• 28 giorni dopo… tradurre il virus della rabbia (non quella di Cujo)

    Acchiapparello, uomo in fiamme che insegue il protagonista di 28 giorni dopo
    Ho un problema molto semplice riguardo l’adattamento (per altro ottimo) di 28 giorni dopo di Danny Boyle: LA RABBIA.

    Il virus della “rabbia”, una traduzione che può confondere.

    Dai dialoghi del film:

    RICERCATORE: Quelle scimmie sono infette. Sono altamente contagiose. Le stiamo monitorando.
    ANIMALISTA 1: Infette da cosa?
    RICERCATORE: Dobbiamo prima capire per poterle curare altrimenti…
    ANIMALISTA 1: Sono infette da cosa???
    RICERCATORE: Rabbia.
    ANIMALISTA 2: Ma che cazzo sta dicendo questo?
    ANIMALISTA 1: Non abbiamo tempo per le cazzate.

    Per molto tempo ho creduto che il ricercatore avesse semplicemente sparato la prima malattia che gli era venuta in mente, tanto per dissuadere gli animalisti dall’aprire le gabbie e liberare le scimmie infette; se avesse detto scarlattina al posto di rabbia avrei avuto la stessa reazione. Invece l’impatto di quella battuta dovrebbe essere alla stregua di:

    Sono infette da cosa?
    Gelosia.

    Ragione per cui uno degli animalisti risponde con l’eloquente “ma che cazzo sta dicendo questo?“.

    In inglese il virus che trasforma le persone infettate in violenti proto-zombi si chiama “the Rage” che senza dubbio vuol dire “la rabbia” ma che in un dialogo come quello che ho riportato sopra (“Sono infettate da cosa?”, “Rabbia”) rischia di far pensare ad una ben più nota rabbia, quella canina!

    Cujo
    Dopo la prima scena nel laboratorio (di cui avete letto il dialogo sopra) questo fantomatico “virus della rabbia” (Rage virus, da non confondere con la rabbia dei cani idrofobi che in inglese è “rabies”) non viene più nominato per tutta la durata del film. Non ci sono dunque altre occasioni di chiarire che si tratta di qualcosa di diverso dalla Rabbia di Cujo, il rischio è quello di confondere le idee allo spettatore italiota (come me) che quasi inevitabilmente è portato a pensare che:

    1. il ricercatore abbia sparato la prima malattia contagiosa che gli era venuta in mente solo al fine di evitare la liberazione delle scimmie infette da parte degli animalisti oppure che…
    2. il virus sia la ben nota Rabbia (geneticamente modificata).

    Entrambe le eventualità purtroppo sono errate visto che 1) il ricercatore nomina in realtà il virus per quello che è (sebbene in modo molto poco scientifico) e 2) non è un ceppo della Rabbia, bensì dell’Ebola (questa informazione però non è contenuta nel film, come scopriremo a breve).

    Allora come avrebbe potuto essere tradotto altrimenti? Non è certo lavoro mio ma “follia”, “pura rabbia”, “pazzia”, “collera” vengono in mente… quest’ultimo in particolare mi piace molto, ma come dicevo non è il mio lavoro. Il lavoro degli adattatori invece è prima di tutto quello di non confondere le idee allo spettatore, ma mi rendo conto che possano esserci dei limiti (il labiale? I tempi della battuta? Le variabili sono sempre tante in questo lavoro creativo).

    Penne all'ARRABBIATA in 28 giorni dopo
    Che con questa scelta di adattamento si rischi di portare confusione nello spettatore italiano è però comprovato dal fatto che qualcuno su Wikipedia ha scritto la seguente frase:

    Un medico ricercatore li mette in guardia confessandogli che agli animali è stato somministrato un inibitore altamente contagioso, un virus (un ceppo modificato della Rabbia).

    Sorvolando su altri errori di questa affermazione, il virus chiamato “Rage” non è nessun ceppo modificato della Rabbia.

