• TITOLI ITALIOTI: L’esorcista n.2… quello apocrifo!

    due locandine a confronto, Un urlo dalle tenebre e L'esorcista n.2 ...e il mio grido giunga a te (1975) sequel apocrifo dell'esorcista di friedkin

    Presentato al tavolo della censura nel giugno 1975 come “Un urlo dalle tenebre“, questo film arriva in sala anche con un secondo titolo: “L’esorcista n.2” e sottotitolo “…e il mio grido giunga a te…” (una frase del rituale che sentiamo nel film). Nella locandina intitolata “L’esorcista n.2” il nome del regista Angelo Pannacciò viene sostituito da uno pseudonimo: Franck C. Lucas (sì, Frank con una “c” di troppo) che si vocifera stia al posto di Franco Lo Cascio, il regista che avrebbe iniziato il film per poi abbandonarlo prima della fine della produzione, sostituito da Pannacciò. L’uso di uno pseudonimo fa pensare ad una truffa vera e propria, in cui forse si è tentato di far credere ad un legittimo seguito dell’Esorcista di William Friedkin e non a della banale “exploitation” italiana.

    Locandina di L'esorcista n.2 ...e il mio grido giunga a te con Richard Conte

    Richard Conte in “Ma che ci faccio in questo film?”

    L’esorcista n.2, il sequel apocrifo dalla distribuzione travagliata

    La trama ricalca ovviamente quella del più famoso Esorcista, quasi scena per scena. Il posseduto qui non è una bambina ma Piero, un ragazzo con la zazzera più incredibile mai vista. E chi si sacrifica alla fine non è un prete ma una suora, ma anche con questi cambiamenti, le scene che ricalcano L’esorcista di Friedkin si riconoscono ad occhi chiusi (il party interrotto dal posseduto, le scene oniriche, la visita medica, etc… troppe per menzionarle tutte). Se avesse avuto grande successo sicuramente sarebbero arrivati in tribunale per plagio, ma nell’Italia degli anni ’70 non solo la cosa passava inosservata, ma veniva addirittura sottolineata da un titolo truffaldino: L’ESORCISTA n.2! E Friedkin muuuuto!

    Non si capisce perché gli italiani prendano in giro gli “Star Wars turchi” quando in Italia facevamo esattamente le stesse cose.

    Fotobusta del film L'esorcista n.2 ...e il tuo grido giunga a me, anche noto come Un urlo dalle tenebre, del 1975

    Più che un indemoniato pare scemo

    La commissione di censura gli regala un bel divieto di visione per i minori degli anni 18 per “la tematica stessa del film” (lu Dimonio!) “nonché dalle numerose sequenze di rapporti sessuali descritti con eccessivo realismo, sì da far ritenere l’intero film controindicato per le esigenze di tutela dei predetti minori“. Non contenti di un VM18 al pari di un film pornografico, la commissione richiede (ed ottiene) anche i seguenti tagli:

    1) Scena dell’accostamento del calice con l’ostia ed il movimento sessuale della donna;
    2) Scena in cui la donna si scopre il pube nella camera del ragazzo;
    3) Alleggerimento del rapporto sessuale del ragazzo con la madre;
    4) Alleggerimento del rapporto sessuale del ragazzo con la sorella;
    5) Eliminare le scene che riguardano il ricordo del ragazzo con rappresentazioni di accoppiamenti di gruppo.

    La storia della sua censura e della distribuzione mondiale di questo film è certamente più interessante del film stesso, ad oggi non è ancora mai emersa versione completa non censurata, e paesi diversi sembrano censurare il film in modo diverso, reintegrando alcune scene tagliate per la distribuzione italiana, e omettendone altre. Un passaggio televisivo italiano in tempi più recenti ha addirittura riportato alla luce qualche scena che si riteneva perduta per sempre, in merito a questa curiosa scoperta Nocturno.it ha pubblicato un resoconto completo che consiglio ai più curiosi di leggere. Il passaggio televisivo su Cielo nel 2020 è stato nominato anche in un approfondimento dedicato alla travagliata storia di questo film su Malevolentdark.com (in inglese), che mi ha fatto scoprire che al mondo esistono addirittura persone appassionate a questo film. Wow. Non ho parole.

    L’esorcista n.2 in alcuni paesi è anche L’esorcista III

    VHS inglese con titolo The Exorcist III

    Quando L’esorcista 2 è già uscito, ci si inventa il 3.

    All’estero L’esorcista n.2 è arrivato con titoli altrettanto truffaldini come The Return of the Exorcist (Stati Uniti), The Posessor (Stati Uniti) con frase slogan “the final challange of the Exorcist” (la sfida finale dell’esorcista) e addirittura Exorcist III: Cries and Shadows (Regno Unito), sicuramente perché nel frattempo era già uscito il vero Esorcista 2. È la semplice regola algebrica dei titoli dei sequel apocrifi: x+1. Che tocca fare alla distribuzione per portare a casa la pagnotta.

    Purtroppo l’adattamento italiano non ha niente di curioso da dirci, è un film che non offre altro che il suo titolo, il titolo di un seguito… falso come Giuda.

    Dove vedere L’esorcista n.2 (se proprio ci tenete)

    Anche se ne sconsiglio la visione, finché dura il link potete vedere il film per intero qui. Ma vi consiglio L’esorciccio piuttosto.

  • Quando John Wayne doppiava i porno… L’ultima conversazione con Carlo Marini

     

    Sylvester Stallone in Italian Stallion doppiato da Carlo Marini, intervista per Doppiaggi italioti

    Te ne racconto un’altra, hai presente Tina Lattanzi? Dovevamo fare oversound e c’era pure la Lattanzi. Lei sente me e fa [Marini imita la Lattanzi] “ma Marini, che bella voce che ha…”.

    Ho il presentimento che l’aneddoto stia per sfociare nello sconcio e Carlo infatti interrompe la storia:

    Eh, vabbè, non posso raccontarla questa. [Carlo esita, ci ripensa un altro po’] No, non la posso racconta’, che te devo di’.

    Carlo Marini, protagonista largamente dimenticato del doppiaggio degli anni ’70-’80, oltre a una serie di nemici, aveva una valanga di aneddoti e di storie che nessuno si è mai preoccupato di farsi raccontare fin quando, per la prima volta, nell’ormai lontano 2014, non lo contattai io per una semplice domanda su Mad Max che ha poi portato a una serie di scambi tra e-mail, telefonate e messaggi via Facebook, protrattasi fino alla sua scomparsa all’inizio del 2019, a 68 anni. Siamo dunque giunti alla terza ma anche ultima parte di questa mia intervista esclusiva con Carlo, che si condisce di amarezza visto che si tratta dell’ultima intervista all’artista che per primo doppiò Mel Gibson e persino Sylvester Stallone. Ho cercato di tenerla più “veritiera” possibile, anche con le sue divagazioni e i momenti che potrebbero urtare la sensibilità dei lettori (siete avvertiti!), per dare un’idea completa di com’era conversare con Carlo. Una personalità che in modo o in un altro rimaneva certamente impressa.

    Nel caso vi siate persi i precedenti appuntamenti e vogliate recuperare:

     

    Carlo Marini ricorda il suo ruolo in W la foca

    Eli Roth elogia Viva la foca di Nando Cicero

    “Viva la foca di Nando Cicero è il capolavoro ultimo del cinema italiano”. Se lo dici tu, Eli… se lo dici tu.

