Il terzo film della carriera di Seagal è uno di quelli che una carriera la dovrebbero interrompere (per fortuna non è successo perché Trappola in alto mare è ancora là da venire). Il film inizia con il protagonista Steven Seagal, qui dimenticabilmente chiamato John Hatcher, che ha una sola missione da compiere: schiaffeggiare chiunque si trovi nella Repubblica del Messico. Antipatico come non mai anche per gli standard di Seagal, John Hatcher schiaffeggia tutti, dai narcotrafficanti fino ai colleghi poliziotti non convintissimi delle sue missioni suicide.
Il suo dovrebbe essere il personaggio del poliziotto che ha lavorato troppo a contatto con i criminali fino a diventare egli stesso quasi un criminale. Non sappiamo perché ce ne dovrebbe fregare qualcosa ma Seagal ne ha abbastanza “di questo schifo”. Forse parla del film. Si considera un bravo cattolico ed è sentitamente pentito della sua vita da agente antidroga che prende a schiaffi la gente, quindi dopo una confessione al proprio parroco si piglia la sua baby pensione e si ritira a vita tranquilla nei sobborghi, a casa di mamà. E non so perché la scena di lui che ingrassa una pistola storica dovrebbe essere magica e sentimentale ma così ci viene presentata.
Avrebbe avuto senso se la pistolina da polso tornasse ad avere un ruolo nel film e invece no. Boh.
Neanche nei sobborghi si può stare tranquilli però, perché c’è Tonino Accolla (o meglio, un attore da lui doppiato) che spaccia crack agli adolescenti. Qui inizia la parte involontariamente comica del film, dove Seagal vede spacciatori ad ogni angolo di strada e si impegna attivamente a non fare niente, anzi chiede all’ex-commilitone amico suo di chiudere un occhio, “Lascia perdere” diventa la sua frase ricorrente. Questo è il nostro eroe della DEA, signore e signori! E mentre i boss del narcotraffico si sfidano a colpi di occhio-malocchio-prezzemolo-e-finocchio (ovvero a colpi di pallosi riti vudù, per parafrasare Predator 2), Seagal, per esattamente quaranta minuti, non fa assolutamente niente. Si può avere un po’ di azione in questo film d’azione? Chiaramente no.
“La mia filosofia è che bisogna stare a casa, badare ai propri affari e cercare la pace”.
Anche il nonno di Seagal campò cent’anni perché si faceva i cazzi suoi praticamente.
Verso i 50 minuti (il film ne dura 93) finalmente la gang di narcotrafficanti giamaicani condanna a morte il protagonista (marked for death, come dice il titolo in inglese) e ancora il famoso maestro di Aikido non ha fatto una sola mossa che sia una.
Il film d’azione più o meno inizia in questo momento, a quasi 30 minuti dalla fine. In pochi momenti si consumano un inseguimento in auto, sparatorie e poi botte da orbi in una gioielleria. Solo che per arrivarci ci siamo dovuti sorbire l’inedia del poliziotto più svogliato del mondo e i misteriosi pallosi riti vudù, che altro non sono che una banale scusa del produttore del film, Steven Seagal, per far spogliare le sue attrici.
In realtà ho mentito quando scrivevo che l’azione inizia a 50 minuti di film, perché in realtà l’azione muore subito dopo l’apice della gioielleria, da quel momento in poi ci spostiamo in Giamaica per andare a sentire un po’ di musica del posto e a fare passeggiatine nei mercati locali, soffermandoci a sottolineare come non tutti i giamaicani siano degli spacciatori trocati. Menomale che ci sei tu a dirci queste cose, Seagal.
Il film si trattiene fino all’ultimo quando arriva a regalarci ben due finali, come faceva Aliens di James Cameron, ma entrambi abbastanza mosci e con un colpo di scena che può stupire solo un bambino. La fortuna di Seagal è che quando i cattivi attaccano lui non usano mai armi da fuoco (la scusa è che lo vogliono vivo per un rito vudù), dandogli così una buona scusa per sfoggiare altro aikido da manuale (l’intero esame di 1° dan: 3 contro 1) e ben due duelli con la spada, che però finiscono sbrigativamente. Evidentemente anche il montatore di questo film si era annoiato come me e voleva chiuderla il più presto possibile.
