Leslie Nielsen: un nome, una garanzia. Almeno lo è stato fino alla prima metà degli anni ‘90. La carriera dell’attore canadese, come molti sanno, è iniziata in maniera serissima con film come Il pianeta proibito (1956), e dopo esser diventato volto noto al pubblico americano per drammi e soap opera, il film L’aereo più pazzo del mondo (1980) cambiò per sempre la sua carriera e il modo in cui oggi percepiamo il suo personaggio. La felice collaborazione con i fratelli Zucker continuò per qualche annetto ma ben presto il loro filone giunse al termine. Questo non impedì, però, ad altri registi di utilizzare(/abusare di) Nielsen in film comici con il preciso scopo di scopiazzare, a volte anche spudoratamente (come nel caso qui in analisi), i film de La pallottola spuntata (ma più spesso Hot Shots!), nel vano tentativo di replicarne il successo.
Tra i tentativi più tristi in assoluto c’è il film canadese 2001: Un’astronave spuntata nello spazio di Allan A. Goldstein, l’acclamato regista di… Il giustiziere della notte 5. Dopo un giro di festival iniziato nell’ottobre del 2000, Un’astronave spuntata riesce ad arrivare negli Stati Uniti soltanto in DVD, a marzo 2002; e in Italia soltanto nel 2008, direttamente in TV. Già questo un segno di altissima qualità!
2001: Un’astronave spuntata in canna 33 e lascia spiare part deux
Immediatamente dal titolo italiota ecco l’ammiccamento allo spettatore, con quello “spuntata” che ci sta proprio come il ketchup sugli spaghetti. Il titolo originale è 2001: A Space Travesty, ovvero una farsa spaziale. Mai titolo fu più adatto. Richiamo spudorato davvero quello del titolo italiota, ma sempre meglio delle Filippine dove (IMDb dice) arriva come “Il figlio della pallottola spuntata”. E non a caso! Il film ce la mette davvero tutta a cercare di farci credere che stiamo guardando un film della serie della pallottola spuntata, fin dai primi minuti che iniziano con una narrazione fuori campo del personaggio di Nielsen (vestito col costume di Frank Drebin, il suo personaggio in Una pallottola spuntata), e una negoziazione con dei sequestratori.
Qui spezzo una lancia, una sola, a favore del doppiaggio di questo film: il bravissimo Adalberto Maria Merli dà la voce a Leslie Nielsen. Non è Sergio Rossi, ma è molto adatto al volto. A dire il vero un talento sprecato su questo filmaccio. Il nome del personaggio principale, nella versione originale, è Richard “Dick” Dix, e il cognome è omofono di “dicks”, ovvero “CAZZI” (e Dick Dix è come Cazzo Cazzi. Non guardate me, questo è il livello di commedia), quindi altra piccola lode, e l’ultima, al doppiaggio italiano, è la trovata di chiamarlo Dick Hudson, ovvero DIC AZZO(n), che quando chiamato per cognome fa semplicemente ‘AZZOn (“è così, vero? “Azzon”? O ha dimenticato una “c”?”, il film, tristemente, non manca di sottolineare la gag del nome, tanto era riuscita! Sigh.).
L’adattamento italiano che neanche ci prova
DVD QUOTE: “Il film che non piacerà a nessuno”
Ecco, a partire da qui, ed elogiato ciò che c’era da elogiare, è letteralmente impossibile parlare in termini positivi del film o del suo adattamento italiano. Detto in due parole, la pellicola è imbarazzante e volgare, ma soprattutto completamente “a caso”. Forse il peggiore film con Leslie Nielsen mai visto, secondo solo a Riposseduta del 1990 (altro adattamento italiano terrificante, magari in futuro ne parlerà il nostro Evit). “Astronave spuntata” è confusionario, senza senso, con gag che vanno avanti all’infinito senza mai tirare fuori una risata dallo spettatore, il quale aspetta con dolore il termine di questi 99 minuti di tortura.
L’adattamento italiano, curato da Mario Cordova e realizzato dalla Multimedia Network, non riesce a salvare questa poveracciata, e non ci prova nemmeno! L’esempio più lampante di “non ci hanno neanche provato” lo abbiamo quando sullo schermo arriva il personaggio di Ezio Greggio (sorpresa, co-produttore!). Greggio interpreta un Capitano della polizia di nome Valentino Di Pasquale, questo il suo nome nella versione originale (con tanto di cognome pronunciato alla napoletana, pasc-quale, per farlo capire meglio agli americani). Nel doppiaggio italiano (in cui, come sempre, Greggio si doppia da sé… e a modo suo) si presenta invece come Valentino Fumagalli, e inizia subito una supercazzola in dialetto lombardo che nessuno al di sotto di Mantova sarà in grado di comprendere. Dopo questa scena il doppiaggio si dimentica del Fumagalli, ritornando a chiamarlo Di Pasquale come se niente fosse.
Uno svarione che non è sfuggito a nessuno di quel centinaio scarso di persone che in Italia hanno visto il film, difatti è l’unica curiosità che viene riportata ovunque. E qui ci sento proprio lo zampino pesante di Greggio che (plausibilmente) si inventa battute in sala doppiaggio, con dei “pirla” e dei “testa” messi a caso nel resto del film ogni volta che compare il suo “Di Pasquale”, senza farsi mancare “O’ mia bela Madunina” cantata ben due volte, di cui una da DARTH MAUL (oh, yes! Proprio lui). Lo stesso Darth Maul dice anche “forza Milan!” perché ha la faccia dipinta… rossonero.
C’è da dire anche che nella versione originale Darth Maul fa il verso a Sammy Davis Jr (morto nel 1990) senza alcuna ragione, quindi quale versione fa più schifo? A voi l’ardua sentenza.
Questo momento rende “l’astronave spuntata” l’unica vera parodia cinematografica dei prequel di Star Wars (anche se per pochi fugaci secondi), ma arrivata in Italia con nove anni di ritardo. Non che Episodio 1 avesse bisogno di parodie, ma lasciamo perdere.
Valeva davvero la pena di far la gag di Greggio che parla in dialetto brianzolo se poi lo stesso film se ne dimentica neanche 5 minuti dopo? I neri di L’aereo più pazzo del mondo non dimenticavano di parlare napoletano nelle scene successive del film (se ne dimenticheranno solo nel secondo film ma questa storia è per un’altra volta). È solo la punta di un iceberg di monnezza. Si dice in brianzolo “monnezza”?
Errori storici
Veniamo all’errore più classico di tutti, quasi un marchio di fabbrica – si potrebbe dire – delle traduzioni fatte male, tanto che non ci si crede che nel 2008 potesse ancora arrivare alle nostre orecchie. Sto parlando dell’amatissimo silicio che diventa silicone, e già ci sentiamo a casa! Per altro ripetuto più volte all’inizio del film e apparentemente parte essenziale della trama, almeno finché il film non si dimentica di aver bisogno di una trama.
Questo svarione sul silicio è come un buon vino e qui questo delicato rosso acquista ulteriori note di incompetenza quando vediamo Leslie Nielsen che, come parte di una gag, soffia via della sabbia da alcuni oggetti sul set… il silicio per l’appunto! E lo fa per ben due volte nella stessa scena. Non c’era nessuna scusa per sbagliare questa traduzione e non ne è risultata neanche una battuta sulle tette rifatte al silicone, che sembrava quasi arrivare. Così come non arriva mai quella del “ménage à trois”, visto che la protagonista femminile si chiama (senza particolare motivo) Menage, Cassandra Menage. Ma questa è una colpa da attribuire agli sceneggiatori americani, il nome infatti non se l’è inventato il doppiaggio italiano. E in questo frangente ci vediamo tristi scopiazzature di un film di più ampio successo, Austin Powers (1997 il primo, 1999 il secondo), che aveva le sue Ivona Pompilova e Annabella Fagina, come qui abbiamo la signorina Granbel Passer (Yetta Pussel in inglese). Già da questo esempio è chiaro che “l’astronave spuntata”, non riesce neanche a copiare bene.