    Evit: Hai qualche memoria del tuo ruolo in “W la foca” di Nando Cicero? Io non l’ho mai visto, però…

    Carlo: Però, dici, per prenderte un po’ per culo… Allora, W la Foca nasce con Galliano Juso quando io ero alla Fono Roma, lui mi fa “senti Marì, me serve la tua macchina”, all’epoca c’avevo una Mercedes vecchio tipo, stupenda, verde, bellissima, e facevo ancora l’attore, non avevo ancora una società di doppiaggio. Galliano mi dice “me serve la machina tua” – “eh già, io la macchina mia, quella, non la do proprio a nessuno”, mi fa “allora perché scusa non fai tu il fidanzato di Lory Del Santo?” – “ma che è, quella che ha preso 200 mijoni dall’arabo per una notte?”.

    Marini era poco convinto dell’ingaggio per via del titolo del film.

    Carlo: dico “ma sai, un film dal titolo W la foca, che Dio la benedoca… insomma. Vabbè, se la guido io, va bene”. Infatti c’è una scena d’inizio quando lei deve partire per Roma e il fidanzato la porta alla stazione… Mah, insomma, oscena proprio: [Marini ricorda il dialogo del film] “no, con due dita no perché fischia” metto la mano tra le cosce e FUUU se sente fischiare il treno, capito? Da vergognarsi, di W la Foca c’è da vergognarsi e basta.

    Carlo: Eppure, come si chiama quel regista famoso… ha detto che è un cult movie. Tarantino?

    Evit: Era Eli Roth, “figlio d’arte” di Tarantino.

    Carlo: Esatto!

    Evit: Ha detto che è il suo film preferito, e in Italia penso che sia, per i giovani almeno, abbastanza sconosciuto.

    Carlo mi racconta altri aneddoti privati che riguardano una festa altolocata alla quale accompagnò la Lory Del Santo, ma non credo che io sia autorizzato a pubblicarle, checché ne dicesse Carlo con i suoi “ma sì, ma che me frega”. Ma di evitare una denuncia a me frega moltissimo. Diciamo che so più di quanto dovrei. Purtroppo le memorie di Carlo sono piene zeppe di cose che non posso raccontare.

    Il doppiaggio della serie Le spie con Bill Cosby

    Robert Culp e Bill Cosby nella serie “Le spie” (I spy)

    Evit: Ricordi di aver doppiato Bill Cosby?

    Carlo: Ahhh sì, quello, hai voglia, come no… 50 puntate! È stata una bella esperienza, con Elio Zamuto che faceva l’altro protagonista e interpretava anche il direttore. Penso di essere stato la scelta giusta su Bill Cosby perché, insomma… tutti attori fantastici [NdA: Bill Cosby vinse tre Emmy per quel ruolo]. Cosby finiva per rubare la scena al co-protagonista: quando quello [Robert Culp] voleva l’attenzione e si sentiva importante perché bianco, l’altro (Bill Cosby) si girava e non se lo cagava per niente. C’erano scene di questo tipo, molto divertente. Ricordo che si sentì male Elio in piena estate, lo accompagnai all’ospedale, si sentiva col cuore che non andava e, niente, poi non c’aveva niente… e ancora però lui se lo ricorda, perché s’è un po’ cacato sotto. 50 puntate molto strette.

    Evit: Ricordi altri interpreti di quella serie, tra quelli che doppiavano insieme a voi?

    Carlo: Nooo, assolutamente, ma erano sempre quelli, su dai: Romano Malaspina, Massimo Rossi, Mirella Pace, insomma erano sempre i soliti.

    In un episodio campione trovato su YouTube, il sedicesimo della prima stagione, il nostro collaboratore Leo ha identificato anche Sandro Pellegrini e Mario Milita. Insomma, davvero i soliti di quel bel periodo del doppiaggio.

    Carlo Marini su Al Pacino

    Al Pacino in Angels in America, angeli in america, doppiato da Carlo Marini

    Carlo: Angeli in America con Al Pacino ed Emma Thompson l’hai visto? Io lì doppio Al Pacino.

    Evit: È quello sul tema dell’AIDS?

    Carlo: Esatto, una miniserie televisiva del 2003. [Carlo entra subito nel personaggio e rifà la stessa interpretazione] lui dice “io sono un avvocato, ricco, famoso,  sentiamo alla Casa Bianca, sai chi gli risponde?” e l’amico suo “beh, il Presidente”, “no, di più! La moglie!”. Dice “quindi sono ricco, famoso, e gli piace incularsi i ragazzini!”. [Carlo esce di nuovo dal personaggio] È di una bravura unica, guarda. Sono stato molto criticato per questo ruolo. Dice “hai sfonnaaaato Mari’, hai sfonnato! La voce è troppo profonda!”.

    Evit: chi è che lo diceva?

    Carlo: Tutti, me l’hanno detto… i colleghi. Intanto, sul Venerdì di Repubblica Enrico Deaglio ha confermato la profondità della voce originale di Al Pacino di quella cui ci hanno abituato per tanti anni.

    La voce di Al Pacino è più fonda, ma anche più larga, di quella che sentiamo al cinema doppiata.

    da Essere Al Pacino: incontro con l’ultimo divo
    15 gennaio 2016

     

    Carlo: …e quindi pijatevela in d’er sacco! ‘Sti stronzi, capito? Dice che ho “sfonnaaato”. Era soltanto perché ero ritornato a doppiare. Io nemmeno volevo andare a farlo il provino perché dico “’ndo vado a fa’ il provino per Al Pacino, ma chi!”, non me lo sentivo. La mia assistente mi ha convinto, ha detto “Carlo, gliel’ho detto io ad Andrea, perché non di voce, di altro, questo è tutto di stomaco… e tu ce l’hai lo stomaco”, capito? E insomma, con difficoltà enorme, perché… lui (Pacino) con gli occhi dice una cosa, con la bocca ne dice un’altra. Sai, io sono sempre abituato, io e pochi altri come Manfredi, siamo abituati a questo genere di attori e non puoi guardare la bocca per andare in sync. Se ci entri dentro (al personaggio), non c’è problema ad andare in sync con la bocca, capito? Se lo guardi fisso negli occhi, tu sai già da prima come la dice, perché la dice e con che intensità, capito? Lui alla fine muore, parla con un nero, dice [Carlo ritorna nel personaggio] “tu mi devi fare causa perché io ti ho trattato male perché sei negro, sporco e lercio… se mi fai causa sai quanti soldi puoi prendere?” e si sente TUUUUUU, il monitor che dice che è morto, e lui come sente sto TUU fa “UN MOMENTO!!!”, cioè come a dire “sto finendo di parlare”. È stupenda.

     

    Quando Emilio Cigoli doppiava i porno

    Evit: Senti, di tutto questo di cui abbiamo parlato c’è qualcosa che vuoi che non trascriva?

    Carlo: Non mi interessa, cioè, che t’ho detto? Tipo la storia della festa con i politici [aneddoto omesso. NdA]… Ah be’ te ne racconto un’altra. Con Emilio Cigoli all’epoca si doppiavano anche film porno. E anche Cigoli [famoso per aver doppiato John Wayne, NdA] che era un maestro doppiava; chiamava me, Massimo Dapporto, Massimo Lopez, la Marchesini, insomma c’eravamo tutti. In una di queste occasioni ho doppiato Sylvester Stallone in un film, pensa, un film porno! E c’era una ragazza che stava lì ad assistere, certa Daniela Caroli. Lui da dietro il vetro fa “mmmh, no!”. Naira (?), la sua donna che faceva da assistente, allora da dietro il vetro fa “no, vorrei anche una presenza femminile in questo anello perché…” e aggiunge “io non lo faccio, eh!”. Cigoli allora dice: “quella ragazza che sta lì”. E questa ragazza “sì, sì, io, io, sì, sì” tutta contenta. Ti puoi immaginare, IL direttore Cigoli che invita a partecipare a un doppiaggio insieme a Carlo Marini, che all’epoca ero un padreterno, e Cigoli era Dio sceso in terra a miracol mostrare, capirai… lei si mette al microfono, parte l’anello, la tizia nel film stava a fa’ una pompa e questa qua comincia a fare [urlando] AHHHH-AHHhhhh-AHHHHH. Cigoli interrompe l’anello e da dietro il vetro, con voce da John Wayne, fa: “signorina, lei forse non lo sa… ma in questi casi si respira col naso. Facciamone un’altra”.

