Non ricordo come e quando sentii parlare per la prima volta di Vampires di John Carpenter, ma la sua versione DVD della Cecchi Gori rimarrà in eterno nella mia memoria per una caratteristica detestabile: quella della traccia audio inglese selezionabile solo insieme ai sottotitoli in italiano, e niente sottotitoli in inglese. Per coloro che, come me nei primi anni del 2000, arricchivano lo studio dell’inglese con la visione di film in lingua originale, questo genere di DVD erano ad un livello di inutilità secondo solo ai DVD senza la traccia audio inglese.
Nel 2018, dopo 20 anni e a grande richiesta di pubblico (me incluso), la Cecchi Gori è ritornata a pubblicare questo film, stavolta in formato Blu-Ray che (e a questo punto non so se ridere o piangere) presenta lo stesso identico problema, ovvero non ha i sottotitoli in inglese (quanto costerà aggiungerli? Ve li faccio io gratis, cazzo!), né si può scegliere la traccia audio a piacimento semplicemente premendo un tasto del telecomando, no! Nel 2019??? Che sono questi lussi sfrenati da consumatori viziati! La scelta (da effettuare esclusivamente dal menu principale interrompendo così la visione del film) è solo tra “italiano con o senza sottotitoli in italiano” e “inglese con o senza sottotitoli in italiano”.
Per fortuna nei 20 anni trascorsi da quel primo DVD il mio inglese è migliorato, un pelo eh, quanto basta da potersene fregare dell’assenza di sottotitoli in inglese, ascoltarlo con orecchie da bilingue e mettere finalmente a confronto la versione italiana con quella originale. I sottotitoli in inglese sarebbero stati comunque comodi per alcuni “screengrab” da includere in questo articolo ma grazie di niente, Cecchi Gori!
Come ne è uscito Vampires da questo confronto? Bene, ma non benissimo. In pochi (pochissimi) momenti inaspettati infatti il film doppiato prende strade tutte sue, in compenso le interpretazioni rimangono da primo premio e in generale rimane forse un po’ più godibile dell’originale.
Il peso dei dialoghi nei film di Carpenter
Come scrissi nell’articolo sull’adattamento italiano di 1997: Fuga da New York, nei film di John Carpenter il budget è spesso limitato ma l’immaginazione rimane sconfinata grazie alla cosa più economica dell’intero processo di produzione cinematografica, una cosa che invece viene spesso spesso considerata di secondaria importanza: la sceneggiatura.
Frasi buttate lì, come l’accenno ad una “brigata europea” di altri cacciatori di vampiri, ci fanno pensare a chissà quali altre possibili avventure che, di sicuro, in mano a gentaccia come i markettari della Disney sarebbero sufficienti per pianificare un vastissimo “cinematic Universe” di 40 film privi di trama, come dimostrato da Star Wars e altri. Con Carpenter invece siamo piuttosto ai livelli degli esordi di George Lucas, quando i soldi erano scarsi e venivano nominate en passant cose tipo le “guerre dei Quoti“, che non avevano certo bisogno di essere mostrate né esplorate, perché era chiaro che servivano solo per condire la storia di sfondo, così da portare la mente dello spettatore ben oltre quei 10 m² di un tugurio tunisino.
Stessa cosa con Vampires, in mano a persone meno capaci sarebbe stato fin troppo chiaro che la scelta di girarlo nel deserto e in villaggi desolati serviva a nascondere il fatto che non ci fossero i soldi per fare molto altro. Quelli bravi invece, in mancanza di soldi, investono in qualche battuta in più che possa espandere il mondo che vediamo e che magari dia piccoli indizi sulla trama che deve ancora svolgersi.
Tutta questa magia deriva spesso da poche battute e semplici frasi, quasi invisibili ad una prima visione, e appena cambi qualcosa di queste piccole frasi magiche hai già smontato interi pezzi di film senza rendertene conto. Un esempio (per fortuna ce ne sono pochissimi) ci viene dai primi minuti del film, quando il protagonista Jack Crowe (James Woods) ci spiega le regole della sua squadra di ammazzavampiri.
Le regole pleonastiche di Jack Crowe
Regola numero 5: Se trovate il covo e trovate il maestro, state attenti perché è pericoloso.
