Uniti Truman) il cui significato è riassumibile con un “chi non sa reggere sotto pressione, non dovrebbe trovarsi in quella posizione, ma dovrebbe togliersi dai piedi”.

Dubito che in Italia questa battuta di Truman sia nota ai più e tanto valeva adattarla diversamente, in maniera da renderla un po’ più comprensibile, invece di tradurla alla lettera (per curiosità, l’aforisma è storicamente tradotto come “se non tolleri il calore, stai alla larga dalla cucina“). Difatti alla parola “calore” o “caldo” in Italia non associamo di certo concetti come “tensione” oppure l’essere “sotto pressione”, quindi quel “se il caldo non vi piace, non state in cucina” mi è sempre sembrata una battuta fuori contesto e senza molto senso, se avesse detto “buona la mela, sana la pera!” avrei riso ugualmente. Ancora meglio: “se non tolleri il calore, stai alla larga dal radiatore“.

Ma in fin dei conti, sia in italiano che in inglese si ride quasi per lo stesso motivo, il sentire un importante dirigente che risponde ad una serie di gravi accuse con una frase da saggezza popolare spicciola del calibro di “chi ha il pane non ha i denti” o, nel caso dei dialoghi originali, con un aforisma storico decontestualizzato.


3) La schifomobile deluxe
Il film è celebre anche per alcune finte reclami e la più memorabile di queste è proprio quella dell’automobile SUX 6000 di cui parlavo prima. Nella pubblicità vediamo un dinosauro che sparge terrore in città finché non viene fermato dalla vista dell’auto SUX 6000 che, in realtà, solo per quella scena, viene chiamata “6000 SUX”. Il motivo di questa variazione sembra essere una voluta presa di giro nei confronti della Pontiac 6000 che all’epoca era in diretta concorrenza con la Ford Taurus, ovvero il modello della Ford utilizzato nel film per le auto della polizia di Detroit. La pubblicità “6000 SUX” è da leggere praticamente come “la 6000 fa schifo” (6000 “sucks”!) ma anche ma anche “che succhia” benza (grazie al lettore Mostro Joe da Twitter per questa aggiunta). Sembra che alla General Motors, produttrice della Pontiac, non abbiano apprezzato per niente la battuta.


Un altra cosa che in italiano forse alcuni non potranno apprezzare è l’affondo alla società americana di fine anni ’80, i cui sogni di benessere capitalista erano crollati insieme alla borsa:

It’s back. Big is back. Because bigger is better. 6000 S-U-X, an American tradition.

Letteralmente è traducibile come: “è tornata! La moda del “grande” è tornata. Perché più grande è meglio!“. Nella versione doppiata in italiano la pubblicità recita invece:

È tornata. La grande è di nuovo qui! Più grande e più bella che mai. La S-U-X seimila, una tradizione americana.

Sebbene apparentemente molto simile (e forse più in linea con ciò che uno si aspetterebbe dai dialoghi di una vera pubblicità), ritengo che la versione italiana non riesca a portare lo stesso messaggio del “grande” che torna di moda, in puro stile americano. In realtà sarebbe bastato leggere al pubblico italiano quel “8,2 miglia con un gallone” (8.2 MPG), ovvero “3,5 km con un litro“, perché l’ironia della schifomobile sta tutta lì: enorme, volgare, trinca-benzina… “una tradizione americana”!
[Poi magari si scopre che la copia distribuita nei cinema italiani era sottotitolata e mi sono lamentato per niente]

4) Le “Guerre Stellari” di Ronald Reagan
Tra le notizie più divertenti del telegiornale di Detroit c’è la seguente:

10,000 acres of wooded residential land were scorched in an instant when a laser a board of the Strategic Defence “Peace” Platform misfired during routine start-up tests

10.000 acri di terreno boschivo in un’area residenziale sono stati oggi distrutti dal fuoco per un errore di mira di un cannone laser montato sulla piattaforma in orbita “Peace” nel corso di normali esercitazioni.


La satira di questa notizia sta nel diretto riferimento al progetto “Guerre Stellari” di Ronald Reagan che, difatti, in inglese fu battezzato “Strategic Defence Initiative” (SDI) e tradotto in Italia come “iniziativa di difesa strategica“, ma più popolarmente noto con il nome “scudo spaziale”, “scudo missilistico” o, appunto, progetto “Guerre stellari“.