    Vignetta meme con John Wayne che dice Signorina, lei forse non lo sa ma in questi casi si respira col naso.

    Sempre nella stessa sala entra Massimo Dapporto con 10 minuti di ritardo e si sente sempre John Wayne che da dietro al vetro fa “Dapporto, lei è in ritardo!” e Massimo: “Signor Cigoli… [con voce disperata] non sono armato!”, sembrava Mezzogiorno di fuoco.
    Un altro invece era Guardabassi — ecco! Guardabassi era nel cast di Interceptor, non mi ricordo chi doppiasse ma c’era, Manlio Guardabassi, credo che non sia più tra noi — Guardabassi faceva sempre tardi! E una volta “mi s’è rotta ‘a machina”, e una volta gli stava male il cane… un giorno [Carlo imita alla perfezione Cigoli]: “Guardabassi, ma non è possibile che lei sia sempre in ritardo!” e Guardabassi: “Eh, signor Cigoli… mi si è rotto il cane!”, non sapeva più che dire.

    Carlo Marini imitatore

    Per me che scrivo questo articolo è difficile da rendere per iscritto, ma per dovizia di particolari devo precisare che nelle nostre conversazioni telefoniche (fonte principale di questa intervista) tutte le citazioni riportate da Carlo erano sempre “recitate”. Tutte. Per ciascun aneddoto infatti Carlo non si limitava semplicemente a riferire le parole dette da questa o da quella persona (per come le ricorda lui almeno), ma ne faceva anche l’imitazione. Non posso dirvi quanto fedele fosse ciascuna di queste imitazioni, ma quella del suo maestro Cigoli era perfetta e sulle capacità imitatorie di Marini ho trovato anche delle conferme sulla rete.

    L’utente “Leprotto Bisestile” su Forum Doppiagio Italiano nel 2014 scriveva del film Spartacus (1960) di Kubrick:

    […]la scena in cui Crasso/Laurence Olivier dichiara la propria bisessualità con la famosa metafora del “mi piacciono sia le ostriche che le lumache”,[…] oggi si ritrova con un doppiaggio moderno dove Cigoli viene sostituito da Carlo Marini che assomiglia pazzescamente a Rinaldi il quale nel resto del film doppia già John Gavin…

    Il riferimento è a una sequenza di Spartacus reinserita nel film in occasione del restauro del 1991 che ripristina non solo scene di combattimenti considerate troppo violente ma anche questa battuta sulle preferenze sessuali di Crasso che scandalizzò la National Legion of Decency. Le registrazioni audio in lingua inglese di questa sequenza sono andate perdute e fu Anthony Hopkins nel 1991 ad imitare Laurence Olivier per la parte di Crasso. Una situazione parallela a quella italiana dove Cigoli (doppiatore di Olivier) era già morto e Carlo Marini venne chiamato ad imitarlo (sebbene Leprotto Bisestile affermi sembrare più simile a Rinaldi che in quel film è su un altro personaggio, Caio Giulio Cesare. Ma del resto, si sa,  tutti i discepoli di Cigoli parlavano come Cigoli).

    E quale parallelo migliore visto che di Hopkins era un protégé  di Olivier quando quest’ultimo era direttore artistico al National Theater (da Wikipedia: “A talented mimic, Hopkins had been a protégé of Olivier during Olivier’s days as the National Theatre‘s artistic director”). Un legame che ricorda molto quello tra Cigoli e il suo pupillo Marini.

    Notizia simile qui per la serie L’ora di Hitchcock dove è sempre Leprotto bisestile (una vera e propria autorità) a nominare Marini come probabile imitatore, nell’episodio Annabel (id., 1.7)

    La puntata è intrigante, sul genere di Psyco, ma il doppiaggio moderno è disgustosto su vari fronti e salvato unicamente dal solito bravissimo “imitatore” di Rinaldi che penso sia Carlo Marini su Dean Stockwell.

    Carlo Marini produttore, il breve incontro con Woody Allen

    Tornando alle mie conversazioni con Marini, sapevo sempre dove partivano ma non dove sarebbero arrivate, e visto che per una ventina d’anni nessuno gli ha mai chiesto niente, il ricordare una cosa ne portava alla mente un’altra dozzina…

    Carlo: Tu pensa che il film che ho prodotto io, come Carlo Marini FCM, [Le mosche in testa, 1991, diretto da Maria Daria Menozzi e Gabriella Morandi] non l’ho doppiato. Non l’ho fatto doppiare. Ci ho speso di più e queste due registe hanno detto “ma come?”, “eh, no, no, questo film in bianco e nero va fatto in presa diretta, costerà di più ma non me ne frega niente. L’ho fatto in presa diretta con un bravo fonico perché… non se po’. Questo film, doppiato, diventerebbe Hellzapoppin’. Ci sono alcuni film che non si possono, non si potevano doppiare secondo me. Quasi tutti dovevano esser doppiati, ma alcuni no.
    Adesso non si può doppiare, a parte se c’è qualche insertino… io sono stato in America, c’hanno dei TIR per l’audio, due TIR lunghi da qui a Porta Pia, con non so quanti tecnici dentro: “passa l’aeroplano, levalo!”, ciup! e via l’aeroplano, cioè, non puoi capi’. Hanno i microfoni puntati dappertutto…

    E: Hai mai incontrato gli attori da te doppiati?

    Foto dall'apertura del negozio Fiorucci a Los Angeles nel 1978

    Apertura del negozio Fiorucci a Los Angeles, 1978, dal blog di Alison Martino

    C: Ehhh… no. In realtà alcuni li avevo incontrati in precedenza, quando sono stato ad una cena offerta per me, in mio onore, da gli sceneggiatori di Funny Girl, che avevo conosciuto qua a Roma alla Taverna Flavia. Ricchissimi, m’hanno dato una Rolls bianca appena che sono arrivato a Los Angeles, questo la prima volta che sono andato in un viaggio con Fiorucci che apriva un negozio a Los Angeles (NdA: nel 1978)… e sono andato a questa cena dove doveva venire, pensa, pure Frank Sinatra. Lì c’erano tutti attori che io ancora non conoscevo e che poi ho visto in queste serie che doppiavo. L’unico che conoscevo era Peter Falk, Colombo… e c’è una storia su di lui ma anche questa non la posso racconta’, aò! [Mannaggia ai pescetti! NdA]

    Ci sono stato due o tre mesi in America e ho anche incontrato Woody Allen per mezz’ora in un ristorante a New York sulla quinta strada. C’era questa Elaines, un troione… non un troione, insomma, una signora tutta truccata, che mi disse “guardi, non glielo posso presentare perché non ha ordinato il vino”, perché quando lui non ordina il vino vuol dire che sta prendendo appunti e non vuole essere disturbato. Sono andato a quel ristorante due o tre volte, alla terza Allen ordina finalmente il vino, allora lei mi chiama e fa “vengavengavenga”. Gli dovevo chiedere se potevo fare una ripresa, figurati, per Domenica In… ero andato a questa cosa con Fiorucci, con Nicoletta [cognome incomprensibile] e con quella presentatrice bionda ormai morta, mamma mia che testa, non mi ricordo il nome.
    Sono rimasto un po’ lì a parlare con lui, a cercare di parlare con lui con il mio inglese… e gli sono stato pure simpatico. Si vedeva che Allen ha un cervello a quattro ruote motrici, forse è per quello che mi ha apprezzato, insomma ha capito che io apprezzavo le quattro ruote motrici. Appena sono arrivate loro, in adorazione, che lo guardavano come un mostro sacro, tre parole e ci ha mandati tutti via. Io questi attori non li ho mai guardati come mostri sacri, infatti c’ho avuto Giuliano Gemma, amico mio, tutti hanno dei buoni ricordi di me, specialmente i più famosi… Massimo Dapporto mi ha chiamato l’altro giorno, cioè l’ho chiamato io e lui m’ha richiamato e ci siamo ricordati di una serie che facevamo insieme, eravamo io, la Marchesini, lui e poi non mi ricordo chi altro… vabbè, ho avuto parecchie cose da raccontarti. Alla prossima puntata ti racconto invece come m’hanno seccato tutto quanto, la discesa… poi sai, la gente quando vede uno potente per terra, il gusto di camminarci sopra non glielo leva nessuno.