Se la regola numero cinque è essenzialmente uno stai attento perché il maestro dei vampiri è pericoloso, non vedo l’ora di sentire le altre! È chiaro che c’è qualcosa che non va in questa frase. Per quanto bene la interpreti Francesco Pannofino, niente può nascondere che si tratta di una frase scema e non sorprende scoprire che in inglese sia tutt’altro:
Rule number 5: If you find the nest, you find the master. Usually he won’t leave it on its own.
La regola numero cinque originale dice quindi: “se trovate il covo, trovate anche il maestro. Di solito non se ne allontana mai da solo“. Sembra una cosa da poco ma in realtà ci fornisce un indizio per interpretare una scena successiva: quando il maestro non viene trovato nel covo insieme ai suoi vampiri (chiamati goons in inglese, cioè scagnozzi) e vediamo che ha evitato la retata perché riposava a debita distanza, anche noi non professionisti della caccia ai vampiri possiamo intuire che la squadra si trova davanti ad un maestro speciale, che non si comporta come gli altri visti finora dal gruppo di “giustizieri” (slayers).
Davanti a questa situazione Jack Crowe è giustamente perplesso perché contraddice la regola n°5 che non stabiliva di stare genericamente attenti, ma che insieme ad un covo di vampiri si trova solitamente anche un maestro. In italiano invece rimane solo un ridondante “state attenti” (ma va?!), che è il tipico “non correre papà” che piace tanto in Italia, ce lo ritroviamo in dialoghi a caso già dal 1969, durante la famosa diretta RAI dell’allunaggio.
Eppure bastava togliere una “e” per sistemare l’impiastro e mantenere la “magia”: se trovate il covo, trovate il maestro. State attenti perché è pericoloso.
A volte basta veramente poco per non dire scemenze.
Testine per pompini
Vampires, diciamocelo, non è il film ideale da guardare insieme a vostra madre. Al me adolescente nell’anno 2000 era venuta questa brutta idea di coinvolgere genitore 1 non solo perché quello era l’anno del nostro primo lettore DVD (e quindi ogni nuovo film in questo formato era percepito come una gioia dei sensi da mostrare a parenti e amici), ma anche perché alla stessa erano già piaciuti Fog, Essi vivono, e non dispiaciuti 1997: Fuga da New York, Fuga da Los Angeles, La cosa, Starman, Pericolo in agguato, praticamente l’intera filmografia di Carpenter. Ma bastano pochi minuti di Vampires e senti già di aver commesso un errore madornale perché è proprio in quei minuti lì che iniziano i vari “puttana qui, puttana lì”. Sempre negli stessi minuti passano su schermo vari squartamenti ben più truculenti della media carpenteriana e morsi di vampiri che portano a orgasmi.
Il “bello” è che ciò che sentiamo nel doppiaggio non è che una versione in alcuni casi edulcorata. Infatti credo che guardandolo in italiano non si abbia una chiara idea di quanto siano volgari i membri della banda di cacciatori di vampiri di Jack Crowe.
Certo, li vediamo ubriacarsi e fare baldoria con delle prostitute in un motel a spese del Vaticano, ma la loro bassezza intellettuale la saggiamo a pieno in alcuni momenti specifici, ad esempio quando i due protagonisti (James Woods e Daniel Baldwin) rapiscono una delle suddette prostitute (la Sheryl Lee di Twin Peaks) che era stata morsa dal maestro Valek e non ci risparmiano un’abbondanza di frasi in cui si fa riferimento a “questa” o “quella puttana” e a volte “troia”, per variare un po’. Fortunatamente in italiano sono stati calati un po’ i toni in accordo con la nostra percezione della volgarità (culturalmente molto diversa da quella degli statunitensi, inutile negarlo) e se l’eccesso di ceffoni che si becca “quella puttana” rimangono una scelta narrativa, per lo meno nella versione italiana quella puttana viene chiamata “quella puttana” un po’ meno spesso. Se avete trovato sgradevole il mio eccesso di “quella puttana”, allora apprezzerete di certo la riduzione di volgarità nel doppiaggio italiano di Vampires, che non è una forma di censura bensì è parte essenziale dell’adattamento culturale, tappa fondamentale prima del doppiaggio vero e proprio.