L’ironia della notizia sta nel nome in codice della piattaforma appartenente allo scudo (“Peace”) e nel fatto che, per un piccolo errore durante un test, un suo cannone laser abbia distrutto una grande area della California e che tra le vittime ci fossero anche due ex-presidenti (viene facile pensare che uno dei due potesse essere proprio Ronald Reagan, ironicamente vittima della sua stessa opera). Sarà che ho le orecchie poco buone o forse che la mia copia di RoboCop sia un po’ datata e di scarsa qualità nel compartimento audio, ma onestamente quel nome in codice “Peace” (piiis) non lo avevo capito fino a quando non ho tirato fuori la versione inglese per un confronto.

Una traduzione meglio contestualizzata forse avrebbe dovuto citare lo “scudo spaziale”, ma si sono rifatti con l’adattamento del secondo film quando viene nominato il progetto “Guerre stellari”.

Battute non altrettanto memorabili

Mentre alcune frasi del film sono diventate famose in Italia così come negli Stati Uniti (l’esempio più lampante è il “vivo o morto, tu verrai con me“), ce ne sono altre che purtroppo nella versione doppiata del film non hanno lasciato il segno come le originali.

Well? Give the man a hand!
Be’? Dategli una mano.
(dopo aver fatto esplodere la mano di Murphy con un colpo di fucile)


…e la più famosa di tutte in assoluto!

I’d buy that for a dollar!
Queste me le comprerei io per un dollaro.

“uuuuuh… queste me le comprerei IO per un dollaro!”

Sono tutte frasi che per un motivo o per un altro non hanno lasciato il segno nel pubblico italiano come le originali hanno fatto nel mondo anglosassone. La frase “I’d buy that for a dollar!” in particolare è diventata parte integrante della cultura popolare in America e sono sicuro che molti neanche si ricorderanno o sapranno da dove origina. È la sciocca battuta ad effetto (o “tormentone” che dir si voglia) che, al termine tutti i suoi sketch, ripete continuamente il protagonista di un seguitissimo, quanto decadente, show televisivo dove questa sorta di Benny Hill, circondato da prosperose ragazze, dichiara che si comprerebbe qualsiasi cosa per un dollaro.

La versione italiana della battuta è a mio parere altrettanto divertente per il modo in cui è recitata ma non ha avuto lo stesso effetto sul pubblico nostrano, forse per il riferimento ad una valuta monetaria straniera o per via di una fraseologia culturalmente differente, difficile a dirsi. Un’immaginaria versione italiana dello stesso programma avrebbe proclamato “queste me le comprerei io per due lire!“. È una battuta che dovrebbe far pensare “ma va?!”, “e chi non lo farebbe?”.

“Mi compro anche quello per un dollaro! Ahahah”

La stessa battuta stupida viene ripetuta da Bob Morton, uno dei dirigenti della OCP (a dimostrazione che quel programma spazzatura era visto e apprezzato davvero da qualsiasi classe sociale), quando dice ad un collega: “Mi piacerebbe tanto ma ho un impegno, un paio di modelle  vengono a casa mia, sai com’è!” e la risposta in inglese è “I’d buy that for a dollar!“, tradotta in “certo che lo so, ci puoi scommettere“.

“allora vi compro io per un dollaro!”

Come avrete forse capito, questo tormentone televisivo di “I’d buy that for a dollar!“, tanto amato dai cittadini della futura Detroit, sembra essere un’esclamazione un po’ goliardica usata per descrivere qualcosa di formidabile o sorprendente di cui si è testimoni, specialmente se di natura sessuale. Qualcosa che “non ci dispiacerebbe affatto avere”. Questo è un esempio suggerito dal sito Urban Dictionary: «alla fuoriuscita del seno dal costume di Janet Jackson, avvenuta sul palcoscenico, qualcuno dal pubblico avrebbe potuto esclamare “I’d buy that for a dollar!“». C’è anche chi ha sviluppato un’intera teoria sull’origine e il significato della frase in questione.

Un costume originale del film RoboCop indossato da Peter Weller? …Me lo comprerei io per un dollaro.

L’esclamazione è talmente radicata nella cultura popolare americana che si sono assicurati di farne cenno anche nel remake del 2014 quando un addestratore, osservando l’iniziale lentezza di riflessi del nuovo RoboCop, esclama che non se lo comprerebbe per un dollaro (I wouldn’t buy that for a dollar!).
Infine vi lascio con una “compilation” di tutti gli “I’d buy that for a dollar” in italiano:

La pronuncia dei nomi

Il primo film della serie pecca gravemente in una vecchia abitudine italica, la storpiatura accidentale dei nomi stranieri. In questo film, infatti, sembra quasi che i doppiatori stessero ancora sperimentando (mentre lo doppiavano) quale pronuncia fosse la migliore per le orecchie italiane.