Negli Stati Uniti il film arriva a ottobre 1990 e in Italia ottiene il visto censura in data 23 maggio 1991, con un bel bollino VM14 “in considerazione delle numerose e reiterate scene di violenza che possono turbare la particolare sensibilità di detti minori“. Gli occhi cavati e le teste mozzate non devono essere piaciute un granché alla commissione. Sempre da fonte Italiataglia.it, sembra esistere una versione censurata (con più di un minuto di tagli) datata 1994 a cui è stato concesso il nullaosta senza limiti d’età. Altri paesi europei hanno subito tagli simili. Insomma è un film palloso e pure inutilmente truculento.
A prescindere dal mio personale gradimento del film (che si limita a due scene), i dati parlano di un successo commerciale. Chiaramente la Warner aveva tra le mani un cane dalle uova d’oro.
Quando i giornali parlano di “ennesima variante del giustiziere della notte” fanno evidentemente riferimento al giustiziere della notte 3, il più divertente di quelli prodotti dalla Cannon Films, quello in cui Charles Bronson si fa mandare mitragliatori da guerra e bazooka per sgominare la gang di strada che terrorizza il quartierino. Ma Programmato per uccidere se lo sogna di essere il Giustiziere della notte 3. SE-LO-SO-GNA!
Peccato che in un film così noioso si sprechino alcune delle battute migliori di Seagal:
– Uno si credeva invincibile, l’altro pensava di poter volare.
– E allora?
– Avevano torto.
E questo mi porta al consiglio di visione. Come vedere il film, in inglese o in italiano? (Sempre che vogliate vederlo!)
L’adattamento italiano
Una visione italiana di questo film è decisamente preferibile alla lingua originale perché, oltre a non doversi sorbire la recitazione bisbigliata del nostro sensei S.S. (a proposito, molto buona la scelta Massimo Corvo su Seagal), con il film doppiato in italiano ci godiamo alcune battute che nella nostra lingua sono riuscite un po’ meglio:
Jimmy Fingers: Tu ormai sei un uomo morto, Hatcher, ricordatelo. Sì, te lo dice Jimmy Fingers, e Jimmy Fingers è uno che si è fatto da solo.
[John Hutcher spara in testa a Jimmy Fingers]
John Hatcher: e che si è distrutto da solo.
In lingua originale la battuta post-uccisione era “God made men” (letteralmente: Dio ha fatto gli uomini), una frase chiaramente non utilizzabile dal momento che l’espressione biblica God made men, sebbene nella Genesi esistano anche frasi che fanno uso verbo “fare” (Dio disse: “facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”), ci risulta più familiare con il verbo “creare” della famosa “Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza“. Quindi la battuta non poteva essere resa alla lettera come risposta all’uomo ‘che si è fatto da solo’ (self-made man)… e forse non avrebbe neanche avuto senso farlo. Difatti, la risposta di Seagal in lingua originale è essenzialmente una sorta di invito a non bestemmiare. Ma ergersi a paladino della religione dopo aver sparato in testa a un cristiano mi sembra che stoni un tantino.
La battuta italiana è più adeguata a prescindere. La dialoghista di questo film, Carla Vangelista, sa scrivere meglio degli sceneggiatori stessi (non a caso Vangelista è anche scrittrice e sceneggiatrice quindi di sicuro avrebbe qualcosina da insegnare agli sceneggiatori di Programmato per uccidere).
È vero, vedendolo doppiato viene meno il dialetto creolo giamaicano, come del resto accade per qualsiasi film doppiato in cui è presente una qualsiasi variante dell’inglese. Da una visione in lingua originale ad esempio ho scoperto l’offesa “bloodclaat” (= blood cloth in inglese standard) che i giamaicani usano al posto dello statunitense fuck/fucking e origina da un panno in cotone usato nei giorni del ciclo mestruale prima dell’invenzione degli assorbenti moderni, o del loro arrivo in Giamaica. Nel film in italiano questa offesa si trasforma correttamente “pezzo di merda”, “bastardo”, “stupido bugiardo” etc… a seconda della situazione. Dopotutto, sarebbe molto strano sentire qualcuno che dice “sei un panno assorbente!”.
Stesso destino per altre parole come raas, raasclaat o per bumbaclaat che invece è l’equivalente di “carta igienica” (bum cloth in inglese), o battyhole per asshole (che ricorda molto l’appellativo fiorentino buho di hulo). Il creolo giamaicano è derivativo dell’inglese britannico e possiede espressioni molto curiose, ma un film di Seagal non è certo il modo migliore per approfondire l’argomento linguistico.
