• Deadpool e quei titoli di testa tradotti in italiano (da scimmie dattilografe)

    Deadpool faccia sorpresa

    Sono anni che promuovo la preservazione dei titoli cinematografici italiani, titoli di testa e di coda che al cinema arrivano adattati in italiano per poi scomparire per sempre una volta giunti in home video. Per quanto riguarda i titoli cinematografici, il passaggio a DVD e Blu-Ray ha portato a vere perdite.
    Tra i titoli più ricercati per me c’erano quelli di Deadpool (2016), non avendolo visto al cinema mi fu soltanto riferito che i titoli di testa del film erano stati tradotti e quindi per anni ho bramato di vederli. Già amici dalla Germania mi avevano confermato che anche in tedesconia i titoli erano localizzati nella loro lingua e anche lì ne lamentavano la scomparsa nelle edizioni home video, poi sono rispuntati fuori da registrazioni di passaggi televisivi, così come anche in Italia. Ma a volte bisogna stare attenti a ciò che si desidera.

    Il primo passaggio televisivo di Deadpool in chiaro, il 20 marzo 2019, ha distrutto qualsiasi sogno. Il film apre sì con i titoli adattati in italiano ma questi sono tradotti così male da farci tornare mentalmente ad una celebre scena del film Matrix, lo sapete di quale parlo.

    Scena dal film Matrix, Cypher guarda la carne sulla forchetta prima di dire che l'ignoranza è un bene

    “L’ignoranza è un bene”

    La versione italiana dei titoli di Deadpool

    Un po’ di contesto: i titoli di apertura di Deadpool mirano a strappare una meta-risata, l’effetto comico sta nel vedere delle scritte segnaposto là dove dovrebbero esserci i nomi di protagonisti, regista e produttori, quasi come se qualcuno si fosse dimenticato di sostituirli all’ultimo momento. Questa trovata, ha raccontato il regista, era già in copione dai primi momenti quando l’unico nome associato al film era Ryan Reynolds (il protagonista) e ancora non c’era un cast, sapevano solo che ci sarebbe stato “un cattivo”, “una sventola”, “una ragazzina”, etc… da subito l’idea di lasciarli così era sembrata spassosa e così dei segnaposto al posto dei nomi veri sono arrivati fino in sala per poi diventare una delle caratteristiche più memorabili del film.

    Per arrivare anche al pubblico italiano, questi segnaposto devono essere tradotti. E traduzione è stata fatta…

    Primo cartello, primo errore

    Il primissimo cartello è sbagliato.

    Titolo di testa del film Deadpool, legge: Twentieth Century Fox presenta

    “Twentieth Century Fox presenta”. Da che mondo è mondo, in questo paese abbiamo sempre scritto “La twentieth Century Fox presenta”, LA!

    Già da questa prima scritta possiamo subito sospettare che non sia italiana la persona che si è occupata di tradurre o anche solo revisionare questi titoli. Quindi non possiamo dare la colpa a chi ha adattato il film per il doppiaggio italiano. Questa dev’essere per forza un’operazione made in the USA.

    Lionel Twain (Truman Capote) da Invito a cena con delitto

    “LA”, “LA”! Ce lo dovremo pur mettere un articolo determinativo qualche volta! (semi-cit.)

    Il film di un certo “Some Douchebag”

    Il secondo cartello per puro caso è corretto ma è con il terzo che si raggiunge già l’apoteosi. In teoria dopo questo potrei anche chiudere l’articolo, tanto di peggio non si può fare.

    “Some douchebag’s film” (il film di un coglione qualunque) è stato tradotto come “Un film SOME DOUCHEBAG”.

    Non ne capisco neanche il senso logico, se avessero scambiato “some douchebag” con il nome proprio di una persona non sarebbe dovuto diventare “un film di”? Con questo cartello si insinua l’ipotesi che siamo in presenza di una traduzione automatica senza revisione umana, probabilmente fatta con Google Translate che sembra avere ancora oggi dei problemi nel capire e tradurre “douchebag”. Infatti se oggi, a tre anni di distanza dall’uscita del film, quella frase la diamo in pasto al traduttore più usato al mondo questo è il risultato:

    Screenshot di traduzione automatica di Google per la frase: some douchebag's film che diventa qualche film douchebag

    Comincio a pensare che si tratti di un lavoro svolto alla 20th Century Fox negli Stati Uniti senza alcun controllo qualità, anzi, senza alcun controllo e basta. Parliamo di un film di 58 milioni di dollari con nessuno di vagamente competente che possa rileggere quello che sarà proiettato nelle sale di un intero paese. Potrebbe trattarsi di qualche Frank Borriello, del New Jersey, stagista agli effetti visivi con trisavolo di Torre del Greco (NA) e quel “some douchebag” se l’era lasciato per ultimo, come segnaposto, perché non sapeva come tradurlo e alla fine se n’è dimenticato, il che sarebbe anche molto ironico visto che questi titoli erano loro stessi dei segnaposti. O forse non c’è mai stato neanche un Frank Borriello, solo un click su Google Translate e via, stampatene 400 copie!

    Ve lo aggiustiamo noi di Doppiaggi italioti, va bene?

    deadpool douche bag tradotto dagli autori del blog Doppiaggi Italioti

    Ci sono voluti un paio di secondi. Ci voleva tanto, Fox? Te l’abbiamo tradotto in un istante e gratis… al tuo film da 58 milioni di dollari.
    Sapete cosa costa poco? Tradurre. I traduttori professionisti fanno la fame per colpa di chi si improvvisa traduttore e propone prezzi scandalosamente bassi, quelli che ci riescono a campare fanno comunque le capriole per arrivare a fine mese. È un lavoro che si intraprende per passione, non per sguazzare nella pecunia, perché una buona traduzione dà tantissime soddisfazioni anche quando è sottopagata (e lo è quasi sempre quando si tratta di inglese-italiano). Sapete cosa costa molto di più invece? Doppiare. I doppiatori sono attori davanti ad un leggio, pagare un doppiatore vuol dire pagare una persona nella categoria lavoratori dello spettacolo e ci sono anche i costi del mantenimento di sale di registrazione, i fonici etc…, è quindi molto più costoso della sola traduzione di un testo.

    Qui c’era solo da tradurre. Anzi, c’era solo da fare la correzione bozze a Google Translate. Evidentemente chi se n’è occupato era troppo incompetente per fare anche solo questo, di certo non c’era nessuna passione dietro, solo some douchebag che non avrebbe dovuto neanche trovarsi in quella posizione.
    Andiamo avanti.

    Un perfetto idiota

    Scena dei titoli di Deadpool con cartello che legge con un perfetto idiota

    Con l’originale “God’s perfect idiot” si intende l’idiota migliore che Dio abbia messo sulla terra. Migliore non solo per capacità ma a tutto tondo, quindi anche più bello, più affascinante… più tutto. Di certo una frase di traduzione né facile né immediata, ma tra non tradurli e scrivere SOME DOUCHEBAG paro paro nei titoli italiani ne passa! Di mezzo c’è il mare delle traduzioni. Una proposta: “L’idiota migliore del mondo”, visto che subito dopo a indicare Ryan Reynolds c’è la copertina della rivista (con il suo nome in piccolo) e la scritta SEXIEST MAN ALIVE.