    Oltre all’ambiente competitivo, mi sono pure sposato con una ragazza molto ricca dalla quale mi sono separato quando le cose non andavano più bene. Quando mi sono separato potevo fare il principe ereditario.

    Ah bè, ti posso dire quest’ultima… c’avevo una barca di 15 metri, due motori da 360 cavalli, volevo andare a Roma, dove c’è il Tiber, con la barca, quindi ho risalito il Tevere… non sono andato contro lo scoglio? Non era uno scoglio, era un sasso antico… un affare romano… e la barca s’è mezza affonnata e s’è poi appoggiata… e c’era coso, quell’attore di Milano bravissimo che ha fatto Ambrosoli [Fabrizio Bentivoglio?], c’era lui e altre persone e una ragazza che il marito non lo sapeva… e siamo finiti su tutti i giornali. Volevamo fare come quelli di Fitzcarraldo, che risalivano il fiume… e ‘na barca di 15 metri è bella grossa, eh… a Ponte Marconi so’ affondato, quindi proprio a Roma… e poi tutti quanti a dire: servono 30 milioni per tirarla su, quell’altro sparava 50 milioni… e il Faina [???] invece dice “non gli da’ retta, gliela porto io, a casa gliela porto se vuole, me da 3 milioni gliela porto a casa”. S’è buttato nel Tevere questo, un uomo di 55 anni eh, un ometto, s’è buttato sotto, ha detto “ma quale sub, ma quale coso, gl’o prendo co’ a chiatta mia”, lui aveva una chiatta che risale il Tevere anche dove ci sono i sassi. Aggancia da una parte, aggancia dall’altra, se tira su, e me l’ha presa e me l’ha portata in un posto, me l’ha riaccomodata e poi l’ho venduta, però ecco… so affondato a Ponte Marconi con la barca di 15 metri. Con una fotografia poi che è uscita sul giornale con un gommone dei vigili del fuoco dove c’è l’ombra del gommone sui miei piedi che sembra che c’ho i calzettoni e il costume, che sembra che sto in mutande perché era rosa… una fotografia impietosa, impietosa. Sul messaggero, la stampa, insomma foto su tutti. Sono venuti elicotteri, ambulanze, carabinieri, vigili del fuoco, polizia, vigili urbani, non poi capì, era pieno.


    Per quanto mi sarebbe piaciuto trovare questa foto, non è facile navigare tra gli archivi dei giornali di date così incerte.

    Locandina italiana di Porno proibito con Sylvester Stallone come Italian Stallion. Doppiato da Carlo Marini

    Ad ogni modo, così terminava la terza parte dell’intervista con Carlo, di ben 6 anni fa. A lungo mi avete chiesto “e la terza parte?”. Ovviamente il progetto era di pubblicare tutto in tempi brevi, ma faccio sempre rileggere le mie interviste ai diretti interessati prima di pubblicarle, nel caso ci fossero ripensamenti o correzioni da fare. E a Carlo più che li rileggeva e più che gli tornavano in mente dettagli aggiuntivi e nuove storie, mi telefonava, me ne raccontava altre, che poi andavo ad aggiungere o correggere nell’articolo, che andava nuovamente approvato, che riportava nuove memorie, che portava a nuove conversazioni… e poi “me fai parlà romano, è volgare, io mica parlo così?”. Intanto anche io sono stato occupato con la mia vita lavorativa e spesso mi ripetevo “appena riesco, vado a risistemare quel pezzo”, rimandando perché sapevo che avrebbe richiesto altre correzioni e ritocchi. Così potete capire perché siamo arrivati a una terza parte pubblicata a così tanti anni di distanza.

    Nel frattempo con Carlo ci siamo anche incontrati, nel novembre 2017, approfittando di una mia breve permanenza a Roma, sono stato suo ospite per una giornata durante la quale abbiamo anche riguardato insieme Terminator (di cui diresse il doppiaggio) registrandone un parziale commento audio, ma questa storia è per un’altra volta o forse rimarrà come ricordo personale privato insieme a tanti altri aneddoti omessi in questo articolo, vuoi per la delicatezza degli argomenti (o indelicatezza, a seconda dei punti di vista), vuoi per l’impossibilità di verificare alcuni resoconti.

    Curiosità varie

    Schermata della scheda di Carlo Marini dal sito di Antonio Genna Antoniogenna.net

    Tra i film di cui Marini ha diretto il doppiaggio e che sono elencati nella scheda su Antoniogenna.net compare un curioso “Buttertruck”, insospettito dal titolo gli chiesi se quel “camion del burro” non fosse invece Battletruck del 1982 (arrivato in Italia come Destructors al cinema, e poi di nuovo come Battletruck in VHS, uno dei tanti post-apocalittici ispirati a Mad Max). Mostrandogli la VHS mi disse “È proprio quello, ma come hai fatto, sei un mago!”. Modestamente in quanto a collezionare film brutti in VHS non mi batte nessuno.
    Non lo avrei neanche nominato se non fosse per questa curiosa osservazione: Marini non solo è stato la voce di Mad Max ma anche di un suo clone!

    Dalla rete ho recuperato altri stralci di partecipazioni. Per anni Carlo Marini è stato il narratore dei documentari del programma La macchina del tempo di Rete 4, ha doppiato anche Dan Aykroyd nel 2000 in Stardom, ha avuto una parte nella serie TV canadese di fine anni ’90 Dead Man’s Gun, tracce di Marini e di Cigoli sono presenti anche nella serie TV Le memorie di Sherlock Holmes con Jeremy Brett (per me la serie migliore sul personaggio!). Ma l’intera carriera di Carlo Marini è lontana dall’essere ricostruita appieno, non aiutava che Carlo stesso ne ricordasse solo una piccola frazione e pure quella a suon di “come se chiama quello? Quello che ha fatto… non mi viene il titolo.”, quindi le informazioni riportate in queste tre interviste hanno richiesto anche molta ricerca per dare un nome ad attori, titoli, doppiatori e fatti menzionati; Non so perché Carlo si fosse affezionato tanto a me, viste le nostre personalità agli antipodi, ma ricorderò sempre con affetto la nostra mezza giornata passata insieme (che avremmo dovuto replicare ma poi non c’è stato modo) e tanti aneddoti privati che, come diceva Carlo, non ve posso racconta’, che ve devo di’.

    Ciao Carlo.