In questo contesto troviamo una battuta del cacciatore di vampiri Montoya (Daniel Baldwin) che tira fuori un cranio carbonizzato e fumante dalla pila di vampiri esplosi al sole e dice al prete:
Nothing like a little head, eh, Padre?
In italiano…
Le piace la testina arrosto, Padre?
Tradotto alla lettera (mai tradurre alla lettera!) verrebbe fuori un “niente di meglio di una piccola testa”, ma è una frase che non ha alcun senso. Head oltre che per “testa” è usato in inglese anche per esprimere una volgarità, infatti la traduzione corretta di quella frase sarebbe “niente di meglio di un (bel) pompino”, che in italiano avrebbe ancora meno senso nel contesto. L’intenzione di Montoya era quella di sfottere il prete, già disgustato alla vista dei corpi carbonizzati, con un’allusione sessuale, la stessa strategia che userà il protagonista con il successivo prete. Questo fa capire già dai primissimi dialoghi che i nostri protagonisti al soldo del Vaticano sono così abituati alle peggiori atrocità da scherzarci su, ma ci dice qualcosa anche sulla loro intolleranza nei confronti dell’autorità, una caratteristica di tutti i “buoni” di Carpenter. Quante cose si capiscono da dei “semplici” dialoghi, eh?
Con lo sfottò della “testina arrosto” si perde il sottotesto ma fa ridere lo stesso, se non altro. È dopotutto una testa carbonizzata quella che mette in mostra compiaciuto. Chissà che non si potesse giocare su un “lavoro di testa” o simili, e chissà se i tempi della battuta lo avrebbero consentito, anche quello è spesso decisivo nelle scelte di adattamento.
Con questo ho sottolineato alcune delle cose che potreste perdervi guardando il film solo in italiano; in questo blog però non parlo solo di ciò che potreste non notare nella versione doppiata in italiano, ma anche di ciò che risulta migliore nel nostro doppiaggio, e questo ci porta al prossimo argomento.
Adattare la memorabilità
– Vai, Montoya!
– E Montoya va!
La voce di Montoya (Daniel Baldwin) è di Vittorio De Angelis che nella sua carriera sembra aver doppiato tutti e tre i fratelli Baldwin. È lui che ci regala la prima battuta che tutti i fan italiani del film riconoscono (“e Montoya va!”), che a vederla semplicemente scritta senza aver visto il film potrebbe dire poco ma, sarà per come è costruita (Montoya che parla di sé in terza persona), sarà per com’è recitata (Vittorio De Angelis non è nuovo alla commedia essendo stato anche la voce di Robin Hood un uomo in calzamaglia e il personaggio di Joey nella serie Friends), insomma sarà come sarà ma è quella battuta che fa subito amare il personaggio e stabilisce il tono del film.
E se vi dicessi invece che una delle battute più memorabili di questo film è semplicemente data dalla parola “muori” ripetuta dieci volte in rapida successione? Anche da questo esempio è palese che trascrivere le battute del doppiaggio italiano di James Woods ha poco senso, perché non sono le battute in sé ad essere memorabili quanto piuttosto il modo in cui vengono recitate dal suo doppiatore, Francesco Pannofino che, con quella voce un po’ roca, si abbina benissimo al personaggio del nostro cacciatore di vampiri in jeans, t-shirt nera e giacchetta in pelle, tra lo spietato e lo sfottitore. È perfetta.
“Ehi, sta’ attento! Guardami! Muori! Muori! E Muori! Muori! Muori! Muori! Muori! Muori! Muori! Muori! Ah, era duro a morire questo figlio di puttana, mamma mia!”.
Non mi sorprende che anche Cassidy, l’autore del blog La bara volante, abbia inserito proprio questa come citazione di chiusura del suo articolo Vampires (1998): Il buono, il Baldwin e il Vampiro, senza introdurla, né spiegarla. È bella così com’è. Il nostro inusuale e per niente politically correct eroe crociato Jack Crowe mena preti, mena le donne, mena gli amici, mena tutti! E mentre lo fa dice frasi memorabili. Risultano memorabili e divertenti anche in italiano perché chi si è occupato dei dialoghi (tale Pompilio Bisogni. Chi è? Mai sentito prima. Uniche sue tracce in serie TV doppiate dalla RAI. Da ringraziare.) si è assicurato che questi funzionassero. Una cosa possibile soltanto quando il committente non impone traduzioni alla lettera o tempi di lavorazione incompatibili con un lavoro che, in fin dei conti, è artistico.
