Una nota introduttiva: quando parlo dei “film di Seagal” mi riferisco ai suoi film fino al 2001, con Ferite mortali punto di non ritorno. E se già non apprezzavate niente della sua filmografia passata, vi auguro di non scoprire mai quella più recente.
Non biasimo chi mi dice “non mi piacciono i film di Seagal” perché i film di Seagal sono tutti basati sullo stesso prototipo di personaggio e, purtroppo, sono tutti incentrati sul faccione del signor S.S. che è caratterizzato da due espressioni: quella accigliata che usa prima di uccidere e quella meno accigliata che usa per sfottere l’avversario (prima di ucciderlo). A volte ci sorprende con delle combinazioni: sfotte la sua vittima mentre è accigliato.
Quindi se è proprio il personaggio a non piacere posso comprendere il voler ignorare i suo film a prescindere.
All’inizio degli anni ’80 Seagal è uno dei tanti istruttori di arti marziali a Hollywood che lavora nei dietro le quinte di film mica male come L’ultima sfida (The Challenge, 1982) e Mai dire mai (Never say never again, 1983), quel film di James Bond senza licenza di chiamarsi 007. Proprio in quel film Seagal ruppe il polso a Sean Connery e corse subito a metterlo sul curriculum, qualche anno dopo arrivò il suo debutto cinematografico.
Come capitava a tanti atleti marziali degli anni ’80 a Hollywood, l’agente di Seagal (Michael Ovitz) lo convinse che poteva diventare una grande star. Ovitz lo diceva a tutti i suoi clienti ma Seagal ormai ci credeva e nel 1988 inciampò in uno scatolone che veniva usato come ferma porte negli uffici della Warner e recante l’etichetta in Comic Sans “sceneggiature troppo generiche per essere utilizzate”, chiese se ci poteva dare un’occhiata dentro. Da quella scatola tirò fuori quello che sarebbe diventato “Nico”.
Ovviamente non è andato tutto esattamente così ma quasi tutto… sul Comic Sans non ho trovato conferme.
Sono quel genere di sceneggiature che possono sperare di far soldi solo se i ruoli da protagonista vengono assegnati ad attori già noti, tipo Clint Eastwood – e si vocifera che anche Eastwood l’abbia scartata. Si vocifera, eh! – ma perfette per nuovi volti in cerca di un film con il quale farsi notare o con il quale interrompere la propria carriera sul nascere. “Make or break”, come si dice a Hollywood.
Non si sono neanche preoccupati di trovargli un titolo originale visto che al cinema in America arriva come Above the law, cioè “al di sopra della legge”, un titolo che sprizza originalità da tutti i pori e che rappresenta perfettamente il genere di personaggio che Seagal avrebbe interpretato per i successivi 30 anni. In Italia, così come in dozzine di altri paesi, arriva invece come Nico, dal nome del protagonista, Nicola “Nico” Toscani, poliziotto italo-americano cattolico con parenti mafiosi. Vabbè. Mi piacerebbe dirvi che in questo film Seagal è anche cuoco e suona il mandolino ma queste sono due caratteristiche che arriveranno solo in film successivi della sua carriera.
Cameriere? C’è dell’aikido nella mia trama
I produttori e il regista vanno sul sicuro e fanno interpretare a Seagal il ruolo di sé stesso e così, in un prologo che adoro, vediamo Nico-Steven in un dojo in Giappone che sfoggia mosse di un’arte marziale che fino a quel momento in America e in Europa praticamente non si era mai inculato nessuno, l’aikido.
Seagal fu il primo occidentale ad essere autorizzato ad aprire un dojo di aikido in Giappone. Di sicuro avrà aiutato essere sposato con la figlia di un maestro giapponese ma diamo per scontato che la raccomandazione, così come la intendiamo in Italia, non esista in Giappone e Steven Seagal in Nico una prova delle sue capacità ce la regala eccome. Lo dico non da profano ma da ex aikodka, quindi dannatamente di parte. Paradossalmente la cosa più frustrante di tutti i film di Seagal è che di mosse di aikido ne ha sempre fatte pochissime, ma quel poco di aikido che c’è nel film, come dicono in Giappone, è ganzō.
L’aikido è una di quelle arti marziali che se la vedi su YouTube dici “è tutto falso, cadono apposta, falzi!!1!” poi a provarlo scopri davvero di poter far volare gli attaccanti 2 metri in avanti dopo movimenti (apparentemente) minimi. Se le cadute degli assalitori sembrano troppo belle per essere vere è soltanto perché viene insegnato prima di tutto come cadere senza farsi male, spesso rotolando, nessuno vuole farsi male cadendo durante la pratica. Nella vita reale l’assalitore volerebbe lo stesso ma rovinando a terra senza grazia.