  • Black Christmas – Un Natale rosso sangue (1974)

    Black Christmas Un natale rosso sangue 1974 titolo di introduzione

    Un articolo di dicembre su un film di Natale? Qui? Sul blog Doppiaggi italioti?! Ma è proprio un miracolo di Natale che sia riuscito a pubblicare qualcosa di vagamente attinente al periodo. Approfittando di una rara pausa, sono andato a scavare nei doppiaggi anni ’70, quando trovare dialoghi italiani “identici” a quelli originali era praticamente impossibile, ma a vantaggio di una naturalezza oggi non ben accetta nel settore (colpa degli americani che esigono che non si inventi proprio niente). E i dialoghi inventati qui non mancano. Vi parlo di Black Christmas (Un natale rosso sangue), del 1974, portato in Italia col titolo inglese e un sottotitolo italiano tra parentesi. Fu approvato dalla censura a fine novembre del 1975, ma uscì in Italia a feste ormai concluse il 20 febbraio 1976 (come documentato da Italian Pulp Movie Posters). Se aspettavano un altro po’ diventava un film di Pasqua.

    Flano di Black Christmas un natale rosso sangue del 1974

    Divieto per i minori degli 18 anni e tanto perché, specie all’inizio, contiene un frasario con numerose battute volgari ed oscene; contiene inoltre numerose scene di violenza efferata contro persone, culminanti in un susseguirsi di omicidi” (Visto Censura)

    La trama in breve del “primo” slasher della storia

    Un assassino ha preso di mira le ragazze dell’associazione studentesca femminile Kappa Sigma di un campus universitario, rimaste sole per le vacanze di Natale. Dalle minacce telefoniche però l’assassino passa all’azione e comincia a uccidere.

    Black Christmas è un precursore del genere slasher, avendo anticipato Halloween di Carpenter (che alla sua uscita fu addirittura accusato di essere derivativo di Black Christmas) ed è stato un film seminale per tematiche reazionarie come quella delle ragazze promiscue che finiscono malissimo (nonostante la prima vittima sia una ragazza vergine). Venerdì 13 ci camperà per trent’anni col punire le ragazze che bevono, fumano, dicono parolacce e, cosa peggiore di tutte, sono delle zozzone dedite ai piaceri sessuali. Che schifo, i piaceri sessuali! (cit. di una grande battuta ironica del blogger Lucius Etruscus)

    Insomma, Black Christmas non è solo “uno di quei film”, è il primo di quei film. Così almeno si dice in giro. E Psyco di Hitchcock MUUUUTO!!! E Mario Bava con Sei donne per l’assassino? MUUUUTISSIMO!!!

    Locandina italiana di Black Christmas un natale rosso sangue

    Foto di una locandina italiana tutta stropicciata

    Chi doppia l’assassino?

    Black Christmas è anche uno di quei film dove gli amanti del doppiaggio scoprono subito l’identità dell’assassino dalla prima telefonata: è Elio Pandolfi! Fino ad oggi l’identità del doppiatore dell’assassino non era nota ma finalmente ho potuto dargli un nome (grazie alle orecchie del mio collaboratore Leo e successive conferme). Per i non esperti di doppiatori Pandolfi doppiava Zio Fester nei film anni ’90 della famiglia Addams, ma nella sua carriera ha interpretato anche antagonisti, qui ne cito alcuni: il clown in Spawn (1997), Bela Lugosi nel Dracula del 1931 (doppiato per la Rai nel 1986), Gollum nel film animato del Signore degli anelli.

    L’idea di fargli doppiare l’assassino potrebbe venire da un film di 10 anni prima, I tre volti della paura (1963) di Mario Bava, dove Elio Pandolfi interpretava proprio la voce al telefono.

    Scena dal film i tre volti della paura di Mario Bava

    Elio Pandolfi voce al telefono nel film I tre volti della paura (1963)

    Sulla voce dell’assassino in Black Christmas c’è una curiosità tutta americana: in originale la voce dell’assassino al telefono è di almeno 4 persone diverse. Mi sono domandato se non avessero fatto qualcosa di simile anche per la versione italiana, ma sembra essere Elio Pandolfi in tutte le telefonate. Anche nella prima dove ricorda Carlo Valli.

    A proposito di Carlo Valli (qui una piccola nota che non c’entra con Black Christmas), è stato la voce dell’assassino al telefono da Scream 1996 fino a Scream 2022 e a questi possiamo anche aggiungere Insomnia (2002), altro film che durante la visione si meritò la mia battuta “l’assassino è Carlo Valli!”. Potrei quasi dedicare un’intera rubrica ai “film in cui Carlo Valli è la voce dell’assassino al telefono”. Anche se non ci aveva mai pensato prima nessuno, Carlo Valli è LA voce italiana degli assassini al telefono. Come sempre a Doppiaggi italioti tiriamo fuori primati sul doppiaggio che neanche sospettavate. Ma prima di Carlo Valli c’è stato Elio Pandolfi. Chiusa parentesi.

    Elio, sei tu?

    L’adattamento italiano di Black Christmas

    Il film inizia proprio con una telefonata con molte battute inventate in italiano come riempitivo. Qui i due copioni a confronto. Anche chi non conosce l’inglese potrà notare le battute aggiunte in italiano.

    Battute originaliAdattamento italiano
    Sì.
    Sì.
    Oh, come on. You gotta be kidding!Uno chalet in montagna?
    Mica male l’idea. Prendo un bel maschione e vi raggiungo.
    Why can’t I come too?“Meglio di no”? Perché “meglio di no”?
    Well, who the hell is he?Ce n’hai un altro nuovo lì con te?
    You’re a real gold-plated whore, Mother, you know that?Però! Alla tua età riesci a reggere un bel ritmo.
    I’ll just get a couple of my friends and we’ll go, uh, skiing.E io me ne fotto! Accompagno [frase inudibile] a sciare.
    Yeah, sure, mom. I’ll be fine. I’ll see you around.Dai, mamma. Non rompere. Ci vediamo.

    Questo è uno dei primi dialoghi del film e ci fa capire immediatamente lo spirito dell’intero adattamento: dialoghi che a un primo impatto sembrano inventare molto, ma che a ben guardare lasciano trasparire una comprensione del materiale, dei personaggi e una capacità di scrivere dialoghi che sembrano essere nati in italiano.

    Una scena di Black Christmas 1974, Margot Kidder al telefono

    Un film di telefonate

    Prendendo questa scena fuori contesto ad esempio potremmo chiederci da dove spuntino fuori lo “chalet di montagna”, il volersi portarsi dietro “un bel maschione” e le varie sboccataggini verso la propria madre al telefono. Ma a tutto c’è una risposta. Lo chalet viene nominato nella scena seguente, quando la protagonista dopo la telefonata chiede agli amici se vogliono andarci. La sboccataggine invece origina da quel “gold-plated whore” che la sboccata Barbara dice alla madre chiamandola letteralmente “una puttana placcata in oro” e dall’aver scoperto che la madre ha un nuovo uomo (Well, who the hell is he?, “E chi diavolo è?”) e che per colpa di questo nuovo compagno, la madre non vuole la figlia tra i piedi a Natale.

    È uno di quei rari casi del doppiaggio italiano in cui un personaggio ha un “frasario sboccato” (cit. dal film) che supera l’originale, ma la scelta è certamente voluta dal dialoghista per far capire immediatamente il personaggio. Del resto, quando abbiamo un personaggio che chiama “puttana” (whore) la propria madre non sorprende più di tanto che possa risponderle “e io me ne fotto!”, anche se in originale questa espressione non esiste affatto.

    Anche l’altra frase inventata in italiano “prendo un bel maschione e vi raggiungo” ha senso per quel personaggio che subito dopo denigrerà le “vergini di professione”, ovvero le ragazze troppo inibite. È inventata? Sì. È superflua? Forse. Fa ridere? Sì. E allora ci piace.

    Scena da Black Christmas un natale rosso sangue, telefonate moleste dell'assassino alle ragazze

    “Prondi?”