Cercando di ricalcare la formula dei film parodistici, anche “l’astronave spuntata” ogni tanto si ricorda che in una parodia bisogna fare il verso ai film del momento così come facevano gli Hot Shots! e i loro terribili imitatori. Solo che “del momento” c’è assai poco qui. Ad esempio, il film perde tempo facendo il verso ad una famosa scena di True Lies, con 6-7 anni di ritardo. In ritardo è anche su Atto di forza (1990) di cui ci mette l’arrivo sulla base lunare, per non parlare di Mr. Crocodile Dundee, di ben 14 anni prima, e ovviamente 2001: Odissea nello spazio (1968). Non contento, il film arriva addirittura ad emulare sfacciatamente una gag da Una pallottola spuntata (di 12 anni prima). Potete chiamarli omaggi se vi fa sentire meglio con voi stessi, tra questi ci mettiamo anche la musica “d’amore” presa direttamente da L’aereo più pazzo del mondo. Queste cosiddette parodie e i rimandi durano però solo il tempo di chiedersi “ma perché stanno parodiando questo adesso?”.
Quando non “parodieggia”, il film “stronzeggia”, ed è anche peggio. Le gag create appositamente per questo film vanno dalla defecatio a gravità zero proprio dopo il valzer di Strauss (povero Kubrick!), a una discesa in ascensore con distorsioni facciali generate al computer che il mio falegname per 20.000 lire etc, etc… fino ad arrivare a gag che oggi andrebbero addirittura spiegate, come quella che ruota intorno ad un esame dermatologico per identificare le voglie sul pene del presidente “Klinton” così da distinguerlo dal suo clone. Klinton è palesemente Bill Clinton, già non più in carica quando il film è cominciato ad uscire nel mondo nel 2001, e la visita dermatologica era uno dei tanti dettagli del processo in cui era coinvolta anche Monica Lewinsky.
Se quello delle voglie era già un riferimento datato nell’America post-torri gemelle, figuriamoci all’uscita italiana nel 2008! Questa gag è resa ancora più confusionaria da insert di donne in filmati di repertorio in bianco e nero che urlano disperate ogni volta che si parla della pelle del Presidente. Il montaggio analoggico di questo film mi ha completamente sconvolto.
A questo punto ritengo che gli autori del film abbiano preso l’altro significato della parola “gag” in inglese: quello di “conato di vomito”. È anche difficile tenere il conto dei tantissimi momenti inutili o assurdi come la presenza del monolite di 2001 che volteggia nello spazio tanto per giustificare il titolo del film: del resto simili dettagli tendono a sfuggire quando il cervello è intasato di domande come: PERCHÉ QUESTA SCENA COI TIROLESI DURA COSÌ TANTO???
Clandestini alieni, il Piper Club e la grammatica un po’ così…
L’adattamento italiano era l’unica cosa che avrebbe potuto risollevare (di poco) questo film, eppure fa il minimo indispensabile (come biasimarli!?), anzi, come già detto, a volte non ci prova neanche. Oltre al già menzionato silicio che diventa silicone (e lo sentirete tante volte nei primi 20 minuti!), ci sono battute che avrebbero dovuto essere reinventate completamente e invece vengono riportate quasi alla lettera in italiano, come quella degli “alieni”.
Capo – “La signorina Menage si occupa delle relazioni fra umani e alieni.” Nielsen – “Una specie di agenzia matrimoniale.” Capo – “No, supervisiona i nostri delicati rapporti con gli alieni.” Nielsen – “Oh, non c’è niente di delicato, servono più uomini, soprattutto al confine messicano.” Capo – “Hudson! Sto parlando di altri alieni.” Nielsen – “Aah, altri alieni! Certo, certo….. Quelli provenienti dallo spazio?”
Se non lo aveste già letto in altri articoli precedenti, per gli americani “illegal aliens” vuol dire “immigrati irregolari”, con particolare riferimento ai centro- e sud-americani ovviamente. Il binomio alieni = immigrati è una di quelle associazioni che in lingua italiana non abbiamo mai avuto, né importato, quindi gag del genere per essere tali dovrebbero essere necessariamente stravolte, come ci insegna Aliens – Scontro finale (1986), altrimenti non hanno alcun senso:
In originale: Hudson: “Somebody said “alien” she thought they said “illegal alien” and signed up!” In italiano: Hudson: “qualcuno ha detto “salviamo i coloni“, lei ha capito “vi diamo i coglioni” e si è arruolata subito”
In Howard e il destino del mondo (1986) “illegal alien” diventava invece “alieno non autorizzato”, come capo di imputazione all’arresto del papero alieno. Considerando il tono del film direi che se la siano cavata bene. Nell’adattamento di “Un’astronave spuntata” invece non c’è alcun tentativo di far capire la battuta, se non in quel “alieni, certo… quelli provenienti dallo spazio“, come se ne conoscessimo di altro tipo in italiano.
Proseguiamo con gli errori di adattamento. Il riferimento ad un modellino dell’aeroplano Piper J-3 Cub diventa nei dialoghi italiani il modellino della famosa discoteca Piper Club di Roma. Voglio credere che sia stato un cambiamento intenzionale e non dall’aver preso fischi per fiaschi.
in originale: Doctor, the next time you’re on Earth I’ll show you the Piper Cub model plane that I made.
doppiaggio: Dottore, la prossima volta che verrà sulla Terra le mostrerò il modellino del Piper Club che ho fatto.
E non ci sono possibili fraintendimenti di sorta, perché Cub è pronunciato “cab” da Nielsen, mentre il suo doppiatore Merli dice chiaramente “cléb”, intendendo quindi un locale.
La battuta italiana sembra essere più logica, dopotutto era la risposta di Nielsen alla visione di un complesso modellino della base lunare Vegan, quindi una costruzione per un’altra costruzione, ma per essere appunto una battuta, non dovrebbe essere “più logica”! In originale, alla vista di un elaborato modellino dell’intera base lunare, Nielsen si proponeva di mostrargli in cambio qualcosa di molto meno impressionante, il modellino più popolare e quindi più banale messo in commercio negli Stati Uniti, la classica battuta “nonsense” alla Leslie Nielsen. In italiano avrebbe dovuto dire qualcosa come: “Dottore, la prossima volta che verrà sulla Terra le mostrerò un aeroplanino che ho fatto io”.
C’è confusione anche sul nome della base lunare “Vegan” (altro nome-gag che non va da nessuna parte) quando i personaggi ogni tanto se ne escono con frasi come “vuol dire che il presidente è prigioniero su Vegan” oppure “ogni cosa eretta su Vegan ha bisogno della mia approvazione”. Uno spettatore distratto potrebbe pensare che si tratti di un pianeta chiamato Vegan. Avrebbero dovuto dire “è prigioniero qui aVegan” così come faceva (ehi, tiriamolo fuori!) il doppiaggio di 2001: Odissea nello spazio quando nominava la base lunare di Clavius (“ultimamente sono accadute delle cose stranissime a Clavius.”, “hanno negato il permesso di un atterraggio di emergenza a Clavius.”, “Qualunque sia il motivo del suo viaggio a Clavius”). Dettagli? Chiedetelo a Evit, che guardava distrattamente il film in diretta TV insieme a me e fino alla fine ha creduto che la trama si svolgesse su un pianeta chiamato Vegan invece che sulla Luna.
Mettiamoci pure qualche congiuntivo non pervenuto (“sono convinto che il presidente è qui“) e un bel “formerly” tradotto come “formalmente” invece che “precedentemente” (altro classico false friend) ed è chiaro che il copione avrebbe avuto bisogno di una revisione in più, a dir poco. Anche se il film non se la merita.
È LUI O NON È LUI? Purtroppo è lui
Che dire di Greggio? L’abbiamo visto recitare (o provarci, almeno) in altri frangenti, no? È, per fargli un complimento, estremamente limitato come attore, e questo film fa uso di lui molto meno di quanto farebbe credere la guida TV, che lo elenca come secondo nome tra gli attori protagonisti dopo Leslie Nielsen. Il suo stile recitativo è unico nel suo genere, in inglese a momenti è appena comprensibile per via del pesante accento mentre in italiano la recitazione è resa ancora più legnosa dal fatto che si doppia da solo. Come se non bastasse, ai fini della trama le sue scene sono completamente inutili! Si potrebbe benissimo tagliarle ed assegnare l’unica battuta importante al personaggio del Tenente Shitzu (sì, come il cane… lasciamo perdere) e il film sarebbe risultato certamente più snello e scorrevole.