Lo guardi in italiano e i dialoghi semplicemente funzionano, non c’è miglior complimento per un adattamento.
(La direzione è di Michele Gammino, quindi i complimenti vanno anche a lui.)
Anche nei momenti in cui i dialoghi si discostano dall’originale, questi rimangono verosimili e sembrano tutte cose che potrebbe dire davvero quel personaggio in quella specifica situazione, alcune alterazioni sono funzionali a battute che devono far ridere anche in italiano. Il solo fatto che qualcuno si sia preoccupato di questo ci rincuora.
– Padre, permette una domanda? Quando prima l’ho presa a calci… ha avuto un’erezione?
– Come ha detto?
– Eh? Le ha fatto piacere? Ci ha provato gusto? Avanti, me lo dica.
Da notare l’espressione “give you wood” per dire “ti ha provocato un’erezione”, il legno in inglese è un suo sinonimo gergale.
La battuta ritornerà in chiusura. Una chiusura degna dei migliori film con una coppia spaiata di protagonisti: gli eroi che si allontanano continuando a fare battute tra loro, e poi titoli di coda.
– Voglio farle una domanda, quando stamattina ha impalato quella vampira, ha avuto un’erezione?
– Non glielo dico.
– Mi scusi?
– È un segreto!
– Come?
– Era… molto più di un’erezione.
– Non esageri, padre. Non esageri.
[musica di chiusura]
“Linguaggio!”… non disse la versione italiana
Chi andasse a controllare la versione originale (non negli inesistenti sottotitoli Cecchigori, ovvio) noterebbe sicuramente una battuta differente, in inglese il prete fa riferimento alla sua erezione (“wood”) definendone la durezza come “mogano”, “teak”, etc… (trasformati nella frase italiana “molto più di un’erezione”), la novella spigliatezza di padre Adam spiazza Jack Crowe il quale gli risponde: “language, Padre! Language!“. Entrambi stanno usando battute stabilite in precedenza (sia “language!” sia la domanda sull’erezione venivano da precedenti conflitti, ora evidentemente risolti), mentre in italiano viene inventato un nuovo scambio di battute. Ma non è il caso di ricorrere agli usuali cinque o sei punti esclamativi di sdegno, né lanciare anatemi sul doppiaggio in generale. Chi ha adattato il copione in italiano ha semplicemente scelto di far appello alla stessa battuta dell’erezione e di ignorarne un’altra (quella sull’invito alla moderazione del linguaggio) che in italiano infatti è assente.
Quel “language!” emergeva a metà film, quando il giovane padre Adam, all’ennesimo “fuck you!” di Jack Crowe, gli chiede di moderare il linguaggio con un comico “language!”. Comico perché è un modo di esprimersi usato per sgridare i bambini che dicono parolacce o che rispondono male, sicuramente un rimprovero da catechismo (“Sunday school” per gli americani), ci mostra che il nuovo prete imposto al gruppo di cacciatori di vampiri non aveva ancora capito con chi aveva a che fare. Per farglielo capire meglio, Jack Crowe gli ripete quella sua esclamazione “linguaggio!” prima di pestarlo con la cornetta del telefono.