Al contrario di altre arti marziali, in aikido non esistono “mosse” di attacco, solo di difesa, per entrare in conflitto con un aikidoka qualcuno deve necessariamente attaccare per prima. Quindi non esistono campionati, né competizioni. Per questo nei suoi film vedete spesso Seagal che sfotte l’avversario per invitarlo ad attaccare. Seagal ha trovato il modo di aggirare la regola non scritta dell’aikido che è quella di evitare il conflitto a tutti i costi, quindi nelle sceneggiature ci mette sempre avversari che hanno una grande autostima e non resistono alle provocazioni.
Questo quando non li picchia e basta, senza arte. (Una cosa che nei suoi film avviene il più delle volte purtroppo.)
Il fatto che Seagal usasse quelle “nuove” mosse per difendersi da un tipo di aggressioni di strada di cui chiunque potrebbe essere vittima, sicuramente ha contribuito all’immediato interesse da parte del pubblico più generalista. I film a base di arti marziali fino a quel momento erano prevalentemente incentrati sul far combattere degli atleti tra loro, magari in campionati, su ring, in gabbie, oppure era roba da agenti segreti da usare in situazioni ben al di là dell’esperienza comune.
Seagal degli esordi ci tiene a mostrarne il realismo e fa in modo di avere sempre una scena in cui il suo personaggio si trova in situazioni di delinquenza comune: rapinatori nel drugstore, assalitori con coltelli, mazze, maceti, etc… ben diversi da sfide in campionati tailandesi di kick-boxing o da missioni segrete alla James Bond. Chiunque può essere vittima di rapine e aggressioni e vorrebbe potersi difendere in modo efficace. Come “arma letale” Segal era certamente più convincente di Mel Gibson che nel primo film dice di essere campione di ogni sorta di arti marziali e poi in tutti e quattro gli Arma letale le piglia e basta.
Nico portò nuovi clienti alla palestra di Seagal a Los Angeles che fino ad allora avevano sentito parlare solo di pugilato (da Rocky), di karate e di quello che sembrava l’unione dei due: la kickboxing. Anche in Italia l’arrivo dei film di Seagal fece nascere l’interesse verso l’aikido in un mercato dominato da karatè e judo (gli accenti li mettete un po’ dove vi pare).
Nico, così come tutti i personaggi futuri di Seagal, è il bullo buono: quando non investiga sul narcotraffico, si ferma a risolvere piccoli problemi quotidiani come la cuginetta che è scappata di casa per stare (di sua spontanea volontà) con un ragazzo poco di buono a cui Nico-Seagal spacca la faccia (niente aikido qui) soltanto perché non è un buon partito per la sua giovane parente. È lei stessa a sottolineare la fallacia del personaggio: “sei un prepotente!”. Con la stessa prepotenza intima alla ragazza di tornare dalla mamma che le vuole bene, mai curandosi di affrontare il problema alla radice della fuga da casa (possiamo supporre che lo rifarà) ma, si sa, quando la famiglia (italiana e mafiosa) ti vuole bene e la mamma sta in pensiero, scappare di casa è sicuramente un capriccio giovanile che non nasconde nessun problema domestico. Sono i giovani ad avere torto.
Per salvarsi dalle percosse e dalla galera (ma soprattutto dalle percosse), lo spacciatore rivela che c’è un grosso carico di droga in arrivo. Seagal giura che sarebbe tornato ad ucciderlo se l’informazione si fosse rivelata falsa. Indubbiamente un ottimo poliziotto. Per fortuna del ragazzo l’informazione è vera. È così che Seagal incappa nella trama del film, quella di un traffico di droga che porta a un traffico di esplosivo militare, che porta a un traffico di immigrati clandestini, che porta all’assassinio di un senatore, etc etc… tutto gestito da una sua vecchia conoscenza dei tempi del Vietnam, un sadico agente della CIA incontrato per 30 secondi 15 anni prima. A Seagal gli fai uno sgarro una volta, sei segnato a vita.
Se ci tenete ad avere una trama raccontata un po’ meglio vi consiglio l’articolo di Cassidy “Nico (1988): Trent’anni sempre con la stessa faccia” sul blog La bara volante.
A proposito di curiosità: Henry Silva, che nel film interpreta il sadico agente della CIA, ruppe il naso a Seagal durante le riprese del combattimento finale mandandolo all’ospedale e vendicando così Sean Connery. Insomma tutto è bene quel che finisce bene.