Vedendo le scene in cui si ritrova da solo a recitare con Leslie Nielsen capiamo che alla fine sono state scritte proprio con lo scopo di essere scene in cui recita con il suo idolo, e nient’altro. La più inutile? Quella in cui Di Pasquale/Fumagalli, sedicente maestro dei travestimenti, prepara una maschera aliena per Hudson, che egli non metterà MAI! La più appagante? Quella in cui Di Pasquale si ritrova suo malgrado dentro un gabinetto con un alieno che espleta i suoi bisogni corporali una volta ogni anno. La scena che invece non avremmo mai voluto vedere? Quella del (presunto) pompino che Ezio Greggio riceve dalla bionda di turno. Tranquilli, era solo la schiuma del caffelatte, però quella scena è ora marchiata a fuoco nel mio cervello.
Quando il film si chiamava “travestiti nello spazio”… secondo Greggio
Per finire sull’argomento: l’utente Giovanni Mario Domenico Andria (sulla pagina Facebook del blog) ricordava che in fase di riprese Ezio Greggio facesse riferimento al film chiamandolo “2001: travestiti nello spazio”, forse credendo per davvero che “travesty” si traduca come “travestiti”? Qui uno stralcio da un articolo di Repubblica del 20 febbraio 1999 che conferma tutto! E si vocifera che andava dicendolo anche in TV.
“ogni anno lascio “Striscia la notizia” dopo il festival di Sanremo e vado in America a fare un film. Tra poco ci torno, ma questa volta solo come attore. Sarò accanto a Leslie Nielsen in una parodia del cinema fantascientifico intitolata “2001: travestiti nello spazio““.
In conclusione, doppiaggio con un adattamento realizzato in maniera abbastanza superficiale per un film assolutamente da dimenticare, quindi nulla di valore è andato perso. Viste le imitazioni di personaggi a caso, che nel film in lingua originale si sprecano, direi che una visione in inglese risulterebbe ancora più confusionaria e, ancora una volta, inutile. Ma non temete, se siete fan di Leslie Nielsen non mancheranno altre occasioni per riscattare il suo buon nome anche qui su Doppiaggi italioti. Per il momento vi è toccato questo. Ringraziate Mediaset che programma ‘sti filmacci e suscita curiosità malsane. “Ehi, questo film con Leslie Nielsen non l’ho mai visto, né mai sentito nominare!” sono sempre parole che precedono il disastro.
Verdetto finale sul film: 1 scorreggia a gravità zero su 5 e premio speciale al doppiaggio italiano per aver rimosso almeno un peto dal missaggio audio.
Nel 1985 il New York Times lo descrisse come una pungente commedia punk (“mordant punk comedy”), dall’altra parte dell’Atlantico, lo storico del cinema Mario Guidorizzi, senza apprezzare la palese ironia del film, lo descriverà invece come “Squallido seguito del film di Romero: ripugnante, repellente, cannibalistico, volgare, scemo“. Per me invece che lo vidi da una registrazione televisiva del 1990, Il ritorno dei morti viventi di Dan O’Bannon era e rimane il film horror più divertente mai realizzato.
In Italia viene distribuito dalla Titanus nel aprile 1985 (primo paese al mondo!) con una piccola differenza: alla distribuzione non ne percepiscono o forse semplicemente non ne apprezzano il tono ironico, magari credendolo davvero un seguito del film di Romero, un horror “serio” insomma. Via dunque la locandina comica (di cui vedete un ritaglio all’inizio dell’articolo) in favore di una molto più seriosa (e anonima) e via anche il cartello iniziale che sostiene che tutti gli eventi rappresentati in questo film sono fatti reali e con “i veri nomi di vere persone e di vere organizzazioni“.
La veramente vera storia
Il primo fotogramma del film è quindi un cartello parodistico che farebbe ridere anche oggi, ma è assente nella versione cinematografica italiana di cui potete avere testimonianza soltanto in formato VHS e nelle prime trasmissioni di Italia 1. Questa mancanza di ironia italica si riflette anche nella scomparsa dell’espressione (mondialmente famosa in lingua inglese) “braaaaains!” (cervelli!) che i morti viventi del film esclamano alla vista di esseri umani. Volutamente comico, volutamente ignorato nella versione italiana. Il Blu-Ray italiano va a sottotitolare questi momenti, il che è anche più strano visto che nella traccia audio italiana gli zombi sono muti, quindi chi non conosce la versione originale sarà certamente perplesso nel veder apparire la scritta “cervelli” sotto a uno zombi che non parla.
Un videogioco tra migliaia
Una piccola nota su questo braaains! (ceerveeeelli!): nel mondo anglosassone è diventato un vero e proprio tormentone, ricorrente nella cultura popolare, si ritrova infatti in cartoni animati, videogiochi e anche altri film… al punto che in molti consumatori oggi ne vengono esposti ancor prima di aver visto il film, e su Internet i più giovani si chiedono da dove origini questo “braaaains!” che ritrovano praticamente in bocca agli zombi di qualsiasi prodotto di consumo. L’origine è questa, questo gioiello comico/horror intitolato Il ritorno dei morti viventi, del 1985.
E purtroppo in italiano questa espressione “brains!” è completamente assente. Gli zombi non lo dicono. Nella traccia audio italiana si può sentire “braaains” (in inglese) soltanto nella scena in cui gli zombi assaltano i paramedici, ma per puro caso, perché rimasto come “rumore” di scena insieme alle urla delle vittime, ma in tutti gli altri casi gli zombi in italiano emettono solo suoni che, suppongo, in fase di missaggio audio, avrebbero dovuto essere accompagnati dal nostro equivalente: “cerveeeeeelli!”. A questa mancanza fa riferimento il titolo del mio articolo, non alla qualità del doppiaggio in generale che invece è ottima.
L’adattamento italiano
Il ritorno dei morti viventi è un doppiaggio C.D.C. del 1985 quindi ci sono dialoghi che si preoccupano più di sembrare naturali che di essere fedeli alla lettera. E questo è un bene. Se il punk chiamato “Suicidio” (“Suicide” in inglese) si offendeva quando veniva appellato come “spooky” (= spaventoso o inquietante) per via del suo look “estremo”, in italiano invece gli dicevano che è “un cesso“. E come lo dicono nel film fa ancora più ridere, il labiale è perfetto.
– How come you guys come ‘round only when you need a ride someplace? – Come mai vi fate vivi solo quando avete bisogno di un passaggio?
– ‘Cause you one spooky motherfucker, Suicide. – Perché per il resto sei un cesso, Suicidio.
La battuta ritorna poco dopo:
– Nessuno che mi capisce, lo sai? Mi faccio un mazzo tanto per tutti voi e che cosa mi si dice? “Sei un cesso”. Ma vaffanculo, capito? Vaffanculo! – A me piaci, cesso.
Quanto sarebbe stato di minor impatto un “perché fai spavento, Suicidio”. Doppiato oggi poi avremmo sentito qualcosa di insensato tipo “fai un fottuto spavento”, tradotto cioè in lingua doppiaggese.
Non mancano poi cose come “I was kidding” che diventa “ma che, gli rode il culo?“. Sono messe in bocca ai ragazzi “punk” ovviamente. Nel film ogni personaggio parla con il proprio lessico e non sembrano scritti tutti dalla stessa persona; anche questa è una cosa non scontata di questi tempi. A volte le battute italiane sono anche più inventive, come all’arrivo dei ragazzi nel cimitero abbandonato e pieno di sporcizia dove in lingua originale uno dei punk dice all’altro this looks like your pad (sembra casa tua) e l’altro gli risponde I heard that! (ti ho sentito!), mentre nel doppiaggio italiano la risposta è “no, questa è meglio!“. Oppure in frasi banali come “a girl like you and a guy like me” (cioè “una ragazza come te con un ragazzo come me…”) che in italiano si fanno più creative: “Un confettino come te e un mandrillaccio come me” (seguita dalla risposta “buttati al fiume!”).
Uno sfigato un mandrillaccio e il confettino
I soprannomi dei ragazzi sono in parte tradotti e in parte lasciati in inglese. “Suicide” in italiano diventa “Suicidio” e anche “Scuz” è stato alterato, nel film in italiano viene nominato una sola volta e sembra che lo chiamino Coss, o forse Cosz (non piaceva il suono di “Scosz”? Impossibile saperlo). “Trash” e “Spider” rimangono così anche in italiano, probabilmente perché parole facilmente riconoscibili/comprensibili anche nella nostra lingua. Nomina speciale: il colonnello Orazio Glover (Horace Glover in originale, ovviamente). Così lo chiama la moglie quando una telefonata li sveglia nel bel mezzo della notte: “Orazio, che succede?.”