Qui c’è la scena a confronto. Nei sottotitoli il dialogo in inglese, nelle didascalie i dialoghi doppiati:
E qui il trascritto a confronto per vedere dove sparisce quel “language!” di rimprovero:
doppiaggio italiano | in originale | traduzione diretta |
Padre: Dobbiamo eseguire gli ordini, signor Crowe. | Padre: We have orders to follow. | Padre: abbiamo degli ordini da seguire. |
Jack: Io me ne frego. | Jack: Fuck you, Padre. | Jack: Fanculo, Padre. |
Padre: Le ricordo, signor Crowe, che se lei non rispetta gli ordini dovrò chiamare il cardinale Alba. | Padre: Language! If you’re not going to follow orders, I’ll call Cardinal Alba. | Padre: Linguaggio! Se non rispetta gli ordini dovrò chiamare il cardinale Alba. |
[Il prete va al telefono e comincia a comporre un numero. Jack Crowe si avvicina con molta tranquillità, prende la cornetta dalle sue mani.] | ||
Jack: Permette? Ascolti. | Jack: Excuse me. Language. | Jack: Permette? Linguaggio. |
[lo colpisce in faccia con la cornetta del telefono] | ||
Jack: Allora, stabiliamo una cosa… se non le va bene me lo dica. | Jack: Let’s have a chat about language. See if this syntax works… | Jack: Facciamo un discorsino sul linguaggio. Vediamo se questa sintassi funziona… |
La battuta sul linguaggio, per quanto divertente a vederla scritta in una traduzione diretta, probabilmente è stata alterata perché non funzionava altrettanto bene nel doppiaggio, un doppiaggio moderno l’avrebbe invece tradotta alla lettera come ho fatto io, pur rischiando di farci ritrovare con dialoghi un po’ goffi.
In lingua originale la riappacificazione finale tra i due protagonisti, Jack Crowe e padre Adam, passa dunque dal ripescare quell’espressione “linguaggio!”, mentre nel copione italiano viene sostituita da un altrettanto efficace “molto più di un’erezione. / Non esageri, padre, non esageri“, che è ugualmente divertente e rispecchia perfettamente il personaggio.
L’intero copione italiano, se preso frase per frase, si discosta spesso da quello originale, ma è difficile trovare battute che non portino comunque un significato equivalente, la stessa essenza. I cambiamenti non sono tali da alterare la trama, la comprensione della trama, o i personaggi… per quanto, a volte, sembra allontanarsi più del necessario. È chiaramente un copione che si preoccupa prima di tutto di funzionare in italiano e, salvo per quel “non correre papà” in apertura del film e pochissime altre cose così irrilevanti che non sono stato neanche a prenderle in considerazione, il film non ha errori veramente degni di tale nome, solo scelte di adattamento, per lo più discrete.
Lei ha mai visto un vampiro? Per prima cosa sono doppiati bene…
Mi sento dunque di concludere con un complimento ad un doppiaggio il quale, nonostante alcune comprensibili differenze e poche sviste, rimane comunque più citabile (e Montoya va!), un pochino meno volgare (e tanto comunque ne resta!), dialogato in modo “naturale” e che, dopotutto, fa ridere là dove deve far ridere… se non è questo il segno di un buon doppiaggio, non so proprio cosa lo sia. Lode anche a Francesco Pannofino, penso di non averlo mai apprezzato tanto come l’ho apprezzato in questo film, e infatti vi lascio con il “suo” discorso sui vampiri, cioè il discorsetto che sembra fatto a posta per poterlo mettere nel trailer per le sale cinematografiche. Il film Blade, anche lui del 1998, ne aveva uno simile, ma Vampires è uscito nelle sale americane qualche mese prima, quindi reputo Jack Crowe di John Carpenter il primo vero caso di protagonista che stabilisce le regole del gioco smontando il mito dei vampiri romantici che in quegli anni era più vivo che mai (Dracula di Coppola è del ’92, Intervista col vampiro del ’94).
“Lei ha mai visto un vampiro? Per prima cosa non sono romantici, chiaro? Non assomigliano affatto a un branco di transessuali che se ne vanno in giro in abito da sera a tentare di rimorchiare tutti quelli che incontrano, con un falso accento europeo. Dimentichi quello che ha visto al cinema. Non diventano pipistrelli, le croci non servono a niente. L’aglio? Vuole provare con l’aglio? Si metta una treccia d’aglio intorno al collo e quei vigliacchi le arrivano alle spalle e glielo mettono allegramente a quel posto mentre intanto le succhiano il sangue senza cannuccia.
Non dormono in bare di lusso foderate di seta. Vuole ammazzarne uno? Gli pianti un paletto di legno direttamente in mezzo al cuore.”
Il trailer la fa più breve.
https://youtu.be/19X6lHqPgpo