[Italian credits] Il grande cielo (1952)

L’attento e disponibile lettore javriel regala al blog questi splendidi cartelli italiani tratti dal film Il grande cielo (The Big Sky, 1952), distribuito dalla RKO e diretto del mitico Howard Hawks.
Il prolifico sceneggiatore Dudley Nichols – che ha curato un numero impressionante di capolavori del cinema negli anni Trenta e Quaranta, da Ombre rosse (1939) a Dieci piccoli indiani (1945) – adatta per lo schermo il romanzo omonimo del 1947 di A.B. Guthrie jr., portato in Italia da Mondadori nel 1950 (“Medusa” n. 264), rispolverato da Rizzoli nel 1978 (BUR n. 224) e riscoperto da Mattioli 1885 nel 2014.

Hawks adorava Guthrie e il suo stile, ma sapeva che non si confondono mai stima e soldi. Comprati i diritti del romanzo e pronto a produrne un film con la sua casa Winchester Pictures, mise nero su bianco che Guthrie non avrebbe mai potuto mettere bocca sulla sceneggiatura: qualsiasi cosa avesse scritto Nichols, quand’anche avesse totalmente stravolto il romanzo, era insindacabile… anche perché su schermo non si poteva portare una ragazza indiana femme fatale dodicenne!
Il saggio antologico Fifty years after the Big Sky (2001) calcola che giusto un terzo del romanzo di Guthrie sia stato realmente utilizzato per la pellicola di Hawks.

Il film arriva in Italia il 27 novembre 1952 (fonte: IMDb) e di sicuro è in sala il 2 gennaio 1953: sembra incredibile, ma gira i cinema italiani per più di dieci anni! Ancora nel 1964 lo si può trovare in cartellone, finché il 22 gennaio 1968 viene trasmesso in TV dal primo canale (Raiuno), iniziando una lunga e prolifica vita televisiva.

da “La Stampa”, 2 gennaio 1953

Risulta uscito in edizioni VHS della Panarecord e Ricordi Video, di datazione ignota. La MHE (Mondo Home Entertainment) lo porta in DVD dall’ottobre 2003 mentre Elleu dal novembre 2008 presenta un’edizione con 2 dischi, contenente anche la versione colorizzata del film. Infine nel luglio 2013 la Quadrifoglio lo presenta in un DVD che promette d’essere una “versione restaurata”. (NdR: un’occhiatina ai prezzi dell’usato e la risata è garantita.)

poster italiano del film: il grande cieloSi fa presto a dire “western” e a dividersi fra gli amanti e i detrattori del genere, ma in realtà qui siamo davanti ad un prodotto “generico”, termine che è l’esatta antitesi del cinema di genere. L’irrefrenabile ed istrionico Kirk Douglas interpreta l’irrefrenabile ed istrionico Kirk Douglas visto in mille film: esagera ogni espressione (credo che gli itanglesi lo chiamino overacting), sorride a 34 denti (se ne fa prestare un paio per l’occasione), mostra le sue fossette che conquistano, balla, canta, ama e fa tutto ciò che il tipico cinema hollywoodiano dell’epoca preferisce. Che faccia tutto questo in un’ambientazione bucoclica di fine Ottocento comune al genere western è puramente secondario.
La cosa incredibile è che prima di arrivare a Kirk siano stati presi in considerazione Gary Cooper, John Wayne, Montgomery Clift, Robert Mitchum e Charlton Heston. Nessuno di questi mostri sacri ce lo vedo a ballare, cantare e a fare boccacce in overacting

Affiancato da Boone Caudill (un Dewey Martin che riesce ad andare in overacting addirittura più di Kirk), il protagonista viaggia nel Misùri (pronuncia italiana dell’epoca per Missouri) al seguito di una allegra comitiva di contrabbandieri che trafficano con i Piedi Neri, comprando da loro pellicce di alta qualità.