Le battute migliori in lingua originale
Sebbene non ci sia alcun errore nell’adattamento italiano ed eventuali differenze siano da imputare solo alla ricerca del labiale o dell’efficacia delle battute, ci sono delle frasi che adoro nella versione originale in inglese e che purtroppo non risultano altrettanto memorabili in italiano, ma questo succede per qualsiasi film.
Una di queste arriva dopo la fuga di gas che resuscita i morti quando Freddy, il ragazzo neo-assunto nel magazzino di forniture medicali, dà dello stronzo al suo capo Frank per aver causato la fuoriuscita di gas che li ha investiti:
Freddy e Frank
originale – Stupid asshole! – Watch your tongue, boy, if you like this job! (bada a come parli, ragazzo se ci tieni a questo lavoro!) – LIKE THIS JOB?!? (se ci tengo?!?)
doppiaggio – Brutto stronzo! – Bada a come parli, ragazzo, sennò ti spacco la testa. – È tutta colpa tua!
Un’altra battuta più divertente in inglese (e assente in italiano) è meta-cinematografica:
doppiaggio: – Ma in quel film quando gli spaccavano la testa morivano. – Sì, nel film andava in questo modo. – Ma questo non vuole morire! – Continua a muoversi!
In inglese finiva con un comico “you mean the movie lied?!“, cioè “vuoi dire che il film mentiva?!”, che potrebbe essere resa in maniera naturale con un “ma allora il film mentiva!”. Del resto si sa, i film non mentono mai. 😉 Sono tutte battute che troverete tradotte nei sottotitoli e che compaiono anche sui titoli di coda, quando queste scene vengono riproposte a fine film come una sorta di selezione tra le più divertenti.
Altre piccole differenze nel copione italiano
Il “give me the bone saw” (= prendimi il seghetto per ossa), che chiude una scena lasciando presagire cosa avrebbero fatto dell’irrequieto cadavere, diventa un “adesso ci penso io“. A loro discolpa, la frase è brevissima ed è su un primissimo piano, sicuramente il tempo e il labiale qui hanno influito. In realtà questa piccola omissione funziona anche meglio quando scopriamo solo nella scena successiva che il cadavere adesso si trova in tanti piccoli sacchetti di plastica che si dimenano, inizialmente spacciati per “gatti idrofobi” (rabid weasels, donnole idrofobe in originale) quando presentati a Ernie, l’amico imbalsamatore.
Che???
Un po’ meno comprensibile è la frase dell’imbalsamatore che in italiano chiede se corre dei rischi a lasciargli usare il suo forno crematorio per sbarazzarsi dei pezzi del cadavere. In inglese in realtà chiedeva cosa ci avrebbe guadagnato lui a farglielo usare. Il resto della frase prosegue nello stesso modo e il senso rimane sottinteso quando dopo l’imbalsamatore ribadirà più volte del grosso favore che gli deve, ma cambia un po’ la psicologia del personaggio (e anche la reazione degli altri a quel “e io cosa ci guadagno?”). Chiaro che stiamo parlando di sfumature ma c’è da dire una cosa sul personaggio dell’imbalsamatore interpretato dall’attore Don Calfa, sebbene non venga detto chiaramente nel film, tanti indizi sembrano suggerire che sia un ex-nazista nascostosi in America: ha una pistola Luger sempre al fianco e la punta su chiunque gli arrivi alle spalle, opera un forno crematorio (volutamente creato in modo da ricordare quelli di Auschwitz, ammette candidamente il regista nel commento audio al film), si chiama Ernie Kaltenbrunner e in una scena in cui osserva la pioggia fuori dalla finestra dice “It’s coming down like einen getrunken soldat” (“viene giù come einen getrunken soldat”, cioè come un soldato ubriaco), una frase il cui significato gli americani possono anche intuire (getrunken è vicino a drunken) ma che gli italiani a digiuno di tedesco non avrebbero inteso, quindi è stata rimossa in cambio di un più regolare (ma sinistro) “Sta diluviando. Che strano, è cambiato il tempo“. Era la pioggia innescata dai fumi della cremazione del cadavere, quello rianimato dal gas militare che nel film è la causa di tutti i guai. Nome in codice: “Triossina 204” (“2-4-5 Trioxin”, in originale).
Una scena celebre di questo film è quella dello zombi che dopo aver mangiato il cervello di due poliziotti ne richiede altri per radio con una frase cult per i fan di lingua inglese: “send more cops“. In italiano diventa, ovviamente, “mandate rinforzi“, ma anche qui viene meno un po’ di ironia del linguaggio comicamente semplificato dei morti viventi: buoni i poliziotti, mandatene altri; essenzialmente questo è il senso che passa in inglese. In una scena precedente infatti, un altro morto vivente dalla radio dell’ambulanza aveva già usato una formula identica: send more paramedics, resa bene in italiano con “servono altri infermieri”.
send more paramedics / send more cops
Chiudo con una piccola differenza di nessuna importanza: quando si parla di dissolvere un cadavere in inglese nominano “aqua regia” che in italiano diventa “vetriolo”. Che io sappia non sono la stessa cosa, ma immagino che “vetriolo” suonasse più familiare, così come suonavano più familiari i gatti idrofobi al posto delle donnole idrofobe. In più, il pubblico italiano probabilmente l’avrebbe scambiata per acquaragia, che è un’altra cosa. Insomma, l’immediatezza e la comprensibilità hanno chiaramente la priorità in questo adattamento.
Queste sono tutte le piccole differenze tra il copione originale e quello italiano. Le ho volute elencare per completezza, aiutato dal fatto di conoscere questo film a memoria, ma non è mia intenzione far passare l’idea che quello italiano sia un brutto adattamento, tutt’altro, ci sono un paio di battute che non passano in italiano, è vero, ma l’adattamento nel complesso è fenomenale, e così il doppiaggio. Renato Mori tra tutti sembra fatto per il personaggio di Frank.
Cast di doppiaggio di Il ritorno dei morti viventi
dal sito antoniogenna.net
doppiatori già precedentemente identificati
Cesare Barbetti: Burt Wilson Renato Mori: Frank Giorgio Lopez: Ernie Kaltenbrunner Massimo Giuliani: Freddy Sandro Acerbo: Chuck Piero Tiberi: Spider Isabella Pasanisi: “Trash” Carlo Cosolo: sergente Dan Jefferson dell’artiglieria mobile Angelo Nicotra: “Suicidio” Silvio Anselmo: lo zombi alla radio che dice “Okay centrale, servono altri infermieri”
Oltre a confermare questi doppiatori già in precedenza riconosciuti, sono andato oltre per identificare altre voci del film doppiato in italiano.
doppiatori mai identificati prima d’ora
Con l’aiuto di alcuni collaboratori abituali del blog (il nostro Leo e Francesco “Orecchiofino” Finarolli) ci siamo messi ad ascoltare ogni singola voce di questo film (ve l’ho detto che adoro questo film, no?), arrivando così a colmare (per la prima volta in assoluto) molte delle lacune riguardanti il cast di doppiatori, anche per quei personaggi che hanno letteralmente una o due battute e che dal 1985 ad oggi non erano stati mai identificati. Ed eccoveli in esclusiva con tanto di attribuzione su chi le ha riconosciute, come è giusto che sia:
Silvia Tognoloni –Tina (riconosciuta da Finarolli) Stefanella Marrama – Casey (riconosciuta da Finarolli) Enrico Di Troia – “Scuz” o “Coss” in italiano (confermato da Giacomo nei commenti) Alessandro Rossi – paramedico con la barba (riconosciuto da Evit) Teo Bellia – il paramedico senza barba (riconosciuto da Leo) Silvio Anselmo – Poliziotto alla radio nella prima pattuglia (riconosciuto da Finarolli) Claudio Fattoretto – poliziotto con i baffi al volante della pattuglia (riconosciuto da Finarolli) Gianni Marzocchi – il colonnello Orazio Glover (riconosciuto da Leo) Isa Bellini – Ether, la moglie del colonnello (riconosciuto da Finarolli) Sergio Matteucci – il capitano di polizia alla radio sotto la pioggia prima dell’ondata zombi (riconosciuto dal lettore Giacomo, nei commenti) Silvio Anselmo – il centralinista militare da Wichita (riconosciuto da Leo) Roberto Pedicini – l’operatore di Denver a cui viene inoltrata la chiamata (suggerito da “Vasquez” nei commenti) Miranda Bonansea (forse) – torso parlante della donna zombi (suggerito da Giacomo e “Weird Ed” nei commenti) Franco Aloisi – La voce al megafono dell’elicottero della polizia (rarissima voce riconosciuta da Paolo D’Alessandro, nei commenti)
doppiatori ancora non identificati
Rimangono dubbi su chi doppi gli altri personaggi, mancano infatti all’appello il torso della donna zombi (una voce probabilmente impossibile da riconoscere al 100% perché eccessivamente “effettata”, però se ci volete provare, ecco anche per lei il video), la centralinista della polizia e la voce maschile che risponde alla pattuglia via radio.