    Un perfetto idiota in inglese è un complete idiot e non è ciò che la frase God’s perfect idiot voleva significare. Gli idioti si sono sbagliati proprio su idiota.

    Nei sottotitoli al Blu-Ray è stato poi cambiato in con il perfettissimo idiota” che ha ancora meno senso, invece “some douchebag” rimane. Idioti.

    Belle gnocche

    Titoli di testa in italiano di Deadpool: una bella gnocca

    Il quarto cartello trasforma una “hot chick” in “una bella gnocca”, che può far ridere e, ovviamente, non è sbagliato in ciò che vuole esprimere. Il problema è che si tratta di italiano dialettale e per tradurre un normalissimo “hot chick” avrei delle remore a buttarmi subito su una scelta dialettale (per quanto nota in più regioni). Non è un film con Andrea Roncato.

    Andrea Roncato come Loris Batacchi nel film Fantozzi subisce ancora, la vignetta legge: mo guarda che traduzione

    Il capoufficio pacchi della Fox

    Una traduzione blanda (ricordandoci le intenzioni di questi titoli segnaposto) sarebbe potuta essere una bella ragazza o una mezza dozzina di alternative non troppo dialettali, ma voglio farvi considera l’opzione suggeritami dal collaboratore Leo: “una pupa sexy”. “Pupa” è stato in passato uno dei corrispettivi di “chick”, perché rende l’idea di un essere ancora non maturo né formato, come il chick è il pulcino, così la pupa è un insetto ancora non pronto. In più fa ridere, l’accostamento di pupa e sexy fa ridere pur rimanendo coerente con il linguaggio del film. Sexy è arrivato nella cultura popolare italiana e nei dizionari già dagli anni ‘50, ben si associa con le produzioni americane e con il concetto che vuole esprimere la parola “hot” presente in “hot chick”.

    Il nostro ufficio tecnico gestito dal mio Leo ve lo sistema in 2 minuti.

    Una pupa sexy. Traduzione corretta dei titoli di inizio italiani di Deadpool

    La nostra proposta (©Leo di Doppiaggi Italioti)

     

    Un inglese sadico

    Il quinto cartello parla di “un inglese sadico”.

    Titoli di inizio di Deadpool: un inglese sadico

    Dev’essere quello che insegnano in molte scuole italiane.

    Sì, nel film abbiamo un cittadino britannico sadico che è il cattivo del film. Ma il titolo originale era “a British villain”. Per gli americani, gli inglesi sono i “cattivi” cinematografici ideali, l’accento che si portano dietro è associato ad un’idea di elitarismo verso cui provare immediata “sfiducia fino a prova contraria”, oltre ai motivi storici noti a tutti. Se al pubblico americano vuoi far provare antipatia per un personaggio antagonista, lo fai parlare con accento inglese.

    E non dite “un cattivo inglese” perché questo lo riserviamo per chi ha tradotto questa cosa. Se “un inglese cattivo” può non bastare, ci potremmo sempre appigliare a “il cattivo con l’accento inglese”, una soluzione elegante e coerente non solo con le intenzioni degli autori ma anche con la scelta di doppiaggio, anche nel film in italiano infatti il cattivo parla, per l’appunto, con un accento inglese, normalmente non una scelta ideale in un film doppiato ma in linea con il tono farsesco dell’intero film. I lettori di lunga data ormai avranno capito che in questo blog non si parla per assoluti ed ogni caso viene valutato separatamente.

    Cartello numero 6: “il lato comico”

    Titoli di inizio di Deadpool in italiano: Il lato comico

    Il lato comico… di cosa??? (i tre punti interrogativi sono necessari). In originale leggiamo “The comic relief”, un termine che nel linguaggio teatrale (da cui deriva) indica in maniera generale una scena o una persona atta a stemperare la tensione, ad essere sollievo (relief, appunto) in maniera comica, fornisce una nota divertente in una situazione magari per il resto più seria. Se identificato in un personaggio specifico, il comic relief non è mai il protagonista ma più spesso una sua “spalla”. Tradurlo come “il lato comico” è una scelta giustificabile solo se se ci aggiungessimo “…del film” e comunque non farebbe pensare ad un personaggio quanto piuttosto ad un aspetto della trama (come se dicessimo “il lato comico… della vita”). I cartelli delle sigle e dei titoli di inizio devono essere autosufficienti e quelli di Deadpool in inglese non lasciano spazio all’interpretazione personale, né al dubbio, non è il contesto che ci aiuta a capire dove vogliono andare a parare.
    Quanto era più semplice scrivere “il personaggio comico” o un suo equivalente. Ecco.

    Adolescenti pobblematici e personaggi in CGI

    Prossimo cartello, “A moody teen”, tradotto con “Un’adolescente problematica”. Per citare Mario Brega… ma che è sto frasario ciancicato? Un’adolescente problematica è qualcosa di ben più grave della ragazzina imbronciata che vediamo nel film, molto di più di ciò che ci comunica il cartello in inglese con “moody teen”. Vogliamo dire una ragazzina volubile? Scontrosa? Sempre imbronciata? Tante ce n’è!

    Nel titolo seguente, da “A CGI character” arriviamo a “Un personaggio creato al computer”. Un po’ goffo perché sa tanto di traduzione diretta di “Computer-Generated” e magari ambiguo, perché se vogliamo spaccare il capello “creato al computer” può voler dire tante cose. Ad ogni modo, sebbene un po’ lunghetto, ci stava bene anche “Un personaggio in computer-grafica”, che fa tanto anni ‘90. E se vogliamo usare il “linguaggio giovane” non avrebbe stonato troppo neanche “Un personaggio in CGI”. Chiaro che, rispetto a “un film Some Douchebag”, qui stiamo spaccando il capello in quattro ma nel complesso sono tutti cartelli che sarebbe stato meglio tradurre in altro modo, tra più gravi e meno gravi.

    Budini, surgelati e traduzioni marca Cameo

    Al nono cartello si svela finalmente che chi ha scritto queste cose “in italiano” in realtà l’italiano non lo conosce.

    Titoli di inizio di Deadpool in italiano: un cameo inutile

    Perché traducendo “a gratuitous cameo” con “un cameo inutile” si dimostra innegabilmente di ignorare che la parola in italiano è cammeo, con due emme! La parola è di origine italiana, il cammeo cinematografico è stato chiamato così a Hollywood (anche se americanizzato in “cameo” e pronunciato càmio) perché in questo genere di gioielli compare una testa o un mezzobusto (tipicamente di donna) e ben si adattava a quello che era una “comparsata”, come ad esempio quelle di Alfred Hitchcock o di Stan Lee, per rimanere in tema. Il “cammeo inutile” in Deadpool si riferisce proprio al suo.