    Dal romanzo a fumetti “28 Days Later: the Aftermath” scopriamo difatti che il virus “Rage” origina da un ceppo modificato di Ebola. Se vi interessa la storia fittizia di questo virus eccola qui riassunta (di malavoglia) dal sottoscritto, non dite che non vi voglio bene:

    A Cambridge i ricercatori Clive e Warren erano alla ricerca di specifici neurotrasmettitori responsabili di comportamenti aggressivi e ira. Lo scopo di questo studio era quello di trovare un inibitore dei centri nervosi della rabbia, cosa che i due scienziati riescono a fare con successo creando così una nuova sostanza per il controllo dell’aggressività. Warren tuttavia decise che la commercializzazione di questa sostanza sotto forma di pillole o aerosol non era sufficiente e così sfruttò il virus dell’Ebola come vettore. Dopo due settimane la sostanza inibitrice interagì con alcuni ceppi di Ebola mutandolo. Come conseguenza l’inibitore ebbe l’effetto opposto, la rabbia invece di essere inibita veniva scatenata e di conseguenza il paziente affetto risulta vittima di un costante e incontrollabile stato di aggressività. Questa è l’origine del “Rage virus”.

    Perché “Rage virus” tradotto come “Rabbia”? Ce lo spiega l’autore

    Dato che Doppiaggi italioti va sempre fino alla fonte quando questo è possibile, ho chiesto direttamente a Luca Dal Fabbro (direttore del doppiaggio sia di 28 giorni dopo sia di 28 settimane dopo) interrogandolo sul perché di questa scelta di tradurre Rage come Rabbia nonostante il rischio di fraintendimenti ed ecco la sua risposta:

    dalfabbroLUCA DAL FABBRO: Ciao Enrico […], ricordo il film. No, sicuramente non è stata usata la parola rabbia per esigenze di labiali. “Rage” è priva di labiali mentre rabbia ne ha due belle grosse. Il problema è un altro. “Collera”, “follia”, come suggerisci tu, non sono parole forti, mentre qui avevamo bisogno di una parola che avesse una forza, una spinta maggiore e rabbia anche se si può confondere con la malattia canina, sono convinto che sia stata la scelta migliore.

    Ringrazio Dal Fabbro per questa sua delucidazione che chiude il caso. Nel mondo inventato da Danny Boyle c’è il “Rage virus” che trasforma gli infettati in persone incontrollabilmente violente e c’è il classico “rabies”, virus dell’idrofobia. Nella versione italiana invece abbiamo il virus della Rabbia (mutazione del virus dell’Ebola) da non confondere con l’omonimo virus della Rabbia (quello dell’idrofobia). Occhio quindi a non confondervi quando andrete a scrivere informazioni su Wikipedia.

  • Alien (1979) – L’alieno è siliconato

    Alien seduto, vignetta riporta toc toc toc, l'alieno risponde occupato!
    Silicon” (silicio) per silicone e “nitrogen” (azoto) per nitrogeno sono due tra gli esempi più classici di “falsi amici” e di errori di traduzione ed entrambi sono presenti nel film Alien del 1979!
    Adesso che ho attirato l’attenzione dei più lagnosi di voi, vediamo nel complesso com’è l’adattamento italiano di Alien, quali magagne e quali pregi contiene. Considerate questo come un “prequel” del precedente articolo sull’adattamento di Aliens – Scontro finale.

    La pronuncia del nome “Ripley” nel doppiaggio italiano di Alien

    L’errore di adattamento più grave di questo film è probabilmente la pronuncia errata del cognome della protagonista, Ripley; infatti questa, durante l’intero film, viene chiamata RÀIPLI invece di RÌPLI. Chissà quale fosse la ragione di questa modifica italiota, forse “ripli” non suonava abbastanza americano? Questa malefatta è stata corretta in tutti i film successivi lasciando quindi il capostipite della serie come unico caso strano a sé stante. Ma cosa gli era venuto in mente?