Il caso più emblematico è quello del protagonista, Alex Murphy, che diventa (perlopiù) mérfi nel primo film. Credo che la scelta della vocale “e” sia avvenuta per una questione di labiale anche se non posso esserne certo. Del resto dovevano scegliere una vocale e in questi casi una vale davvero l’altra, dato che la pronuncia americana di “Murphy” è un misto tra “merfi”, “marfi” e “murfi”. Il problema è che in alcune scene dello stesso film la sua collega lo chiama marfi. Decidetevi!

Quella che dà più i brividi comunque è la battuta finale del film in cui RoboCop, alla frase “spari bene figliolo. Come ti chiami?“, risponde “MERFI” con una pronuncia italianissima, oggi un po’ imbarazzante.
Sia nel primo che nel secondo film, a volte è pronunciato correttamente (all’inglese), molte altre volte è mérfi, in alcuni casi è marfi. Nel remake del 2014 se non altro viene chiamato in maniera corretta, costantemente. Che sia la prima opera buona compiuta da un “supervisor“?

Il cattivo Clarence Boddicker viene presentato come “baddigher“. Questa è l’alterazione che più mi irrita in realtà. Suona bene, per carità, ma perché cambiare un nome che comunque sarebbe stato chiaro alle orecchie italiche in ogni caso? Che problema avranno avuto a dire “boddicher”, lo sanno solo loro! Forse non suonava abbastanza amaragano awanagana?

I doppiatori

Gianni Marzocchi è perfetto nei panni del cattivo Boddicker (non “baddigher”). Come urlava lui “stronzo!” non me lo dimenticherò facilmente (video qui). Marzocchi era lo stesso che in Apocalypse Now doppiava Robert Duvall e di cui è celebre la frase “mi piace l’odore del Napalm di mattina“. Ha spesso doppiato i “cattivi” in molti film (da Skeletor nei Dominatori dell’Universo a svariati personaggi della serie 007) e, per la cronaca, era anche la voce di Calboni nel primo film di Fantozzi (nei successivi film, invece, l’attore che interpretava Calboni ha doppiato sé stesso).

Alessandro Rossi, voglio azzardare a dire che forse, dal punto di vista della voce, è leggermente più bravo e memorabile di Peter Weller. Sarà il fattore nostalgia a influenzare la mia opinione? Può essere. Dalle interviste a Weller, sembra che l’attore non condivida la mia opinione sul doppiatore italiano.

Tutti gli altri doppiatori!
In puro stile “doppiaggio anni ’80”, anche personaggi minori e semplici comparse hanno la voce di doppiatori di primo piano. Chi ha familiarità con i nomi dei professionisti di questo mestiere si sorprenderà nel sentire che… Michele Gammino (voce di Harrison Ford) interpreta, in RoboCop, un venditore che avrà sì e no due battute; Marco Mete (famoso come voce di Robin Williams) è l’impiegato OCP che viene smembrato in meno di un minuto dall’ED-209; Giorgio Lopez (forse lo conoscete come la voce di Danny DeVito) è un altro degli impiegati OCP che, nel primo film, ha solo un paio di battute. Poi ci sono Pino Locchi, Francesco Pannofino e tanti altri nomi celebri del settore, sempre in ruoli più o meno piccoli. Insomma la lista di talenti vocali non è limitata ai pochi attori di rilievo, bensì si estende ad ogni singola persona parlante che compare nel film. Una cosa che oggi giorno non accade più, per svariati motivi.

Piccoli errori del doppiaggio di RoboCop (1987)

In una scena del film il sindaco e membri della giunta comunale sono tenuti in ostaggio da un dipendente scontento del comune. Durante le trattative quest’ultimo chiede una macchina veloce e che abbia un rapporto litri-chilometri penoso (“Something […] that goes fast and gets shitty gas/mileage“). È l’emblema della decadenza della società capitalista (uno dei tanti messaggi del film) dove tutti, come poi scopriamo nel corso del film, sognano di possedere e sfoggiare la schifomobile della reclame in TV, la SUX-6000, che vantava di percorrere 3,5 km per litro in “puro stile americano”.

In italiano questa battuta è stata forse erroneamente tradotta in “una […] velocissima e che faccia un sacco di miglia con poca benzina“. Sarebbe anche una battuta divertente: il dipendente comunale in crisi di nervi che ha fatto la follia di prendere in ostaggio il sindaco e adesso avanza richieste impossibili, ovvero un’auto sportiva veloce ma che consumi poco! Peccato che qualsiasi mia interpretazione giustificativa venga vanificata dall’immediata risposta del negoziatore: “che ne dice di una SUX-6000?“. Cioè l’esatto opposto di una macchina che percorre molte miglia con poca benzina, come abbiamo visto prima.