Segal avrebbe partecipato a veri film per una decina d’anni prima di arrivare a rompere le palle a ogni singolo individuo nell’area di Hollywood per via delle sue smanie da divo unite all’intelligenza di un criceto e a incassi sempre più deludenti. E mo si magna le carotine con Putin.
Ma non posso bruciarmi tutti i particolari comici della vita di Seagal in un colpo solo, me li devo tenere per eventuali futuri articoli.
L’edizione italiana di Nico
Above the Law riceve l’OK della censura italiana il 20 luglio 1988, pronto a sbancare i botteghini italiani nel periodo notoriamente più proficuo dell’anno: agosto. IMDb dice che uscì nelle sale il 19 agosto. La Warner insomma ci credeva tanto. Il visto arrivò giusto in tempo per l’anteprima al Festival del Cinema di Taormina alla quale si presentò Seagal stesso esordendo con un “Io non conosco mafiosi”. E già lì si poteva capire che avevamo a che fare con un pirla. Il detto “augurati di non incontrare mai i tuoi eroi” vale per quasi tutti gli attori a Hollywood e Seagal non fa eccezione. Altri dettagli imbarazzanti del suo tour siciliano potete trovarli nell’articolo di Lucius Etruscus su Il Zinefilo (un articolo carico di insofferenza verso il pirla, siete avvertiti).
Il mio primo contatto con Segal fu proprio con Nico, in TV d’estate su Rete4, in una delle sue milioni di repliche annuali. Mi venne presentato come “lo stesso personaggio di una serie di film”, cosa poi rivelatasi non vera: Seagal una volta è Nico Toscani, un’altra volta è Gino Felino, ma posso capire il perché della confusione. La faccia è la stessa e i nomi scemi si confondono tra loro.
Il doppiaggio (riporta Antoniogenna) è della OMEGA srl, che io sappia una delle aziende di Carlo Marini, anche se in questo caso non ci troviamo Carlo alla direzione, il film è diretto da Bruno Alessandro con dialoghi di Alberto Vecchietti.
Seagal qui è doppiato da Antonio Colonnello, forse più noto al pubblico italiano come la voce di Fonzie in Happy Days (e nel suo film apocrifo Happy Days la banda dei fiori di pesco). Antonio Colonnello sarà la voce di Seagal per altri due film successivi targati Warner Bros (Duro da uccidere nel 1990 e Giustizia a tutti i costi nel 1991) prima di essere rimpiazzato da Michele Gammino in tutti i suoi film anni ’90, con l’eccezione di Massimo Corvo in Programmato per uccidere (uscito sempre nel 1991).
Essendo stato Nico il mio primo di Seagal, do un’opinione puramente personale quando dico che Antonio Colonnello sembra essere l’abbinamento più riuscito e quello che personalmente preferisco. Per quanto abbia sempre adorato Michele Gammino (elogiato anche in questo articolo su 5 attori che la voce dei nostri se la sognano), ho sempre pensato che quello stesso Gammino che all’epoca era LA VOCE di attori come Harrison Ford avesse troppa classe per doppiare una faccia di baccalà come Seagal.
Inutile dire che in ogni caso tutti i doppiatori italiani hanno sempre superato la recitazione sospirata del nostro sensei S.S., una voce che rispecchia perfettamente la sua faccia diversamente espressiva e che in patria è stata fonte di prese in giro sin dagli inizi. Quindi o Colonnello o Gammino… è tutto grasso che cola.
Ospite curioso invece è l’attrice Cinzia Leone, che non si sa cosa ci faccia in questo film, al doppiaggio di Pam Grier… che non si sa cosa ci faccia in questo film. Ah, in Nico c’è anche Sharon Stone che incarna la tipica bellezza italiana. Per anni non ho mai sospettato che il suo personaggio dovesse essere quello di un’italoamericana, Sara Toscani.
Il cast di doppiaggio
Antonio Colonnello: Nicola “Nico” Toscani
Cinzia Leone: Delores “Jax” Jackson (che in italiano non chiamano mai Jax)
Dario Penne: Kurt Zagon
Bruno Alessandro: det. Lukich
Piero Tiberi: Tony Salvano
Tra gli inediti mai segnalati prima c’è Giorgio Lopez su “Schifezza”, cioè il proprietario del locale malfamato interpretato da Ronnie Barron e poi Mario Milita sul personaggio elencato su IMDb come “Federal Clerk” e interpretato da Ralph Foody. Il nome di questo attore non vi dirà molto ma lo conoscete benissimo, era quel “Johnny” che diceva tieni il resto, lurido bastardo.