    Il caro vecchio nitrogeno e il tanto amato silicone

    Alieni siliconati, silicone traduzione errata di silicon invece di silicio
    Ebbene sì, in questo film abbiamo uno di quei famosi esempi di errori di traduzione:

    NITROGEN che diventa NITROGENO

    L’errore sta nel fatto che “nitrogen” si traduce con azoto, come già dissi in questo precedente articolo, anche se ormai “lo sanno anche i gatti per la strada” (qui cito una mia vecchia professoressa e i suoi balzani modi di dire). La cosa curiosa è che in questo film chi parla di nitrogeno è proprio l’ufficiale scientifico il quale, alla domanda “hai l’analisi dell’atmosfera?“, risponde:

    -“It’s almost primordial. There is inert nitrogen, high concentration of carbon dioxide crystals, methane…
    -“È quasi primordiale. È nitrogeno inerte, con un’alta concentrazione di cristalli di ossido di carbonio, metano…”

    Il bello è che in una scena successiva lo stesso ufficiale scientifico ci propone l’ennesimo errore classico già sentito dai tempi di Star Trek la serie classica e molto lamentato da chi spesso si lagna del doppiaggio italiano in generale:

    SILICON che diventa SILICONE

    Ha la strana abitudine di disfarsi delle sue cellule e rimpiazzarle con silicone polarizzato“.

    In questa scena in particolare non c’era neanche l’esigenza del rispettare un labiale in quanto non si tratta di un primo piano e in più la bocca a stento si muove. Insomma non ci sono scuse e lo dichiaro quindi un errore bello e buono. Lo stesso vale per “nitrogeno” che nel labiale comunque non combacia con “nitrogen” quindi non vi era alcuna esigenza di forzare l’italiano con arcaicismi da alchemia medievale.

    Mother, il computer parlante… in italiano.

    Computer MATER nel film Alien

    L’amore di Mater

    Una delle tante cose memorabili di Alien è la voce del computer di bordo chiamato “Mother” che si rifiutava meschinamente di rivelare a Ripley il disgraziato piano che la Compagnia aveva in mente per recuperare l’alieno (faccio toppo spoileraggio? Andiamo ragazzi, questo film ha quasi quarant’anni!). Il suo secco “non computa” era qualcosa di più di una semplice risposta computerizzata, c’è vera e propria malizia nella voce di Mother la quale, non volendo rispondere alle domande di Ripley, si nasconde dietro un gergo informatico, “non computa“!

    In inglese Mother non parla e quelle scene in lingua originale sono semplicemente… ARIDE! Ecco, l’ho detto.
    Un dettaglio spesso ignorato è che il nome del computer di bordo Mother è stato in realtà adattato in italiano, perlomeno da quanto si evince dai dialoghi. Il suo nome nella versione italiana infatti è Mater. Ha senso, no?
    Del resto lo trovate scritto anche nei titoli di coda localizzati in italiano, ma assenti nelle versioni home video. (aggiunta del 28/07/14)

    Titoli di coda di Alien da pellicola italiana
    Un’ulteriore curiosità è che “Mother” è in realtà il nomignolo che l’equipaggio della Nostromo ha dato al computer di bordo “MU-TH-UR 6000”, il nome originale si può notare in questa scena del film (un po’ scura lo so):

    MU TH UR serie 6000

    MU-TH-UR serie 6000

    L’equivalente in italiano potrebbe essere qualcosa tipo “MA-TH-ER 6000”, tanto per intenderci. Inoltre, nel quarto film della saga (Alien la clonazione, 1997) sentiremo che il nome del computer di bordo è “FATHER”, adattato in italiano come “PATER“; per quanto questo sia concettualmente stupido e improbabile, come stupido e improbabile è il quarto film in generale, se non altro chi ha lavorato alla versione italiana del film ha avuto la decenza (non affatto scontata) di mantenere il nesso con l’adattamento del primo film. Quindi un applauso a chi ha adattato il quarto film [i dialoghi di “Alien 4” sono di Tonino Accolla].