Se vorrete cimentarvi nel riconoscimento dei doppiatori, fateci sapere nei commenti chi pensate che possano essere, se abbiamo modo di confermarli li aggiungerò all’elenco.
Questi invece sono i cartelli dai titoli di coda della versione cinematografica italiana (da VHS “Creazioni Home Video e gli stessi passati su Italia1):
I titoli vengono dalla prima VHS “Creazioni Home Video” e potete trovarli per intero insieme a tante succose curiosità sul film in questo precedente articolo firmato dall’amico blogger Lucius Etruscus: [Italian credits] Il ritorno dei morti viventi (1985).
direttore del doppiaggio
Giorgio Piazza
dialoghi
Curiosa nota sui dialoghi, nella pellicola sono attribuiti ad un certo James Alexander (parente di Jane Alexander forse? L’ho contattata personalmente e nega che possa essere il padre) mentre sull’archivio SIAE l’adattamento è accreditato invece ad Alberto Piferi. Forse il primo ne ha realizzato la traduzione mentre il secondo l’adattamento? Non so in che misura entrambi abbiano contribuito ma il lavoro finale è stato ottimo.
E questo è tutto quello che si sa al momento sui doppiatori, direttori e dialoghisti coinvolti nel doppiaggio di Il ritorno dei morti viventi. A questo punto non posso che aggiungere il mio affettuoso meme diretto ai lettori che sono anche contributori del sito antoniogenna.net e che, dopo aver letto i risultati delle mie ricerche, corrono (giustamente) a segnalare i nuovi dati.
Certo non guasterebbe se venissero citate anche le fonti ogni tanto, una pratica molto apprezzata ma raramente applicata. Wikipediani ce l’ho soprattutto con voi.
La versione cinematografica italiana
Oltre alla scomparsa del cartello iniziale sulla “veramente vera storia” che il film dovrebbe rappresentare, la Titanus porta Il ritorno dei morti viventi nelle sale cinematografiche italiane anche con una scena finale leggermente diversa, dalla quale viene tagliata per intero la parte dello scheletro che emerge dalla tomba (anche questo molto comico a vedersi) sostituendogli un brusco fermo immagine su una delle croci del cimitero, è su questa e non sullo scheletro che partono i titoli di coda dello Studio Mafera. Il perché di questa modifica non mi è chiaro ma lo posso intuire: dopo il fermo immagine sullo scheletrino che esce dalla tomba, i titoli di coda americani scorrevano poi sopra ad una raccolta dei momenti più divertenti del film (con tanto di dialoghi), che non solo è un modo inusuale di chiudere un horror ma sottolinea anche la volontà degli autori di far ridere fino alla fine, addirittura sui titoli di coda. “Far ridere in un horror? Che è ‘sta stramberia? Togliere tutto! E poi costa di più ricreare tutte quelle sequenze di cui non abbiamo una copia senza scritte, un tradizionale sfondo nero e titolazione in bianco costano meno“. E così fu.
It’s party time!
Con un Blu-Ray italiano basato visivamente sulla versione americana del film e che prende invece l’audio italiano dalla nostra versione cinematografica (senza le scene sui titoli di coda), finisce che i titoli di coda presentino scene recitate in inglese, un nuovo strambo effetto collaterale dell’home video italiano che fa un copia-incolla tra video e audio senza pensarci su più di tanto. Nel Blu-Ray queste scene sui titoli di coda sono sottotitolate in italiano e tali sottotitoli traducono fedelmente ciò che gli attori dicono in inglese senza curarsi dell’adattamento italiano, quindi alcune battute differiscono, aggiungendo così anche un effetto “ma io questa battuta non me la ricordo”. Prendiamolo come un invito a vederlo anche in lingua originale, va’!
Per concludere sulle differenze con la versione cinematografica italiana, ho trovato una piccola differenza audio nella scena in cui Burt, il proprietario magazzino, va a bussare alla porta delle pompe funebri dirimpetto: nella traccia audio italiana mancano i suoi colpi sulla porta (che l’imbalsamatore non sente a causa della musica che stava ascoltando in cuffia), sembra così che Burt entri come un ladro, senza bussare. Nell’audio americano invece il toc-toc alla porta è chiarissimo mentre in italiano manca completamente, probabilmente sfuggito in fase di sonorizzazione (o rimosso volontariamente? Boh).
La locandina italiana “no fun allowed” dove la morte ti trasforma in zebra
L’edizione home video italiana è “un cesso” (ma nessuno se n’è accorto)
Il Blu-Ray italiano della Midnight Factory porta la stessa versione già uscita in America per la Shout Factory, che è effettivamente la versione migliore e “definitiva” di questo film: stesso il master video e stessi i corposi contenuti speciali, documentari, interviste e chi più ne ha…! Inoltre, e per fortuna, nel nostro caso la traccia italiana rimane quella cinematografica, non essendo stata vittima dei rimaneggiamenti che invece hanno afflitto la colonna sonora americana dai primi anni 2000. Nella traccia audio in inglese infatti sono cambiate un paio di canzoni per questioni di diritti, sono cambiati anche degli effetti sonori e hanno ridoppiato le voci dei morti viventi. L’unica testimonianza del missaggio audio americano del 1985 si trova in un Blu-Ray britannico della Second Sight, e l’audio in quel caso è ricavato da un collage di varie fonti (non tutte in alta qualità). Unica vera pecca della versione britannica con traccia audio in inglese originale è la qualità video, molto inferiore.
Copertine a caso Part Deux
L’edizione Blu-Ray italiana se non altro ha un audio italiano che non è mai stato vittima di revisioni ed è, dal punto di vista video, il meglio che si possa desiderare, ma la nostra fortuna termina qui. Sul costoso Blu-Ray in edizione limitata della Midnight Factory (Koch Media), a livello tecnico la traccia italiana è stravolta in modo catastrofico, cosa che ovviamente non ha notato nessun esperto italiano del settore, dato che tutte le recensioni tecnicheggianti che si trovano in giro non ne fanno assolutamente parola e mi viene da chiedere se ascoltino veramente (e per intero) i film che recensiscono (e chissà che non corrano ad aggiungere qualche nota dopo questo articolo, me lo auguro).
Prima di addentrarmi nell’argomento, che sfocerà anche nel tecnico, voglio sottolineare questo: che non se ne accorga l’acquirente qualunque è normale. Che sia invece elogiato dagli esperti… no.
L’origine della traccia audio italiana usata nel Blu-Ray della Midnight è quasi certamente la MGM stessa, che detiene i diritti del film. La stessa traccia audio italiana, infatti, la MGM l’aveva già usata per il DVD uscito nel nostro paese il 23 febbraio 2005. Ebbene, a un confronto diretto tra tracce audio contenute nel Blu-Ray è possibile osservare che l’audio italiano del Blu-Ray non ha la stessa tonalità dell’audio originale in inglese, una cosa particolarmente evidente sulle canzoni durante le quali, se con il telecomando cambiate dalla traccia inglese a quella italiana, sentirete che quest’ultima si abbassa di tono, è meno acuta, come se rallentasse. Non solo, la traccia italiana si mangia anche le parole!