    Dalla Treccani:

    cammèo (raro camèo) s. m. [etimo incerto]. – 1. Nome di gemme, di vario tipo, lavorate sia a tutto tondo, per le quali nell’antichità si adoperarono quelle monocrome, sia a rilievo, per cui si preferirono l’agata, la sardonica, l’onice, traendo effetti coloristici dai varî strati. Pittura, incisione a cammeo: v. camaïeu. 2. Nel linguaggio cinematografico, partecipazione speciale di un attore non protagonista a un film.

    Lo sa anche Google Translate:

    Schermata di Google translate che traduce un cammeo inutile

    Sapete chi non lo sa? Bing Traduttore:Screenshot di traduzione automatica di Bing per la frase: some douchebag's film che diventa qualche film douchebag

    “Cameo” con una emme è una forma rara, chi la usa oggi probabilmente lo fa perché ha imparato questa parola scoprendola prima in inglese e il dizionario gli conferma che “tecnicamente” esiste anche con una emme, di conseguenza “cameo” va benone anche a Frank Borriello con Bing Translator alla mano e con il trisavolo di Torre del Greco che, ironicamente, è anche la patria dei cammei.
    Tecnicamente non è un errore, solo una forma rara e proprio per questo sarà difficilmente la scelta giusta per una traduzione in questo contesto.

    Tradotto da buoni a nulla

    Anche gli ultimi tre cartelli, sebbene anni luce da un film Some Douchebag (onta a vita per una simile non-traduzione), fanno sempre parte dello stesso grande problema, chi ha tradotto era un buono a nulla e sto citando la traduzione in questione, quella che traduce un produced by asshats (cioè prodotto da beoti/idioti/deficienti/etc… ) in prodotto da BUONI A NULLA”.

    Titoli di inizio di Deadpool in italiano: prodotto da buoni a nulla

    Funziona lo stesso? Sì. È la stessa cosa? Non proprio. Asshat viene dal detto “avere la testa su per il proprio culo” e per estensione avere un culo (ass) per cappello (hat). Il termine è usato per persone inette, imbranate, che non hanno la minima idea di cosa succede intorno a loro, per il Nord America è usato anche per persone fastidiosamente ignoranti. I sinonimi possibili sono tanti, non so se punterei sui buoni a nulla. Prima di arrivare a buoni a nulla mi sarei fermato almeno a considerare buffoni o somari: “Prodotto da DEI BUFFONI”. È una delle tante possibilità.

    L’idea dietro questi titoli divertenti è che gli autori della sceneggiatura (e quindi di questi testi, sto parlando di quelli in inglese) stiano approfittando dell’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa, quindi: i nomi degli attori poco importano, tanto conosciamo già i loro ruoli stereotipati inclusa la presenza di un personaggio in CGI che è una costante nei film Marvel; i produttori sono buffoni incompetenti perché prendono decisioni non avendone quasi mai le competenze o la lungimiranza; il regista è un coglione qualunque perché la Marvel usa spesso registi-fantoccio che fanno esattamente ciò che gli viene detto di fare, etc…; dopo questa trafila di finte coltellate agli altri, gli sceneggiatori a questo punto descrivono loro stessi come i veri eroi della situazione (written by the real heroes here), che in italiano diventa scritto dai veri supereroi.

    Titoli di inizio di Deadpool in italiano: scritto dai veri supereroi

    Che potrebbe starci, in riferimento al fatto che siamo in un film di supereroi, ma potremmo dire che in inglese non è stato usato il termine superheroes, semplicemente heroes, infatti fa parte di una frase abbastanza comune “the real hero here” in uso anche in molteplici memi internettiani; è chiaro che l’allusione è ai supereroi visto che è un film della Marvel ma non ha bisogno di essere così palese. Dicendo “i veri eroi” si capisce tutto lo stesso rimanendo fedeli al testo e alle intenzioni. Piccole cose, lo so. Non è some douchebag. Niente può esserlo!

    Infine arriviamo al regista, definito uno pagato troppo, secondo i titoli italiani.

    Titoli di inizio di Deadpool in italiano: diretto da uno pagato troppo

    È vero, il significato non è distante dall’originale directed by AN OVERPAID TOOL. Manca l’offesa, “tool”, che secondo l’Oxford Dictionary vuol dire

    3 vulgar slang: A man’s penis.
    3.1 A stupid, irritating, or contemptible man. ‘that guy is such a tool’

    Vogliamo chiamarlo un minchione? Un cazzone? Un imbecille? Scegliete voi. Inoltre, “pagato troppo” sembra parte di una frase che avrebbe forse più senso in un dialogo piuttosto che a vederla scritta. Il senso è quello di: regia di UN IMBECILLE STRAPAGATO.

    Come in tanti altri esempi precedenti, non c’è un’unica soluzione più giusta delle altre, ci possono essere sicuramente tante alternative e varianti, non è detto che le nostre siano le migliori in assoluto, ciò che è chiaro però è che i titoli ufficiali vadano dal completamente sbagliato al “non mi torna più di tanto” perché è palese che non siano stati gestiti da persone che conoscono la nostra lingua per davvero.

    Chi sono i nostri veri eroi?

    Se pensate che sia colpa di qualche televisione privata, sbagliate. Fonti interne alla Mediaset mi confermano ciò che già immaginavo, i titoli di Deadpool mostrati sul canale Italia 1 vengono direttamente dalla Fox e così sono apparsi anche su Infinity e altri canali a pagamento. Mi riferiscono anche che su Blu-Ray e DVD, dove la titolazione è in inglese, appaiono sottotitoli in italiano che riportano proprio quelle stesse traduzioni andate impunemente al cinema.

    Questo livello di cialtroneria arriva direttamente dagli Stati Uniti o dai loro diretti affiliati in Europa e non è cosa nuova, è più usuale di quanto immaginiate, solo che è molto raro che tale cialtroneria arrivi fino alla sala cinematografica. In un’intervista a Tonino Accolla ad esempio veniamo a conoscenza di una versione del film dei Simpson proposta dalla Fox con un doppiaggio eseguito in america dove la canzone cantata da Homer (poi adattata da Accolla come “Spider Pork”) faceva “Porco Ragno” con pesante accento americano (almeno così la imitava Accolla stesso, che l’aveva sentita).

    Magari i detrattori di “Spider Pork” rivaluteranno l’adattamento di Accolla alla luce di ciò che poteva essere. Insomma, dagli anni ‘30 di Stanlio e Ollio che giravano le stesse scene recitando in più lingue senza conoscerle (con l’effetto comico che per loro è stato l’inizio del successo italiano), non sembra essere cambiato molto. Oggi, dopo 90 anni, gli studios ancora si domandano se per risparmiare non si possano far adattare e doppiare i film direttamente in America, da italo-americani. Loro lo conoscono l’italiano, no?

    E non è una cosa che caratterizza soltanto la Fox, o pochi altri casi singoli, sembra invece essere endemica della categoria. La stessa fonte che lavora alla programmazione Mediaset mi racconta ad esempio della prima copia di un film, consegnata da Universal, che sotto al titolo originale The Fast & the Furious: Tokyo Drift inseriva a video un sottotitolo con la sua traduzione in italiano “Il digiuno e il furioso, la deriva di Tokyo”. Non si trattava di un’aggiunta Mediaset, era stata data loro dal fornitore internazionale per la trasmissione televisiva, in seguito è stata richiesta una nuova copia priva di sottotitoli già preparati all’estero.