    Ritornando in tema, quella di dare una voce ai computer è stato per anni un trucchetto utilizzato nell’adattamento italiano per evitare di dover sostituire le scritte che apparivano su schermo poiché spesso di difficile riproduzione, specialmente negli anni ’70 quando anche delle semplici parole su schermo di computer erano considerate “effetti speciali”. L’effetto apportato dall’aggiunta di una voce (robotica e immancabilmente femminile) è solitamente migliorativo, il computer ha molta più personalità se “parla“. Siamo nel 2014 e i computer comunemente ancora non parlano. La cosa che più si avvicina a Mater è Siri e Siri al momento è ancora anni luce da Mater.

    Errori… spaziali?

    Mappa di Alien, Zeta Reticuli

    I’ve found it, just short of Zeta II Reticuli.
    Trovato. Vicino a Zeta due sul Reticolo

    Zeta II Reticuli si riferisce al nome di un sistema stellare binario (dove Zeta² è una delle due stelle) nella costellazione australe del “Reticolo”, in latino “reticulum”. Secondo la declinazione latina “reticuli” è genitivo e quindi significherebbe “del reticolo”. Il pianeta su cui si svolge la prima parte del film si trova dunque vicino alla stella Z² della costellazione del Reticolo. Quindi la traduzione corretta sarebbe dovuta essere “Trovato. Vicino a Zeta 2 del Reticolo” (invece che “Zeta due sul Reticolo“).

    Nonostante questo errore venga spesso nominato dagli appassionati, direi che potrebbe anche essere perdonato. Infatti dobbiamo considerare che:

    1. Nel 1979 non c’erano strumenti come Wikipedia a portata di mano quindi se qualcuno al momento della traduzione non fosse stato prontissimo in astronomia lo potrei anche capire.
    2. Anche l’espressione “sul reticolo” può essere intesa come “sul(lla costellazione del) Reticolo” e quindi non è tanto un errore di traduzione quanto un’eccessiva abbreviazione a scapito della comprensione della frase (cosa che è accaduta in maniera moooolto più grave in Aliens – Scontro finale).

    In base a ciò che dicono in italiano si potrebbe fraintendere e pensare che si tratti di una posizione precisa sul reticolo che appare sullo schermo della navigatrice (si vede difatti un “reticolo” sullo schermo proprio mentre la navigatrice ne parla).

    Insomma non c’è da accanirsi più di tanto su questa benedetta stella Z II sulla costellazione del Reticolo (o, in breve, “Z due sul Reticolo”), se avessero detto “KV456 su Orione” si sarebbe capito di cosa parlava, oppure no?

    my lucky star
    Parlando di “stelle”… sul finale del film, quando Ripley si lega alla sedia per aprire il portello e risucchiare l’alieno nello spazio, nella versione originale la sentiamo cantare “You are my lucky star” imitando Gene Kelly e Debbie Raynolds dal film Cantando sotto la pioggia (Singin’ in the rain, 1952). Non tutti sanno che la canzone origina da un musicarello americano ancora più vecchio chiamato Follie di Broadway 1936 (1935). In italiano tale canzone era stata tradotta all’epoca come “Stella mia” (versi originali di A. Freed, versi italiani di A. Bracchi, musica di N. H. Brown) che purtroppo non sono riuscito a trovare per voi.

    In italiano, probabilmente per un problema di limiti del missaggio audio (difatti quelle parole sono coperte spesso da getti di vapore ed altri effetti forse non interamente rimpiazzabili in fase di doppiaggio) i versi della canzone sono rimasti in lingua originale e, per giunta, a stento si riescono a sentire, perlomeno nella versione DVD in mio possesso. Sarebbe stato carino se li avessero tradotti perché, così come sono, ovvero scarsamente intelligibili, possono essere scambiati solo per espressioni di affanno della protagonista e poco altro.