Cosa è successo? Da troppi anni, troppe mani incompetenti. Per spiegarvi qual è il problema con l’audio del Blu-Ray italiano, e quindi cosa sia successo, devo fare una premessa un po’ tecnica sulla “velocità” dei film.
L’origine di tutti i guai: il DVD della MGM
Possiamo datare l’origine di tutti i mali della traccia italiana al 2005 quando la MGM realizza il DVD europeo contenente le tracce audio inglese, italiana e spagnola. In Europa i DVD, così come le VHS (e tuttora anche le trasmissioni televisive), sono legati al sistema televisivo in PAL e viaggiano a 25 fotogrammi al secondo (25 FPS), un po’ più veloce rispetto ai 24 FPS delle pellicole cinematografiche e dei Blu-Ray. Per tutta la vita insomma, in VHS, in DVD e ancora oggi in TV, avete sentito le voci dei doppiatori e anche le canzoni della colonna sonora dei film velocizzate del 4% e con un tono più acuto. Ve ne accorgereste immediatamente mettendo a confronto la fanfara di inizio di Guerre stellari presente sul DVD con quella del CD della colonna sonora oppure con il Blu-Ray (entrambi vanno alla velocità “giusta”), la musica nel DVD risulta più acuta del CD o del Blu-Ray proprio perché accelerata ma, tranne gli audiofili e gli appassionati di musica con un buon orecchio, pochi sono gli spettatori che si accorgerebbero di questa accelerazione. Ciononostante, l’audio accelerato è tra le cose che gli americani più detestano dei DVD europei.
So che potrebbe sembrare che vi abbia appena fatto una supercazzola di tecnicismi audiovisivi, ma se mettiamo a diretto confronto il formato americano NTSC (pressoché equivalente a quello cinematografico di 24 FPS) e il formato europeo PAL a 25 FPS che troviamo in televisione, VHS e DVD, la differenza di quel misero 4% diventa evidente anche all’orecchio meno raffinato.
Lo sentite ora come stuzzica, e brematura anche?
E se la versione PAL (25 FPS) vi sembra più familiare è perché siamo abituati ai formati VHS e DVD europei, cioè con film che non solo vanno un po’ più veloce del normale ma sono anche più acuti. La tonalità e la velocità audio del sistema PAL non sono però le stesse che avreste sentito al cinema. I film per il cinema vengono sempre doppiati a 24 fotogrammi al secondo, lo standard cinematografico in tutto il mondo, velocizzati successivamente per l’home video europeo.
Nei primi anni 2000 alcune aziende (prima tra tutte la MGM) pubblicarono in Europa dei film in DVD che vanno alla obbligatoria velocità PAL di 25 fotogrammi al secondo, ma con un tono (pitch) modificato digitalmente per essere quello corretto, da cinema. Quindi il suono in questi DVD andava sì più veloce del 4% ma senza essere anche più acuto (se il concetto vi è poco familiare immaginate le avvertenze nelle pubblicità dei farmaci, il parlato finale va velocissimo perché è accelerato, ma senza effetto Chipmunks, questo perché viene “aggiustato” per preservare il “tono”). Questi DVD sembrano essere stati rari casi isolati, anche se non posso dirvelo con certezza assoluta perché manca una vera documentazione in merito, pochi hanno l’orecchio abbastanza fine, un catalogo DVD abbastanza ampio e, diciamocelo, l’interesse per mettersi a stilare un elenco di questi titoli. Tra i DVD PAL con tono “corretto” abbiamo avuto: Il signore degli anelli (edizione Regno Unito), Rocky IV (DVD della MGM, come segnalatoci dal lettore Antonio L. De Tomaso) e, indovinate un po’… Il ritorno dei morti viventi (DVD sempre della MGM).
Questi titoli in DVD, ribadisco, hanno la peculiarità di essere accelerati secondo i dettami del sistema PAL, ma corretti nel tono, che risulta essere lo stesso di quello cinematografico. Di per sé uno sforzo anche apprezzabile ma essendo una pratica inusuale, direi anzi anomala, rispetto a tutti gli altri DVD venduti in Europa (che invece sono sia accelerati in velocità sia più acuti nel tono), ha portato ad uno dei due grossi problemi audio del Blu-Ray di Il ritorno dei morti viventi pubblicato dalla Midnight Factory.
I danni aggiuntivi della Midnight Factory
Alla Midnight Factory devono aver preso la traccia italiana che la MGM aveva già usato per il DVD senza neanche ascoltarla una sola volta, sono quindi cascati nell’automatismo del rallentare la traccia audio del 4% in velocità e in tonalità, pensando così di portarlo ai valori giusti, quelli “cinema”. Così facendo hanno sì riportato l’audio alla velocità giusta (da 25 a 24 FPS) ma hanno abbassato anche la tonalità che invece era già corretta, rendendola più grave del normale. A questa tonalità, una delle voci più profonde in Italia, Alessandro Rossi (la voce del paramedico con la barba), sembra egli stesso uno zombi. Sto esagerando, ma non più di tanto. Lo stesso problema (mi segnala sempre il lettore Antonio) si trova nel Blu-Ray di Rocky IV. Velocità giusta, tono sbagliato.
Alla Midnight, avrebbero dovuto rallentare l’audio PAL del 4% mantenendo invece il “pitch” (tono) invariato. E questione di fare un click in più con il mouse, non è che ci vuole chissà quale genio o strumentazione avanzata, ma questo vorrebbe dire prestare attenzione al prodotto finale. Invece nessuno si è accorto di niente, nessuno ha notato che, così facendo, la traccia italiana ha canzoni che “sembrano più lente” e che le voci risultano “troppo profonde”. Da dove arriva la risata gracchiante di Renato Mori, dall’oltretomba?
Sottolineo che questo non è un problema della MGM, è la Midnight Factory a non aver fatto i dovuti controlli. Bastavano pochi secondi per mettere a confronto la traccia americana con quella italiana in un segmento del film con musica. La differenza di tono nelle canzoni a quel punto la sentirebbe anche un sordo, così come l’avete sentita voi nell’esempio di Guerre stellari di prima. Ma evidentemente nel settore sono troppo abituati a “fai click qui, CONVERTI e manda 2.000 copie in stampa”, questo perché nel 99% delle volte, è vero, basta fare solo quello.
Questo è un Blu-Ray che su Amazon vendono a 40 euro.
Tanto lo so che c’è chi mi dirà, “beh, io non lo sento, a me non da fastidio”. Si chiama razionalizzazione post-acquisto. La psicologia ha già previsto il vostro commento, ve lo potete risparmiare. Il tono errato del film può tranquillamente essere non notato dallo spettatore qualsiasi, ma che non lo abbiano notato gli addetti ai lavori (e poi gli “esperti” recensori di prodotti home video di lusso) è assai più grave. Ed è ancora più grave che sia arrivato in commercio così, quando bastava un click in più in fase di creazione per evitarlo.
Se l’errore sul tono della traccia italiana non vi turba, forse l’altro grande problema potrebbe farlo.
Danni ereditati della MGM: gli attori si mangiano le parole, noi le mani
Come se non bastasse, oltre alla traccia audio italiana del Blu-Ray che va alla velocità giusta ma con tono sbagliato, cioè con voci più profonde (gravi) di quelle che avreste sentito al cinema, ci ha già pensato mamma MGM ad includere nuovi problemi. In troppi punti la traccia italiana si mangia le parole! Anche in questo caso torniamo alla loro traccia audio di inizi 2000, sempre quella, ‘amalament!
Da quando esiste il formato DVD, esistono le grandi aziende di distribuzione che dei doppiaggi se ne battono proprio il cazzo. È parte integrante della storia dell’home video. Nei loro software da decine di migliaia di dollari mettono le tracce audio una sull’altra e con un click le allineano basandosi soprattutto sull’aggancio e sulla fine delle battute. È tutto il più possibile automatizzato perché farlo a mano e farlo bene costa tempo ed è una discreta fatica. È così che nascono i DVD e i Blu-Ray con pezzi di frasi mancanti. Il ritorno dei morti viventi è uno di questi, già dal primo DVD.