Per quanto possano sembrare spiritose, queste appena menzionate sono espressioni molto offensive per i giamaicani quindi attenti a non usarle alla leggera.
E la battuta migliore del film? Decisamente questa:
“Tu sarai il mio baciaculo“
(In originale “You a be the mule!”)
Assolutamente perfetta. Attribuiamo dunque il merito a coloro che hanno sfornato questo doppiaggio, cioè Tonino Accolla con la sua azienda Cinema Cinema…
Scheda di doppiaggio di Programmato per uccidere
Direttore di doppiaggio: Tonino Accolla
Dialoghista: Carla Vangelisti
Società di doppiaggio: Cinema Cinema
Il cast di doppiatori
Massimo Corvo: John Hatcher (Steven Seagal)
Fabrizio Pucci: Screwface (Basil Wallace)
Diego Reggente: Max (Keith David)
Francesco Prando: Charles (Tom Wright)
Susanna Javicoli: Leslie (Joanna Pacula)
Rosalba Oletta (???): Kate Hutcher (Bette Ford) [fonte Wikipedia da confermare. Il sito antoniogenna.net segnala erroneamente Silvia Pepitoni. Qui il file mp3 per chi volesse provare a riconoscerla]
Tonino Accolla: Nesta (Victor Romero Evans)
Stefano Mondini: Monkey (Michael Ralph)
Bruno Conti: Nago (Jeffrey Anderson-Gunter)
Mario Bombardieri: Tenente Roselli (Kevin Dunn)
Domenico Maugeri: Dottor Stein (Earl Boen) [fonte Wikipedia]
Altre voci non precedentemente segnalate che aggiungo io:
Silvia Pepitoni: Melissa (Elizabeth Gracen)
Sandro Iovino: Jimmy Fingers
Alessandro Tiberi: Ricky (il nipote)
Federica De Bortoli: Tracey (la nipote)
Leila Lasmi: Carmen, la fattucchiera vudù (Elena Sahagun)
Leila Lasmi è una mia supposizione. Attrice francese, fidanzata o sposata con Tonino Accolla, che all’epoca compariva come voce di personaggi “esotici” e che avevamo già identificato in esclusiva ne’ Il silenzio degli innocenti grazie ad una “soffiata” interna. Quando c’è una voce esotica in un doppiaggio di Tonino Accolla dei primi anni ’90 è facile ipotizzare che si tratti sempre di Leila Lasmi. Al contrario del suo ruolo nel silenzio degli innocenti però, qui il suo accento straniero sulla fattucchiera vudù ha senso.
Il titolo italiano
Il titolo in inglese, Marked for Death, si riferisce all’ordine di morte che pende sulla testa del protagonista, lo sentiamo in una frase del film “The cow’s tongue means that you’ve talked or exposed them and have been marked for death“, che nei dialoghi italiani diventa: “la lingua di mucca significa che chi ha parlato mettendoli in pericolo è stato condannato a morte“. E poi “your family has been marked” che diventa: “la sua famiglia è stata condannata“.
Il titolo italiano, Programmato per uccidere, pare invece riferirsi alle abilità “ammazzatorie” di Seagal ed è un palese (e un po’ paraculo) rimando al suo precedente successo Duro da uccidere. Per tenere traccia dei titoli generici dei film di Seagal servirebbe un tabellone di riferimento, perché i suoi titoli italiani sono quasi peggio di quelli dell’ispettore Callaghan. Difatti Programmato per uccidere io lo chiamo “quello di Seagal con i giamaicani”, solo così riesco a ricordare quale sia tra i tanti.
Conclusione
Per qualche motivo, anche nella mia ‘fase Seagal’, questo film non mi ha mai preso. Seagal inizia il film nel modo più antipatico possibile e non muove un dito fino allo scoccare della prima ora, quando si degna di regalarci una scena abbastanza celebre tra i suoi fan, ovvero quella dello scontro in gioielleria. In questa sequenza due criminali decidono di non scappare più da Seagal e si autoconvincono di essere forti al grido di “noi abbiamo il potere!”, ma come spettatore che ha già visto almeno mezza volta un suo film, sai già che Seagal mostrerà loro tutti i gioielli nel negozio mettendogli la testa dentro ogni singola vetrina.