    Scena dai Simpson, il Signor Burns e le sue scimmie che battono a macchina. La vignetta legge: aggiungete altre scimmie traduttrici, domani spediamo il film in Italia

    Siamo in queste mani, e sono gli stessi che premono perché gli adattamenti italiani non adattino niente ma che piuttosto traducano quasi parola per parola (di esempi simili ne è pieno il mio blog). Di gran parte di queste storie non sentirete mai parlare, ma per chi lavora nel settore è una lotta continua che non fa neanche ridere.

    Queste piccole storie ci fanno capire quanti filtri mettono al riparo il pubblico italiano dalla dabbenaggine di quelli che dall’estero (e anche qualche esaltato capo edizione italiano) si occupano delle versioni italiane e non deve sorprendere lo scoprire che traduttori e dialoghisti combattano quotidianamente con richieste idiote di supervisori che non conoscono l’italiano o lo conoscono male e chiedono di lasciare traslitterazioni dirette, “ho preparato delle uova” viene fatto cambiare in “ho preparato alcune uova” perché per il committente ignorante tradurre è questione di sostituire parola per parola. Molti di questi casi vengono filtrati in uno dei tanti passaggi che stanno tra il copione in inglese e il doppiatore che alla fine recita la battuta. Raramente arrivano fino alla sala cinematografica.

    In questo panorama i veri eroi sono quelli che, alla direzione di doppiaggi e all’adattamento dei dialoghi, riescono a far comprendere che certe scelte sono deleterie per il film stesso, ma non tutti i committenti si lasciano convincere da chi lo fa di mestiere, né tutti i direttori di doppiaggio hanno le competenze, la sensibilità o anche solo la forza di suggerire cosa è più corretto. Quindi la qualità di quello che arriva in sala può variare.

     

    Some douchebag

  • Buffy ammazza vampiri ma il doppiaggio italiano ammazza il film… quello del 1992!

    Buffy l'ammazzavampiri, titolo che appare all'inizio del film

    Prima di Buffy, la serie TV con Sarah Michelle Gellar, c’è stato Buffy, il film del 1992, quello che non si è mai inculato nessuno. Questo probabilmente anche per colpa del doppiaggio italiano di qualità “scarsina”. L’esistenza di un film di Buffy sarà sicuramente una novità per alcuni di voi ma non è colpa vostra, in Italia è rimasto pressoché inosservato nonostante l’uscita al cinema nel 1994 con il titolo di Buffy – L’ammazza vampiri (V.M. 14, eh!) e poi in VHS nello stesso anno.

    Locandina cinematografica italiana di Buffy l'ammazzavampiri, film del 1992 uscito in Italia il 25 febbraio 1994

    da “Italian Pulp Movie Posters”

    Nel film fanno la loro comparsa il fu-Luke Perry, il premio Oscar alla carriera Donald Sutherland, il vincitore del premio Montecatini Filmvideo alla carriera Rutger Hauer, nonché la stella sulla “Walk of Fame” e masturbatore in luogo pubblico Paul Rubens e persino una giovane Hilary Swank (lei ancora molto lontana dall’Oscar); per concludere ci sono anche un paio di inquadrature nelle quali appare il doppio premio Oscar e futuro Bruce Wayne-triste Ben Affleck (lo so che non mi credete ma è tutto vero, ho delle schermate che lo dimostrano!). Per sfortuna della 20th Century Fox, il cast non ha aiutato il film che si è rivelato un flop sia al cinema sia in home video (i soldi negli Stati Uniti li hanno recuperati ma senza scialare), l’autore Joss Whedon (sì, quel Joss Whedon) se ne andò via dal set per non tornare mai più quando si rese conto che praticamente chiunque stava apportando modifiche al suo copione, da Donald Sutherland — che cambiava le proprie battute a piacimento, perché del resto chi cazz’ è Joss Whedon nel 1992 rispetto a Donald Sutherland? — fino probabilmente all’assistente del vice-sostituto-macchinista. E anche i passanti per strada avranno avuto qualche modifica tutta loro da proporre.

    Vampiri nel film Buffy l'ammazzavampiri

    Se non li inviti non possono entrare, ma possono comunque deriderti dalla porta.

    Un film riuscito a metà, un doppiaggio non riuscito affatto

    Se avete mai visto la serie del 1996 (che era pensata da Joss Whedon come una sorta di sequel del film) conoscete già il personaggio e la trama: la frivola adolescente americana Buffy scopre di essere la prescelta cacciatrice (“Slayer”) in una secolare caccia ai vampiri e dev’essere istruita da un anziano osservatore (“Watcher”) che la prepara al ruolo.

    Luke Perry nei dietro le quinte di Buffy dove dice: interpreto Pike, Pike è la donzella in pericolo nel film.

    Nel mezzo del film ci sono tante idee divertenti che forse troverebbero un apprezzamento da parte del pubblico più oggi di quanto ne potessero mai trovare nel 1992. Abbiamo ad esempio l’inversione dei ruoli classici, dove Buffy (Kristy Swanson) è l’eroina senza paura mentre Pike (Luke Perry), sebbene vestito da duro, è il damigello in pericolo che sviene in continuazione e deve essere sempre salvato. In più, Buffy mena di brutto il compagno di classe che, sapendola senza più fidanzato, decide di allungare un po’ troppo le mani, e mena anche un motociclista che le aveva fischiato dietro. Vedendosi sopraffatto da una ragazzina il motociclista le urla che è una lesbica e promette che lo dirà a tutti (?). Gli uomini molesti non se la passano bene in questo film e se alla fine Buffy sale sulla moto con Luke Perry è perché lo ha deciso lei, non perché sente che si tratta di un destino di genere. Difficile indovinare quanto di tutto ciò venga da Whedon e quanto invece dai “passanti” che, a detta sua, gli hanno stravolto la storia.

    Tra i tanti momenti scemi che condiscono Buffy – L’ammazza vampiri si può quasi intravedere il film eccezionale che avrebbe potuto essere e in generale meriterebbe molto più affetto di quello che ha ricevuto, ma per il pubblico italiano questa potrebbe essere una sfida impossibile perché a complicare il tutto abbiamo un doppiaggio italiano che affossa definitivamente il film, al punto da farvi pregare che esista un ridoppiaggio da qualche parte.

    Sceneggiatore Joss Whedon da giovane

    “E allora mi scriverò un Buffy tutto mio, con black jack e squillo di lusso!”. Joss Whedon

    Il doppiaggio videocassettese di Buffy – L’ammazza vampiri

    Non c’è niente di profondamente sbagliato nell’adattamento di questo film, niente che dovrebbe far scomodare l’autore di questo blog. Ed è di poco conto che nei dialoghi italiani la protagonista sogni di andare in Europa e sposarsi il principe azzurro mentre in originale lo sposo bramato era invece un po’ più specifico: Christian Slater (come biasimarla, era pur sempre il 1992!). Tutti gli altri riferimenti contenuti nel film (band musicali, soprannomi, nomi, etc…) rimangono inalterati: l’adattamento italiano non brilla ma almeno non stravolge. E allora dov’è il problema? Il problema sta nel doppiaggio che, per dirla in parole povere, non si può ascoltare.