    Visto il riferimento ai musical di Broadway questa gag di Mel Brooks nel film Balle spaziali ha improvvisamente più senso che mai!
    Alien da Balle spaziali di Mel Brooks

    Localizzazione italiana di Alien

    Lanciafiamme impugnato da Yaphet Kotto in Alien
    Che fine hanno fatto i titoli localizzati in lingua italiana? Dall’uscita del DVD si pensava che la versione localizzata in italiano fosse persa per sempre. Nella versione che venne proiettata nei cinema italiani le descrizioni della Nostromo e del suo equipaggio all’inizio del film erano interamente tradotte nella nostra lingua, così come i titoli di coda e quelli di inizio. Tale versione del film esiste solo in pellicola 35mm e non è mai arrivata in home video sebbene, MIRACOLO DEI MIRACOLI,  ogni tanto la si vede passare sul canale TV “Cielo”, come dimostrato da questa immagine:

    descrizione di apertura in italiano nel film Alien del 1979 dove viene presentata la nave Nostromo
    Invece in tutte le versioni VHS/DVD/Bluray viene mantenuta la scritta originale in inglese con buona pace di chi l’inglese non lo sa:
    Descrizione d'apertura del film Alien, presenta la nave Nostromo
    … e chi lo sa poco ma dice di saperlo poi magari potrebbe pensare che “mineral ore” sia “oro minerale” e si domanderà forse cosa possa mai essere un “towing vehicle”, forse un veicolo “a torre”? Non nascondo che progetto in futuro di restaurare questi titoli italiani, in HD, perché sono appassioanto di preservazione storica!

    Il verdetto sulla versione italiana di Alien

    L’adattamento italiano di Alien è in generale egregio se siete disposti ad ignorare alcuni dei piccoli dettagli che vi ho elencato. Cosa potreste perdervi a guardarvelo in italiano invece che in inglese dunque? Beh, gli appassionati delle voci originali sappiano che la ciurma della Nostromo è composta da americani e da inglesi, questo significa che in italiano ovviamente vengono meno i variegati accenti; la recitazione di John Hurt in particolare è abbastanza memorabile nonostante egli sopravviva nel film solo per la prima mezz’ora (scusate per questo ennesimo spoiler in ritardo di quarant’anni).
    Inoltre le orecchie più attente avranno forse notato che in italiano il capitano Dallas parla proprio come Harrison Ford nella trilogia di Guerre Stellari, si tratta difatti di Stefano Satta Flores che a quei tempi dava la voce ad alcuni personaggi cinematografici riflettendo perfettamente il carisma delle interpretazioni originali, è un peccato che Satta Flores non abbia doppiato molto di più prima della sua prematura scomparsa nel 1985.

    Insomma se riuscite a superare il trauma di una protagonista chiamata RAIPLI invece di RIPLI, qualche silicone al posto del silicio e qualche elemento di Nicolas Flamel al posto dell’azoto… direi che è tutto OK! Anzi, in italiano c’è addirittura il vantaggio di sentire la voce di Mater, il computer, che in inglese compare solo alla fine del film durante il conto alla rovescia per l’autodistruzione. In italiano dunque, Mater è un personaggio vero e proprio, con una sua personalità che in inglese semplicemente manca. Insomma il doppiaggio di questo film computa e lo consiglio ai più!

    Finisco con la solita copertina che non c’entra niente con niente…

    Alien e Freud

  • Io? …(non) doppio! Lo spettacolo tutto particolare di Paolo Ruffini

    Ruffini non doppia
    Sarò io ad essere un po’ naïf e talvolta impulsivo ma quando compro i biglietti per uno spettacolo chiamato “Io? Doppio!” di Paolo Ruffini (per altro già stranoto su YouTube per spezzoni di film ridoppiati comicamente in dialetto livornese) potrò verosimilmente aspettarmi che ci sia in questo spettacolo un qualche doppiaggio?