Qui, finalmente, il nostro tira fuori delle mosse di aikido da manuale, salvo aggiungerci i soliti finali con spezzamenti di arti e in questo caso anche pugnali nel petto (hanno sparato alla sua nipotina, concediamoglielo). E non mancano ovviamente i soliti suoni di ossa rotte, ma del resto che film di Segal sarebbe senza la violenza dei rumoristi al missaggio audio? Quando tira fuori un po’ di aikido però, quelli sono i momenti che danno soddisfazione ad un ex-aikidoka come me, ma non c’è bisogno di sprecare 93 minuti per guardarsi l’intero film, basta una clip su YouTube. Infatti eccovela. Prego.
Qualche altra mossa arriva sul finale ma non c’è molto altro che mi porti a consigliare una visione di questo film. E se proprio volete farlo, ve ne consiglio la versione italiana.
Comunque c’è un film ancora peggiore nella carriera anni ’90 di Seagal, cioè il successivo: Giustizia a tutti i costi. Lo so che arrivati a questo punto di questa mia maratona Seagal non ci sperate più, ma giuro che poi dopo arrivano quelli buoni!
Buon “schiò!” a tutti.
Se vi siete persi gli altri articoli:
- Giustizia a tutti i costi (1991) – Il Seagal da evitare a tutti i costi
- Programmato per schiaffeggiare… ehm, per uccidere (1990)
- Duro da uccidere (1990) – Seagal ci porta alla banca del sangue
- Nico (1988): quando Steven Seagal lo doppiava Fonzie
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10 Commenti
Gabriele Segapeli
10 Agosto 2021 alle 18:14Mamma mia, ma che è sto film?
Ah, quindi quelli parlano tipo Jar Jar in originale? 😉
Federico
11 Agosto 2021 alle 00:04La versione del 1994 è quasi sicuramente quella televisiva. Infatti, tra i distributori della scheda di Italiataglia, c’è anche Reteitalia, alias Mediaset di quei tempi. Con quei 149 metri di sforbiciate avranno potuto mandare in prima serata questo “capolavoro” che hai simpaticamente recensito!
Evit
11 Agosto 2021 alle 10:30Lo avevo immaginato, ma non pensavo che chiedessero il nullaosta al ministero per sforbiciare un film per una trasmissione televisiva. Forse nel 1994 era obbligatorio?
Federico
11 Agosto 2021 alle 13:58Se il film era vietato e si voleva abbassare o togliere il divieto per la messa in onda si, era necessario ripassare davanti alla commissione censura e spesso era Reteitalia che proponeva lei stessa i tagli, a volte partendo persino da copie 16mm! Quanto sia durato questo, però, non lo so. Ma credo fino a quando è esistita la commissione censura.
Evit
11 Agosto 2021 alle 13:59Ha senso. Ora mi spiego alcune voci che ho visto in passato su Italiataglia
J_D_La_Rue_67
11 Agosto 2021 alle 12:59Un film da sbadiglio formato alligatore, non importa in quale versione lo guardi.
Una buona idea (i giamaicani) che si distrugge da sola per come è mal realizzata. Non è questo il Seagal flick da recensire.
Prendi Bruno Ganz-Hitler. hai presente quando urla “Fegelein! Fegelein! FEGELEIN!” ? Sostituisci con “Out for justice! Out for Justice! OUT FOR JUSTICE!”
Un po’ di musica, via
https://www.youtube.com/watch?v=fUNTk5xsxk4
SAM
20 Agosto 2021 alle 12:27Scusa Evit se posto qui invece che sul post di Wonka , ma ai chiuso i commenti … vorrei che correggessi questa frase
“L’utente “SAM” smentisce che in TV sia mai arrivato con il doppiaggio cinematografico.”
in
“L’utente “SAM” smentisce che nei passaggi TV sulle reti Mediaset dal 1987 in poi sia mai arrivato con il doppiaggio cinematografico.”
Scusa per la precisazione e grazie per avermi inserito come contro-testimonianza.
Evit
20 Agosto 2021 alle 12:28Okay
Gabriele Segapeli
20 Agosto 2021 alle 23:06È morto il doppiatore del reverendo Lovejoy, Rip
Evit
20 Agosto 2021 alle 23:46Ho sentito, poverino. Non era neanche anziano