    Le voci scelte per doppiare i giovani attori del film risultano scollate dai personaggi che vediamo su schermo e sono, oserei dire, inadatte per i ruoli che coprono, poco importa che in alcuni casi doppiatori e attori siano coetanei. Quasi tutte le voci italiane che sentiamo in Buffy sono di quel tipo che, sentite una volta, non si ricordano più, questo per citare una grande scena dal film “Sono fotogenico” di Renato Pozzetto. Ripensando al doppiaggio di Buffy a dir la verità verrebbero in mente anche altre battute di quello stesso film di Pozzetto, come ad esempio l’immortale “ma fai schifo, dai! Fai veramente schifo!“.

    Il distacco tra voci e personaggi si prova perché quello che vediamo è un film che, per quanto a budget limitato, è stato girato su pellicola con attori anche di un certo calibro mentre le voci che sentiamo uscire dalle loro bocche sono quelle che ritroveremmo in serie come Le sorelle McLeod, Batticuore, Sentieri, Power Ranger e tanti sequel sconosciuti di film d’animazione usciti solo in VHS. Voci perfette per quel genere di materiale ma inadatte al genere cinematografico. Li chiamano “doppiaggi televisivi” non a caso.

    Rutger Hauer con spada samurai in Buffy l'ammazzavampiri, la vignetta legge: ve lo faccio a pezzi questo doppiaggio

    Per farla breve, il film Buffy – l’ammazza vampiri soffre di un doppiaggio da videocassetta degli anni ‘90, di quelle doppiate a Milano per la distribuzione spicciola. Paradossalmente ho visto molti direct-to-video di film da quattro soldi che invece hanno goduto della presenza di doppiatori famosissimi. Di certo questo Buffy, per quanto film riuscito solo a metà, non meritava un trattamento simile. Incredibile pensare che il suo doppiaggio “videocassettese” (la conio io qui ed ora) sia arrivato nelle sale cinematografiche italiane (data del visto censura: febbraio 1994). Spero che da un momento all’altro qualcuno ci venga a dire che il doppiaggio che ho sentito è in realtà un ridoppiaggio per l’home video e che al cinema non è mai arrivato! La distribuzione è sempre stata della Fox quindi trovo improbabile che l’audio italiano che trovate in Blu-Ray (pubblicato dalla Fox stessa) sia preso da un ridoppiaggio successivo, ma c’è sempre spazio per sperare.

    Ah, già, perché non sapete che il film di Buffy esiste in Blu-Ray con la lingua italiana!

    (Non c’è bisogno che lo prenda in giro io questo film quando il dietro le quinte contenuto nel Blu-Ray si prende già in giro da solo.)

    Buffy – L’ammazzavampiri del 1992 esiste in Blu-Ray anche in italiano ma in Italia non lo sa nessuno.

    Sì, perché Buffy esiste sul mercato italiano in DVD e su eBay lo trovate anche in VHS, ma nessuno sa che il primo Blu-Ray pubblicato sul mercato americano contiene tutte le lingue europee, incluso l’italiano. L’unico problema è il blocco geografico, il disco è infatti “regione A”, quindi vi servirà un lettore in grado di leggere i Blu-Ray statunitensi per poterlo vedere. Nessuno in Italia ha mai sospettato niente perché gli americani hanno queste curiosa abitudine di non scrivere sul retro della copertina tutte le lingue contenute nel disco, non chiedetemi perché. Era forse prevista la pubblicazione dello stesso disco anche sul mercato europeo ma che poi non si è mai materializzata? Possiamo solo supporre.

    Per trovarlo dovrete cercare sul mercato americano la versione Blu-Ray pubblicata nel 2011 (evitate quella del 2017), la mia ha codice a barre 02454374376780. Non vi spaventate se sul retro non ci trovate scritto “Italian”, vi garantisco che c’è, il sito Caps-a-holic conferma la presenza della nostra lingua in una lista dettagliata di tutte le lingue e i sottotitoli presenti.

    Ben Affleck nel film Buffy L'ammazza vampiri del 1992

    Lo sappiamo che sei tu, Ben Affleck. Inutile che fai togliere il tuo nome dai titoli di coda

    Dobbiamo ringraziare Luke Perry?

    Buffy sarebbe arrivato lo stesso in Italia se Luke Perry non fosse stato nel cast? La mia teoria è che il film era da subito destinato al mercato dell’home video, quello dei film distribuiti solo in VHS, ma il successo di Luke Perry con la serie Beverly Hills 90210 avrà dato l’idea alla Fox (proprietaria di entrambi) di provare a fare il botto portando questo film, già doppiato e pronto alla distribuzione VHS, addirittura al cinema!
    Il botto l’hanno fatto ma non nel modo che pensavano loro.
    Peccato per la mancata possibilità di diventare un film di culto, anche per colpa di un doppiaggio a risparmio. È innegabile che un doppiaggio memorabile possa risollevare le sorti anche di film riusciti solo a metà. Il mio consiglio è di guardarlo unicamente in inglese, sottotitolato se necessario. Il Blu-Ray ha sottotitoli in tutte le lingue.

    Scena dal film Buffy l'ammazzavampiri dove la protagonista usa una bomboletta spray e una croce in fiamme contro il vampiro. Nella vignetta dice: te lo brucio questo doppiaggio

    I dialoghi tradotti rispecchiano abbastanza fedelmente le battute originali ma il doppiaggio piatto e assai poco cinematografico le ammazza quasi tutte, figuriamoci quelle che erano già piatte in partenza (Luke Perry che impala un vampiro e dice “adesso sei un attaccapanni” penso sia la peggiore mai sentita in un film di vampiri). C’era bisogno di un adattamento un po’ più brillante come nel 1994 ancora potevano fare e di doppiatori capaci di non uccidere qualsiasi frase, ma soprattutto adatti ai personaggi… o per lo meno che non fossero da telenovelas perché che un film degli anni ’90 approdato al cinema abbia un doppiaggio pari o inferiore a qualsiasi serie televisiva di quell’epoca è veramente vergognoso. Se scomparisse e lo ridoppiassero non lo rimpiangerebbe nessuno.

    Lascio qui l’unico video trovato su YouTube, purtroppo poco rappresentativo della qualità del doppiaggio, ci sono parti ben peggiori.

    Ben Affleck che guarda disgustato un pallone con la vignetta che legge: il doppiaggio di Buffy


     

    Frase ignorante da mettere in locandina:

    ‘Non avresti dovuto tornare”

    Buffy.