Oggi le battute doppiate per i film e per le serie TV devono rispettare rigidamente i tempi delle battute originali, non per un qualche tipo di fedeltà artistica ma semplicemente perché semplifica enormemente il lavoro di missaggio audio di tutte le tracce internazionali. Gli addetti ai lavori che nascono professionalmente in questo sistema moderno, non possono che finire per commettere errori quando poi si ritrovano a sincronizzare con questo metodo anche le tracce audio italiane di film doppiati nei decenni precedenti al 2000, quando i direttori di doppiaggio potevano sfruttare controcampi o attori di spalle per finire una battuta che in italiano risulta necessariamente più lunga di quella originale.
È così che ci siamo ritrovati con DVD di Terminator (guarda caso MGM pure lui), Batman (della Warner), insieme a svariati film della Disney… tutti con buchi audio, pezzi di frasi o intere battute mancanti, e audio non perfettamente in sincrono con il labiale… perché l’allineamento dell’audio non viene fatto a mano, controllando minuto per minuto, ma tramite software che automatizza l’allineamento delle tracce basandosi sui tempi delle battute della traccia audio originale, e siccome questi lavori li fanno a Londra o negli Stati Uniti, non si accorgono nemmeno se alcune parole vengono fuori “smozzicate”… e probabilmente in molti casi neanche gliene frega molto. Loro seguono il manuale: la battuta dura così? Al massimo velocizziamo quella italiana per farcela stare nei tempi di quella inglese. Abbiamo da sfornare 200 titoli l’anno, mica possiamo rallentare tutto per ‘na mezza battuta, no? Certo, nella grande mole di lavoro che devono svolgere le aziende distributrici per portarci i film in home video, a loro sembrerà una cosa da niente, mentre l’utente finale potrebbe incazzarsi notevolmente o comunque percepirlo per quello che è, un prodotto fatto senza cura. Spendete e zitti!
In questo scenario, il premio “Not my job” del 2005 può tranquillamente andare all’addetto MGM che deve aver fatto un taglia-e-cuci impressionante per far combaciare la traccia italiana con quella inglese. E così nella traccia italiana di Il ritorno dei morti viventi ci perdiamo dei piccoli pezzi per strada che nelle versioni VHS e televisiva erano perfettamente integri, ad esempio parlo del salto di audio che sentiamo nella scena dei punk nel cimitero:
Suicidio: Nessuno che mi capisce, lo sai? Mi f/cio un mazzo così per tutti voi e che cosa mi si dice… “sei un cesso”.
Oppure quando l’imbalsamatore dice:
Se qsti sono gatti idrofobi, dai retta a me, portali al Comune.
O ancora quando il ragazzo portoricano chiede aiuto ai compagni per bloccare una porta:
Ma dove scappate, venite qui! Aiutatemi con la porta, br’ti stronzi!
Questi sono alcuni dei casi più lampanti ma la traccia audio italiana è piena di sillabe “smozzate”.
Questa stessa traccia audio del DVD MGM del 2005 la ritroviamo nel Blu-Ray italiano del 2018 che la Midnight Factory vende a 40 euro. Quella era la traccia che MGM ha dato alla Midnight Factory, e quella hanno usato. Quindi nel Blu-Ray non solo ci becchiamo un audio italiano alla tonalità errata, ma è anche piena di piccoli salti generati da un software di inizi 2000.
40 euro.
Oltre a questo, c’è anche da dire che molti momenti del film non sono neanche bene in sincrono, non solo per via del furioso taglia e cuci che ci dev’essere stato, ma anche perché chiaramente chi ci ha lavorato (ai tempi del DVD) non aveva riferimenti su come era sincronizzata la traccia italiana originariamente. Io come riferimento ho la VHS che è un riversamento diretto da pellicola cinematografica italiana e posso confermarvi che una volta portato l’audio alla velocità giusta (da quella PAL della VHS alla velocità del Blu-Ray) la traccia va in sincronia che è una bellezza, discostandosi frequentemente da quella ufficiale del Blu-Ray della Midnight Factory che invece va continuamente fuori sincrono.
Ad esempio tra le prime scene la frase “quel Burt, che tipo!” nel DVD/Blu-Ray arriva 1-2 secondi dopo perché hanno usato come riferimento il parlato della traccia americana dove la battuta inizia effettivamente dopo. Per poterlo fare, hanno raddoppiato il suono di passi dell’inquadratura precedente e si sono mangiati del silenzio che invece viene dopo. Nessuno se ne accorgerà perché i personaggi che parlano non sono troppo vicini alla cinepresa ma se guardate il labiale con più attenzione vi accorgerete che qualcosa non quadra. Uno o due secondi di ritardo sembrano poco sulla carta ma sono un’enormità sul labiale e non è certo l’unica scena che ne soffre, tante sono quelle che non vanno perfettamente in sincrono.
Pensate ai professionisti (doppiatori, il direttore di doppiaggio, i fonici dello studio di doppiaggio, chi ha lavorato al missaggio audio, etc, etc…) che nel 1985, quando non esistevano computer e software per automatizzare la sincronia, hanno passato ore e ore per creare un labiale perfetto per poi vederlo macellato così, oggi, in home video.
Lo vendono a 40 euro.
CANAGLIE!!! (semi-cit.)
I seguiti e nota finale
Il ritorno dei morti viventi ha avuto un indegno seguito, Il ritorno dei morti viventi 2. Chi mi conosce personalmente sa che quel film non va mai nominato in mia presenza, non se ne parla, non se ne riconosce la sua esistenza. Come disse Alberto Farina “non fa ridere, non fa paura, è soltanto una cosa deprimente” e io concordo. Tanto ho amato il primo quanto ho odiato il secondo, impossibile ricreare la magia e il giusto bilanciamento tra horror e commedia che era il primo film di O’Bannon. L’unico pregio che gli posso concedere è che il doppiaggio italiano riporta al microfono il cast del primo film (sempre dello studio CDC), dando una qualche continuità “sonora” al precedente. Nel 1994 c’è stato anche un Il ritorno dei morti viventi 3 (di Brian Yuzna), anche questo presentato per la prima volta al mondo… in Italia(!), al “Dylan Dog Horror Fest” (così dice IMDb), presumibilmente in lingua inglese, e poi scomparso (almeno a quanto mi risulta) fino a un mercoledì 25 aprile 2001 alle ore 22:55, quando passò su TMC (il canale sostituito poi da La7), e almeno una seconda volta su Rai Movie. Nel 2008 arriva in DVD pubblicato dalla Eagle, con un ridoppiaggio peggiorativo (qui un confronto grazie sempre al nostro Finarolli). Entrambi i film sono esistiti per breve tempo in DVD ma ormai sono soltanto dei costosi fuori catalogo. In breve, l’intera serie ha avuto una vita sfortunata nell’home video italiano.
Tralasciando i seguiti fuori stampa (che comunque come film lasciano il tempo che trovano), le edizioni home video italiane del primo Ritorno dei morti viventi rimangono tutte problematiche, l’unica con un audio veramente completo è quella in VHS ma purtroppo ha il limite di un audio non Hi-Fi con un forte rumore di fondo che affoga alcuni effetti sonori, mentre le successive incarnazioni digitali, per quanto partano da un master molto più pulito, presentano tutte degli odiosi buchi non riparabili a posteriori. Un film del genere necessiterebbe di un serio lavoro di recupero audio, che non può venire né dai precedenti disastri di inizi 2000 della MGM, né tanto meno da una VHS, ma da un ritorno al materiale in pellicola, così da cancellare 20 anni di accumulata incompetenza. Ma dopotutto, perché i distributori home video dovrebbero fare tanta fatica e spendere tanti soldi quando le recensioni del cofanetto Blu-Ray sono già entusiastiche ovunque? In sostanza ce lo ritroveremo storpiato per sempre. Il tono dell’audio potrebbero sistemarlo facilmente ma le sillabe mancanti non torneranno più.
Del film non ho voluto svelare le gag e le battute migliori, ce ne sono tante e le adoro tutte, mi sono dovuto trattenere. A chi non lo ha mai visto lascio il gusto di scoprirlo per la prima volta; a chi non lo vede da tanti anni, è giunta l’ora di una riscoperta. A prescindere dalla mia valutazione tecnica sui difetti delle edizioni home video italiane (che comunque probabilmente non noterete), la versione italiana di questo film è fenomenale, il cast di doppiatori perfetto, l’adattamento splendido (e non so chi ringraziare, se Piferi o Alexander!). Eventuali differenze come la mancanza dell’espressione “cervelli!” o qualche battuta non pervenuta e le tante piccole cose nominate nella mia analisi, sono derubricabili a semplici “curiosità”, non intaccano la godibilità del film in italiano. A chi conosce bene l’inglese ovviamente ne consiglio anche una visione in lingua per quelle poche cose in più e per capire l’origine di molti elementi tuttora ricorrenti nella cultura popolare.