Curiosità sull’adattamento italiano
Guardandolo per la prima volta in inglese ho scoperto cose a me ignote, tipo che gli americani possano avere familiarità con la parola schifo. Nico appella il proprietario di un locale malfamato chiamandolo “schifo”, “Hey, Schifo, how you doing?“. Perfetta la traduzione italiana “Ciao, schifezza“.
Non conoscevo neanche l’espressione “chemical interrogation” (reso in italiano come “interrogatorio speciale”), gergale per un interrogatorio condotto usando il cosiddetto “siero della verità”, tanto amato dalla CIA. Durante questo interrogatorio muore un prigioniero e ci viene detto che “è un pezzo di merda. È allergico alla droga“. Per quanto sia certamente possibile essere allergici a sostanze chimiche e farmaci, la frase sembra assai sospetta, anche per il tipo di reazione della vittima, molto diversa da come viene solitamente mostrata al cinema una reazione allergica. Da quello che vediamo sembra piuttosto che gliene abbiano dato semplicemente troppa. In inglese infatti la frase era “This pussy, he just can’t hold his liquor” (è una femminuccia, non regge l’alcool). Tutto qui.
Nico è anche uno di quei film dove “you speak English” diventa un “parli la mia lingua“. Una soluzione abbastanza ovvia che, chissà com’è, oggi fa impazzire tutti e viene associata unicamente all’adattamento italiano di Pulp Fiction, come se fosse stata inventata nel 1994. Ma come è possibile verificare con questo film del 1988, è uno stratagemma usato da tempo nel doppiaggio senza che nessuno ci facesse più di tanto caso. Continuerò ad elencare casi simili ogni volta che spuntano fuori così da sfatare questo mito di Pulp Fiction come caso unico di “English” trasformato in “la mia lingua”. Di questo argomento ho già parlato ampiamente nell’articolo su Le Mans ’66 – La grande sfida con altri esempi.
Il cattivo del film usa il proverbio inglese “All work and no play makes Jack a dull boy“, lo stesso che ritroviamo anche battuto a macchina in Shining. In Nico, in italiano, diventa “Il lavoro senza gioia fa della vita una noia“. Qui ovviamente non c’era Kubrick a suggerire frasi alternative come “il mattino ha l’oro in bocca” e quindi è stata tradotta… “regolarmente”. Il proverbio è addirittura del ‘600, con prima traccia scritta databile al 1659.
Queste erano tutte curiosità sull’adattamento di Nico, non ci sono dei veri e propri errori di traduzione o di adattamento in questo film, anzi, molte soluzioni del copione italiano sono eleganti per rimanere nei tempi delle battute o del labiale, ma la conclusione del film ci regala una piccola perla finale.
Il film finisce con la classica “sega seagaliana”, il grande messaggio finale che è l’antesignano del moderno “meditate, gente, meditate!”. In questo primo film la sega segaliana fa più ridere che in altri perché, mentre in originale Seagal fa un discorso su coloro che si pongono al di sopra della legge (con riferimento agli affari sporchi della CIA), dialogato in modo da avere “above the law” (titolo originale) come ultima frase del film, la versione italiana sbarella completamente e ci porta una frase che fa ridere anche solo a trascriverla:
Signori, tutte le volte che un gruppo di persone sfugge al controllo della legge e riesce a manipolare la stampa, la giustizia e gli stessi membri del parlamento, incomberà sempre sui cittadini il pericolo di essere sopraffatti, sottomessi… e sfruttati.
In italiano praticamente abbiamo Seagal eroe del popolo…
È la parola “sfruttati” che in bocca a un americano sembra fuori luogo e svela una qualche licenza di troppo, volta a italianizzare la frase di chiusura. Questa è la battuta originale, è Nico che parla al Congresso degli Stati Uniti…
Gentlemen, whenever you have a group of individuals who are beyond any investigation, who can manipulate the press, judges, members of our Congress… you’ll have within our government those who are above the law.
…che qui vi traduco un po’ alla lettera per capire il senso:
Signori, tutte le volte che abbiamo un gruppo di persone che non possono essere indagate, che riescono a manipolare la stampa, i giudici e i membri stessi del parlamento… avremo all’interno del nostro governo delle persone che sono al di sopra della legge.
Essenzialmente si lamenta di quello che noi chiameremmo “uno Stato nello Stato”. Con questa espressione poteva finire la versione italiana.