    Black Christmas non sarà forse uno di quei film da prendere a modello per imparare a tradurre dall’inglese, ma potrebbe essere utile per imparare a scrivere dialoghi in italiano (per sceneggiature magari), che è tutt’altro campo di battaglia. Prendo una frase a caso di una conversazione telefonica per far capire di cosa parlo: “we’re just having a little party. No, I’ve had a couple.“, posso immaginare come oggi una battuta del genere possa diventare qualcosa come “Stiamo solo facendo un piccolo party. No, un paio di bicchieri…”. Nell’adattamento italiano di Black Christmas quella frase diventa invece: “No, abbiamo avuto un po’ d’amici in casa. Ma va’, giusto un goccetto“. E quanto è più familiare e naturale in quella specifica situazione! Questa è una frase presa letteralmente da un punto a caso del film (una delle tante) che ho deciso elevare a esempio, altrimenti sarebbe difficile parlare di qualcosa come dialoghi ben scritti visto che per loro stessa natura tendono a risultare invisibili. Ed è una delle tante frasi che sulla carta sembrano “alterate”, ma portano lo stesso senso nella lingua italiana. Sennò che lo chiamiamo a fare “adattamento”?

    Tutto rose e fiori dunque? Che domande, no! Ma Black Christmas in italiano risulta diverso solo a una prima occhiata e tutto sommato, pur con tante scelte creative, il risultato se lo porta a casa. Vediamo quali sono stati i cambiamenti più grossi.

    La signorina Mac

    Un copione diverso… ma a ben guardare uguale

    Il padre di una delle ragazze dice alla signorina Mac (una donna di una certa età responsabile per le studentesse) che non ha mandato la figlia al college perché bevesse e rimorchiasse ragazzi. Questo in inglese. In italiano invece dirà…

    I didn’t send my daughter here to be drinking and… picking up boys.
    Mia figlia è venuta qui per studiare biologia, … non il kamasutra.

    Un’alterazione niente male. Poi la signorina Mac in privato riprende le parole del padre della ragazza esprimendo quello che avrebbe voluto dirgli:

    “I didn’t send my daughter here to be drinking and picking up boys.” Tough shit! Am I supposed to be responsible for the morals of every girl in this goddamn house? These broads would hump the Leaning Tower of Pisa, if they could get up there. I do my best. I don’t know what the bastards expect of me. Christ’s sake!

    La signorina Mac praticamente sta dicendo: “Non ho mandato qui mia figlia per bere e rimorchiare ragazzi”, beh, ti attacchi al cazzo. Dovrei essere io responsabile per la moralità di tutte le ragazze in questa stramaledetta casa? Queste ragazze si chiaverebbero la Torre di Pisa se potessero montarci sopra. Io faccio del mio meglio. Non so che cosa si aspettano da me questi stronzi (gli stronzi sarebbero i genitori dei ragazzi).

    Questa è una mia traduzione più o meno diretta per farlo capire anche a chi l’inglese non lo mastica. Non dico che dovrebbe essere tradotto così. Nel doppiaggio italiano non mi è chiaro se la parte sulla Torre di Pisa sia stata fraintesa o volutamente ignorata, ma è certamente usata… diversamente:

    “Io ho mandato qui mia figlia a studiare biologia, non il kamasutra”. Che razza di discorsi. Ma che stronzo! Come se io fossi responsabile della moralità di tutte quelle che bazzicano questo mezzo bordello. Arriva un fesso e crede di poter raddrizzare la Torre di Pisa con una spintarella. Io faccio del mio meglio. Che cavolo si aspetteranno da me questi rompicoglioni. Che strazio!

    Con “arriva un fesso e crede di poter raddrizzare la Torre di Pisa con una spintarella” in italiano non si allude più alle ragazze della sorority house (club per studentesse nel doppiaggio italiano) che si scoperebbero qualsiasi cosa (inclusa la Torre di Pisa se potessero), bensì parla del padre della ragazza in questione che pensa di fare l’impossibile: tenere a bada la figlia. Poco prima infatti, ispezionando la stanza della figlia (piena di poster erotici), il padre aveva detto “comunque non mi piace affatto l’atmosfera che circonda mia figlia. E intendo cambiarla al più presto“. A prima vista quindi la battuta alterata riguardante la Torre di Pisa sembrerebbe una sorta di censura che omette l’idea che le ragazze del “club” Kappa Sigma siano sessualmente disinibite. A ben guardare però, questa informazione non è omessa, ma solo spostata alla frase precedente quando la signorina Mac dice “tutte quelle che bazzicano questo mezzo bordello“. Un’aggiunta in italiano che porta lo stesso messaggio.

    Black Christmas Margot Kidder che dice la lingua più veloce del west

    Barbara che imita “la lingua più veloce del west”

    Continuando con le frasi alterate, la studentessa Barbara (Margot Kidder), che ci dà ampiamente modo di capire di non essere una ragazza “per bene” sin dalla prima scena del film, continua a scioccare i genitori impettiti della ragazza scomparsa narrando loro un aneddoto sulle tartarughe che si accoppiano per tre giorni senza mai fermarsi. Anche qui il dialoghista approfitta dell’occasione per inventarsi qualche battuta e invece di farle dire come in originale “non mi crede, vero? Come potrei inventarmi una cosa del genere?” opta per qualcosa di diverso:

    There’s a certain species of turtles that can screw for three days without stopping. You don’t believe me, do you? Well, I mean, how could I make something like that up?

    Ci sono certe tartarughe che possono scopare per tre giorni filati senza mai fermarsi. È un dato scientifico, sa? Come cazzo faranno, io non ci sono mai riuscita.

    Anche qui potremmo dire che si inventa, è vero, ma sempre rimanendo fedeli al personaggio che fino a questo momento ha 1) sparlato delle ragazze vergini, 2) dato da bere alcolici a un bambino, 3) preso in giro un poliziotto dando un numero di telefono falso “FELLATIO 69-2-3” (in originale “Fellatio 2-0-8-8-0”), 4) bevuto birra in occasioni sconvenienti, 5) chiamato il pervertito al telefono “la lingua più veloce del west” facendo boccacce e allusioni sessuali. Il personaggio rimane immutato, anche con qualche battuta aggiunta. Poco dopo dirà sempre sull’accoppiamento delle tartarughe: “ma vi rendete conto, tre giorni! A me già mi va bene se duro tre minuti” (I’m lucky if I get three minutes), quindi ancora una volta la battuta aggiunta che apparentemente “stravolge”, in realtà pesca concetti da altre frasi della stessa scena. Il personaggio rimane identico, solo non dice le stesse cose nello stesso ordine come siamo abituati ad aspettarci oggigiorno.

    Black Christmas, scena del film. Barbara dà da bere a un bambino

    Bevi che ti fa bene

    In questo contesto, quando Barbara dice di aver visto le tartarughe farlo allo zoo, il suo “it was very boring” (era di una noia mortale) diventa “era quasi arrapante“, questo sì un cambiamento ma in un discorso comunque sconveniente (subito dopo dirà che le zebre dello zoo si accoppiano in 30 secondi e soffrono di “ejaculatio praecox”).

    L’eccessiva sconvenienza di Barbara serve alla trama, in quanto sente che gli altri la giudichino responsabile della morte della compagna di “club”. E poi gli americani erano appena usciti dagli anni ’60, e dimostrare la degenerazione di tutta quella libertà ottenuta dai giovani è sempre stato un concetto ben accetto da quella società di bacchettoni che si chiama Stati Uniti d’America.

    Insomma, tornando ai nostri dialoghi, i cambiamenti sembrano avere quasi tutti una loro giustificazione e non c’è nessuna censura o modifiche dovute a un qualche moralismo dell’adattatore, come avevo sospettato inizialmente quando questo film è stato portato alla mia attenzione.