Il testo che segue è la copia di un mio articolo sulle palesi scopiazzature del film Strike Commando 2: Trappola diabolica, pubblicato il 25 maggio 2020 sul sito web di riferimento per il cinema di serie Z, Il Zinefilo di Lucius Etruscus. È lì che ogni tanto mi diverto a recensire “film brutti”, niente a che vedere con doppiaggi e adattamenti anche se qui qualcosina sui doppiatori c’è.
Il canale Cine34 sta regalando grandi emozioni a noi appassionati di filmacci dimenticati dalla distribuzione italiana, riesumando titoli che da decenni giacevano sepolti vivi. Fra i tesori che l’emittente ci sta regalando, giovedì 21 maggio 2020 è toccato a Strike Commando 2. Trappola diabolica, le cui palesi scopiazzate hanno infiammato Evit del blog Doppiaggi italioti, tanto creare al volo questo post illustrativo: gli cedo subito la parola. Lucius
Non sono affatto un esperto di Bruno Mattei, ho alcuni suoi film nella mia collezione (anche in Blu-ray!) ma ne ho visti pochi per ora, la fama lo precede e l’idea di copie italiane di film famosissimi non mi ha mai attratto più di tanto, per questo gli ho sempre dato una bassa priorità. In più, l’ultima volta che cercai il suo famoso Terminator 2 (1989), finii per sbaglio per vedere Terminators 2 (1987), ancora più terribile, quindi ne sono rimasto più scioccato del dovuto.
L’apparizione di Trappola diabolica di “Vincent Dawn” nel palinsesto televisivo di seconda serata era l’occasione giusta per colmare qualche lacuna in attesa del sonno e, visto il titolo (Strike Commando 2) con cui poi è arrivato all’estero e vista la locandina italiana, tipica, favolosa, che straborda azione ad ogni pennellata, la delusione per un noioso clone di Rambo 2 (1985) sapevo già che sarebbe stata garantita.
La sorpresa invece giunge quando il film smette per un attimo di copiare, fotogramma per fotogramma, scene da Rambo 2 per andare a copiare invece I predatori dell’arca perduta (1981), uno dei miei film preferiti, un film che conosco visivamente e musicalmente a memoria, potrei vederlo muto e canticchiarvi l’intera colonna sonora, oppure sentire la colonna sonora e rivedermi il film nella testa.
Quindi copiare o “omaggiare” scene da I predatori la considero un’offesa personale, grave quasi quanto gli omaggi completamente a caso che molti fanno verso Psyco (1960). Ma non si va in galera per questo?
E quando parlo di copiare, non intendo dire che Trappola diabolica faccia una copia generica, o vagamente ispirata a I predatori dell’arca perduta, non si tratta di un semplice omaggiare… Trappola diabolica ne ripropone intere sequenze, inquadratura per inquadratura, gag per gag, e quando differisce un po’ è solo per l’incapacità di replicare Spielberg, oppure perché sarebbe costato troppo farlo.
Nello specifico, le sequenze replicate sono quella della fuga con il camion (che nei Predatori trasportava l’arca, qui… boh) e la scena della locanda in Nepal, inclusa la sfida alcolica (se nei Predatori c’era una qualche grappa da bere per vedere chi sveniva prima, in Trappola diabolica invece la sfida si fa con i boccali di birra per vedere chi rutta prima. Che classe!) seguita dal conflitto armato dove prende fuoco l’intera baracca. In aggiunta, tra le prime scene del film abbiamo il cattivo che si nasconde dietro il giornale come il nazista dei Predatori si nascondeva dietro la rivista “Life”.
Potrei andare nei dettagli di ogni singolo fotogramma, situazione e gag replicata, ma è superfluo, chi conosce I predatori se ne potrà rendere conto anche dalla ristretta selezione di immagini qui allegata. Curioso che con i tanti esperti su Internet, nessuno abbia mai notato queste scene clonate, non sono riportate né su IMDb né su Wikipedia, mentre ci tengono tutti a sottolineare come Claudio Fragasso e Rossella Drudi (coniugi-sceneggiatori) si siano “ispirati” a Rambo 2. Ma va’?
Nota di Evit: consentitemi qui una curiosità etrusca! l’odioso soldato nazista che nei Predatori striscia sopra al camion rubato da Indy e tenta di rimpossessarsene è uno stuntman italiano (vogliamo dire “cascatore”?), Sergio Mioni (1931-1987). Scommetto che non lo sapevate! Una carriera interessante la sua, tra classici del cinema e film per zinefili.
Quindi questi sarebbero i nostri talenti italiani osannati come sceneggiatori professionisti? Nella loro exploitation non sono neanche divertenti come poteva esserlo la Cannon Films, né si sforzano di usare materiale già visto per farci qualcosa di nuovo. I cambiamenti si limitano in piccole sostituzioni di oggetti o ruoli, nella locanda ad esempio, invece di avere degli scagnozzi nazisti con armi da fuoco abbiamo dei ninja filippini con spade, è per questo genere di cose che venivano pagati gli sceneggiatori? Mah.
Chissà se Bruno Mattei ha mai visto Raiders of the Lost Ark: The Adaptation, una replica, scena per scena, di Raiders of the Lost Ark girata nel 1989 da ragazzini di tredici anni con una videocamera amatoriale. Le scene di I predatori sono state replicate molto più efficacemente in quel “film”, fatto da bambini senza un budget, che da Bruno Mattei e dagli altri cosiddetti “artigiani del cinema italiano” che oggi vengono osannati come personaggi di assoluto culto. E chissà se Spielberg ha mai visto Strike Commando 2, magari se lo guarda così come noi guardiamo Turkish Star Wars, per sentirci migliori di altri popoli che quasi senza budget copiavano pezzi di film famosi sapendo che comunque avrebbero fatto il loro gruzzoletto di soldi sul momento pur rimanendo virtualmente invisibili alle major americane.
È solo un omaggio e nessuno se ne accorgerà mai!
Altra nota curiosa, nel doppiaggio di Trappola diabolica troviamo lo stesso cast sentito ne I predatori dell’arca perduta, con Michele Gammino protagonista in entrambi i casi. Doppiaggio e locandina sono le uniche cose fatte bene. Il doppiaggio infatti è della CDC. I titoli di coda purtroppo non ci rivelano altro tranne che Claudio Fragasso ne è dialoghista. Ah, già, anche i dialoghi ovviamente sono “rubati”, ma questo vi sorprende a questo punto? Diciamo che sono un “omaggio”, che è meglio.
Vi lascio con una selezione di altre scene replicate a risparmio. Certo che un confronto diretto con un film di Spielberg sarebbe impietoso per chiunque, ma ancora peggiore per una cosa girata in questo modo.
“Invertiamo la scena a specchio, così alla Paramount non se ne accorgeranno!”
La sfida della faciolata sarebbe seguita a breve. Lì invece di vedere chi rutta prima… ci siamo capiti.
Non si capisce perché trattenere un rutto possa far svenire ma la gag andava replicata in qualche modo. “Cambia la bevanda, così alla Paramount non se ne accorgeranno!”.
“Vestiamo Toht come Belloq, così alla Paramount non se ne accorgeranno!”.
“Al posto di lei, facciamo che è lui a fumare in faccia al cattivo che poi tossisce infastidito. Così alla Paramount non se ne accorgeranno!”
“Spielberg lavorava in sicurezza, ma gli stuntmen filippini sono sacrificabili quindi dategli fuoco per davvero. Qui superiamo Spielberg!”
“Invece della pistola, usiamo spade e coltelli, così alla Paramount non se ne accorgeranno!”
Ci sono tanti altri momenti replicati più o meno fedelmente ma penso che anche da queste poche abbiate già il quadro completo. Comunque mi sarei risparmiato la mattinata con una ricerca da 0,38 secondi su Google, infatti su YouTube esiste un video chiamato Strike Commando 2: The Most Original Film Ever Made che riassume tutto, anche gli “omaggi” a Rambo e Predator.
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