     

  • Una conversazione con Carlo Marini (2^ parte) – I doppiaggi di Terminator, Platoon, La rivincita dei nerds, Il caso Moro

    Foto di Carlo Marini, doppiatore e direttore di doppiaggio

    Carlo Marini, l’intervistato

    Ma il mio Terminator… me l’hai distrutto!” esordisce al telefono Carlo Marini, direttore di doppiaggio, dopo aver letto il mio articolo sull’adattamento del film, articolo che intitolai molto poco diplomaticamente “Terminator (1984) – Si poteva fare di meglio“. Faccio notare a Carlo che le mie lamentele erano rivolte quasi unicamente al lavoro del dialoghista (come quasi sempre accade in questo blog), non al suo lavoro di direzione del doppiaggio, né alla scelta degli interpreti su cui non ho mai avuto da ridire (eccezion fatta per Glauco Onorato su Schwarzenegger, con le motivazioni già esposte nell’articolo) e la telefonata si conclude con l’invito di Carlo a recensire altri dei film su cui ha lavorato. Cosa che prometto di fare, non solo per curiosità personale ma anche per i miei lettori, perché c’è una filmografia interessantissima nel catalogo dei film il cui doppiaggio fu diretto da Marini, ad oggi poco noto. Proprio sui retroscena del suo ruolo di direttore di doppiaggio, Carlo condivide con me altre storie inedite e aneddoti.

    Questo avveniva, mi vergogno quasi a scriverlo, oltre due anni fa, forse tre. A volte la vita, il lavoro, la famiglia, ci tengono impegnati e il tempo corre più velocemente del previsto. Quello che sembra un batter d’occhio ad un trentenne, può avere un peso ben diverso per un sessantenne.

    Carlo è morto il 5 gennaio 2019, all’età di mio padre, lasciandomi un bagaglio di aneddoti che mi sono stati raccontati in una serie di nostre interviste a telefono e poi un incontro dal vivo su suo invito che dire indimenticabile è dir poco. Definire Carlo un “personaggio” è riduttivo, sicuramente è stata una figura controversa nel mondo del doppiaggio per motivi che posso solo immaginare leggendo tra le righe dei suoi aneddoti (e molti li ho dovuti/voluti censurare per varie ragioni), probabilmente più piacevole da conoscere come intervistato che come collega, ma non si può negare che abbia avuto un posto nella storia del doppiaggio italiano, anche se poco documentato o ricordato. Se non fosse stato per il nipote non avremmo neanche saputo del suo decesso.
    Mi ha sempre chiesto scherzosamente se queste interviste avrei finito di pubblicarle mentre era ancora in vita. In sua memoria mi sono impegnato a finire di narrarle su questo blog e così riprendo da dove avevo lasciato e senza alterare niente, mantenendo anche le mie tradizionali vignette come se non se ne fosse mai andato.

    Evit

    Nella prima parte dell’intervista avevamo lasciato Carlo Marini poco dopo la scomparsa nel 1980 di Emilio Cigoli, suo mentore e figura imperante nel mondo del doppiaggio. Dai primi anni ’80 Marini stesso, con la sua azienda, era in piena attività come direttore di doppiaggio, lavorando sia su film di spessore artistico e intellettuale (gran parte oggi dimenticati) sia su film di maggior successo commerciale, titoli del calibro di Platoon (1986). Ed è proprio dai titoli più celebri che voglio cominciare.

    Terminator, gli “inventati”, Platoon

    Come già accennato, tra i lavori più noti di Marini c’è la direzione del doppiaggio di Terminator (uscito in Italia ai primi di gennaio del 1985) di cui Carlo ricorda prima di tutto una difficile ricerca di una voce adatta per la protagonista Sarah Connor (Linda Hamilton) che ha portato l’esordiente Daniela De Silva ad ottenere la parte. Carlo inizia la sua storia con questa frase: “c‘ha una faccia strana quell’attrice“. Le storie di Carlo iniziano sempre in medias res.

    Linda Hamilton in Terminator nel ruolo di cameriera, la collega che le parla dice in una vignetta: dice c'hai la faccia strana

    Carlo: C’ha una faccia strana quell’attrice… stavo impazzendo perché non riuscivo a metterci nessuna voce di quelle che conoscevo, impazzivo proprio. C’era una ragazza [Daniela De Silva] che era venuta tre o quattro volte a seguire il doppiaggio e le dissi “sentiamo un attimo la voce tua su questa qua” e lei “ma io non l’ho mai fatto, il doppiaggio” – “Ma te lo dico io! Voglio sentire un attimo… cerca di andare a sync il più possibile e non ti preoccupare, voglio solo sentire”. Questa prende, apre bocca… ed era PER-FET-TA!

    Evit: L’ho sempre trovata molto azzeccata sul personaggio. Non ho mai pensato per un momento che potesse essere una doppiatrice alle prime armi.

    Carlo: No! Non alle primealla prima! Purtroppo ha fatto solo quello di film. Insomma le dissi “lo fai tu!”. All’epoca avevo la forza per dirigere, ci tenevo, quindi riuscivo a coinvolgere molto i doppiatori, avevo ancora la forza per crearli da zero e portarli avanti, erano degli “inventati”.
    In uno di questi lavori ricordo che un venerdì sera dovetti partire per Venezia, lasciai in fretta lo studio e la doppiatrice non se ne accorse… e fa buona la prima, e fa buona la seconda, poi ancora tre, quattro, cinque, sei, sette incisioni, otto incisioni… VENTI INCISIONI! Alla ventunesima dice [Carlo imita una voce stanca e disperata] “com’era?” e il fonico “ma, non lo so, Marini è da 24 ore che è andato via”. Erano le sette e venti erano, dico, roba da… va be’, e quindi anche Daniela era un’altra “inventata”.
    Un altro con cui ho dovuto faticarci molto è il mio amico Claudio De Davide che mi avevano messo su Christopher Walken in La Zona Morta e forse all’epoca non era ancora pronto per quel ruolo ma sono riuscito a portarcelo comunque e mi sembra che il risultato finale ne sia la prova. Poi l’ho sentito qualche anno dopo ed era migliorato molto.

    Evit: mi sembra di capire che fossi molto esigente nei confronti dei tuoi doppiatori, specialmente con quelli con ruoli da protagonista.

    Carlo: Molto esigente! Franca De Stradis mi disse che con Il diario di Edith (1983), dove doppiava la protagonista, era giusto che l’avessi diretta così come ho fatto ma che l’avevo fatta finire in analisi, dallo psicologo. Se guardi il film poi capirai perché.
    Come doppiatore io molte cose le sapevo fare per via di Cigoli [Carlo si lancia in un’altra perfetta imitazione di Cigoli] “maaaaa… cosa succederebbe se non rispettassi più la legge, lo hai già fatto?”, come puoi sentire era una recitazione antica che non era più facilmente accostabile con quella di certi nuovi doppiatori. Comunque nelle cose più difficili da articolare Cigoli se ne usciva sempre con un “ci batta dentro Marini”. Tra le tante cose poi mi ha insegnato come aprire, come chiudere, come abbassare la voce, la respirazione, tutto insomma… Cigoli è stato veramente un maestro per me. Poi, dopo, sai, i doppiatori lo prendevano in giro perché intanto il panorama era cambiato, erano cambiati gli attori. Doppiatori come Amendola, che hanno fatto cose bellissime ma che all’epoca di Cigoli potevano fare al massimo qualche caratterista, Amendola avrebbe mai potuto doppiare Paul Newman o Marlon Brando?