    Scena da Black Christmas, un'anziana che fa il gesto del dito medio

    Le cose belle: le parolacce

    Essendo ormai abituato ai doppiaggi attuali dove il numero di parolacce si è ridotto a un pugno di offese sempre uguali, specchio della scarsità delle offese americane, non nego che rivisitare l’adattamento delle parolacce in un film anni ’70 come questo sia sempre una boccata d’aria fresca.

    Look, she’s supposed to be going away with me for the weekend, goddammit!
    S’era detto di andare in montagna a passare un weekend, sì o no? Porco Giuda!

    Quand’è l’ultima volta che abbiamo sentito un “porcoggiuda” in un doppiaggio? Nello stesso film altri goddammit diventano “maledizione!“, “e allora va’ a farti fottere!“, “che Dio ti fulmini!“, “della malora“, etc… ed è palese che l’adattamento presti attenzione alle intenzioni più che preoccuparsi di tenere un glossario coerente. Quelle sono preoccupazioni esclusivamente moderne che appiattiscono tutto. In un film così doppiato oggi avreste sentito soltanto una dozzina di “maledizione” al posto di goddammit.

    Tra le battute spiritose aggiunte in italiano c’è l’accusa alla polizia che non sembra occuparsi del caso della studentessa scomparsa:

    Invece di star lì come salami, non potreste darvi un po’ da fare?

    Da “you guys can never get it together [incomprensibile]”.

    E perché non approfittare di un “chiudi il becco” per dare del cornuto al poliziotto?

    Poliziotto: You. Shut up!
    Poliziotto: Tu. Chiudi il becco!

    Barb: You know, for a public servant, I think your attitude really sucks.
    Barb: Invece io parlo quanto mi pare e comunque becco ci sarai tu!

    La battuta originale potrebbe essere tradotta come “Per essere un poliziotto, il tuo atteggiamento fa proprio schifo”. Ma c’era l’occasione di mettere in bocca a Barbara l’ennesima battuta/offesa ed è stata colta.

    Poliziotto che intercetta una telefonata nel 1974

    La canzone della signorina Mac

    La signorina Mac sola in casa canta “io coi maschi non ci gioco, voglion tutto e danno poco, o un altro amor focoso che è molto spiritoso e riscalda il cuor.” In inglese canta invece “Alligators come through the gate, goodbye leg if ya get away late. Lollies always love to pop.“. Si tratta di una canzone del 1925 chiamata As a Porcupine Pines for Its Pork di Billy Jones & Ernest Hare, proveniente da una trasmissione radiofonica americana molto pulita chiamata The Happiness Boys. Non mi risulta che il testo della canzone abbia doppi significati, è stata solo l’occasione per inventarsi nuove parole. In questo caso adatte al personaggio della zitellona. Una nota simpatica da un’era in cui si potevano inventare anche le parole di una canzone (che niente ha a che fare con la trama del film quindi poco male se non parla di alligatori). Oggi probabilmente sarebbe rimasta in inglese e non doppiata.

    Cambiamenti arbitrari

    Se gran parte dei cambiamenti vanno ad arricchire il copione originale, non si può dire che siano TUTTI benvenuti o giustificati. Non sono tantissimi ma ci sono. Ne ho presi due più rappresentativi.

    1) Rappresentante al posto di un camionista

    Una madre dice alla polizia che il “marito fa il rappresentante ed è sempre fuori“. In originale il marito invece è un camionista (truck driver). Questo non cambia assolutamente niente nella trama del film perché è una frase buttata lì che non ha ripercussioni di alcun tipo, ma il motivo del cambiamento posso solo indovinarlo. Chiaramente il lavoro del camionista esisteva anche in Italia nel 1975, ma era il “rappresentante” il mestiere che tradizionalmente teneva i mariti lontani da casa per lunghi periodi. Negli Stati Uniti, che sono grandi quanto l’Europa intera, fare il camionista può tenere le persone lontane da casa anche per mesi, a differenza dell’immagine che abbiamo del camionista in Italia che può lavorare anche localmente o stare via per periodi limitati. Non riesco a pensare ad altre motivazioni. Oggi sembra un cambiamento del tutto arbitrario.

    2) Billy e Agnes

    L’assassino, che si identifica col nome di Billy, in originale nei suoi deliri nomina spesso una tale Agnes e chiama così tutte le sue vittime poco prima di ucciderle, ma questo nome viene completamente omesso nella versione italiana. In italiano diventa in alcuni casi “mammina”, quindi potremmo supporre che Agnes sia stata la madre dell’assassino, ma in realtà il film in lingua originale non spiega mai chi sia Agnes, possiamo solo sospettare che sia una parente diretta – madre o sorella – probabilmente la prima delle sue vittime. Ma le motivazioni del killer così come la sua “backstory” non ci vengono mai rivelate.

    L’omonimo remake del 2006 ovviamente non poteva lasciare niente di misterioso e fornisce un’intera storia delle origini su Billy, ma si tratta appunto di un rifacimento quindi non ci aiuta. Curiosamente, Wikipedia in inglese ha un intero articolo dedicato a questo killer misterioso di nome Billy e sempre su Wikipedia scopro che negli anni è stato anche considerato uno dei più grandi “cattivi” di tutti i tempi. Ma da chi??? Le fonti citate sono articoli acchiappaclick su siti online come GamesRadar (nel 2017) e Bloody Disgusting (nel 2016), quindi da nessuno.

    È possibile che il nome Agnes sia stato omesso per evitare di generare ancora più confusione durante le scene dei deliri telefonici dell’assassino, ma dubito che questo fosse davvero necessario. È chiaramente parte di un delirio che rievoca eventi passati del killer, e questo secondo me sarebbe stato comprensibile anche in italiano. Nel copione italiano le telefonate hanno un po’ più senso, essendo quasi sempre delle minacce dirette alle ragazze che rispondono al telefono, ma forse non era quello l’obiettivo degli sceneggiatori/regista.

    Sia chiaro che sono piccole cose, in ogni caso tra inglese e italiano io probabilmente opterei per il doppiaggio italiano (soprattutto per le parolacce e le varie offese creative), se non fosse per la qualità audio della versione che circola in DVD, che fa veramente schifo. Sicuramente sono stati applicati pesanti filtri di riduzione rumore che però hanno reso il parlato poco comprensibile, tanto che spesso potreste aver bisogno dei sottotitoli in italiano per riuscire a capire cosa dicono nel doppiaggio italiano! Il colmo proprio. Ci sono anche un paio di scene dove l’audio italiano è assente per qualche secondo e non sembrano dovuti a tagli della censura, piuttosto saranno dovuti alla pellicola danneggiata in un paio di punti dalla quale hanno poi ricavato la traccia italiana che circola attualmente.

    Sceriffo al telefono, una scena da Black Christmas un natale rosso sangue

    La mia espressione mentre cerco di capire i dialoghi filtrati di questo film

     

    Scheda di doppiaggio di Black Christmas – Natale di sangue (1974)

    Direttore di doppiaggio: [sconosciuto]

    Dialoghista: Alberto Liberati (fonte SIAE)

    Studio di doppiaggio: CVD

    Il cast di doppiatori

    Emanuela Fallini: Jessica Bradford (Olivia Hussey)
    Mirella Pace: Barbara Coard (Margot Kidder)
    Anna Rosa Garatti: Phyllis “Phyl” Carlson (Andrea Martin)
    Rino Bolognesi: Tenente Kenneth Fuller (John Saxton)
    Alina Moradei: Signorina Mac (Marian Waldman)
    Nino Dal Fabbro: Signor Harrison (James Edmond)
    Diego Michelotti: Sergente Nash (Doug McGrath)
    Simona Izzo: Clare Harrison (Lynne Griffin)
    Gino Pagnani (?)
    [fonte Antoniogenna.net]

    Elio Pandolfi: voce dell’assassino
    [riconosciuto da Leo, conferma di Francesco Finarolli]

    Qualche ricerca in più si è resa necessaria per il dialoghista invece.