Foto di Elizabeth Threatt

La mezza cherokee Elizabeth Threatt

Per evitare di essere massacrati dai fieri selvaggi – che come capita spesso in questo tipo di opera, sembrano più matti del villaggio che fieri guerrieri – la comitiva porta con sé la figlia del capo indiano, salvata e protetta lungo il viaggio: un lasciapassare sicuro per avere l’esclusiva del commercio dai Piedi Neri.
La ragazza indiana è interpretata dall’esordiente Elizabeth Threatt, attrice di madre cherokee: è davvero raro che un personaggio nativo americano sia interpretato da un attore che abbia lo stesso sangue nelle vene, anche se in parte: due anni dopo per il ruolo protagonista de L’ultimo apache (1954) verrà scelto quel tipico sangue indiano di Burt Lancaster!
Comunque la Threatt non dev’essere rimasta soddisfatta di questa esperienza, visto che non ha recitato mai più.

Un po’ si balla, un po’ si canta, c’è un po’ d’avventura, un po’ d’azione, un po’ d’amore, un po’ di caro vecchio razzismo d’annata, il mito del buon selvaggio che serve a mascherare altro razzismo, un dito mozzato a Kirk Douglas come se fosse una semplice procedura di profilassi medica, paesaggi cartonati particolarmente fittizi – magari sono veri, ma sembrano finti – personaggi tagliati con l’accetta e tutto ciò che rende datato un film. Questa però è una critica (condivisibile o meno) che si può muovere solo oggi, visto che appena uscito nell’agosto 1952 il film è un successone, e nel settembre successivo è al secondo posto fra i più grandi incassi degli Stati Uniti. Il problema è che è stato anche fra i più costosi.

Il film alla sua uscita piace e non si discute, ma allora com’è che non è rientrato neanche dei costi? Perché in contemporanea inizia a girare per i cinema americani un filmetto di cui potreste aver sentito parlare. Un certo Mezzogiorno di fuoco (High Noon, 1952): contro lo sceriffo Gary Cooper, che affronta da solo tutti i cattivi senza muovere un sopracciglio, l’istrionico Kirk non può nulla.

Il citato saggio del 2001 racconta che dopo due mesi dall’uscita in sala la RKO dovette prendere una decisione importante. Il film guadagnava, sì, ma non quanto sperato e Mezzogiorno di fuoco era una concorrenza imbattibile. Come se non bastasse, 128 minuti di durata costringevano le sale a fare pochi proiezioni al giorno. C’erano due alternative: far allungare l’orario di apertura delle sale così da consentire una proiezione in più, o andare giù di forbici. La RKO optò per la seconda, togliendo sedici minuti totali da cinque scene.
La pellicola tagliata è stata ritrovata negli anni Ottanta – decennio ricco di scoperte di questo tipo – ma era in 16 millimetri e di qualità pessima. Al 2001 il saggio lamenta che non esista alcuna versione home video completa del film, ma che sia passato in TV, colorizzato per Turner Classic Movies: proprio quest’ultima versione a colori si può trovare in italiano, quindi se qualcuno volesse oggi può vedere il film nella sua interezza, con però le scene riagganciate prive di doppiaggio italiano.

Howard Hawks è un mito ad alti livello ma non è certo per questi film che è ricordato ed amato da tanti fan ancora oggi: mi basta ricordare che qualche anno dopo gira Un dollaro d’onore (Rio Bravo, 1959) per far capire quanto siamo lontani dal regista che è entrato nella storia del cinema. Lì però può contare su un cast in grande spolvero e una spettacolare sceneggiatura – scritta dall’autrice di fantascienza Leigh Brackett che, su mandato di Hawks, crea espressamente una “parodia” di Mezzogiorno di fuoco – mentre ne Il grande cielo ci sono solo le fossette di Kirk Douglas…

Titoli di testa

Titoli di coda

L.

P.S.
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Scrittore e saggista, autore del blog "Il Zinefilo" dedicato ai film di serie Z.

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