Non comprate quel biglietto #15: Arrival

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Tornano le nostre discussioni private post-visione per la serie di svago cinematografico Non comprate quel biglietto ; in questo episodio parliamo dell’ultimo film di Denis Villeneuve: Arrival.
Per vederlo basta fare click sulla copertina.


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Ex-docente, blogger bilingue con il pallino per l'analisi degli adattamenti italiani e per la preservazione storica di film. Ora dialoghista per studi di doppiaggio.

1 commento

  • Lucius Etruscus

    17 Febbraio 2017 alle 19:43

    Stavolta Petar era parecchio fomentato, e lo capisco benissimo: dopo la visione avrei voluto registrare il BONNNNNNN continuo, andare dal regista e spararglielo per due ore nelle orecchie, per fargli capire cosa si prova 😀
    Scherzi a parte, dopo la mia recensione mi è capitato per le mani il libro e mi sono letto d’un fiato “Storia della mia vita”, di cui parlerò in un altro blog. E sono arrivato alle stesse conclusioni che hai scritto nei commenti del video – purtroppo non ho un canale YouTube per intervenire – e cioè che dopo aver letto il racconto originale il film è ancora più stupido!
    L’analisi del linguaggio alieno e il processo che porta a capire la sua struttura è un perfetto esempio di “fantascienza hard” ma con un taglio completamente diverso: non elenca bulloni, come purtroppo fanno troppi autori di questo sotto genere, ma vira tutto in un senso borgesiano. Tutti i racconti di Ted Chiang partono da una base scientifica solo apparente, perché tutto è trasformato in un modo che il poeta argentino avrebbe amato. Per non svelare nulla del racconto – che ti consiglio caldamente perché l’ho amato tantissimo per quanto ho odiato il film – basta parlare di un racconto di Borges in cui un condannato a morte si ritrova davanti al plotone d’esecuzione e si lamenta con Dio: se avesse avuto un altro anno di vita, avrebbe finalmente scritto quel libro che tanto desiderava. D’un tratto tutto si ferma e il condannato capisce il dono di Dio: l’ultimo secondo della sua vita, prima che i fucili sparino, durerà un anno, così che nella sua mente il condannato possa pensare e lavorare e limare e scrivere idealmente il suo romanzo.
    Ecco, questo è lo spirito di questi racconti di Ted Chiang, con più matematica ma solamente per dare un’apparenza di “fantascienza hard”: la bellezza della storia non è nella tecnica ma nell’astrazione tecnica, come quando spiega nel dettaglio i particolari di una Torre di Babele che arriva fino in cielo. E’ ovvio che non è possibile, è ovvio che sta distorcendo concetti base reali, ma è appunto come Borges: quando la matematica non corrisponde alla poesia… allora è sbagliata la matematica 😛

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