    Evit: Erano nuovi doppiatori per un nuovo tipo di attori…

    Carlo: Nuovi attori, diversi, non più bellissimi e quindi sono cambiate anche le voci… ma per molti anni il primo attore è sempre rimasto primo attore, come lo sono stato io, Malaspina, Renzo Stacchi… cioè con una voce non caratteristica, una voce pulita che non riconosci subito. Alle volte non mi riconosco manco io!

    Daniela De Silva nel film Il caso Moro, 1986

    Daniela De Silva nel film Il caso Moro (1986)

    L’ingaggio di Glauco Onorato per la voce del Terminator

    Carlo: Parlando di voci, insomma, in Terminator non ti è piaciuta tanto la voce di Glauco [NdA: Carlo fa riferimento al mio articolo su Terminator, poi gli viene subito in mente un altro aneddoto]… ah, te ne racconto un’altra, di quando ho dovuto chiamare il povero Glauco Onorato per il doppiaggio di Terminator. Gli dissi: “Glauco, senti, ci serve un protagonista”. [Carlo imita Glauco] “Mbè io sempre fatti i protagonisti, sa’, mica…” e io “Glauco, l’unica cosa è che è un film un po’ strano. Insomma, questo protagonista c’ha solo sei anelli.”. [Imitando Glauco] “Che cazzo dici!? Un protagonista co’ sei anelli??? Ma che, sei diventato matto a Marini! T’ha dato de testa er cervello”. Gli dissi “guarda però non ti preoccupare, io non è che ti pago solo per i sei anelli, ti do una cifra adeguata al personaggio”, e una certa cifra gli ho dato, ora non mi ricordo quanto ma era consistente, e lui mi fa “ah, vabbè, vabbè, allora vengo”. Da quel momento in poi mi ha sempre ringraziato, diceva di me: “io devo a lui che mi ha dato questi due anelli veri e quattro erano proprio tutti… effettati, però lo devo a lui se c’ho sempre fatto un sacco, se ho chiesto sempre un sacco de sordi”. Questo per dirti di Glauco su Terminator.

    E qualcuno all’epoca cominciava già a volere le voci dei doppiatori uguali a quelle degli attori americani, con lo stesso timbro di voce. Ci potevi mettere un cane, che abbaiava proprio, con una voce che non gli stava tanto bene, con una voce che lo stesso attore americano direbbe “mamma mia che voce brutta che c’ho”… ma se aveva lo stesso timbro allora andava bene. A quel punto mi sono molto amareggiato. Adesso poi è quasi impossibile perché dicono “sai, ci sono i dischi ora [NdA: i DVD] dove sono presenti sia l’inglese che l’italiano e non si devono sentire differenze”… ma che cazzo te ne frega?! Tu senti l’italiano, poi senti l’inglese, se ti piace di più l’inglese te lo senti in inglese e ti ciucci la voce sua vera… io ti propongo una voce forse più giusta per l’orecchio nostro.

    Evit: Una delle interferenze dall’estero che più gravano sui doppiaggi moderni sono le interpretazioni fotocopia.

    Carlo: Tanti attori americani sono mooolto bravi eh, devo dire che se riesci a stargli appresso… però l’inglese è proprio un’altra lingua, un modo di recitare diverso, come anche il francese [imita comicamente il francese con voce nasale misto a pernacchie], c’hanno un altro modo. Gli inglesi, e soprattutto gli americani, hanno quel … [Carlo si lancia in un’altra comica imitazione del suono della lingua inglese] WAAAhhh-Waah-Weh-weh! Tu non so se hai visto Platoon.

    Evit: Sì.

    Carlo: Ecco, quello l’ho diretto io e c’avevo Oliver Stone vicino, per tre turni, è stato lì attaccato a me in sei metri quadri di stanzetta e a lui gli è andata anche bene, perché ad altri… ah, a proposito, avrai da ridire senz’altro sull’adattamento di Platoon.

    Evit: Veramente, no. [rido] Anzi, forse un giorno dovrei parlarne sul blog.

    Carlo: Te lo chiedo perché quello che dicevano gli attori nel film in inglese spesso divergeva molto dal doppiato, perché quella originale era roba da andare in galera: “bocchinaro demmerda”, “tu madre la deve pigliare nel culo da tu’ zio”… roba così.

    Evit: È comprensibile un’alterazione delle parolacce nell’adattamento italiano, in America, così come in altri paesi, la percezione di ciò che volgare è ben diversa dalla nostra… se si dovesse tradurre alla lettera tutto si avrebbe anche una differente percezione di espressioni, che magari risulterebbero esageratamente offensive per un italiano mentre invece gli americani non le trovano poi così esagerate.

    Carlo: eh, lo so, però tu capisci che questi… vai a dire “fagli male” e invece quello in lingua originale diceva “rompigli il culo”, “fagli un culo come una cosa”, dicevano cose così… oppure “Ho-Chi-Min…” ora non mi ricordo [NdA: la frase che Carlo non ricordava esattamente o che non ha avuto il coraggio di terminare era Ho-Chi-Min succhia i cazzi ai morti (“sucks dead dick”) che l’adattamento italiano traduceva con Ho-Chi-Min è un rotto in culo].
    Lì ho dovuto alzare l’età un po’ di tutti perché ragazzi di vent’anni non c’erano. L’ho dovuto doppiare persino io [NdA: Carlo dava la voce a Chris Pedersen]… pensa che l’ho dovuto finire di doppiare alle quattro e mezza… e a mezzanotte è andato al cinema!

    Evit: Accidenti!

    Carlo: E quindi figurati!

    [Platoon uscì in Italia il 13 marzo 1987. Fonte IMDb]

    2014 Beijing International Film Festival - Director Oliver Stone Interview

    Oliver Stone

    Le voci di Marini, Edward – mani di forbice

    Carlo: Poi ho doppiato William Hurt in Gorky Park, Michael Cain in Vestito per Uccidere di Brian De Palma, anche quello un cult movie. Michael Caine l’ho doppiato altre volte, spesso in realtà, tranne in Quarto Protocollo dove non l’ho doppiato perché in quel film dirigevo il doppiaggio e l’ho dato ad un altro, stupidamente.

    Evit: È difficile dirigere e doppiare allo stesso tempo?

    Carlo: Non è quello il problema, è che in queste situazioni se facevo contemporaneamente il direttore, poi doppiavo una piccola parte e interpretavo pure il protagonista poi si lamentavano che mi stessi accaparrando un po’ troppi ruoli (e stipendi). Che poi io ho sempre avuto un senso di autocritica, sapevo se la mia voce sarebbe potuta stare dietro a quella di un attore, l’accordo di Do con la voce lo facevo tutto e, non so se tu sai qualcosa di musica…

    Evit: sì, ho studiato pianoforte.