    Il dialoghista: Alberto Liberati

    Alberto Liberati è uno di quei dialoghisti di epoche passate la cui attività è rimasta poco documentata nell’era di internet, comparendo in qualche decina di pagine del sito-archivio Antoniogenna.net, a fronte dei quasi 800 lavori registrati alla SIAE (anche se molti saranno probabilmente puntate di Capitol). Sappiamo qualcosa in più su di lui soltanto perché la sua carriera si è incrociata con quella del dialoghista Roberto De Leonardis, egli sì oggetto di numerose ricerche, in particolare da parte dell’esperto del mondo Disney Nunziante Valoroso il quale nel ripercorrere la vita di De Leonardis scrive:

    Costituita legalmente la famosa CDC (Cooperativa Doppiatori Cinematografici), si ricomincia quindi a doppiare in Italia e Roberto, con le sue conoscenze linguistiche, si guadagna la stima del capo ufficio edizioni della RKO, Alberto Liberati, con il quale collabora alle edizioni italiane dei film Disney “Pinocchio”, “Bambi” e “I tre Caballeros”. Quando è il momento di doppiare “Dumbo”, che uscirà sugli schermi italiani per Natale 1948, Liberati affida tutto il lavoro al comandante de Leonardis e il risultato entusiasma Walt Disney stesso, che è particolarmente “Alice nel paese delle meraviglie” sorpreso dell’ottima riuscita delle canzoni, affidate al doppiaggio del famoso Quartetto Cetra. Da quel momento Walt affiderà al “Comandante”, come Roberto viene ormai affettuosamente chiamato nel mondo del doppiaggio, la versione italiana di tutte le opere, cinematografiche e televisive, che usciranno dagli studi di Burbank.

    La firma di Alberto Liberati compare ai dialoghi di film e serie TV dall’immediato dopoguerra fino agli anni ’90 e quella che segue è la lista più completa possibile che io sia riuscito a stilare con nome della società di doppiaggio e anno accanto al titolo, se noti. La lista copre ben 45 anni di opere e potreste riconoscere qualche titolo noto:

    Fantasia per la CDC nel 1946 (primo doppiaggio)
    Pinocchio
    per la CDC nel 1947 con la collaborazione di Roberto De Leonardis

    Quarto potere di Orson Welles per la CDC nel 1948 (primo doppiaggio) con la collaborazione di Roberto De Leonardis
    Bambi per la CDC nel 1948 (primo doppiaggio)
    Il miracolo della 34ª strada per la CDC nel 1948 (primo doppiaggio)
    I tre caballeros per la CDC nel 1949
    Musica, maestro! per la CDC nel 1949
    La vendetta del corsaro nel 1951 (come sceneggiatore insieme a Fede Arnaud)
    Ci troviamo in galleria nel 1953 (come soggettista insieme a Fede Arnaud)
    Una pelliccia di visone nel 1956 (come soggettista insieme a Fede Arnaud)
    [Nel 1958 è uno dei soci fondatori della SAS insieme a Fede Arnaud come riportato da Enciclopedia del doppiaggio]
    Il figlio del corsaro rosso nel 1959 (come sceneggiatore insieme a Fede Arnaud)
    Io Semiramide nel 1963 (come sceneggiatore insieme a Fede Arnaud)
    La caduta dell’impero romano per la SAS – Società Attori Sincronizzati nel 1964
    Amleto di Grigori Kozintsev per la CDC nel 1965 (primo doppiaggio, diretto da Mario Maldesi)
    Belfagor – il fantasma del Louvre (miniserie) nel 1965
    I coltelli del vendicatore, nel 1966
    Dinamite Jim, nel 1966
    Il disertore e i nomadi, nel 1969
    Festa per il compleanno del caro amico Harold di William Friedkin per la SAS nel 1970
    Ricatto di un commissario di polizia a un giovane indiziato di reato nel 1971
    Caccia sadica
    nel per la C.D. nel 1971

    Regolamento di conti di Daniel Vigne, nel 1973
    L’isola del tesoro con Orson Welles, nel 1973
    Chi sei? per la C.D. nel 1974
    Bianchi cavalli d’agosto nel 1975
    Black Christmas (Un Natale rosso sangue) per la Coop. Sincrovox nel 1975
    Profezia di un delitto per la CDC nel 1976
    Poliziotti in cilindro – I rivali di Sherlock Holmes per la CVD (datazione della prima TV incerta)
    Il boss del dollaro (miniserie) per la CVD, diretto da Maldesi (datazione della prima TV incerta)
    Matt Helm (serie TV) per la CVD nel 1977
    Amore, piombo e furore, nel 1978
    La banda dei cinque (serie TV) nel 1979
    Radici – Le nuove generazioni (miniserie) per la CVD diretto da Maldesi (datazione della prima TV incerta)
    Doppia sentenza (serie TV) nel 1980
    Capitol (soap opera) per la CVD dal 1983 al 1988 (episodi sconosciuti)
    Orwell 1984 per la SAS nel 1984
    The Principal – Una classe violenta, per la CDC nel 1988
    L’impero del sole di Spielberg, per la Kamoti Film di Maldesi, nel 1988
    La guerra dei mondi (serie TV) trasmessa in Italia nel 1992, per la SEDIF con partecipazione della CVD.

    Come evidenziato dalla lista che ho stilato, nella carriera di Alberto Liberati ci sono state anche incursioni nella sceneggiatura di diversi film (e chissà quanti altri non sono stati neanche accreditati). È possibile dunque intuire il perché nei suoi adattamenti ogni tanto sembra volerci mettere del “suo”. Del resto Liberati ha anche iniziato la carriera in un epoca in cui il concetto di tradurre quasi alla lettera era ancora inesistente.

    Durante le mie ricerche sono incappato in questo commento sul primo adattamento di Bambi che, alla luce di quanto visto in Black Christmas, sembra più delineare un modus operandi che un caso isolato:

    Il primo doppiaggio italiano del film [Bambi], eseguito nel 1948 negli stabilimenti Fono Roma dalla CDC e curato da Alberto Liberati, soffre di una traduzione primitiva e piuttosto libera, con alcune frasi mal tradotte e altre aggiunte.

    Non ho familiarità con gran parte dei lavori di Liberati ma le parti in neretto che descrivono il lavoro su Bambi possono essere tranquillamente applicate anche Black Christmas di 27 anni dopo. Ma non mi sento di dire che in Black Christmas la traduzione sia primitiva e mal fatta, tutt’altro. Si nota invece una grande comprensione del copione originale e dei personaggi, oltre a un approccio un po’ diverso all’adattamento. Non sarà De Leonardis, ma neanche l’ultimo fesso!

    Anzi, devo sottolineare (e con questo concludo) che NESSUN nome in Black Christmas è stato alterato, e per giunta sono tutti pronunciati correttamente! Negli ’70 questa cosa non era affatto ovvia, visto che in Halloween di neanche 4 anni dopo diversi nomi hanno subito modifiche e pronunce strane, come ho già avuto modo di sottolineare nel precedente articolo sull’intera saga di Halloween. Questi sono tutti punti a favore di un adattamento che sì, è vero, cambia molte battute, ma secondo me in meglio o se non altro lo fa dimostrando di aver capito i personaggi e il film. Ce ne fossero di più di doppiaggi così!

    Buon Natale!

    Signorina Mac che beve dalla bottiglia, scena del film Black Christmas