Già in questo primo film Seagal pianta i semi di una moralistica balzana da americano orgoglioso dove i poliziotti sono tutti buoni e onesti lavoratori, enti superiori invece si trovano in gironi sempre più malefici: l’FBI è corruttibile, la CIA invece porta direttamente il male su questa terra. Sebbene quest’ultima cosa sia vera, il dipingere le forze dell’ordine come buoni assoluti è sempre stata una cosa un po’ risibile della narrativa seagaliana. È la stessa scemenza che ritroveremo di sottofondo nelle varie “trappole” (in alto mare e sulle montagne rocciose) dove la marina è fatta di santi e uomini d’animo puro, con ammiragli giusti e onorevoli, mentre la CIA è losca e subdola, manda a morire i soldati buoni e crea dei mostri. Ebbene, l’uomo in canottiera nera a tutto questo dice BASTA! Nessuno può essere sopra la legge. Laggente onesta non ne può più!
29 anni dopo, questo tweet di sostegno a Trump ci sorprende per davvero?
Conclusione
Nico rimane un polizieschino il cui unico gusto sta nel vedere Seagal che sfoggia mosse all’epoca mai viste prima. Il suo adattamento italiano è ottimo se non per quel discorso finale, che posso capire si sia cercato di dargli un qualche significato comprensibile agli italiani perché il “c’è gente al di sopra della legge. Mediate, gente, meditate” risultava certamente fiacchino e irrilevante nel paese che ha inventato la parola “raccomandato”. Solo Seagal e il tizio con la bandiera sudista appiccicata sul paraurti se ne stupiscono.
Trasformare Nico sui titoli di coda in un eroe del popolo in difesa dell’oppressione (di chi non si sa) rimane l’unica vera scemenza comica del film e strappa facilmente una risata… quella, e la corsa di Seagal. Seagal che corre fa sempre ridere.
Gli altri articoli del mio ‘ciclo di San Seagalino’:
- Giustizia a tutti i costi (1991) – Il Seagal da evitare a tutti i costi
- Programmato per schiaffeggiare… ehm, per uccidere (1990)
- Duro da uccidere (1990) – Seagal ci porta alla banca del sangue
- Nico (1988): quando Steven Seagal lo doppiava Fonzie
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8 Commenti
Vincenzo
27 Febbraio 2021 alle 17:24Ahahah, penso sia uno dei tuoi articoli più spassosi.
Personalmente ho sempre evitato i suoi film come la peste, mi confermi che faccio bene.
Già, certi “attori” vengono migliorati in maniera esponenziale dalle nostre voci…
Evit
27 Febbraio 2021 alle 19:02Ciao Vincenzo, ti ringrazio. È stato divertente anche da scrivere. Devo ammettere, e questo forse si è capito dall’articolo, che molti film anni ’90 di Seagal mi piacciono, alcuni li consiglierei pure. Di altri si può tranquillamente ridere. Tra tutti i suoi, questo Nico a rivederlo oggi direi che è mezzo riuscito e non lo consiglierei come prima esperienza a chi non lo conosce. Spero di arrivare a recensirli tutti o quasi, così magari sarà più chiaro quali raccomanderei. Comunque sì, se il personaggio non piace, stare alla larga! Ahahah.
A Seagal di certo ha giovato essere doppiato. La voce originale è sempre stata ridicola e poco “cinematografica”.
mortovivente
18 Marzo 2021 alle 09:02L’unico film decente che ricordo di Steven Seagal è “Trappola in alto mare” (in originale “Under siege”, a confermare la passione dei distributori italiani per il sostantivo “trappola”). Ma anche per me la prima reazione all’apparizione di Steven sullo schermo è l’impulso a cambiare canale, quindi forse qualche altra perla della sua cinematografia mi è sfuggita… attendo fiducioso le recensioni di Evit per rimediare.
Evit
18 Marzo 2021 alle 09:06Spero prossimamente di riuscire a recensirli un po’ tutti, quelli belli e quelli brutti eheh
Le due “trappole” sono da sempre i miei preferiti di Seagal, ma qualche altra perla c’è, sempre se il personaggio piace, ovvio
J_D_La_Rue_67
8 Aprile 2021 alle 19:53Questo è il film in cui Seagal (finto italiano) chiama gli avventori del bar “Finooks”! Imperdibile in lingua originale.
Comunque sì, la voce fonziana di Colonnello è la migliore, essendo Nico un bullo.
J_D_La_Rue_67
8 Aprile 2021 alle 20:07Ooops, no! E’ Out for justice (Gino Felino), Maledetto Seagal, mi ha confuso.
Evit
8 Aprile 2021 alle 20:21Finooks, ahahahah ci arriverò anche a “Giustizia a tutti i costi” che per me è il più comico di tutti. Quindi dopo schifo ci sono anche i finooks, molto bene ???
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20 Maggio 2021 alle 14:23