    Le aspettative

    Da quello che avevo visto per tanti anni su YouTube mi sono immaginato uno spettacolo in cui Ruffini, insieme ad un’altra spalla comica, avrebbe intrattenuto il pubblico del teatro Verdi della mia città (Firenze) proiettando spezzoni di film vari per poi ridoppiarli in diretta con le stranote interpretazioni comiche dialettali. Sapevo che durante lo spettacolo Ruffini chiama anche gente sul palco per prenderli un po’ in giro ma pensavo si trattasse di una porzione minima dello show.

    La dura realtà

    In uno spettacolo di due ore ci saranno stati al massimo 5 minuti (non esagero) di clip video doppiate e il 90% di esse erano le stesse identiche che trovate (gratis) su YouTube; non erano neanche reinterpretate in diretta, no no erano letteralmente gli stessi video che trovate su YouTube proiettati su telo bianco… Allora per cosa pagate 25-45 euro a biglietto? Ma è semplice! Per un intrattenimento da villaggio vacanze e, nel caso di alcuni “fortunati” spettatori chiamati sul palco, per diventare vittime di sfottò atroci. Nel caso di coppie sposate potreste anche rischiare un divorzio al gioco del confronto delle risposte, come probabilmente è accaduto ad un marito che alla domanda “dove l’avete fatto la prima volta” ha risposto con la descrizione della prima volta insieme ad un’altra e la moglie (che ricordava un po’ l’attrice Milena Vukotic) non l’ha presa molto  bene. Una scena un po’ pietosa permettetemi di dirlo.
    Inoltre ciascun “gioco” era spezzato da innumerevoli stacchi musicali tanto per allungare il brodo altrimenti il tutto sarebbe durato 30 minuti scarsi.
    Evidentemente però ero l’unico ad aspettarsi qualcosa di molto diverso. Il resto del pubblico, che spaziava dall’adolescente all’ottuagenario e molti dei quali venivano anche da località remote per potersi “godere” l’annuale appuntamento “comico” (le virgolette sono d’obbligo), erano lì che se la ridevano delle miserie altrui. “Il disgraziometro” di Paolo Villaggio era molto più umano. Ruffini infatti chiama sul palco facili vittime, come adolescenti di sesso maschile ai quali ricorderà continuamente quanto siano dei verginelli senza alcuna speranza di accoppiarsi con una donna a breve (ma va? Chiami sul palco dei dodicenni!), donne di mezza età molto in carne definite poi “belle cavalle” (anzi “havalle” nel vernacolo locale) e altri poveri disgraziati selezionati in un pubblico di benevoli carnefici, di solito in base alla loro bruttezza o goffaggine oppure semplicemente per la loro veneranda età nel caso del gioco delle coppie. A detta di Ruffini, ciò che propone nel suo spettacolo sono dei giochi che non gli permettono di fare in televisione… ma secondo me a programmi del calibro di Ciao Darwin sono ben disposti ad acquistare il tuo format, Paolo.
    Scusa Paolo Ruffini se nel tuo “Io? Doppio” ho scioccamente creduto che avresti doppiato qualcosa dal vivo! Come già detto, e forse la cosa per me più grave è che neanche quei risicatissimi 5 minuti di spezzoni, per altro stranoti, erano doppiati in diretta. Erano difatti proprio gli stessi filmati di YouTube riproiettati al pubblico pagante. Non riesco proprio a capacitarmene.
    Deludente è dir poco per questo spettacolino triste dal titolo ingannevole. La parola “truffa” si avvicina di più ad una definizione esatta. Si chiamasse “il Paolo Ruffini Show” lo capirei, ma con il titolo “io? doppio!” e poi non doppia un cazzo… ditemi voi se non è pubblicità ingannevole.
    Mai più