Alterazioni gradevoli

Prima di passare all’unico, solo e inconfutabile esempio che decreterà la vittoria assoluta della versione doppiata in italiano su quella originale, vi delizio con alcune piccole migliorìe che troviamo nei dialoghi nostrani:

Omni Consumer Products, what a bunch of morons!

che diventa, nel doppiaggio italiano:

OCP, Oh-Che-Palle! Un branco di imbecilli!

Poi c’è lo scambio di battute che più tardi porterà ad un alterco tra il vice-presidente Dick Jones e Bob Morton, il giovane dirigente che gli vorrebbe fare le scarpe grazie al progetto RoboCop.

I hear that Jones was plenty pissed.
He’s got this killer rep, but it’s a smokescreen.

La traduzione sarebbe all’incirca: “Ho sentito che Jones era parecchio incazzato” / “Ha la reputazione del vero killer ma è tutto fumo negli occhi”. Il doppiaggio italiano però ci regala qualche sorriso in più:

Dicono che Jones sia proprio incazzato.
Ha la fama del vero killer, ma più che incazzato è una testa di cazzo.

E poi…

Where is that metallic motherfucker?
Dov’è quel rotto in culo di latta?

E poi ancora…

Ehi bamboccio, che stai leggendo?

Che vai al college, bello di mamma, eh?

Un adattamento dello stesso dialogo, nel 2014, avrebbe portato quasi sicuramente a dialoghi piatti del calibro di:
“Ehi, amico. Che stai leggendo lì?” / “Sei uno studente del college o cosa?”

E infine lei…

LA BATTUTA CHE VINCE TUTTO!

Una frase-tormentone che vi garantisco vi rivedrete almeno due volte. Quando lo spietato vice-presidente della OCP, “Stronzone” Jones, decide di far eliminare il suo avversario Bob Morton gli manda un video-messaggio insieme al killer che lo farà fuori. Il video-messaggio si conclude con la frase:

I’m cashing you out, Bob

Traducibile, nel contesto della scena, come: “Ti sto liquidando, Bob“. Il doppiaggio nostrano, per adattarsi ad un labiale in primo piano, visivamente chiaro e che lasciava poco spazio “di manovra”, va a cambiare completamente la battuta, trovandone una molto più divertente eppure perfetta nel contesto (come non di rado accadeva in quegli anni). La sincronia in questa scena doppiata è a dir poco perfetta… non vi dico la battuta per non rovinarvi la sorpresa, godetevi la clip video e venitemi a dire se non fa ridere molto di più in italiano, rispetto ad una eventuale “sei liquidato, Bob“:

Clicca per vedere il video

Solo per questa riuscitissima battuta, ignorerò qualsiasi piccola bega dell’adattamento (che comunque erano davvero poche) e metto RoboCop nella lista dei film “migliorati dal doppiaggio in italiano” senza alcun dubbio!
È proprio il labiale il pezzo forte dell’adattamento di RoboCop e del resto non poteva essere altrimenti, in un film in cui il protagonista espone solamente la bocca. È evidente che l’attenzione e la professionalità c’erano tutte quando hanno lavorato a questo doppiaggio, la riprova sta proprio nel fatto che ogni battuta (in particolar modo le parolacce) sembra nata in italiano e non tradotta da un’altra lingua; impossibile immaginare quale fosse l’originale senza andarsi a ricontrollare la traccia inglese.

Questo, come già avevo detto in un recente articolo, è la riprova di un adattamento di qualità elevata, dove la maggior parte delle modifiche al testo originale sono quasi sempre giustificate da una ricerca attenta della sincronia voce-bocca che, in questo film, è lodevole. Forse anche più di molti altri degli stessi anni.

Esempi riuscitissimi (vedere per credere) sono anche: “your move, creep” che diventa “non ti muovere, scemo“, il consiglio ai bambini “stay out of trouble” che diventa “non siate indisciplinati“, la reclame di un gioco di guerra dove il bambino dice “Pakistan is threatening my border” (cioè, “il Pakistan minaccia il mio confine”) alterata in “il Giappone sta invadendo il mio territorio” per una questione di stacco (un po’ fuori tempo dalla precedente battuta), ma soprattutto la mia preferita… “hai finito di rompere il cazzo Bob!“, laddove sembra proprio di leggere “cazzo” nel labiale in primissimo piano di “Stronzone” Jones.

Fine. Ho finito di rompervi il cazzo con questa recensione, miei cari “Bob”! Andatevi a rivedere RoboCop! Adesso siete culturalmente preparati e saprete apprezzarlo, soprattutto per il lavoro di sincronia e di adattamento al quale tanti grandi interpreti italiani hanno contribuito decenni fa (che nel mondo del doppiaggio equivalgono a secoli fa !)… quando ancora “officer” era tradotto come “agente” e non “ufficiale”.

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