    Carlo: allora capirai che fare direttore e anche il doppiatore può andar bene finché l’attore da doppiare rimane entro l’accordo di Do ma se con la voce devi fare una settima allora lì devi essere diretto da qualcuno. Al Pacino ad esempio non ha un accordo preciso, non fa “do-mi-sol” manco a morire, ha tutte settime, sbalza continuamente.

    Evit: Non immaginavo che nel doppiaggio si pensasse alla voce anche in questi termini.

    Carlo: No, no, questo lo faccio io. Questo discorso lo facevo io e non lo sentirai fare da nessun altro.

    Al Pacino in Angels in America dove era doppiato da Carlo Marini

    Al Pacino in Angels in America (2003) dove era doppiato da Carlo Marini

    Chiedo a Carlo qualcosa in merito alla scelta dei titoli italiani, prendendo ad esempio Interceptor, per capire chi sceglie i titoli per la distribuzione italiana e come funzionino i dietro le quinte:

    Ma guarda, [i dietro le quinte della distribuzione] non li conosce nessuno alla fine. All’epoca, per “Interceptor” mi chiamarono per doppiare e basta. Anche dopo, da direttore di doppiaggio, non ero io che suggerivo i titoli, al massimo li può suggerire l’adattatore. Qualcuno richiede di proporre tre titoli italiani ma questo sui filmetti, invece sui film grossi dove alle spalle ci sono la Warner, la Fox, la Columbia… lì decidono tutto loro.

    Essendo in tema di titoli, faccio notare a Carlo un errore tremendo nella titolazione di un film da lui diretto, Edward – Mani di forbice (l’errore è nelle forbici che non esistono al singolare).
    Il titolo che gli hanno dato è Edward mani di “forbice”? – chiede un po’ incredulo Carlo – …cioè al singolare, non al plurale? Ma pensa tu… ma come fai caso a queste cose? -. Sono nato curioso indagatore ma anche rompiballe.

    Johnny Depp in Edward mani di forbice

    Evit: Ti ricordi qualcosa di “Edward – Mani di forbice”?

    Carlo: Beh, quello è un film stupendo… sì, ricordo Johnny Depp e il suo doppiatore (Fabrizio Manfredi). Edward anche in italiano aveva una voce stupenda, un’umanità fantastica… perché ci azzeccavo nella scelta degli interpreti. E la Romagnoli sulla presentatrice Avon, non era fantastica? Anche lei aveva fatto mooooolto poco, qualche brusio, qualche cosa così. La prima cosa grossa l’ha fatta con me in Edward Mani di forbici… e per me ci stava, non mi dire niente perché ci stava da Dio! Ta-tan ta-tan ta-tà! [Carlo imita la gaiezza dell’interpretazione della Romagnoli.]

    Evit: Si tratta di uno di quei film che non sento di dover guardare in inglese e questo è un mio grande complimento. Un ottimo lavoro.

    Prima di procedere, Carlo dispensa un consiglio d’essai:

    Comunque vediti Cuore di vetro di Herzog, non te lo puoi perdere. È un altro di cui ho diretto il doppiaggio. Nel film gli attori erano in stato di ipnosi, Herzog li ha fatti ipnotizzare e li ha mandati sul set. La voce del narratore è la mia, quella di Hias. I miei doppiatori non li feci ipnotizzare ma adesso non ricordo cosa congegnai all’epoca per doppiare quei personaggi. Qualcosa feci di sicuro.

    La Rivincita dei Nerds, Il caso Moro, aneddoti

    Cast del film La Rivincita dei nerds nel quale il doppiatore Fabrizio Mazzotta doppiava il più piccolo del gruppo

    Il nostro amico Fabrizio Mazzotta era il piccolo “nerd” in prima fila al centro, proprio davanti al “dottor Mark Green” (Anthony Edwards).

    Evit: Ti ricordi la direzione del doppiaggio di La Rivincita dei Nerds?

    Carlo: L’uno e il due.

    Evit: Hai diretto anche il secondo?

    Carlo: Sì, sì, anche il due. Il terzo no.

    Evit: Non sapevo neanche ci fosse un terzo. Ti ricordi come mai la scelta di lasciare la parola “nerds” nell’adattamento e quindi nel titolo? Adesso è un vocabolo molto più conosciuto ma all’epoca era probabilmente la prima volta che lo sentivamo in Italia.

    Carlo: questo era coso, un bravissimo adattatore della Fox, lo faceva… era un adattatore famoso, li faceva quasi tutti lui. In realtà erano due adattatori, anzi tre, compresi che due erano fratelli, uno molto bravo, l’altro bravo solo perché si chiamava come il fratello… purtroppo ora non me li ricordo.

    Evit: Li scegliesti tu gli interpreti?

    Carlo: Nei Nerds? Non ricordo. Ricordo che c’era Glauco (Onorato) su John Goodman, l’allenatore, poi c’era Fabrizio Mazzotta e Massimo Corizza, anche lì c’è un aneddoto tutto da ridere… comunque con i Nerds ci siamo divertiti, c’era pure Maurizio Mattioli che faceva “AAAAAAHRRR”, il personaggio Ogre.

    Il personaggio di Ogre nel film La rivincita dei Nerds, doppiato da Maurizio Mattioli

    Informazione inedita: era Maurizio Mattioli ad urlare NEEEEEEERDS!!! Non lo troverete scritto altrove.

    Carlo: Ti posso raccontare un aneddoto su Maurizio Mattioli durante il doppiaggio su un film italiano di Giuseppe Ferrara, Il caso Moro (1986). La scena è questa: Fono Roma, scena di due macchine, quella di Moro e quella dietro, cadaveri a terra, cadaveri dentro, quasi si sentiva la polvere da sparo anche dalla pellicola; organizziamo il brusio, tu ti prendi quel poliziotto là, io mi prendo quello, una ragazza si prende quella vecchietta là, etc… [Carlo imita i cosiddetti brusii] “Ho sentito degli spari”, “largo, largo! Per favore, fate largo!”, poi in un momento in cui altri parlavano si sente Maurizio Mattioli che fa “e state indietro! Non è successo niente!” – faccio fermare l’anello – “ferma, ferma! Ah, Mauri’! Ma come non è successo niente!? La storia d’Italia! Hanno ammazzato uno che voleva fare il compromesso storico coi comunisti e tu dici non è successo niente?”

    Evit: Sembra una battuta di un film parodistico.

    Carlo: …Cinque morti lì per terra! Moro venne rapito, non volava una mosca a Roma quando avvenne… “Non è successo niente!” [ride]. Va be’, niente, la Rivincita dei Nerds, bellissimo!

    È curioso notare come Daniela De Silva, la voce che Marini scelse per la protagonista di Terminator, aveva invece un ruolo di attrice proprio nel film Il caso Moro dove interpreta Maria Fida Moro.

    Scena di Una pallottola spuntata quando Leslie Nielsen dice che non c'è niente da vedere mentre dietro di lui esplode tutto

    Il caso Moro (1986)

    (Continua con una terza e ultima parte)